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Sentenza

Colonnello cita in giudizio il Ministero della Difesa e la Croce Rossa chiedendo...
Colonnello cita in giudizio il Ministero della Difesa e la Croce Rossa chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alla grave malattia (linfoma non Hodgkin ad alto grado di malignità) da lui contratta durante lo svolgimento della missione internazionale nei Balcani avvenuta nel 1990, nella quale egli era Commissario della Croce rossa italiana.
Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., (ud. 20-09-2018) 16-01-2019, n. 1002
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -

Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere -

Dott. SCRIMA Antonietta - Consigliere -

Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11624-2017 proposto da:

COL. COMMISSARIO DELLA CROCE ROSSA ITALIANA L.E.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D'ORO 266, presso lo studio dell'avvocato ANGELO FIORE TARTAGLIA, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DELLA DIFESA (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, ENTE STRUMENTALE ALLA CROCE ROSSA ITALIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 559/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 27/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.
Svolgimento del processo

1. Il colonnello E.M.L. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Ministero della difesa e l'Ente Croce rossa italiana, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alla grave malattia (linfoma non Hodgkin ad alto grado di malignità) da lui contratta durante lo svolgimento della missione internazionale nei Balcani avvenuta nel 1990, nella quale egli era Commissario della Croce rossa italiana.

Si costituì in giudizio il Ministero, eccependo il difetto di giurisdizione e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il Tribunale, ritenuta la sussistenza della giurisdizione, accolse la domanda e condannò il Ministero convenuto al risarcimento del danno, liquidato nella somma di Euro 428.454,14, oltre interessi, nonchè al pagamento delle spese di lite. A quella somma il Tribunale pervenne detraendo dal maggiore importo ritenuto di spettanza dell'attore la somma corrispondente a quanto versato dal Ministero a titolo di speciale elargizione, ai sensi della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi 78 e 79.

2. La pronuncia è stata impugnata dall'attore e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 27 gennaio 2017, ha rigettato il gravame ed ha interamente compensato le spese del grado.

Ha osservato la Corte di merito, tra l'altro, che i principi enunciati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in materia di danni da emotrasfusioni (c.d. compensatio lucri cum damno) erano da ritenere applicabili anche nella materia in questione; per cui, derivando tanto l'indennizzo che il risarcimento dall'identica causa ed essendo unico il soggetto debitore, dall'entità complessiva del risarcimento doveva essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di elargizione per le ragioni suindicate.

3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma ricorre il colonnello E.M.L. con atto affidato ad un solo motivo.

Resistono il Ministero della difesa e l'Ente Croce rossa italiana con un unico controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 183 c.p.c., sesto comma, e art. 190 c.p.c., dell'art. 1223 c.c., della L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, comma 1, della L. 25 luglio 1997, n. 238, art. 1, comma 1, nonchè degli artt. 3 e 97 Cost. e dell'art. 12 preleggi.

Osserva il ricorrente che la diversità dei due titoli fatti valere dal danneggiato imporrebbe il riconoscimento tanto del risarcimento del danno quanto dell'indennizzo, senza che si possa fare luogo alla c.d. compensatio lucri cum damno.

1.1. Il motivo non è fondato.

La Corte territoriale ha correttamente richiamato la sentenza 11 gennaio 2008, n. 584, delle Sezioni Unite di questa Corte, in base alla quale il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV: a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all'attribuzione indennitaria regolata dalla L. n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l'indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (compensatio lucri cum damno), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo.

Tale principio, che ha ricevuto costante conferma negli anni successivi e che non risulta essere stato più messo in discussione nella materia dei danni da emotrasfusioni, trova il proprio fondamento nella essenziale circostanza per cui il medesimo debitore (in quel caso, il Ministero della salute) non può essere chiamato a versare due diverse attribuzioni patrimoniali in favore della medesima persona per lo stesso fatto dannoso.

Più di recente, le Sezioni Unite di questa Corte sono tornate sull'argomento della c.d. compensatio lucri cum danno e, in quattro pronunce di pari data, hanno affrontato il problema in relazione a diverse fattispecie nelle quali si presentava il medesimo dubbio (sentenze 22 maggio 2018, n. 12564, n. 12565, n. 12566 e n. 12567). In queste pronunce, tra l'altro, le Sezioni Unite hanno affermato che rimanevano estranee al quesito posto dalle ordinanze interlocutorie "le ipotesi in cui, pur in presenza di titoli differenti, vi sia unicità del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una previdenza indennitaria". In tali ipotesi, infatti, "vale la regola del diffalco, dall'ammontare del risarcimento del danno, della posta indennitaria avente una cospirante finalità compensativa".

Da ciò consegue che la regola ora indicate può ritenersi ormai un patrimonio acquisito nella giurisprudenza di legittimità.

1.2. A fronte di tali argomentazioni, che il Collegio interamente condivide e fa proprie, la diversità della situazione odierna non giova al ricorrente ai fini dell'accoglimento del ricorso. E' palese, infatti, che altri è ricevere un danno alla propria salute in conseguenza di trasfusioni con sangue infetto, altri è contrarre una grave malattia, come nel caso di specie, a causa della partecipazione ad una missione di natura militare, avvenuta nell'adempimento di un dovere di ufficio, venendo in tal modo a contatto con la sostanza cancerogena (uranio impoverito). E', altrettanto chiaro, però, che il principio enunciato a proposito dei danni da emotrasfusioni si attaglia in modo coerente al caso in esame, nel quale il medesimo debitore, che oggi è il Ministero della difesa, dovrebbe compiere due diverse attribuzioni patrimoniali in favore dello stesso soggetto e per il medesimo fatto dannoso.

Non emergono previsioni in senso contrario dalla normativa specifica che riguarda i soggetti colpiti da patologie tumorali conseguenti all'esposizione ed all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito (L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 78 e 79, che ha previsto lo stanziamento economico necessario al pagamento degli indennizzi in questione, D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, art. 2, il quale, nell'indicare i criteri di elargizione, richiama la L. 3 agosto 2004, n. 206, art. 5, commi 1 e 5), posto che da tali norme appare evidente il carattere di elargizione della prestazione in questione, che non può considerarsi un emolumento ai fini della cumulabilità invocata nel ricorso (L. 25 luglio 1997, n. 238, art. 1, comma 1).

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

In considerazione, peraltro, della delicatezza della materia e dell'assenza, per quanto risulta, di pronunce specifiche sul caso in esame, la Corte ritiene di dover integralmente compensare anche le spese del giudizio di cassazione.

Non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, trattandosi di causa esente per legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile - 3, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2019
Avv. Antonino Sugamele

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