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Approfondimento

Nel contesto del diritto internazionale usare la forza armata contro l’ISIS è le...
Nel contesto del diritto internazionale usare la forza armata contro l’ISIS è lecito.
 
NEL CONTESTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
USARE LA FORZA ARMATA CONTRO L’ISIS È LECITO
 
Di Giuseppe Paccione 
 
Sommario: - 1. Introduzione; - 2. L’inibizione dell’uso della forza armata; - 3. Il diritto alla legittima difesa e attacco armato; - 4. Necessità e proporzionalità nell’uso della forza armata.
 
1. L’Islamic State in Iraq & Siria, in arabo: الدولة الإسلامية في العراق والشام, al-Dawla al-Islāmiyya fī al-ʿIrāq wa al-Shām  – che denominiamo ISIS –, ha fatto notizia nel mese di giugno del 2014, nel momento in cui la sua offensiva è venuta sempre più intensificandosi nello Stato iracheno. Dai primi giorni del mese di giugno, l’ISIS ha conquistato la seconda città più grande dopo Baghdad, Mosul, seguite dalle altre città come Tikrit, Rawa, Ana e via discorrendo. Esso controlla i confini con la Siria e sta per preparare una marcia alla volta della capitale irachena. Il suo obiettivo consiste nel determinare, a tutti i costi, uno Stato vero e proprio in tutta la regione, il c.d. califfato[1].
 Questo gruppo terroristico ha una roccaforte in Siria, dove controlla vaste aeree di territorio, includendo Aleppo orientale e Raqqa, come pure i giacimenti di gas e petrolio. Con un patrimonio del valore di un presunto 2 miliardi di dollari, l’ISIS ha poca difficoltà al reclutamento di personale o all'acquisto di armi.
 L’Iraq ha adottato misure per contrastare l’ISIS sul proprio territorio, con l'assistenza limitata degli Stati Uniti. Il discorso abbonda della prospettiva di attacchi militari guidate dagli Stati Uniti attraverso la frontiera. Quando i responsabili politici considerano le loro opzioni, è essenziale considerare questa domanda: quali sono le norme giuridiche internazionali che disciplinano l'uso della forza da applicare alle azioni militari contro l'ISIS in Iraq e/o in Siria?
 
2. Il cuore delle norme sull'uso della forza è l'articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, che inibisce la minaccia o l’impiego della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di ciascuno Stato[2]. Essendo tale disposizione riconosciuta come jus cogens (diritto consuetudinario), gli Stati non possono derogare o contravvenire dall’articolo poc’anzi citato. Le uniche eccezioni, ampiamente accettate, al divieto dell’uso della forza sono l’applicazione del Capitolo VII, attraverso il Consiglio di Sicurezza, e il diritto di autodifesa o legittima difesa, sancito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite[3]. Prima di passare all’esame di talune eccezioni, una questione logicamente precedente è se l'intervento in Iraq, su richiesta del governo di Bagdad, possa includere totalmente l'articolo 2(4)[4]. L’Iraq è uno Stato sovrano e indipendente e come tale ha il diritto di chiedere agli altri Stati di essere supportato per contrastare gli attori non statali – in questo caso ci si riferisce all’ISIS –presenti sul suo territorio. Tale azione non soverchierà l’indipendenza politica o l’integrità territoriale dello Stato iracheno. Infatti, ai sensi dell’articolo 20 del Progetto di articoli sulla Responsabilità degli Stati della Commissione del diritto internazionale, viene enunciato che il consenso validamente dato da uno Stato alla commissione da parte di un altro Stato di un atto determinato esclude l’illiceità di tale atto nei confronti del primo Stato sempre che l’atto medesimo resti nei limiti del consenso[5].
 Ciò offre un fondamento giuridico per la messa in atto della coercizione militare armata, id est l’impiego della forza, all’interno del territorio iracheno. Un luogo significativo della minaccia dell’ISIS e la fonte degli attacchi in corso è senza dubbio la Siria. Che cosa accade se il conflitto prenda piede oltre il confine ovvero si allarga aldilà della demarcazione territoriale? L'uso della forza sul territorio siriano, senza il consenso del governo di Damasco violerà, prima facie, la sua integrità territoriale e comporterà una violazione dell'articolo 2 (4) della Carta delle Nazioni Unite. L'unica giustificazione per tale azione sarebbe stata la legittima difesa, che, a mio parere, permette una caratterizzazione più appropriata a favore di azioni irachene e degli alleati sia fuori, che dentro l'Iraq.
 
3. Secondo l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, nessuna disposi-zione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazio-nale[6]. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Quest’articolo non è inteso per delineare il fine della legittima difesa, ma piuttosto di affermare la sua continuazione dopo il 1945 e di salvaguardare gli accordi regionali sulla sicurezza. Inoltre, come confermato dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG), il contenuto di autodifesa è influenzato dallo jus cogens o diritto internazionale consuetudinario. Consuetudine, a sua volta, che dipende dall’evoluzione della prassi degli Stati, e quindi il diritto internazionale non è statico.
 Oggi, si è alla presenza di tre requisiti: il primo è quello di un attacco armato effettivo o imminente contro uno Stato; il secondo consiste nell’avere un attacco che deve raggiungere una scala minima; il terzo è quello secondo cui vi deve essere l’elemento della necessità e della proporzionalità della risposta armata[7].
 La prima domanda da porsi è se l’Iraq ha subito un vero e proprio attacco armato. Questo a sua volta riprende la polemica sul fatto se gli attori non statali possono de jure compiere attacchi armati, giustificando la risposta forzata in terra straniera. Per alcuni, il caso Caroline del 1837 sostiene questa proposta. Una nave, la Caroline, era stato utilizzata durante una ribellione contro il dominio britannico in Canada, ma non riguardava il coinvolgimento degli Stati Uniti. Le forze britanniche l’avevano sequestrata e distrutta, mentre era ormeggiata nel porto di New York[8].
 La difficoltà di questo argomento è che, fino a poco tempo fa, la prassi dello Stato, senza alcun dubbio, statuiva che gli attacchi andavano attribuiti a uno Stato. Nel 1985, ad esempio, lo Stato d’Israele attaccò l’OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina), che aveva il suo quartiere generale a Tunisi, sulla base del fatto che la Tunisia aveva dato ospitalità all’OLP. È ovvio che l’azione fu condannata dal Consiglio di Sicurezza mercé la risoluzione n.°573/1985 come soglia per l’attribuzione non fu soddisfatta[9]. Nel 1995, la comunità internazionale condannò le azioni della Turchia contro il PKK – Partîya Karkerén Kurdîstan, cioè il partito dei lavoratori del Kurdistan – nel nord dell’Iraq[10]. Analogamente, in Nicaragua, la CIG asserì che un attacco messo in atto da un gruppo di ribelli sarebbe soltanto un attacco armato se fosse inviato da uno Stato o dal comportamento di supporto di uno Stato[11].
 Si sa che il diritto ha dei suoi mutamenti negli anni. Oggi, un attacco armato può essere commesso anche da attori non statali senza che vi sia la complicità di qualche Stato (anche se, a parere di chi scrive, ritengo che nel caso dell’ISIS, pare che ci sia qualche Stato, come il Qatar, che finanzia questo gruppo terroristico[12]) o il suo coinvolgimento. Ciò è stato posto in modo conclusivo oltre ogni dubbio dalla benvenuta risposta internazionale alle operazioni contro Al-Qaeda in Afghanistan tra il 1998 e il 2001. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza n.°1368 e 1373 hanno riconosciuto il diritto naturale di autodifesa o legittima difesa nell’ambito terroristico, senza suggestione di attribuzione a uno Stato. Anche durante l’offensiva d’Israele in Libano, nel 2006, alcuni Stati nelle discussioni all’interno del Consiglio di Sicurezza affrontarono la questione circa il diritto d’Israele a rispondere a degli attacchi dei missili e dei rapimenti; il disaccordo avvenne quando si dibatté sul problema della proporzionalità. In ogni caso, pertanto, lo Stato ospitante aveva violato il suo vincolo internazionale dal tollerare gli attori non statali armati sul proprio territorio[13]. Di conseguenza, non gira sul fatto che gli attacchi dell’ISIS non possono essere attribuiti a uno Stato. A prima vista, i suoi attacchi costituiscono dei veri e propri attacchi armati, ai sensi dell’articolo 51, purché soddisfino le altre condizioni. 
 Secondo il Nicaragua, un attacco armato deve avere un minimo di misura per qualificarlo come un reale attacco armato. La ratio sta proprio nell’escludere i tumulti minori. In modo analogo si sostiene che un attacco armato presup-pone l’utilizzo della coercizione armata che può produrre serie conseguenze, personificato dalle incursioni territoriali, dalle perdite umane o dalla notevole distruzione della proprietà[14]. Nelle piattaforme di greggio[15], quindi, la CIG, ad esempio, si rifiutò di escludere la possibilità che l’estrazione di una sola nave da guerra potesse soddisfare la richiesta.
 Su ciascun’interpretazione, gli attacchi dell’ISIS sono abbastanza sufficienti. Questo gruppo islamico di terroristi ha, attraverso l’uso della forza, conquistato alcune città dell’Iraq e hanno attaccato sia le forze armate, che i civili. Anche se iniziato con il conflitto fra Stati, i suoi attacchi rientrano nello spirito dell’articolo 3[16] della Definizione di aggressione delle Nazioni Unite[17]. Com’è stato asserito prima, un attacco armato deve essere in corso o imminente. Nello Stato iracheno, aggiungo pure in quello siriano, sono in corso gli attacchi dell’ISIS. In aggiunta, Inoltre, data la posizione dell’intelligence reso pubblico in concomitanza con gli obiettivi futuri dichiarati dell'organizzazione e la sua capacità, esiste una minaccia imminen-te di ulteriori attacchi.
 
4. Va dimostrato che gli attacchi del gruppo terroristico ISIS non sono puramente interni. In altri termini, ci deve essere una dimensione internazionale. Ora, la CIG, nella sua analisi giuridica sull’edificazione del muro nel territorio palestinese occupato[18], ha sostenuto che la minaccia che [Israele affrontava] nasce dentro, e non fuori, che il territorio, e quindi Israele, non poteva invocare il diritto alla legittima difesa. A parere del sottoscritto, ritengo che gli attacchi dell’ISIS sono in modo netto e sufficientemente internazionalizzati. Fino a poco tempo fa, la preponderanza della sua attività era in Siria, dove già controlla ampie zone di territorio, risorse naturali e armi. Ancora, sembra che il personale dell’ISIS e il loro armamento attraversa il confine con l’Iraq. Infatti, ha sottoposto sotto il suo controllo i valichi di frontiera, per tale scopo, fra i due Stati, id est la Siria e l’Iraq. Si aggiunga che questo gruppo ha grandi obiettivi a livello internazionale. La minaccia, dunque, non ha origine esclusivamente all'interno del territorio iracheno. Affermare il contrario minerebbe inutilmente il diritto di difendersi dell'Iraq[19].
 Anche se l’ISIS ha compiuto attacchi armati, a tal punto deve essere ancora necessario che l'Iraq, assieme a Stati terzi, adotti le misure necessarie, come l’uso della forza, per contrastare o debellare l’avanzata dell’ISIS. Il grande internazionalista Roberto Ago ebbe a dire che lo Stato non deve aver avuto dei mezzi per fermare, respingere o prevenire l’attacco diverso dal ricorso dalla forza armata[20]. Nell’attuale situazione, la necessità sfocia in modo automatico dalla ragione che un attacco è in corso. Inoltre, ogni tentativo di risolvere la questione in maniera pacifica consentirebbe all’ISIS di consolidare le sue conquiste e preparare futuri attacchi.
 Nulla di tutto questo sta a indicare che sia ammesso utilizzare l’azione coercitiva armata sul suolo della Siria per se. Dopo gli attacchi del 2001 alle Torri gemelle, la prassi dello Stato ha indicato che la legittima difesa contro gli attori non statali (come per l’appunto l’ISIS) è consentito nel momento in cui lo Stato di residenza non si sia opposto agli attacchi contrari al diritto internazionale. Un esempio è possibile trarre dall’Afghanistan che è stata sempre tollerante con Al - Qaeda. La Siria al contrario non ha accettato le attività dei ribelli sul suo territorio; manca piuttosto la capacità di smantellare l’ISIS, che di per sé non è illegale e sbagliato smontarlo. Di conseguenza il consenso deve essere ricercato dal governo siriano prima di intervenire sul suo territorio. Data la mancanza di capacità delle autorità stesse di Damasco ad affrontare e debellare l’ISIS, l’eventuale rifiuto sarà irragionevole e consolida la necessità per un’azione.
 Qualsiasi risposta di carattere difensivo, ovviamente, deve essere proporzionata,  e che ha due elementi fondamentali[21]. In primis, la risposta non deve essere manifestamente sproporzionato alla dimensione degli attacchi dell’ISIS. Questo non richiede, tuttavia, una totale simmetria dell’ampiezza fra i due contendenti; si consideri, a titolo d’esempio, ciò che avvenne nel 1982 quando la Gran Bretagna ha dovuto usare in modo significativo un’azione coercitiva armata maggiore nel ripristinare lo status ante quo le isole Falklands-Malvinas, rispetto alla forza armata dell’Argentina[22]. In secundis, l'obiettivo dell'azione deve essere ragionevole, e l'azione stessa non deve andare oltre quanto è necessario per raggiungere l'obiettivo.
 Gli attacchi aerei contro le postazioni dell' ISIS, le attività e il personale all'interno del territorio siriano e iracheno saranno forse commisurate sia alla dimensione degli attacchi da parte dell’ISIS, sia l'obiettivo ragionevole di ridurre o depennare del tutto la sua capacità. 
 In conclusione, l’Iraq ha il pieno diritto di difendersi dagli attacchi armati perpetrati dall’ISIS e può anche chiedere supporto alla comunità internazionale, attraverso l’intervento armato di Stati terzi. Esistono dei vantaggi per caratterizzare gli attacchi come attacchi armati, dal momento che, in prima battuta, lo rende lecito intraprendere il conflitto a favore del territorio della Siria. I rigidi requisiti della necessità e proporzionalità limitano o circoscrivono la portata della conseguente risposta[23]. 
 Nel caso dell’Iraq, quest’ultimo ha il pieno diritto, com’è stato poc’anzi evidenziato, di chiedere assistenza da parte dei suoi alleati, come gli Stati Uniti, e anche l’Unione Europea[24], tra cui L’Italia[25], trasformando l’azione da autodifesa singola in legittima difesa collettiva.   
 
 
 
Giuseppe Paccione


[1] G. PACCIONE, La pericolosità dell’ISIS ovvero dello Stato Islamico alle porte dell’Europa, 19 agosto 2014 in http://www.formiche.net/2014/08/19/la-pericolosita-dellisis-ovvero-dello-stato-islamico-alle-porte-delleuropa/; E. ZACCHETTI, Che cos’è l’ISIS?spiegato bene, in http://www.ilpost.it/2014/06/19/isis-iraq/


[2] M. ARCARI, Il mantenimento della pace e l’uso della forza, in Corso di Diritto Interna-zionale, Parte I, T. SCOVAZZI (a cura di), Giuffrè, Milano, 2014, p.185 ss.


[3] T. RUYS, Armed Attack’ and Article 51 of the UN Charter: Evolutions in Customary Law and Practice, Cambridge, 2010, pp. 127 ss.; B. CONFORTI, C. FOCARELLI, Le Nazioni Unite, Cedam, Padova, 2012, p.219 ss.; S. MARCHISIO, L’ONU, il Diritto delle Nazioni Unite, il Mulino, Bologna, 2012, p.219 ss.


[4] A. CASSESE, Diritto Internazionale, I. I lineamenti, il Mulino, Bologna, 2003, p.69 ss.; N. RONZITTI, Diritto internazionale dei conflitti armati, IV Edizione, Giappichelli, Torino, 2011, p.25 ss.


[5] R. P. MAZZESCHI, “Due diligence” e responsabilità internazionale degli Stati, Giuffrè, Milano, 1989, p.25 ss.; M. MANCINI, Stato di guerra e conflitto armato nel diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2009, p.9 ss.; A. SINAGRA,P. BARGIACCHI, Lezioni di diritto internazionale pubblico, Giuffrè, Milano, 2009, p.373 ss.


[6] A. A. STANIMIR, Self-defense against the use of force in international law, Kluwer Law International, The Hague, London, Boston, 1996, p.122 ss.; J. P. COT, A. PELLET, M. FORTEAU, La Charte des Nations Unies, Economica, Paris, 2005, p.1329 ss.


[7] E.CANNIZZARO, Il principio della proporzionalità nell’ordinamento internazionale, Giuffrè, Milano, 2000, p.15 ss.; A. ANNONI, L’occupazione ostile nel diritto internazionale contemporaneo, Giappichelli, Torino, 2012, p.134 ss.; M. ANNATI, T. TREVES, Diritto internazionale e bombardamenti aerei, Giuffrè, Milano, 2012, p.31 ss.


[8] C. AVENIA, legittima difesa e diritto internazionale, dal caso Caroline alla conferenza di Kampala, Aracne, Roma, 2012, p.25 ss.


[9] A. FALZEA, P. GROSSI, E. CHELI, U. BRECCIA, Uso della Forza, in Enciclopedia del Diritto, Annali, V Vol., 2012, p.1410 ss.


[10] M. SOSSAI, La prevenzione del terrorismo nel diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2012, p.92 ss.


[11] Caso delle attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua, sentenza di merito del 27 giugno 1986, reperibile in: http://www.icj-cij.org/docket/files/70/6503.pdf


[12] Si veda un interessante articolo del 21 agosto 2014, scritto da Maurizio Molinari de La Stampa:http://www.lastampa.it/2014/08/21/esteri/iraq-lislamismo-da-esportazione-del-qatar-per-il-califfo-un-tesoro-di-due-miliardi-UfDueKARAxYnPOuEhOTfoM/pagina.html


[13] A. MANEGGIA, Attori non statali, uso della forza e legittima difesa nella giurispru-denza più recente della Corte Internazionale di Giustizia, in Le nuove frontiere del diritto internazionale. Attori non statali, spazio virtuale, valori fondamentali e governo multinazionale di territori, C. FOCARELLI (a cura di), Morlacchi, Perugia , 2008, p.31 ss.


[14] Y. DISTEIN, War, Aggression and Self-Defence, Cambridge University Press, Cambridge, New York, Melbourne, Madrid, Cape Town, Singapore, Sao Paulo, 2005, p. 24 ss.


[15] Si veda la sentenza della CIG sulle piattaforme petrolifere del 6 novembre 2003: http://www.icj-cij.org/docket/files/90/9715.pdf


[16] Per aggressione deve intendersi l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato,o in qualsiasi altro modo incompatibile con lo Statuto delle Nazioni Unite, che consista nel a) l’invasione o l’attacco del territorio di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato, o un’occupazione militare, anche temporanea, risultante da una tale invasione o da un tale attacco, o un’annessione con l’impiego della forza del territorio o di una parte del territorio di un altro Stato; b) il bombardamento, da parte delle forze armate di uno Stato, del territorio di un altro Stato, o l’impiego di qualsiasi arma da parte di uno Stato contro il territorio di un altro Stato; c) il blocco dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato; d) l’attacco da parte delle forze armate di un Stato contro le forze armate terrestri, navali o aeree, o la marina e l’aviazione civili di un altro Stato; e) l’utilizzazione delle forze armate di uno Stato che sono stanziate sul territorio di un altro Stato con l’accordo dello Stato ospite, in violazione delle condizioni previste nell’accordo o un prolungamento della loro presenza sul territorio in questione al di là della scadenza dell’accordo; f) il fatto che uno Stato consenta che il suo territorio, che ha messo a disposizione di un altro Stato, sia utilizzato da quest’ultimo per perpetrare un atto di aggressione contro uno Stato terzo; g) l’invio da parte di uno Stato o in suo nome di bande o di gruppi armati, di forze irregolari o di mercenari che si dedicano ad atti di forza armata contro un altro Stato di tale gravità che essi equivalgono agli atti sopra enumerati, o il fatto d’impegnarsi in maniera sostanziale in una tale azione. E. SCISO, L’aggressione indiretta nella definizione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in Riv. Dir. Int., 1983, p.255 ss.        


[17] Definizione di aggressione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (NU) con la risoluzione n.° 3314-XXIX del 1974.; M. C. CICIRIELLO, L’aggressione in diritto internazionale, Ed. Scientifica, Napoli, 2002; P. FOIS, Sul rapporto tra i crimini internazionali dello Stato e i crimini internazionali dell’individuo, in Rivista di Diritto Internazionale, 2004, pp.929 ss.; M. POLITI, G. NESI (Eds.), The International Criminal Court and the Crime of Aggression, Ashgate, London, 2004, p. 35 ss.; E. GREPPI, Aggressione e crimine di aggressione: accertamento “politico” e riflessi giurisdizionali internazionali, in Individual Rights and International Justice, Giuffré, Milano, 2009, p.367.


[18] Si consultino le varie opinioni reperibili nella pagina della Corte Internazionale di Giustizia: http://www.icj-cij.org/docket/index.php?p1=3&p2=4&case=131&p3=4   


[19] M. CALAMAI, ISIL rimette in discussione le frontiere di Siria e Iraq, 2014, si veda in http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2726; V. GRADO, Guerre civili e terzi Stati, Cedam, Padova, 1998, p. 62 ss. ; G. ACQUAVIVA, La repressione dei crimini di guerra nel diritto internazionale e nel diritto italiano, Giuffrè, Milano, 2014, p.103 ss.


[20] Eighth report on State responsibility by Mr. Roberto Ago, Special Rapporteur -the internationally wrongful act of the State, source of international responsibility (part 1), Stato di responsabilità, in: http://legal.un.org/ilc/documentation/english/a_cn4_318_add5-7.pdf


[21] G. VENTURINI, Necessità e proporzionalità nell’uso della forza militare in diritto internazionale, Giuffrè, Milano, 1988, p.49 ss.


[22] N. RONZITTI, La questione delle Falkland-Malvinas nel diritto internazionale, Giuffrè, Milano, 1984, p.123 ss.


[23] L. MIRACHIAN, Questa guerra ha bisogno di una strategia, 2014, reperibile sulla pagina: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2781


[24] Si veda la decisione adottata dal Consiglio dell’UE sulla situazione in Iraq e la decisione adottata all’unanimità per supportare la regione del Kurdistan e il governo iracheno: http://italia2014.eu/media/1626/council-conclusions_iraq.pdf


[25] Intervento dei Ministri degli Esteri e della Difesa sui recenti sviluppi della situazione in Iraq anche con riferimento agli esiti del Consiglio straordinario dei Ministri degli esteri dell’Unione europea del 15 agosto 2014, consultabile sul sito della Camera dei Deputati: http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2014/08/20/leg.17.bol0288.data20140820.pdf
Avv. Antonino Sugamele

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