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Sentenza

Trasferimento per incompatibilità ambientale di un poliziotto per rapporto di af...
Trasferimento per incompatibilità ambientale di un poliziotto per rapporto di affinità con esponenti di spicco della malavita locale
Cons. St., sez. IV, 7 gennaio 2020, n. 118 - Pres. Poli, Est. Carluccio
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 998 del 2019, proposto dal Ministero dell'interno, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Iacovino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lima n. 20;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.a.r. per la Puglia – Bari – sezione prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il trasferimento di un sovrintendente capo della Polizia di Stato per incompatibilità ambientale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019, il consigliere Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Paola Conticiani, su delega di Vincenzo Iacovino, e l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia ha per oggetto il provvedimento, notificato l'8 marzo 2018, con il quale è stato disposto il trasferimento per incompatibilità ambientale di un sovrintendente capo della Polizia di Stato, ex art. 55, co. 4, del d.P.R. n. 335 del 1982, dal Commissariato di Manfredonia alla Questura di Bari.

2. L'amministrazione ha ravvisato una situazione oggettivamente pregiudizievole, con nocumento al proprio prestigio, venutasi a creare a causa dell'esistenza di un rapporto di affinità tra il dipendente ed alcuni esponenti di spicco della malavita garganica. A tal fine, ha messo in evidenza che:

a) la richiesta di trasferimento è scaturita da una querela (del maggio 2017), con la quale veniva stigmatizzata l'esistenza di tale rapporto di affinità;

b) dai successivi accertamenti, i fratelli della moglie, alcuni dei quali con condanne penali, erano risultati frequentatori di soggetti pregiudicati della zona;

c) in particolare, uno dei cognati conviveva con la sorella del capo clan, responsabile di numerosi ed efferati delitti nell'ambito della faida garganica;

d) anche se l'interessato aveva provveduto a segnalare la suddetta convivenza all'Amministrazione già nel 2005, e quest'ultima non aveva disposto il trasferimento per via della elevata professionalità ed affidabilità del dipendente – mai messa in discussione neppure in sede processuale - ed anche se la stessa convivenza era cessata da circa tre anni, la criticità del contesto si era acutizzata a seguito di analoghi fatti verificatesi nella stessa sede, i quali avevano reso necessario il trasferimento di altri operatori;

e) tale situazione aveva avuto effetti anche nell'ambiente di lavoro, con conseguente mancanza di serenità per il dipendente nell'adempimento dei propri compiti istituzionali, come dimostrato dall'ipotetica attribuzione, da parte del dipendente, della querela anonima ad un collega d'ufficio, che avrebbe avuto l'obiettivo di screditarlo.

L'Amministrazione ha aggiunto che una diversa sede nella stessa Provincia di Foggia non avrebbe superato la situazione di incompatibilità riscontrata; quindi, ha individuato la sede di servizio nella Questura di Bari per le preminenti esigenze di servizio, specificando che per tale motivo il dipendente non poteva essere assegnato presso il Commissariato di Canosa o di Barletta.

3. Il T.a.r., con la sentenza gravata, ha accolto il ricorso proposto dal dipendente trasferito.

Il primo giudice, in generale, ha richiamato le motivazioni della sentenza della stessa sezione n. -OMISSIS- del 2018, resa in un caso analogo. In particolare, ha ritenuto il provvedimento irragionevole:

a) per essere venuta meno la situazione di fatto della convivenza del cognato con la sorella del capo clan, peraltro già conosciuta e valutata dall'amministrazione senza assumere provvedimenti;

b) per essere basata la rinnovata valutazione solo sulla conoscenza all'esterno, mentre l'onere di trasparenza che grava sull'amministrazione impone di escludere che sia la notorietà dei fatti (che potrebbe essere stata originata da intenti di discredito da parte di ignoti), e non la consistenza sostanziale degli stessi a determinare la incompatibilità ambientale del militare, la cui assoluta affidabilità non è stata mai messa in discussione, neppure all'attualità.

4. Avverso la suddetta sentenza, il Ministero ha proposto appello deducendo quanto segue:

a) ha richiamato la sentenza di questo Consiglio n. -OMISSIS-, che ha totalmente riformato la su menzionata sentenza del T.a.r. n. -OMISSIS-;

b) ha rievocato l'orientamento consolidato di questo Consiglio, secondo cui la valenza oggettiva della lesione del prestigio dell'amministrazione prescinde totalmente dalla professionalità ed affidabilità del dipendente;

c) ha precisato che proprio l'affidabilità dello stesso aveva indotto l'amministrazione a soprassedere, nonostante la conosciuta convivenza del cognato con la sorella del capo clan, e che la querela segnalava oramai l'attualità della lesione del prestigio, con conseguenze anche nell'ambiente di lavoro, come ampiamente motivato nel provvedimento impugnato;

d) ha aggiunto che la presenza di figli nati dalla convivenza in argomento, pure cessata, fa ragionevolmente presumere come non interrotti i rapporti tra le due famiglie;

e) ha ribadito l'ampia discrezionalità riconosciuta all'amministrazione nella valutazione dei fatti idonei ad offuscarne la credibilità ed il prestigio;

f) infine, ha specificamente fatto riferimento ai limiti dell'onere motivazionale gravante sull'amministrazione, stante l'assoluta recessività delle esigenze personali del dipendente.

5. L'appellato si è costituito, chiedendo il rigetto dell'appello attraverso la deduzione di tre profili di illegittimità strettamente connessi.

5.1. In fatto, ha insistito:

a) sulla cessazione della convivenza in argomento sin dall'anno 2014;

b) sulla natura puramente formale dei rapporti tra le due famiglie ed, in genere, con il fratelli della moglie, come attestato dal dirigente del Commissariato di Manfredonia. Rispetto ai cognati ha evidenziato la risalenza nel tempo delle condanne penali riferibili solo a due dei cinque fratelli. Ha sostenuto che non può presumersi la vicinanza tra le due famiglie per via dei figli nati dall'unione, perché il cognato è destinatario di un provvedimento che gli vieta di avvicinarsi alla sua ex compagna, e non ha la potestà genitoriale, come risulta da una sentenza del Tribunale dei minori; che, in definitiva, non risulta accertata la frequentazione degli affini;

c) infine, ha messo in risalto la propria condotta irreprensibile, l'attività professionale svolta al fine di ostacolare “gli affari malavitosi” (la quale avrebbe determinato reazioni volte a minare la sua credibilità ed affidabilità), la buona fede per aver comunicato egli stesso la convivenza del cognato.

5.2. In diritto, ha sostenuto:

a) la violazione dell'art. 55 co. 4 cit., per assoluta inesistenza del presupposto previsto, stante il travisamento dei fatti per aver l'amministrazione fondato il provvedimento di trasferimento su un presupposto errato, essendo oramai venuta meno la convivenza tra il cognato e la sorella di esponenti di spicco della criminalità organizzata. Ne ha tratto la conseguenza che il trasferimento sarebbe stato fondato solo su ragioni di opportunità, peraltro occasionate da una querela che potrebbe essere stata determinata da intenti di mero discredito del dipendente, e che il provvedimento sarebbe affetto da illogicità e carenza di motivazione;

b) la violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, sanciti dall'art. 97 Cost., per essere stato disposto il trasferimento a Bari senza alcuna giustificazione, mentre avrebbe potuto essere assegnato allo svolgimento di funzioni non operative nello stesso ufficio, o in uffici presso i Commissariati di Cerignola, di Barletta, di Canosa o di Foggia; l'Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad una ponderazione in concreto tra i contrapposti interessi pubblici e privati, comparando la tutela del prestigio e la tutela della vita familiare, in ragione della minore età delle due figlie, prendendo in considerazione sedi più vicine a Manfredonia.

6. Con ordinanza cautelare n.-OMISSIS-del 2019, è stata sospesa l'esecutività della sentenza gravata, essendo stato ritenuto prevalente l'interesse dell'Amministrazione al mantenimento del provvedimento impugnato.

6.1. All'udienza pubblica del 12 dicembre 2019, la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.

7. L'appello è fondato e va accolto.

7.1. Nella giurisprudenza di questo Consiglio, costituisce principio consolidato quello secondo cui, il trasferimento per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale (ai sensi dell'art. 55, co. 4, del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 recante "Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia") non ha carattere sanzionatorio né disciplinare, non postulando comportamenti sanzionabili in sede penale e (o) disciplinare, ed è condizionato solo alla valutazione del suo presupposto essenziale costituito dalla sussistenza oggettiva di una situazione di fatto lesiva del prestigio, decoro o funzionalità dell'amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza del dipendente in una determinata sede e, dall'altro lato, suscettibile di rimozione attraverso l'assegnazione del medesimo ad altra sede. Infatti, la finalità della disposizione è individuata nella tutela del prestigio e del corretto funzionamento degli uffici pubblici e nella garanzia della regolarità e continuità dell'azione amministrativa, eliminando la causa obiettiva dei disagi che derivano dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio, a prescindere dall'imputabilità al dipendente stesso di eventuali profili soggettivi di colpa nelle vicende che hanno determinato tali disagi (da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, n. n. -OMISSIS-; ex multis, Sez. III, n. 4234 del 2015; n. 3077 del 2015; principi affermati sin da epoca più risalente, Sez. IV, n. 2686 del 2011; Sez. VI, n. 8376 del 2010; Sez. IV, n. 598 del 2008).

Di conseguenza, ai fini dell'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale non è significativa l'origine della situazione venutasi a creare, nel senso che questa può prescindere da ogni giudizio di rimproverabilità della condotta all'interessato, essendo sufficiente che il prestigio dell'amministrazione sia messo in pericolo (da ultimo, Cons. Stato Sez. III, n. 3784 del 2018; Sez. VI, n. 731 del 2009).

D'altra parte, costituisce principio pacifico anche quello secondo cui, nella materia in argomento, competono all'Amministrazione ampi e penetranti poteri discrezionali, sindacabili da parte del giudice amministrativo unicamente ab externo, in relazione ai noti vizi di grave e manifesta illogicità, travisamento dei fatti ed incompletezza della motivazione, rimanendo esclusa ogni indagine di merito (Cons. Stato, sez. III, n. 4234 del 2015 cit.; Sez. VI, nn. 4057 e 2824 del 2009, Sez. IV, n. 4716 del 2008). Discrezionalità riconosciuta come caratterizzata da maggiore ampiezza rispetto a quella di cui gode l'Amministrazione nei confronti degli altri pubblici dipendenti, proprio in ragione della tutela dell'interesse a che una funzione come la pubblica sicurezza sia scevra da dubbi e da equivoci sul comportamento dei suoi agenti (Cons. Stato, Sez. VI, nn. 337 e 777 del 2009.)

7.1.1. Può aggiungersi che l'istituto del trasferimento per motivi di incompatibilità ambientale non è esclusivo del personale della Polizia di Stato.

Infatti, discipline analoghe sono previste per i magistrati e per il lavoro pubblico contrattualizzato.

7.1.2. Rispetto ai magistrati, la giurisprudenza ha ricondotto l'istituto a situazioni oggettive d'impossibilità di esercitare le funzioni, al di fuori di ogni giudizio di riprovevolezza della condotta, mettendo in risalto la differenza ontologica rispetto al procedimento disciplinare (Cons. Stato, Sez. IV, n. 3587 del 2011 e n. 143 del 2010, riferite a magistrati ordinari; Sez. IV, n. 3712 del 2010, riferita a magistrati militari).

7.1.3. Rispetto al lavoro pubblico contrattualizzato, si muove sostanzialmente nella medesima direzione la giurisprudenza della Cassazione civile che ha sempre escluso la natura disciplinare, ed ha ravvisato quella cautelare, dell'istituto in esame, rinvenendo la ragione fondante dello stesso nelle esigenze tecniche, organizzative e produttive compromesse da fatti, valutati discrezionalmente, idonei ad essere nocivi per il prestigio e il buon andamento dell'ufficio in una determinata sede. L'istituto in argomento è stato ricondotto ai principi generali fissati dall'art. 2103 c.c., quando non regolato dalla contrattazione collettiva o da norme speciali, quali, a titolo di esempio, gli artt. 468 e 469 del d.lgs. n. 297 del 1994 per gli insegnanti (cfr. Cass. civ., sez. lav., n. 27226 del 2018; n. 10833 del 2017; n. 2143 del 2017; n. 11589 del 2003).

7.1.4. Nella fattispecie all'attenzione del Collegio, l'Amministrazione, previa accurata istruttoria, ha individuato, con ampia e dettagliata motivazione (vedi §. 2) la situazione oggettiva di fatto, suscettibile di mettere anche solo in pericolo il proprio prestigio. Pertanto, in applicazione dei principi suddetti, nessun rilievo possono avere: - la cessazione della convivenza del cognato con la sorella di un noto capo clan; - le frequentazioni solo formali con i cognati della moglie; - il comportamento ineccepibile del militare nello svolgimento dell'attività di servizio, e, finanche, la sua solerzia nel rappresentare all'amministrazione la situazione di fatto; - la rivalutazione della situazione di incompatibilità occasionata da una querela anonima. D'altra parte, se si desse rilievo a tali circostanze sottolineate dall'originario ricorrente questo giudice finirebbe con l'effettuare una valutazione nel merito invece dell'ordinario sindacato di legittimità, confinato, come sopra evidenziato, ai noti vizi di grave e manifesta illogicità, travisamento dei fatti ed incompletezza della motivazione.

7.2. L'appellato, con il terzo profilo, ha riproposto la censura di primo grado con la quale aveva dedotto, dinanzi al T.a.r., la mancata ponderazione in concreto tra i contrapposti interessi pubblici e privati, della tutela del prestigio e della tutela della vita familiare, in riferimento alla sede di destinazione di Bari, distante circa 150 Km da quella di residenza.

Il primo giudice non si è pronunciato espressamente su tale profilo, essendosi limitato a rinviare ai principi enunciati dalla stessa sezione in un caso analogo con la sentenza n. -OMISSIS- del 2018, dove aveva ravvisato il difetto di motivazione del provvedimento di trasferimento sotto il profilo del mancato contemperamento tra le esigenze dell'amministrazione e le esigenze personali e familiari del dipendente.

7.2.1. In proposito, i Collegio reputa opportuno ribadire le argomentazioni spese in quella decisione, che condivide integralmente, riportando per maggiore chiarezza espositiva i commi 3 e 4 dell'art. 55 in argomento, i quali così recitano:
Avv. Antonino Sugamele

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