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Sentenza

Il dipendente pubblico, riconosciuto profugo dell’Africa Italiana, in possesso d...
Il dipendente pubblico, riconosciuto profugo dell’Africa Italiana, in possesso del relativo riconoscimento ai sensi del D.L. n. 104 del 26.2.48, ha diritto ai benefici dell’art. 2, c. 2, legge n. 336/70.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 febbraio - 4 aprile 2013, n. 8190
Presidente Lamorgese – Relatore De Renzis

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 521 del 2003 il Tribunale di Civitavecchia accoglieva la domanda di A..D.M. intesa ad ottenere l'accertamento del diritto al computo nell'indennità di buonuscita e nel TFR delle maggiorazioni di cui all'art. 2 L. n. 336 del 1970 (c.d. benefici combattentistici), con condanna della RFI al pagamento dell'importo di Euro 3.67 8,63.
La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 4693 del 2006, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda dell'appellato D.M. , osservando che gli anzidetti benefici competevano soltanto ai profughi coinvolti in maniera diretta ed immediata dagli effetti del trattato di pace.
La Corte territoriale ha ritenuto che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, il riconoscimento del titolo di profugo dall'Africa Italiana ai sensi del DL n. 104 del 1948 non giustificasse l'accoglimento della domanda del ricorrente, non essendo emerso nel caso di specie che il D.M. fosse stato coinvolto in maniera diretta dagli effetti del trattato di pace.
Il D.M. ricorre per cassazione con un motivo.
La Rete Ferroviaria Italiana resiste con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 CPC.

Motivi della decisione

1.- Con l'unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 2 della legge n. 336 del 1970, in relazione al D.L. n. 104 del 26 febbraio 1948, nonché errata motivazione su un punto decisivo della controversia e travisamento del fatto.
In particolare il ricorrente contesta l'interpretazione data dal giudice di appello, che ha ancorato, come già detto, il riconoscimento dei richiesti benefici di cui all'art. 2, comma 2, della legge n. 336 del 1970 alla circostanza che i profughi dell'Africa Italiana, siano stati coinvolti in maniera immediata e diretta dagli effetti del trattato di pace.
È evidente, osserva il ricorrente, l'errore del giudice di appello, che ha negato i richiesti benefici non tenendo nella debita considerazione quanto stabilito dal richiamato D.L. n. 104 del 1948, che ha esteso ai profughi dell'Africa Italiana i benefici previsti per i combattenti e reduci.
Alla fine del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto: "se alla categoria dei profughi e soggetti equiparati come definiti dal DL n. 104/1948, ed in. particolare dell'Africa Italiana rimpatriati a causa ? degli eventi bellici, competa il trattamento economico di maggior favore previsto dall'art. 2r comma 2, della legge n. 336 del 1910".
Da parte sua la controricorrente sostiene che le norme di cui alla legge n. 336 del 1970 costituiscono ius singulare, di cui non è consentita interpretazione analogica e quindi applicazione a categorie diverse da quelle dei profughi per effetto dell'applicazione del trattato di pace e dalle altre ad esse equiparate in virtù di apposito provvedimento normativo.
La stessa RFI aggiunge che in ogni caso la legge n. 336 del 1970 trova applicazione solo ed esclusivamente nei confronti dei dipendenti pubblici, e perciò non avrebbe potuto essere invocata dal D.M. , dipendente dell'allora Ferrovie dello Stato, che in quegli anni era una società per azioni.
2. Tutto ciò premesso sulle opposte linee difensive, questa Corte ritiene di condividere quanto dedotto ed argomentato dalla parte ricorrente.
La Corte territoriale, nel riformare la decisione di primo grado, osserva, come già detto, che l'art. 1 della legge n. 336 definisce in maniera precisa i destinatari,ossia i profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie assimilate, e tali non sono i profughi dell'Africa Italiana.
Questa interpretazione è riduttiva e non tiene conto della reale portata della normativa di cui alla legge n. 336 in rapporto alla disciplina dettata dal D.L. n. 104 del 1948.
La legge n. 336 all'art. 1 - 1 comma - prevede per gli ex combattenti e categorie assimilate, dipendenti pubblici, il beneficio della progressione in carriera, mentre l'art. 2 della stessa legge prevede l'incremento della base di calcolo dell'indennità spettante ai lavoratori alla cessazione dal servizio, con l'attribuzione o di aumenti periodici di stipendio (1 comma) o della qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta (2 comma).
Così ricostruito il tessuto normativo della legge n. 336, trattasi di verificare se ad esso possa ricondursi e in che modo la precedente disciplina dettata dal D.L. n. 104 del 1948, che all'art. 1 stabilisce che "tutte le disposizioni recanti benefici in favore dei reduci, ad eccezione di quelle relative ai benefici di carriera attribuiti ai dipendenti pubblici aventi la qualifica di combattenti, sono estese ai profughi dell'Africa Italiana, salvi, in ogni caso, i maggiori diritti ai singoli spettanti per diverse disposizioni di legge".
Orbene è chiaro che mentre ai profughi in questione non sono attribuibili i benefici di carriera di cui all'art. 1 legge n. 336, sono invece da riconoscere i benefici di cui all'art. 2 della stessa legge n. 336, atteso che il richiamato D.L. n. 104 del 1948 estende ai profughi dell'Africa Italiana i benefici retributivi attribuiti ai reduci, senza che rilevi il richiamo alla circostanza del coinvolgimento di tali profughi dagli effetti del trattato di pace del 1947. Né è conferente il richiamo effettuato dal giudice di appello alla sentenza di questa Corte n. 3749 dell'11 aprile 1998, essendo stato negato il riconoscimento dei benefici combattentistici a soggetto tornato dalla Libia dopo l'agosto 1969 e quindi in tal caso correttamente non essendo stato ravvisato il coinvolgimento del profugo in maniera immediata e diretta dagli eventi bellici o dagli effetti del trattato di pace.
Nel caso in esame risulta documentato che il titolo di profugo venne rilasciato al D.M. il 5 dicembre 1950 dal Ministero dell'Africa Italiana, titolo acquisito in occasione e a causa degli eventi bellici del 1943 dopo il suo rientro dalla Libia in Italia (circostanze richiamate dal ricorrente - pag 7 del ricorso - e non contrastate dalla controricorrente).
Quanto all'inapplicabilità, sostenuta dalla RFI, della normativa in questione- recante benefici a favore dei combattenti e reduci- al personale ferroviario a seguito della privatizzazione dell'ente ferroviario, vanno fatte le seguenti osservazioni.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 5740 del 2001, Cass. n. 5511 del 2004; Cass. n. 6650 del 2004) la norma di cui all'art. 2 della legge n. 336 del 1970 è compatibile con il nuovo sistema di calcolo del trattamento di fine rapporto,giacché l'attribuzione della superiore qualifica, o classe di stipendio - paga o retribuzione- non va riferita all'atto della cessazione del rapporto, come nel precedente sistema, ma riguarda le qualifiche possedute per ciascun anno in quell'arco di tempo. In tal modo gli effetti voluti dall'art. 2 della legge n. 336 del 1970, trattandosi di norma avente carattere speciale, sono salvaguardati, non potendo considerarsi tale legge abrogata o derogata per effetto ed in conseguenza della disciplina generale del TFR, contenuta nella legge n. 297 del 1982.
Va precisato che il nuovo testo dell'art. 2120 Cod. Civ., introdotto dalla richiamata legge n. 297 del 1982, dispone che il lavoratore ha diritto, in ogni caso di cessazione del rapporto, al TFR, che matura anno per anno ed è pari all'importo della retribuzione dovuta per l'anno divisa per 13,5; lo stesso viene annualmente rivalutato.
In base ad un secondo orientamento giurisprudenziale (cfr Cass. n. 11723 del 2009 e n. 11025 del 2009) la disciplina di cui all'art. 2120 Cod. Civ. nella nuova formulazione non trova applicazione integrale, a seguito del mutamento di regime, al periodo antecedente ad esso, in cui il rapporto era considerato di pubblico impiego. Ciò anche per le difficoltà di ricostruzione del valore annuale degli accantonamenti relativi agli anni antecedenti al 1996. Secondo tale orientamento appare maggiormente coerente, anche rispetto al sistema delineato dalla legge n. 297 del 1982, una interpretazione delle norme (in particolare quelle di cui alla legge n. 204 del 1995), le quali stabilirono che fino al 31 dicembre 1995 per i ferrovieri, iscritti all'OPAFS alla data del 31 maggio 1994, il trattamento relativo alla cessazione del rapporto di lavoro era regolato dalla legge n. 829 del 1973)che consenta di considerare l'indennità di buonuscita ipoteticamente maturata, per i dipendenti delle Ferrovie dello Stato, all'anzidetta data del 31 dicembre 1995 come il primo accantonamento del trattamento di fine rapporto spettante a seguito della variazione del regime, accantonamento che si cumula poi con quelli calcolati secondo il meccanismo di cui all'art. 2120 Cod. Civ..
Questo Collegio ritiene di condividere questo secondo orientamento, sicché anche per il caso di specie il trattamento di fine rapporto fino al 31 dicembre 1995 va determinato secondo criteri di cui alla legge n. 829 del 1973, con inclusione dei benefici di cui all'art. 2 della legge n. 336 del 1970, mentre per il periodo successivo gli accantonamenti di fine rapporto vanno operati alla stregua dell'art. 2120 Cod. Civ., senza però l'inclusione dei benefici per gli ex combattenti ed assimilati, in ragione dell'intervenuta privatizzazione del rapporto di lavoro.
3.- Il ricorso va dunque accolto e l'impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, che procederà al riesame della causa attenendosi al seguente principio di diritto: "Il profugo dell'Africa Italiana, in possesso del relativo riconoscimento ai sensi del DL n. 104 del 26 febbraio 1948, ha diritto all'attribuzione dei benefici previsti dall'art. 2. comma 2, della legge n. 336 del 1970. Tali benefici, per il periodo fino al 31 dicembre 1995,vanno riconosciuti in relazione al valore ipotetico dell'indennità di buonuscita alla stregua dei criteri di cui alla legge n. 829 del 14 dicembre 1973, e l'ammontare di tale trattamento si cumula con gli accantonamenti, calcolati per gli anni successivi alla stregua dell'art. 2120 Cod. Civ., senza includere, però, i benefici per gli ex combattenti, in ragione della natura privatistica del rapporto".
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Avv. Antonino Sugamele

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