Per integrare il reato di disobbedienza militare (art. 173 cod. pen. mil. pace) è sufficiente il dolo generico consistente nella consapevole volontà di rifiutare di obbedire ad un ordine attinente al servizio.
Autorità: Cassazione penale sez. I
Data udienza: 13 dicembre 2011
Numero: n. 3339
Classificazione
REATI MILITARI - Reati contro la disciplina militare - disobbedienza
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente -
Dott. IANNELLI Enzo - rel. Consigliere -
Dott. TARDIO Angela - Consigliere -
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere -
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) F.E.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 40/2010 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
17/11/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
Udito il Procuratore Generale in persona.
Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso ed i motivi nuovi;
Udita la requisitoria del S. Procuratore generale militare, Flamini
Luigi Morini, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli.
(Torna su ) Fatto
OSSERVA
- 1 - F.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza 17.11/15.12.2010 della corte militare di appello, di conferma della pregressa decisione, in data 18.3/8.4.210, del tribunale militare di Verona che lo condannava alla pena di mesi tre di reclusione militare per i reati continuati di disobbedienza e di insubordinazione con violenza e minaccia ex art. 81 cpv. c.p. e artt. 173, 186 e art. 189 c.p.m.p., comma 1, deducendo, nell'ordine, e richiamando l'art. 606 c.p.p., lett. c), d) ed e) tre ragioni di doglianza: violazione degli artt. 190 e 234 c.p.p., e quindi del diritto di difendersi provando per avere la corte di appello ingiustificatamente rigettato la richiesta di acquisizione degli atti di un procedimento civile in corso in grado di appello e la sentenza emessa in primo grado con la quale è stata dichiarata l'illegittimità del trattamento sanitario obbligatorio subito dal F.; mancanza e manifesta illogicità della motivazione in punto di responsabilità per non aver appunto considerato, i giudici di merito, gli elementi che emergevano dagli atti come richiesti per essere il TSO "l'oggetto del thema decidendum nel procedimento de quo; mancata assunzione di una prova decisiva con l'aver rifiutato l'acquisizione dei documenti sopra descritti.
- 2 - Il ricorso non può essere accolto perchè sostenuto da ragioni inammissibili in sede di legittimità. Sta di fatto che l'imputato, più volte "comandato", e da più superiori gerarchici, di recarsi all'Ospedale militare di Torino per la visita di idoneità obbligatoria, il 18.8.2005 di ritornare in Ufficio per riprendere con i superiori una conversazione dal predetto interrotta e vertente sullo stesso oggetto, e che l'8.9.2005 usava violenza e minaccia contro superiori e contro un collega di pari grado, rifiutava pervicacemente di sottoporsi a visite mediche perchè erano stati, rilevati suoi comportamenti distonici in relazione alla disciplina militare, evidenzianti disturbi (psichici, quali chiari segni di ansia libera" disadattamento alla vita militare", "disturbo dell'adattamento non altrimenti specificato .." "delirio persecutorio grave in atto con aggressività manifesta". Per la diagnosi di quest'ultimo disturbo, redatto da due medici dell'Azienda sanitaria locale, fu disposto un trattamento sanitario obbligatorio che si protrasse presso l'O.C. di (OMISSIS), all'esito del quale il tribunale di Pinerolo, con ordinanza del 22.11.2005, non convalidò il trattamento, ritenendolo carente dei suoi propri presupposti.
- 3 - Le ragione del ricorrente si coagulano su questa pronuncia giudiziale per dedurne che le disposizioni delle autorità militari a sottoporsi alla visita medica, tutte rifiutate, non erano legittimi;
forse anche persecutoria tanto da scriminare la disobbedienza ad eseguirli. Ma la pretesa del subordinato di sindacare l'ordine impartito, nella specie quello di sottoporsi a visita medica in ragione di comportamenti devianti del militare onde formulare la valutazione di idoneità o inidoneità al servizio militare, che non è parificabile certo, quest'ultima, alle condizioni di salute che giustificano il trattamento sanitario obbligatorio, non è di sicuro prospettabile nel contesto particolare della disciplina militare.
Invero l'art. 173 c.p.m.p. - che prevede il reato di disobbedienza - tutela l'esigenza di assicurare il corretto funzionamento dell'apparato militare a mezzo dell'osservanza dell'ordine impartito dal superiore gerarchico, per cui il diritto-dovere del militare di non ottemperarvi è limitato al caso, ai sensi della L. 11 luglio 1978 n. 382, art. 4, comma 4, in cui tale comando sia "manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato" (per tutte, v. Sez. 16.11/1.12.1998, Hass. E a., Rv 211771; Sez. 1, 8.11.2007/25.1.2008, Sommer ed a., Rv 239.199; Sez. 1, 19.1/29.2.1996, Fazio, Rv 204045):
ne consegue che esula da siffatta ipotesi il caso in cui la volontà del superiore gerarchico miri a fini previsti dall'ordinamento, in quanto inerenti alle modalità di amministrazione del personale inquadrato in una organizzazione gerarchica, come avviene per l'ordine di sottoporsi a visita medica per accertare la sua idoneità o meno al servizio. Ne consegue ancora che, per la realizzazione del reato in questione, è sufficiente il dolo generico - consistente nella consapevole volontà di rifiutare di obbedire ad un ordine, attinente al servizio, intimato dal superiore al di fuori dell'ipotesi, sopra indicata, in cui la legge eccezionalmente impone di disobbedire - esulando, per la giuridica esistenza dell'elemento psicologico del reato, qualsivoglia motivazione addotta dall'inferiore per giustificare tale suo comportamento; nè detta situazione può ritenersi sintomatica -attesa la richiesta genericità del dolo - di mancanza del citato elemento soggettivo per l'irrilevanza, in tale ipotesi, dei motivi che hanno determinato la condotta del reo. In proposito non può seriamente contestarsi che l'imputato non abbia agito nella ragionevole percezione dell'attinenza al servizio dell'ordine impartito dal superiore, il che è comprovato dalla relazione medica redatta a conclusione del trattamento sanitario obbligatorio che ha escluso la patologia propria , al limite la incapacità di intendere e volere, che avrebbe annichilito la predetta percezione. Gli ulteriori motivi di ricorso, tutti strettamente collegati alla valorizzazione ai fini della decisione degli esiti del TSO, sono assorbiti.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di cinquecento Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 500,00 Euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2012
22-12-2012 00:26
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