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Sentenza

Ufficiale dell'esercito italiano addetto al parco auto della caserma sollecitato...
Ufficiale dell'esercito italiano addetto al parco auto della caserma sollecitato a fornire beni e altre utilità ad una srl, garantendo in cambio che le forniture dei pezzi di ricambio delle automobili sarebbero state richieste alla medesima s.r.l. con importi che assicuravano il profitto per l'imprenditore e anche la copertura dei costi per le forniture a favore dell'imputato e di altro ufficiale dell' esercito.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-06-2017) 20-07-2017, n. 35915
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente -
Dott. TRONCI Andrea - Consigliere -
Dott. COSTANZO Angelo - rel. Consigliere -
Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -
Dott. D'ARCANGELO Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.A., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/04/2016 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO COSTANZO;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FELICETTA MARINELLI che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore l'Avv. MAURIZIO PANIZ del foro di Belluno, difensore di R.A., il quale conclude riportandosi al ricorso, insistendo per l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 111/2016, la Corte di appello di Trento ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Trento a R.A. ex artt. 322 e 319 c.p. per avere, quale ufficiale dell'esercito  italiano addetto al parco auto della caserma (OMISSIS) di Trento, sollecitato O.A. a fornirgli beni e altre utilità, garantendo in cambio che le forniture dei pezzi di ricambio delle automobili sarebbero state richieste alla O. ricambi s.r.l. con importi che assicuravano il profitto per l'imprenditore e anche la copertura dei costi per le forniture a favore dell'imputato e di altro ufficiale dell' esercito .
I Giudici di merito hanno tratto gli elementi di prova fondamentalmente dalle dichiarazioni di O. e di C. (agente della società O.), dalle comunicazioni scritte intercorse fra quest'ultimo e l'imputato e dai contenuti espliciti della fonoregistrazione di una conversazioni fra il ricorrente e O..
2. Nel ricorso di R. si chiede l'annullamento della sentenza deducendo: a) reiterato travisamento della prova e manifesta illogicità della motivazione, per non avere riconosciuto che il ricorrente agì come agente provocatore - così ritenendo di interpretare correttamente il proprio incarico di membro della commissione per la valutazione tecnico/economica delle gare e per la verifica delle offerte anomale - e che concentrò la sua attenzione sulla società O. per l'approccio e l'atteggiamento insistente dell'agente di zona C.N. (pagg. 10-22 del ricorso); b) vizio della motivazione per non essere stata adeguatamente valutata la tesi difensiva secondo cui nel colloquio registrato R. stava "recitando una parte" e di non avere rappresentato quel che faceva ai suoi superiori per la necessità di acquisire elementi oggettivi che andassero oltre il personale sospetto (pagg. 22-26 del ricorso); c) vizio di motivazione circa la credibilità del testimone C. e inutilizzabilità delle sue dichiarazioni perchè dal contenuto delle stesse emerge (pag. 28 del ricorso) che egli aderì alle proposte illecite di R., sicchè avrebbe dovuto essere interrotto ex art. 63 c.p.p., comma 1, o comunque le sue dichiarazioni dovevano essere valutate ex art. 192 c.p.p., comma 3; d) vizio di motivazione e travisamento delle prove testimoniali introdotte dalla difesa, erroneamente ritenute irrilevanti perchè intese come miranti a dimostrare l'esistenza di un ordine legittimo impartito a R. mentre con il richiamo all'art. 51 c.p. si intende affermare che sussisteva un dovere di verifica da parte dell'imputato (pagg. 32-47); e) vizio di motivazione nel trascurare la portata probatoria degli esiti negativi di tutti gli accertamenti circa consegne di beni o utilità in favore di R. (pagg. 47-52 del ricorso); f) vizio della motivazione circa la credibilità del teste O.A. (pagg.52-72) trascurando che solo dopo sette mesi consegnò ai Carabinieri la fonoregistrazione del suo colloquio con R.; g) vizio di motivazione circa l'elemento soggettivo del reato e violazione degli artt. 51, 55 e 322 c.p. e art. 530 c.p.p., comma 2, per non avere valutato che R. agì con eccesso colposo nell'adempiere al suo dovere come agente provocatore; h) vizio di motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche, giustificato con il riferimento alla gravità del reato mentre il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non implica necessariamente un giudizio di non gravità del fatto. 

Motivi della decisione

1. I primi 6 motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente e risultano infondati.
La responsabilità dell'imputato per la proposta di scambio illecito è stata affermata con convergenti valutazioni dei giudici di merito sulla base delle dichiarazioni rese dai da O. e dal suo agente C. e, fondamentalmente, della fonoregistrazione (effettuata dall' O.) della proposta corruttiva. I Giudici di merito hanno respinto la prospettazione difensiva secondo la quale la sollecitazione del R. era stata dettata dalla intenzione di vagliare la affidabilità delle ditte contraenti, a seguito di asserite irregolarità che erano emerse, perchè R. non ha saputo indicare con precisione le anomalie che lo avrebbero spinto a "provocare" una condotta illecita di O. (l'imputato ha parlato di "prezzi un pò anomali" e che "si lavorava sempre con le stesse ditte") e rilevando come dalle dichiarazioni di R. emergesse più che un "intento investigativo" "una volontà accaparrativa", considerando che l'imputato era giunto persino a fornire all' O. i codici dei prodotti da acquistare e a chiedere un navigatore satellitare per un automobile del tipo di quella da lui posseduta.
Va al riguardo ribadito che nel caso di cosiddetta "doppia conforme", il travisamento della prova per l'utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può dedursi ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) solo specificamente argomentando che esso disarticola il ragionamento probatorio e che il dato che si assume travisato è stato valutato per la prima volta nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269217; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Rv. 258774).
In realtà le deduzioni sviluppate nel ricorso in esame, più che incentrarsi su specifici travisamenti, propongono una ricostruzione alternativa della vicenda introducendo censure non consentite nel giudizio di legittimità, concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto e l'apprezzamento del materiale probatorio (costituito anche da dichiarazioni testimoniali).
In ogni caso, non vi è stato travisamento di prova (pag. 8 del ricorso) nel valutare i motivi che hanno spinto R. a svolgere indagini sulle ditte fornitrici: la sentenza (pag. 13-15) si limita a confutare, sulla base di quanto emerge da uno scambio di email, l'argomentazione difensiva, peraltro riproposta nel ricorso (pagg. 11 e ss.), secondo cui sarebbe stato l'anomalo e insistente comportamento di C. a indurre R. a formulare la "falsa" proposta corruttiva a O.. Il tema del comportamento "poco trasparente" di C. viene ripreso anche successivamente nel ricorso (pagg. 26-32), adombrando una sua partecipazione alle trattative corruttive in concorso con R.: tale questione è stata vagliata dalla sentenza di appello congruamente argomentando che le parole di C. neanche minimamente indicano una sua intenzione di aderire alla proposta corruttiva (pag. 20).
I Giudici di merito hanno dato sinteticamente conto: dei risultati dell'escussione dei testimoni introdotti dalla difesa, degli accertamenti svolti dalla Polizia giudiziaria nei confronti dell'imputato e della loro inidoneità a determinare una ricostruzione dei fatti alternativa a quella palesata dal compendio probatorio a carico di R.. Quanto alle dichiarazioni del teste F. (ufficiale superiore del R. fino al settembre del 2010), la sentenza impugnata, contrariamente a quanto si afferma nel ricorso (pag. 39), non ha ritenuto che i sospetti riportati dal R. al suo superiore circa presunte irregolarità fossero il prodotto di una artificiosa operazione di copertura ex post del proprio operato illecito (considerazione riservata invece alle segnalazioni fatte dal R. al colonnello L., comandante in un periodo successivo) ma ha concordato con il Tribunale sulla loro ampia genericità (che impedisce di rilevare un nesso con in fatti oggetto del presente processo). Quanto agli accertamenti, con esito negativo, circa la sussistenza di rapporti illeciti del R. con altre ditte fornitrici, questi sono stati ritenuti irrilevanti dai giudici di merito sia per il limitato arco di tempo che hanno riguardato (l'utenza telefonica da cui sono stati estratti i tabulati fu usata da R. dall'agosto 2010) sia ragionevolmente considerando improbabile che le ditte eventualemente in precedenza coinvolte in traffici illeciti rilasciassero indizi contra se (pag. 22 della sentenza di appello e pag. 21, non numerata, della sentenza del Tribunale). Quanto, infine, al comportamento di O. - che si sarebbe contraddetto nella deposizione testimoniale rispetto al contenuto delle sommarie informazioni testimoniali (il loro utilizzo risulta legittimo perchè furono acquisite ex art. 500 c.p.p., comma 7, a seguito di puntuale richiesta della difesa, secondo quanto riferito a pag. 54 dello stesso ricorso) e che non avrebbe consegnato subito la registrazione all'autorità giudiziaria - va rilevato che la sentenza di primo grado non utilizza solo le dichiarazioni assunte fuori dal contraddittorio, ma riporta anche ampi passi della deposizione di O. nel dibattimento (pagg. 9-11, non numerate) e che entrambi i Giudici danno, seppure succintamente, conto sia della sostanziale conformità fra le due dichiarazioni (pag. 19 della sentenza impugnata) sia della linearità della condotta di O., che, come riportato nella sentenza impugnata (pag. 21) e nello stesso ricorso (pag. 65), fece ascoltare immediatamente la conversazione registrata al maresciallo La. che poi decise di fare una comunicazione di notizia di reato. La Corte di appello ha congruamente motivato il suo conclusivo giudizio osservando: che "l'imputato non aveva alcuna ragione per dubitare della correttezza di O. (o del suo agente C.) e, in ogni caso, non era legittimato a procedere con tali illecite modalità": che nel dialogo registrato fu lo stesso R. a contattare la ditta O. (pag. 13); "nessuna domanda egli ha posto a O. al fine di sondare eventuali irregolarità consumatesi nei rapporti con l' esercito " e "nessun intento investigativo trapela dalle parole dell'imputato ma solo una volontà accaparrativa e istigativa alla corruzione" (pag. 15).
2. Anche il settimo motivo di ricorso risulta infondato. Circa la sussistenza della scriminante dell'adempimento del dovere o, più precisamente, di un eccesso colposo ex art. 55 c.p., la Corte di appello ha correttamente rilevato che la scriminante "opera a condizione che la condotta dell'agente sia conforme ad una norma giuridica o ad un ordine legittimo dell'autorità" mentre nella fattispecie "nessuna norma giuridica è individuabile e neppure viene indicata dalla Difesa a giustificazione dell'operato del R., il cui ruolo era circoscritto alla valutazione delle offerte"; nè gli fu impartito un ordine da un suo superiore gerarchico: l'unico dovere che era imposto al R. era quello di denunciare eventuali illeciti di cui fosse venuto a conoscenza nello svolgimento della sua attività, cosa diversa dall'indurre un soggetto, O., che non aveva mai dato dimostrazione di essere dedito all'illecito, a commettere un reato. Ne deriva che correttamente è stato escluso anche un eccesso colposo ex art. 55 c.p.: questo infatti implica la sussistenza dei presupposti di una scriminante, nel caso di specie un dovere da adempiere, e che ne vengano colposamente superati i limiti (Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013, Rv. 256017).
3. Infondato, infine, è l'ultimo motivo di ricorso. Il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a fare emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo (Sez.6, n.41365 del 28/10/2010, Rv.248737; Sez.1, 46954 del 04/11/2004, Rv.230591). Nel caso in esame, la Corte d'appello, ha congruamente evidenziato che la pena è stata determinata nel minimo edittale e che, mentre non emergono specifici elementi favorevolmente valutabili per il riconoscimento delle attenuanti generiche, rileva in senso contrario la gravità del reato perchè commesso proprio da chi "doveva sovrintendere alla correttezza delle procedure di fornitura dell' esercito" (pag. 22). Come dedotto nel ricorso, le circostanze attenuanti generiche possono essere applicate anche quando vi siano fatti di particolare gravità ma occorre che ricorrano particolari situazioni che meritino, nel caso concreto, una particolare considerazione, situazioni che la Corte non ha ravvisato e che il ricorrente non indica. 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2017
Avv. Antonino Sugamele

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