Detenzione illegale di n. 168 cartucce calibro 9 x 19 parabellum, munizioni da guerra.
Cassazione penale sez. I
Data:
23/09/2013 ( ud. 23/09/2013 , dep.04/11/2013 )
Numero:
44456
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo - Presidente -
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - Consigliere -
Dott. ROMBOLA' Marcello - Consigliere -
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1298/2005 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/11/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fraticelli Mario,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 14.11.2012 la Corte d'Appello di Catania confermava la decisione emessa in data 2.2.2005 nei confronti di C.A. dal Tribunale di Catania. Con tali decisioni si è dunque affermata, in primo e secondo grado, la penale responsabilità di C.A. per il reato di detenzione illegale di n. 168 cartucce calibro 9 x 19 parabellum, munizioni da guerra. Il fatto risulta accertato in data 22 giugno 2001 nel corso di una perquisizione domiciliare.
Nel valutare il contenuto dei motivi di appello, la Corte territoriale confermava la decisione emessa in apertura del rito drettissimo con cui il giudice di primo grado aveva ritenuto corretta l'instaurazione del rito speciale, pur a distanza di più di tre anni dalla data di iscrizione della notizia di reato. A parere della Corte territoriale l'inosservanza del termine previsto dall'art. 449 c.p.p. non è causa di invalidità del c.d. direttissimo atipico, previsto come obbligatorio per i reati in tema di armi dalla L. n. 356 del 1992, art. 12 bis.
Quanto al merito, la Corte osserva che non vi è motivo alcuno di dubitare della qualità di munizionamento "da guerra" delle cartucce calibro 9 x 19 anche a seguito della modifica del testo della L. n. 110 del 1975, art. 2 (dovuta al D.Lgs. n. 204 del 2010) e ciò in relazione al fatto che trattasi di munizioni destinate esclusivamente alle forze armate e ai corpi armati dello Stato.
Inoltre, nel caso in esame le cartucce erano in possesso del C. - presso la sua abitazione - all'epoca dei fatti maresciallo dei carabinieri in servizio presso la stazione di (OMISSIS) e trattasi di munizioni diverse da quelle utilizzate per le armi in dotazione o legittimamente detenute ed, in ogni caso, eccedenti rispetto a quelle il cui possesso risulta consentito dal regolamento interno.
Anche l'ipotesi di un trattenimento di dette munizioni, ricevute per esercitazioni o altre particolari situazioni, da parte dell'imputato non viene ritenuto fatto idoneo a scriminare la condotta di illegittima detenzione, nè ad avviso della Corte può ritenersi applicabile la particolare circostanza attenuante di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 5 in ragione di profili oggettivi (la particolare potenzialità offensiva delle munizioni) e soggettivi (il C. è stato ritenuto responsabile, in diverso procedimento, di concorso in un omicidio commesso nel (OMISSIS)).
2. Ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo dei difensori - C.A., articolando distinti motivi.
Con il primo si ripropone la questione di nullità dell'ordinanza emessa in primo grado in data 3.11.2004 per violazione della disciplina processuale del giudizio direttissimo. Ad avviso della difesa, la mancata osservanza del termine previsto dall'art. 449 c.p.p. (all'epoca di giorni 15) determina vizio di instaurazione della fase processuale del giudizio, con conseguente nullità degli atti successivi. La disciplina speciale prevista dalla L. n. 356 del 1992, art. 12 bis (di conversione del D.L. n. 306 del 1992) va riferita infatti esclusivamente ai "casi" ordinari del giudizio direttissimo (arresto in flagranza o confessione) e non anche alle "modalità" previste dalla legge processuale. Sulla scorta di orientamenti giurisprudenziali di questa Corte tesi alla affermazione di detto principio, pertanto, si ribadisce la questione di nullità, data la violazione dei diritti difensivi che in ogni caso deriva dalla non corretta instaurazione del procedimento speciale, tale da evitare i momenti di granzia rappresentati dal previo deposito degli atti di indagine (415 bis c.p.p.) e dalla celebrazione dell'udienza preliminare.
Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione e travisamento delle risultanze processuali in riferimento alla intervenuta affermazione di responsabilità per il delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 2. Ad avviso del ricorrente la motivazione espressa dalla Corte d'Appello non consente di ritenere illegittimo il possesso delle munizioni che il C. - nella sua qualità di comandante della stazione carabinieri di (OMISSIS) - aveva trattenuto dopo la consegna, ricevuta in occasione di esercitazioni, in modo conforme ad una prassi tesa a prevenire situazioni di pericolo. L'eccedenza delle munizioni poteva al più determinare una responsabilità di tipo disciplinare e non certo di carattere penale.
Con il terzo motivo si deduce erronea applicazione della previsione normativa di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 5 e vizio di motivazione sul punto del diniego di detta circostanza attenuante. Ad avviso del ricorrente la particolare condizione soggettiva ed il convincimento della legittimità della detenzione sono elementi di fatto la cui omessa valutazione rende incongrua la motivazione addotta dalla Corte nel denegare l'applicazione della attenuante.
Inoltre le munizioni in questione sarebbero risalenti a circa 15 anni orsono e non avrebbero quella spiccata potenzialità offensiva cui si fa riferimento nella decisione.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato, per le ragioni che seguono. Quanto al primo motivo di ricorso, va qui affermato che la disciplina speciale relativa al giudizio direttissimo in tema di armi consente tale modalità di esercizio dell'azione penale - ai sensi della L. n. 356 del 1992, art. 12 bis - anche oltre i ristretti termini previsti dall'art. 449 c.p.p.. Ciò perchè la deroga contenuta nella disposizione speciale ricomprende le ordinarie regole di ammissibilità del rito - previste dalla suddetta norma codicistica - e, pertanto, si estende al profilo temporale che è da tali regole contemplato. La diversa opinione, pur espressa da Sez. 6, n. 35828 del 25.9.2006 (e in precedenza da Sez. 1, n. 1984 del 16.3.2000), è da ritenersi un precedente isolato e non più ripreso nei suoi contenuti dalla giurisprudenza successiva, sempre di contrario avviso (si vedano Sez. 1, n.22790 del 13.5.2009, rv 244514;
Sez. 1, n. 37602 del 17.9.2008, rv 241126; Sez. 1, n. 27657 del 30.5.2007, rv 237024, tutte emesse in data successiva). Da ciò la assenza di un effettivo contrasto tale da determinare l'intervento delle Sezioni Unite di questa Corte ai sensi dell'art. 618 c.p.p., posto che si è verificato un costante allineamento delle decisioni alla tesi della "insensibilità" del direttissimo c.d. atipico alle scadenze temporali indicate dall'art. 449 c.p.p..
Del resto, tale linea interpretativa non crea pregiudizio alle principali facoltà difensive di accesso agli ulteriori riti alternativi collaborativi, essendo sempre consentita la trasformazione del rito attraverso la richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta.
Parimenti infondati risultano gli ulteriori motivi di ricorso.
La Corte territoriale ha adeguatamente motivato circa i profili di illiceità della condotta - che risulta del tutto palese in relazione al numero di munizioni da guerra oggetto di rinvenimento, peraltro in luogo diverso e privato rispetto alla stazione in cui il C. prestava servizio - e circa l'impossibilità di ritenere il fatto di live entità.
Le doglianze addotte riguardano, pertanto, profili di merito già esaminati - in modo esente da vizi interpretativi e argomentativi - e rasentano l'inammissibilità in quanto prospettano esclusivamente un diverso apprezzamento del fatto, non consentito nella presente sede di legittimità.
Va per completezza aggiunto che il reato, pur risalente nel tempo, non risulta prescritto in virtù del fatto che la decisione di primo grado risulta emessa in data 2.2.2005 con conseguente inapplicabilità (si veda Corte Cost. n. 393 del 2006) della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 251 del 2005.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2013
16-11-2013 15:31
Richiedi una Consulenza