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Sentenza

Poliziotto destituito. Faceva uso di sostenze stupefacenti. L'art. 6, comma 3, n...
Poliziotto destituito. Faceva uso di sostenze stupefacenti. L'art. 6, comma 3, n. 8, del D.P.R. n. 737 del 1981 trova applicazione in casi di modesta gravità, mentre nei casi più gravi anche per l'uso di sostanze stupefacenti, può essere applicata la sanzione della destituzione dal servizio. Pertanto, è legittima la destituzione dal servizio di un agente della Polizia di Stato nel caso in cui questi abbia semplicemente fatto uso di sostanze stupefacenti, considerando che tale uso altera certamente l'equilibrio psichico, inficia l'esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, influisce negativamente sulla formazione militare e lede il prestigio del Corpo.
Cons. giust. amm. Sicilia, 10/09/2019, n. 790


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 899 del 2018, proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avv. Giovanni Immordino in Palermo, viale Libertà, n. 171
contro
Ministero dell'interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale è domiciliata in Palermo, via Villareale, n. 6
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2019 il Cons. Giuseppe Verde e uditi per le parti gli avvocati Giovanni e Giuseppe Immordino e l'avvocato dello Stato Pierfrancesco La Spina;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. L'odierno appellante con ricorso introduttivo impugnava:
- il decreto n. -OMISSIS- del 09/07/2014 con cui l'allora ricorrente è stato destituito dal servizio dall'Amministrazione;
- la deliberazione del 16/05/2014 del Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Palermo con cui, a maggioranza, è stata disposta l'adozione della sanzione della destituzione;
- il verbale del 14/03/2014 della seconda seduta del Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Palermo;
- le note del 21/03/2014 e del 31/03/2014 del Funzionario Istruttore della Questura di Palermo, Commissariato di P.S. Bagheria;
- la nota n. -OMISSIS- Sez. VII^ del 24/10/2013 della Questura di Palermo Squadra Mobile;
- la Relazione istruttoria ai sensi dell'art. 19 del D.P.R. n. 737 del 1981 del 31/01/2014.
2. Dinanzi al Tar l'allora ricorrente ha in premessa esposto che
- in data 06/06/2013 veniva fermato dalla Squadra Mobile di Palermo e trovato in possesso di cocaina, prontamente consegnata;
- in data 07/06/2013 veniva informato che dagli esami espletati, la sostanza sequestrata risultava essere cocaina;
- in data 15.6.2013 veniva invitato a sottoporsi ad esami di laboratorio da parte dell'Amministrazione di appartenenza;
-in data 9.12.2013 veniva avviato il procedimento disciplinare (con nota di contestazione degli addebiti notificata in data 10.12.2013);
- in data 30.12.2013 il ricorrente presentava ampie e documentate deduzioni difensive;
- in data 27.2.2014 si riuniva il Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Palermo per l'esame degli atti istruttori;
- in data 14.3.2014 in esito alla seduta fissata per la trattazione orale e la delibera, il Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Palermo disponeva un supplemento istruttorio;
- in data 16.5.2014 veniva adottata la proposta del Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura di Palermo;
- in data 9.7.2014 si concludeva il procedimento disciplinare con l'adozione del decreto di destituzione oggi impugnato.
2.1 Il ricorso introduttivo era affidato alle seguenti censure:
- Violazione e falsa applicazione degli artt. degli artt. 1, 6, 7 e 13D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità.
In forza di una norma espressa per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza (l'art. 6, comma 2, del D.P.R. n. 737 del 1981) "l'assunzione di sostanze stupefacenti per uso non terapeutico da parte di un appartenente alla Polizia di Stato è espressamente sanzionata, in via disciplinare, con la sospensione dall'impiego fino ad un massimo di sei mesi" sicché laddove non sia provato un uso abituale e cronico "la fattispecie deve essere ricondotta all'ipotesi di cui al citato art. 6, comma 2D.P.R. n. 737 del 1981, con la conseguente illegittimità nel caso dell'irrogazione della sanzione destitutoria; nel caso in esame, anche dall'esame del fascicolo del procedimento disciplinare, sarebbe risultata smentita pertabulas l'assunto che il ricorrente abbia fatto "uso cronico e pregresso" della cocaina;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4, 6, 7, 12, 13, 14 e 19D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità.
Sosteneva che l'interessato non soltanto risultava negativo ai test antidroga effettuati successivamente al mese di giugno 2013, ma egli dimostrava una adesione ai valori morali ed etici che devono inspirare la condotta degli appartenenti all'Amministrazione di P.S.; il ricorrente, infatti, consegnava spontaneamente la sostanza ai colleghi, evitando in tal modo un inutile strepitus fori e dimostrando di essere ritornato in sé;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. degli artt. 1, 6, 7 e 13D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di motivazione. Illogicità.
I fatti in contestazione, dato il comportamento tenuto nell'immediatezza dall'interessato, non avrebbero avuto alcuna risonanza mediatica, sicché non avrebbe potuto ritenersi ingenerato alcun nocumento al prestigio dell'istituzione con evidente illogicità della motivazione sottesa all'impugnato provvedimento di destituzione;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 110 e 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 e degli artt. 12, 13, 14 e 31 del D.P.R. n. 737 del 1981.
L'amministrazione avrebbe debordato dai termini perentori per l'avvio e la conclusione del procedimento disciplinare oggetto del gravame; il procedimento doveva ritenersi estinto in quanto per superamento della tempistica in quanto, non trattandosi di procedimento disciplinare a seguito di sentenza penale, i tempi per la conclusione sarebbero stati quelli disciplinati in generale dal D.P.R. n. 3 del 1957 ai sensi del quale occorre concludere il procedimento nel termine di novanta giorni, pena la perenzione/estinzione;
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 13, 14 e 19D.P.R. n. 737 del 1981, eccesso di potere.
Sosteneva che prima ancora della contestazione degli addebiti, il Regolamento di disciplina per il personale dell'Amministrazione di PP.SS. presupporrebbe una fase antecedente che costituisce l'avvio del procedimento disciplinare, che in specie sarebbe mancata.
2.2 Si costituiva dinanzi al Tar Il Ministero dell'interno che però non presentava scritti difensivi eccezion fatta per il foglio di costituzione in giudizio.
3. I giudici di primo grado hanno respinto il ricorso affermando:
- "In relazione alla prima doglianza, il Collegio ritiene di dover condividere l'orientamento, certamente di maggior rigore, con cui il Consiglio di Stato ha deciso fattispecie analoghe.
In particolare, con la sentenza 23-05-2013, n. 2810 la Sez. III del Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che In riferimento al personale di Polizia di Stato l'art. 6, comma 3 n. 8, del D.P.R. n. 737 del 1981 prevede la sanzione della sospensione dal servizio nel caso di accertato uso non terapeutico di sostanze stupefacenti. Tale disposizione trova applicazione in casi di modesta gravità, mentre nei casi più gravi anche per l'uso di sostanze stupefacenti, può essere applicata la sanzione della destituzione dal servizio. Il consesso di Palazzo spada ha quindi ritenuto "legittima la destituzione dal servizio di un agente della Polizia di Stato nel caso in cui questi abbia semplicemente fatto uso di sostanze stupefacenti, considerando che tale uso altera certamente l'equilibrio psichico, inficia l'esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, influisce negativamente sulla formazione militare e lede il prestigio del Corpo". (cfr. in termini anche Cons. Stato Sez. III, 03-10-2011, n. 5425)
Nell'annullare la sentenza di primo grado del T.A.R. Lazio - Roma, sez. I ter, n. 5006/2011, il Consiglio di Stato ha stigmatizzato che "L'amministrazione, nella fattispecie, ha dato correttamente rilievo alla gravità complessiva della condotta dell'agente, come sopra sintetizzata, e sulla base di tutte le circostanze di fatto rilevate ha legittimamente inquadrato la fattispecie nell'art. 7 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, secondo cui la destituzione è inflitta per atti che siano in contrasto con i doveri assunti con il giuramento".
Tale principio giurisprudenziale, che il Collegio condivide, può trovare applicazione al caso in specie. Ed invero la sanzione della destituzione è stata proposta ed adottata non tanto in relazione all'art. 6, comma 2D.P.R. n. 737 del 1981, quanto piuttosto ai sensi dell'art. 7, nn. 1, 2 e 4 D.P.R. n. 737 del 1981, considerata la gravità del comportamento del ricorrente, i contatti e le frequentazioni con lo spacciatore (accertati anche dai numerosi contatti telefonici), il possesso di sostanze stupefacenti in cui è stato fermato il ricorrente e il positivo esito degli esami tossicologici: tutti elementi oggettivi sui quali correttamente l'Amministrazione ha ravvisato l'incompatibilità con i doveri assunti dall'interessato con il giuramento.
- Quanto sopra illustrato è utile altresì a confutare la terza doglianza, con cui il ricorrente censura l'eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità: a tal fine si richiama, per brevità, il principio giurisprudenziale ricavabile dalla citata sentenza 23/05/2013 n. 2810 della Sez. III del Consiglio di Stato.
- In relazione alla quarta si osserva quanto segue.
In primo luogo occorre rilevare che secondo la giurisprudenza amministrativa, qui condivisa, ai sensi dell'art. 12D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, nei procedimenti preordinati all'applicazione di sanzioni disciplinari a carico del personale della Polizia di Stato, il termine, pur sollecito, per la contestazione degli addebiti ha carattere ordinatorio (cfr. T.A.R. Liguria Genova Sez. II, 19-01-2016, n. 53 ; T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, 25-03-2015, n. 1743; T.A.R. Calabria Reggio Calabria, 15-01-2015, n. 38.
Per quanto attiene alla asserita violazione del termine entro cui il procedimento sanzionatorio deve essere concluso, soccorre il consolidato principio giurisprudenziale desumibile dalla condivisa sentenza del Consiglio di Stato n. 1893/2016 secondo cui "al fine di interrompere la decorrenza del termine perentorio di cui all' art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 , sia utile ogni atto con il quale l'Amministrazione esprima la volontà di portare avanti il procedimento, anche se di carattere interno (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 3.8.2015, n. 3812), come è avvenuto nel caso di specie, ove si consideri che tra il deposito della relazione conclusiva del funzionario istruttore e la seduta di comparizione innanzi al Consiglio di disciplina vi sono stati il deposito della relazione conclusiva, da parte del funzionario istruttore, l'atto di deferimento alla Commissione di disciplina e la prima riunione di quest'ultimo organo".
Atti "interruttivi" che sono riscontrabili anche nel caso in esame, considerato che in data 27.2.2014 si riuniva il Consiglio Provinciale di Disciplina per l'esame degli atti istruttori e che, inoltre, già in data 28/01/2014, nel contesto del procedimento disciplinare, erano state effettuate diverse audizioni testimoniali di colleghi dello stesso ricorrente.
La censura è quindi da disattendere in quanto infondata.
In relazione alla quinta ed ultima censura, con cui il ricorrente lamenta la mancata comunicazione dell'avvio del procedimento disciplinare, ritiene il Collegio che la funzione assolta da tale comunicazione, che è quella di informare il soggetto interessato della sussistenza di un procedimento amministrativo che lo riguarda e rendere così possibile la sua partecipazione al procedimento stesso, mediante memorie e documentazione, risulta essere stata per tabulas assicurata, atteso che si registra l'avvenuta partecipazione endoprocedimentale del ricorrente, con proprie osservazioni, ben prima dell'adozione del provvedimento finale. Dal ché l'infondatezza della censura".
4. Parte appellante chiede la riforma della sentenza meglio indicata in epigrafe ed affida l'appello ai seguenti motivi:
I - Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. degli artt. 1, 6, 7 e 13D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di motivazione e di istruttoria. Illogicità.
Il Tar avrebbe errato nel ritenere applicabile al caso in esame l'art. 7 nn. 1, 2 e 4 D.P.R. n. 737 del 1981 in ordine alla considerata gravità del comportamento del ricorrente soprattutto in riferimento ai contatti e frequentazioni con lo spacciatore.
Si afferma che tali rapporti sarebbero stati giustificati da ragioni di servizio e al fine di acquisire informazioni relative ai reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Inoltre come risulterebbe dagli esami tossicologici, l'interessato non avrebbe fatto un uso abituale e/o cronico di dette sostanze.
Di conseguenza il provvedimento adottato dall'Amministrazione sarebbe del tutto sproporzionato rispetto ai fatti accertati, per i quali sarebbe stato più corretto (e coerente con l'ordinamento di settore) intervenire con la sospensione del servizio.
II - Erroneità della sentenza impugnata violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4, 6, 7, 12, 13, 14 e 19D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità.
Il Tar sarebbe incorso nel vizio di omessa pronuncia in ordine al secondo motivo del ricorso il quale viene interamente riproposto.
III - Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. degli artt. 1, 6, 7 e 13D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3L. n. 241 del 1990 e dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria. Difetto di motivazione. Illogicità.
Il Tar avrebbe errato nel citare la sentenza del Consiglio di Stato n. 2810/13 in quanto si tratterebbe di una fattispecie del tutto diversa dal caso in esame per l'assenza di una consapevole azione volta all'acquisto dietro pagamento di denaro di tali sostanze.
Pertanto si avrebbe violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e conseguentemente si ribadiscono le doglianze proposte in primo grado.
IV - Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 103, 110 e 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 e degli artt. 12, 13, 14 e 31 del D.P.R. n. 737 del 1981.
Il Tar avrebbe errato nel ritenere i termini per la contestazione dell'addebito di carattere ordinatorio.
Si sostiene di contro che l'amministrazione avrebbe debordato dai termini per l'avvio e la conclusione del procedimento disciplinare oggetto del gravame.
Tali termini dovrebbero essere considerati perentori così da permettersi una tempestiva contestazione degli addebiti.
Pertanto il procedimento avrebbe dovuto ritenersi estinto per superamento della tempistica, in quanto, non trattandosi di procedimento disciplinare a seguito di sentenza penale, i tempi per la conclusione sarebbero stati quelli disciplinati in generale dal D.P.R. n. 3 del 1957 ai sensi del quale occorre concludere il procedimento nel termine di novanta giorni, pena la perenzione/estinzione.
V - Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 13, 14 e 19D.P.R. n. 737 del 1981, eccesso di potere per abnormità.
Il Tar avrebbe errato nel ritenere che sussisterebbero atti idonei ad interrompere la decorrenza del termine perentorio di cui al D.P.R. n. 3 del 1957.
La censura avrebbe riguardato altra questione rimasta non esaminata.
Si ribadisce pertanto il quinto motivo del ricorso in primo grado.
4.1 In data 26 novembre 2018 si è costituita in appello l'Amministrazione resistente che con la successiva memoria del 3 giugno 2019 ha preso posizione sulle ragioni dell'appellante precisando che:
- sui presunti rapporti che l'interessato avrebbe avuto con lo spacciatore che sarebbero stati giustificati da ragioni di servizio e al fine di acquisire informazioni relative ai reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti, che tali circostanze sarebbero emerse solo in sede di gravame e che a seguito di tali nuove informazioni, l'interessato eventualmente potrebbe avvalersi dell'istituto previsto dall'art. 26 del D.P.R. n. 737 del 1981 ai sensi del quale "il procedimento disciplinare può essere riaperto in caso di nuove prove(...)";
- sul primo motivo di appello, che sarebbe comunque infondato essendo emerso dai referti medici e dalla documentazione versata in atti che il soggetto sarebbe un consumatore cronico di sostanze stupefacenti. Non deriverebbe pertanto alcuna sproporzione nell'operato dell'Amministrazione che ha adottato il provvedimento di destituzione ai sensi dell'art. 7D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737;
- sul rispetto dei termini di cui all'art. 120D.P.R. n. 3 del 1957 si rivela che dalla scansione cronologica dei fatti risulterebbe che sarebbe stato rispettato il termine di 90 giorni da un atto ad un altro. Inoltre si evidenzia che come affermato in giurisprudenza i termini di cui in argomento andrebbero considerati ordinatori e la loro eventuale inosservanza non avrebbe alcuna incidenza sulla legittimità del provvedimento in esame.
L'Avvocatura dello Stato conclude per l'infondatezza del gravame e chiede la conferma della sentenza impugnata.
4.2. Parte appellante con le memorie del 6 giugno e del 18 giugno 2019 ha precisato ancor meglio le proprie tesi difensive che troverebbero conferma nei riscontri documentali versati in atti.
5. Per completezza deve essere rammentato che
- il CGA con ordinanza n. -OMISSIS-ha disposto incombenze istruttorie a carico dell'Amministrazione appellate cha ha depositato la documentazione richiesta in data 11 febbraio 2019;
- parte appellante ha curato il deposito di (A) Relazione di parere medico - legale relativo ai test tossicologici ed accertamenti clinici cui è stato sottoposto il sig. -OMISSIS- -OMISSIS-; (b) Attestazione della Questura di Palermo - Ufficio prevenzione generale - Sezione P.G. Volante relativa ad una segnalazione effettuata dall'appellante al 113 che ha consentito alla Polizia di intercettare due malviventi successivamente deferiti all'Autorità Giudiziaria.
Nel corso dell'udienza pubblica del 10 luglio la causa è stata posta in decisione.
L'appello è infondato.
6. Rispetto al provvedimento di destituzione dal servizio qui in esame è possibile distinguere e quindi evidenziare:
A) i fatti in esso rappresentati:
- nel corso di un'attività di contrasto allo spaccio di sostanza stupefacente condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Palermo, è stata documentata una costante relazione telefonica tra l'Assistente della Polizia di Stato -OMISSIS- -OMISSIS- e un soggetto notoriamente attivo nello spaccio di sostanza stupefacente, attraverso la registrazione di settanta contatti telefonici consistenti in brevissime conversazioni e talvolta soltanto squilli, di cui cinquantuno originati da una scheda telefonica intestata al predetto dipendente, mentre gli altri utilizzando telefoni intestati ed in uso a persone diverse; inoltre, in quattro di queste occasioni, i predetti contatti avvenivano durante l'orario di servizio;
- detta relazione telefonica veniva inquadrata dagli organi inquirenti, data la notoria attività legata allo spaccio di droga del soggetto contattato, come una stabile richiesta di stupefacente da parte del -OMISSIS-;
- a seguito dell'ennesimo contatto telefonico registrato tra i due, il personale operante pianificava un servizio di osservazione che permetteva di assistere all'incontro tra i due soggetti, alla salita del -OMISSIS- sull'autovettura del secondo, ad uno scambio ed al conseguente controllo del dipendente dopo la separazione dal Pusher;
- l'atto di ricerca consentiva di porre in sequestro un involucro poi accertato contenere sostanza stupefacente di tipo "cocaina", consegnato spontaneamente dal -OMISSIS-, che veniva, quindi, segnalato alla locale Prefettura come assuntore di sostanze stupefacenti e psicotrope;
B) gli accertamenti clinici cui è stato sottoposto l'agente odierno appellante:
- in data 18.6.2013, a seguito di accertamenti clinici presso il -OMISSIS-di Palermo, l'incolpato è stato trovato positivo, su matrice cheratina, alla cocaina e suoi metaboliti, esame che ne accettava "l'uso cronico e pregresso";
- la Commissione Medico Ospedaliera del Dipartimento Militare di Medicina legale di Messina elaborava nei confronti dell'incolpato i seguenti giudizi diagnostici: verbale n. -OMISSIS- del 24.7.2017 ...riscontrata positività a cocaina e suoi metabolici in esame di laboratorio su matrice cheratina...T.N.I. al servizio per gg. 70; verbale n. -OMISSIS- del 2.10.2013 "lievi note ansiose reattive in soggetto con pregresso accertato uso occasionale di cocaina...T.N.I. al servizio per gg. 54; infine in data 8.11.2013 veniva formalmente invitato dal Prefetto di Palermo a non fare più uso di sostanze stupefacenti avvertendolo delle conseguenze dannose dell'uso di tali sostanze;
C) la motivazione che sorregge il provvedimento gravato:
- l'incolpato ha insanabilmente compromesso il rapporto fiduciario, non solo con la propria: Amministrazione, ma anche con la collettività, dimostrando in tal modo di non poter più esercitare le delicate funzioni istituzionali demandategli e palesando sprezzo per lo sforzo profuso da tutti gli operatori di polizia che, con sacrifici ed indiscutibili rischi personali, sono impegnati quotidianamente nell'attività di contrasto al pernicioso fenomeno della diffusione delle sostanze stupefacenti;
- in considerazione dei superiori interessi pubblici e delle aspettative riposte dall'Amministrazione e dal consorzio civile in ogni operatore di polizia, non si giustifica la prosecuzione del rapporto di pubblico impiego del -OMISSIS-, anche solo di fronte al cosiddetto "senso comune";
- il mantenimento in servizio del predetto produrrebbe sicuramente un effetto deleterio sui colleghi, specialmente quelli di nuova nomina, che vedrebbero venir meno le loro certezze e la loro fiducia nelle istituzioni;
- accertata in capo all'incolpato la più assoluta mancanza del senso dell'onore e della morale, in quanto nella sua qualità di tutore dell'ordine, avrebbe dovuto considerare il disvalore delle sue azioni, astenendosi dal commetterle;
- il comportamento tenuto dall'interessato, in spregio dei doveri assunti col giuramento, è oltremodo riprovevole ed assolutamente inconciliabile con le funzioni proprie di un operatore di polizia, pregiudizievole per il servizio e tale da rendere incompatibile una sua ulteriore permanenza nella Polizia di Stato;
- il dipendente ha posto in essere una condotta deprecabile e disciplinarmente rilevante, poiché il consumo di stupefacenti comporta - in via diretta o indiretta - una inevitabile contiguità con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti operanti nell'illegalità e dediti a traffici illeciti, che l'operatore di polizia ha, invece, la missione istituzionale di reprimere;
- ritenuto quindi, che non può ragionevolmente ipotizzarsi come i compiti demandati agli operatori di polizia, ai quali l'ordinamento affida un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata ad esso connessi, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, possano essere in concreto espletati da soggetti i quali, a loro volta, fanno uso di sostanze oggetto dell'attività di repressione dei fenomeni delittuosi;
- tenuto conto quindi, che l'acquisto e/o l'assunzione di droghe da parte di un dipendente della PS, inficia certamente l'esemplarità della condotta, influisce negativamente sulla formazione professionale e lede il prestigio dei corpo;
- rilevato che infine, che l'incolpato col proprio comportamento ha infranto quei canoni di correttezza e deontologia professionale cui devono attenersi gli appartenenti alla Polizia di Stato che, così come sancito dall'art. 13 del D.P.R. n. 782 del 1985, "anche fuori servizio, devono mantenere condotta conforme alla dignità delle funzioni";
D) la destituzione dal servizio adottata ai sensi dell'art. 7 nn. 1, 2 e 4 del D.P.R. n. 737 del 1981.
7. Il richiamato art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981 dispone che la destituzione - a cui segue la cancellazione dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio - è inflitta
- per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale (art. 7 n. 1);
- per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento (art. 7 n. 2);
- per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati (art. 7 n. 4).
Per quel che attiene ai fatti qui in esame merita un richiamo anche l'art. 13 del D.P.R. n. 737 del 1981, cit., per la parte in cui stabilisce che l'organo competente ad infliggere la sanzione deve:
- tener conto di tutte le circostanze attenuanti, dei precedenti disciplinari e di servizio del trasgressore, del carattere, dell'età, della qualifica e dell'anzianità di servizio;
- sanzionare con maggior rigore le mancanze commesse in servizio o che abbiano prodotto più gravi conseguenze per il servizio, quelle commesse in presenza o in concorso con inferiori o indicanti scarso senso morale e quelle recidive o abituali.
Infine è bene rammentare che l'art. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981 prevede che la sanzione della sospensione dal servizio è inflitta nel caso di "uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale".
8. Passando ora allo scrutinio dei motivi dell'appello, il Collegio ritine di poter distinguere due distinti profili che mergono dagli scritti difensivi dell'appellante:
- i motivi dell'appello rubricati con i numeri I, II e III attengono al contenuto del provvedimento gravato che a detta dell'appellante sarebbe viziato da eccesso di potere in quanto adottato in violazione del principio di proporzionalità e di gradualità in materia sanzionatoria e per illogicità e difetto di istruttoria e di motivazione;
- i motivi rubricati con i numeri IV e V contestano il provvedimento gravato in quanto sarebbe stato adottato in violazione dei termini di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 da qui i vizi di abnormità, illogicità e di sviamento del potere.
8.1. Rispetto alle doglianze di cui ai motivi I, II e III, le ragioni dell'appellante sarebbero sostenute dai seguenti riscontri:
- i 70 contatti telefonici sarebbero giustificati da ragioni di servizio connesse alla repressione dello spaccio di sostanze stupefacenti;
- il provvedimento impugnato sarebbe sproporzionato in quanto risulterebbe accertato un uso sporadico, isolato e di modeste quantità di sostanze stupefacenti;
- in casi come quello in esame dovrebbe applicarsi l'art. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981 che prevede la sanzione della sospensione;
- il citato art. 6D.P.R. n. 737 del 1981 contemplerebbe logicamente il contatto tra l'appellante e lo spacciatore;
- non risulterebbe provato un uso abituale e cronico di cocaina. Ciò sarebbe dimostrato anche dalla condotta tenuta dell'appellante nello svolgimento del proprio servizio;
- ha tenuto una condotta esemplare dopo i fatti contestati da qui risulterebbe il suo pineo recupero;
- in epoca antecedente ai fatti qui in esame l'appellante avrebbe tenuto un comportamento di servizio esemplare (con attestazioni di varia natura da parte di superiori e colleghi) di cui non si è tenuto conto;
- rispetto a quanto previsto al n. 2 dell'art. 7 si asserisce che i fatti non hanno avuto alcuna risonanza mediatica.
8.2. Non può essere condiviso il tentativo dell'appellante di metter in dubbio la correttezza del provvedimento gravato.
Depongono in senso contrario alla tesi dell'appellante i fatti citati in premessa nel provvedimento di destituzione impugnato, rispetto ai quali deve tenersi in conto anche delle "giustificazioni avverso contestazione d'addebiti disciplinari" (doc. n.3 della produzione documentale depositata dall'appellante) nelle quali il sig. -OMISSIS- espone che nel maggio del 2013 in occasione di un incontro con il sig. -OMISSIS- "quest'ultimo mi offriva della sostanza stupefacente dicendo che mi avrebbe 'tirato su', proposta che stupidamente accettavo".
L'esposizione così prosegue: "in questa circostanza, non compresi che il -OMISSIS- fosse uno spacciatore perché quest'ultimo non mi chiese nessuna somma di denaro in cambio e quindi pensai che lui fosse un assuntore di sostanze stupefacenti".
I fatti sopra esposti sono confermati dal verbale di audizione relativo al procedimento disciplinare cui è stato sottoposto l'appellante (del 22 gennaio 2014 produzione documentale di parte appellata regolarmente versata in atti).
Emergono quindi due episodi accertati che è bene in sintesi richiamare: il primo del maggio 2013 in cui il sig. -OMISSIS- riceve dal sig. -OMISSIS- la sostanza stupefacente e poi un secondo del giugno del 2013 nel quale il sig. -OMISSIS- riceve dal sig. -OMISSIS- la sostanza stupefacente poi sequestrata dalla Squadra mobile.
Tra i due eventi si collocano i contatti telefonici per come accertati.
Per completezza si precisa che dalla relazione riservata - acquisita in virtù dell'ordinanza del CGA n. -OMISSIS- del 2018 e per come richiamata negli ultimi scritti difensivi dell'appellante - emerge che dal I febbraio 2012 (data della relazione) l'appellante indica fra le utenze di "soggetti gravitanti in ambienti criminali" anche quella del sig. -OMISSIS-, aspetto quest'ultimo che lo stesso appellante non poteva ignorare al momento in cui riceveva dal sig. -OMISSIS- la sostanza stupefacente nel maggio del 2013.
8.3. La tesi difensiva chiede al Collegio di prendere posizione sui fatti appena esposti rispetto ai quali l'appellante invoca l'applicazione dell'art. 6 del D.P.R. n. 737 del 1981 sul presupposto dell'uso occasionale e sporadico di sostanze stupefacenti e contesta la legittimità del provvedimento impugnato in quanto la sanzione della destituzione sarebbe sproporzionata rispetto alla reale consistenza degli addebiti ascritti al sig. -OMISSIS-.
8.4. Il provvedimento impugnato - come già evidenziato - è stato adottato in ragione di quanto previsto dall'art. 7 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 (numeri 1, 2 e 4) e conseguentemente il Collegio ritiene di dover prendere posizione sulla legittimità della destituzione verificando se i fatti in precedenza esposti giustificano la scelta dell'Amministrazione appellata di determinarsi in ragione di quanto previsto dal citato art. 7D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.
9. Prima di procedere allo scrutino dei motivi qui in esame, il Collegio non può non richiamare i principi della consolidata giurisprudenza amministrativa, secondo cui: "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez.III, 31 maggio 2019 n. 3652 e 27 febbraio 2019 n. 1393; Id., Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; id., 16 aprile 2015, n. 1968; Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791 e 20 marzo 2015, n. 1537).
10. Passando al merito delle questioni, il Collegio ritiene che rispetto alla vicenda qui in esame meriti di essere richiamata la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che in una fattispecie analoga (in cui era coinvolto un militare dell'Arma dei Carabinieri) ha avuto modo di affermare che non è né illogica né irragionevole la scelta adottata di irrogare una sanzione destitutoria avendo il sig ..., fatto uso di sostanze stupefacenti e tenuto una condotta del tutto inammissibile ... specie ove di consideri che l'acquisto e l'assunzione di droga obbliga a rapporti di contiguità con soggetti operanti nell'illegalità, pregiudicando la relazione fiduciaria del militare con l'Amministrazione di appartenenza. Risulta, quindi, del tutto irrilevante qualunque considerazione circa l'esito negativo di eventuali ulteriori accertamenti medici, o l'assenza di sintomi di tossicodipendenza e l'idoneità psicofisica al servizio, né il comportamento tenuto può essere cancellato per il positivo pregresso servizio reso dal militare e per i riconoscimenti ricevuti in altri momenti ed occasioni ... La gravità della condotta ascritta esclude, quindi, che si dovessero effettuare approfondimenti sul carattere del tutto isolato o meno dell'episodio in cui il sig. ... è incorso, fermo restando che risulta dubbio poter riscontrare ciò clinicamente (Consiglio di Stato, sez, IV, 30 agosto 2018 n. 5118).
Le considerazioni appena svolte possono essere richiamate per respingere le censure avanzata dall'appellante avverso la sentenza gravata considerata erronea per non aver colto la bontà delle censure prospettata dall'allora ricorrente dinanzi al Tar.
In particolare risulta infondato quanto dedotto con il primo motivo dell'appello: nel caso di specie l''Amministrazione si è determinata legittimamente in ossequio a quanto previsto dall'art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981 e non è incorsa nel vizio di eccesso di potere per aver travisato i fatti ed adottato un provvedimento disciplinare sproporzionato rispetto alla gravità dei fatti stessi.
Né può ritenersi che il provvedimento impugnato in primo grado si ponga in contrasto con il principio di tipicità delle condotte meritevoli di sanzione (e, in particolare, con l'articolo 6, n. 8) del D.P.R. n. 737 del 1981, secondo cui l'uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope è punito unicamente con la sospensione dal servizio.
La tesi in questione non può essere condivisa in quanto la condotta posta in essere dall'appellante, nel quadro delle circostanze rilevanti, concretava sotto plurimi profili i presupposti per l'adozione della sanzione destitutoria di cui al successivo articolo 7, quando meno in relazione alle ipotesi di cui ai numeri 1) ("atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale") e 2) ("atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento").
Non emergono quindi i presupposti per affermare che nel caso in esame vi sia stata violazione del richiamato principio di tipicità e tassatività.
Parimenti infondato è il II motivo dell'appello: la gravità della condotta ascritta esclude, quindi, che si dovessero effettuare approfondimenti sul carattere del tutto isolato o meno dell'episodio in cui il sig. ... è incorso, fermo restando che risulta dubbio poter riscontrare ciò clinicamente (Consiglio di Stato, sez, IV, 30 agosto 2018 n. 5118).
Il provvedimento impugnato è stato adottato previo approfondimento della vicenda da parte della Commissione di disciplina, per cui non risultano fondate le affermazioni dell'appellante che nel suo caso si sia tralasciato di osservare e valutare le circostanze attenuanti come il servizio in precedenza svolto e i riconoscimenti ottenuti. La gravità dei fatti qui in contestazione è stata assunta dall'Amministrazione come presupposto che giustifica la legittimità della destituzione.
Anche il III motivo dell'appello risulta infondato: il fatto che le vicende per cui è lite non abbiano avuto una risonanza mediatica non esclude la loro gravità e la loro idoneità ad arrecare un grave pregiudizio allo Stato e all'Amministrazione della pubblica sicurezza.
Conclusivamente il Collegio ritiene che le doglianze di cui ai motivi I, II e III sono infondate e ciò perché rispetto alla gravità dei fatti contestati, che ben si prestano ad essere valutati come in netto contrasto con la rettitudine nello svolgimento del servizio e con la morale richiesti al dipendente, così arrecando un grave pregiudizio all'Amministrazione della P.S., non è ravvisabile nella fattispecie quel carattere di abnormità o manifesta illogicità, irragionevolezza e sproporzionalità, tale da concretare il dedotto eccesso di potere.
11. Con il IV motivo dell'appello si avversa il capo della sentenza gravata che ha disatteso la doglianza con la quale l'allora ricorrente ha avversato il provvedimento impugnato asserendo la violazione degli articoli 103, 110 e 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 e degli articoli 12, 13, 14 e 31 del D.P.R. n. 737 del 1981.
Va premesso che lo speciale sistema sanzionatorio per gli appartenenti alla Polizia di Stato, di cui al D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, nel disciplinare all'art. 14 il primo atto del relativo procedimento, non pone al riguardo alcun termine; tuttavia, l'art. 31 fa espresso rinvio al D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, di cui va quindi applicato l'art. 103, secondo il quale la contestazione degli addebiti deve avvenire "subito".
Sul punto, è consolidato e pacifico l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la norma non mira a vincolare l'amministrazione all'osservanza di un termine prestabilito e puntuale, tale da comportare col suo decorso la decadenza dell'azione disciplinare, bensì indica una regola di ragionevole prontezza e tempestività, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti e alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell'iter procedimentale. La stessa norma, invero, tende da un lato a salvaguardare la certezza del rapporto tra l'impiegato e l'amministrazione, che resterebbe inficiata ove il dipendente restasse esposto sine die alla possibile attribuzione di rilevanza disciplinare a determinati suoi comportamenti per l'ingiustificata inerzia della stessa amministrazione; e, dall'altro lato, a tutelare l'esigenza di quest'ultima di procedere agli accertamenti preliminari ed effettuare una ponderata valutazione della complessità e gravità dei fatti (cfr. Cons. Stato, sez. III 11 novembre 2014 n. 5546; idem sez. IV, 7 novembre 2012 n. 5672).
Il Collegio ritiene che la critica mossa alla sentenza gravata non possa trovare accoglimento atteso che il ragionamento svolto dai primi decidenti accerta la sussistenza di atti adottati dall'amministrazione al fine di interrompere la decorrenza del termine perentorio di cui all'art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 compiuti in data 27 febbraio 2014 (riunione Consiglio provinciale di disciplina) e 28 gennaio 2014 (audizioni testimoniali).
12. Parimenti infondato è il V motivo dell'appello con il quale ci si duole della mancata comunicazione dell'avvio del procedimento disciplinare. Come evidenziato dai primi decidenti nel caso di specie è stata assicurata la partecipazione endoprocedimentale dell'appellante che ha potuto presentare chiarimenti e precisazioni prima dell'adozione del provvedimento finale.
Conclusivamente l'appello è infondato e deve essere respinto. Conseguentemente la sentenza gravata merita di essere confermata.
La natura della controversia giustifica la compensazione delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare parte appellante e i soggetti citati in sentenza.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Giuseppe Verde, Consigliere, Estensore
Antonino Caleca, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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