Ufficiale di polizia municipale arrestato per falsità ideologica in atti pubblici, corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza
Cassazione penale sez. VI data:18/07/2013 ( ud. 18/07/2013 dep.24/07/2013 )
Numero: 32415
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio S. - Presidente -
Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere -
Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.R., nato ad (OMISSIS);
avverso l'ordinanza in data 23/04/2013 del Tribunale di Napoli
(sezione riesame);
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott.
Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott.
STABILE Carmine, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Fatto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L.R., indagato - nella sua qualità di ufficiale della polizia municipale di (OMISSIS) - per più episodi di falsità ideologica in atti pubblici, corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza, ha proposto per mezzo del difensore ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del 23.4.2013 del Tribunale del riesame di Napoli, che ha confermato il provvedimento con cui il 9.4.2013 il g.i.p. del Tribunale di Napoli gli ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere.
2. Con il ricorso si formulano censure unicamente in punto di persistenza delle esigenze cautelari legittimanti la confermata misura cautelare carceraria, deducendosi erronea applicazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. I giudici del riesame, pur prendendo atto del leale contegno processuale dell'indagato (che ha reso confessione di tutti gli addebiti) e della sua intervenuta sospensione dal servizio, hanno ritenuto persistere un immutato pericolo di recidiva, valorizzando l'oggettiva gravità dei plurimi fatti criminosi ascritti al L. e la concomitante pendenza di altro procedimento penale a suo carico presso l'A.G. di Nola per fatti della stessa specie. In questo ambito valutativo, però, i giudici hanno omesso ogni concreto giudizio sulle cause ostative alla mitigazione della misura cautelare con l'applicazione della meno gravosa misura degli arresti domiciliari, che pure la difesa del L. ha documentato poter essere eseguita in località (provincia di (OMISSIS)) ben lontana dai luoghi di consumazione degli ascritti reati con conseguente impossibilità di poterne commettere degli altri di analoga natura.
3. Nelle more della trattazione dell'odierno ricorso (depositato il 25.5.2013) la misura cautelare della custodia in carcere applicata al L. è stata sostituita (ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Napoli del 27.5.2013) con quella degli arresti domiciliari. A fronte di tale sviluppo processuale il difensore di fiducia del ricorrente ha comunicato di rinunciare alla proposta impugnazione per cassazione. Rinuncia, tuttavia, non sorretta da coeva dichiarazione (o da procura speciale conferita al difensore) dell'indagato L. e, quindi, priva degli effetti caducatori del mezzo d'impugnazione previsti dall'art. 589 c.p.p. e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d).
Nondimeno tali effetti si producono (anche) in riferimento alla specifica posizione personale dell'indagato ricorrente, poichè la cessazione della misura coercitiva carceraria e l'applicazione della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari, soltanto per l'ottenimento della quale è stato presentato il ricorso, delinea un quadro di sopravvenuta e assorbente mancanza di interesse dell'indagato L. agli esiti decisori della proposta impugnazione, che per tale ragione deve essere dichiarata inammissibile. La verifica dell'attualità e concretezza dell'interesse alla decisione, imposta dalla generale regola dettata dall'art. 568 c.p.p., comma 4, (valida anche in materia de libertate), rende, infatti, indefettibile requisito di ammissibilità di ogni impugnazione la persistenza di un interesse effettivo e attuale, finalisticamente diretto a rimuovere un pregiudizio reale e specifico che la parte affermi di aver subito dal provvedimento impugnato. Interesse che nel caso di specie è venuto meno.
In base al principio di cui all'art. 91 c.p.c. non può reputarsi soccombente e non deve, dunque, essere condannato al pagamento delle spese del processo e della sanzione pecuniaria di cui all'art. 616 c.p.p. il ricorrente la cui impugnazione sia dichiarata inammissibile per carenza di interesse determinata, come nel caso in esame, da causa successiva alla proposizione del ricorso.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta mancanza di interesse.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013
21-08-2013 17:41
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