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Sentenza

Disciplina militare: la scelta della sanzione espulsiva, effettuata in ordine al...
Disciplina militare: la scelta della sanzione espulsiva, effettuata in ordine alla gravita' dei fatti addebitati, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicita', la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalita' e il travisamento.
T.A.R.  sez. I  Perugia , Umbria Data:02/07/2013 Numero:    354
                             REPUBBLICA ITALIANA                         
                         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
             Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria          
                               (Sezione Prima)                           
    ha pronunciato la presente                                           
                                  SENTENZA                               
    sul ricorso numero di registro generale 433 del  2011,  integrato  da
    motivi aggiunti, proposto Gi. Ci., rappresentato e  difeso  dall'avv.
    Angelo  Fiore  Tartaglia,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio
    dell'avv. Marco Angelini in Perugia, Piazza Piccinino, n. 9;         
                                   contro                                
    il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, ed il
    Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante
    Generale  pro  tempore,  rappresentati  e   difesi    dall'Avvocatura
    Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria ex lege;         
                             per l'annullamento                          
    a) della determinazione del 22 agosto 2011 del Ministero della Difesa
    - Direzione Generale per il Personale Militare, con  la  quale:  "nei
    riguardi dell'appuntato in servizio permanente, Ci. Gi., nato a Rieti
    il (omissis...) è disposta, dalla data della presente determinazione,
    la "perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari" ai sensi
    dell'art. 861, comma primo, lettera d)  del  decreto  legislativo  15
    marzo 2010, n. 66 e per l'effetto  il  predetto  militare  cessa  dal
    servizio permanente e viene iscritto d'ufficio nel ruolo dei militari
    di truppa dell'Esercito italiano, senza alcun grado, ai  sensi  degli
    articoli: 923, comma primo, lettera i);  n.  861,  comma  quarto  del
    richiamato decreto legislativo n. 66/2010";                          
    b) di ogni altro atto presupposto,  connesso  ovvero  consequenziale,
    tra cui il verdetto di  non  meritevolezza  a  conservare  il  grado,
    formulato nei suoi confronti dalla commissione di disciplina in  data
    14 giugno 2011 e di tutti gli atti del procedimento disciplinare.    
    Visto il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;          
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e
    del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;                      
    Viste le memorie difensive;                                          
    Visti tutti gli atti della causa;                                    
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2013 la  dott.ssa
    Brunella Bruno e uditi per le  parti  i  difensori  come  da  verbale
    d'udienza;                                                           
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


    Fatto

    A. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, Gi. Ci. - appuntato dei Carabinieri in servizio dal 25 ottobre 1986 - ha agito per l'annullamento del provvedimento adottato il 22 agosto 2011, con il quale l'Amministrazione della Difesa ha disposto nei suoi confronti l'irrogazione della sanzione della perdita del grado.

    B. Nello specifico, dalla documentazione in atti emerge che con determinazione del Comando Generale dei Carabinieri del 23 luglio 2001 il Ci. è stato sospeso precauzionalmente dal servizio, ai sensi dell'art. 9 della l. n. 1168 del 1961, a seguito del suo arresto eseguito in ottemperanza di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice delle indagini preliminari dei Tribunale di Roma, in relazione, tra l'altro, ai reati di "ricettazione, detenzione illecita, porto abusivo e cessione non autorizzata di arma clandestina da guerra, continuati", "associazione per delinquere", "corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio"; a tale sospensione precauzionale obbligatoria ha fatto seguito, successivamente alla revoca della misura cautelare in precedenza applicata, la sospensione facoltativa, disposta con provvedimento dell'8 maggio 2002, in ragione dell'assunzione della qualità di imputato nel processo relativo alle suddette contestazioni.

    C. Il procedimento penale è stato definito, in primo grado, con sentenza del Tribunale di Roma n. 23324 del 3 novembre 2004, con la quale il Ci. è stato condannato alla pena di due anni e due mesi di reclusione, nonché ad euro 600,00 di multa, per i reati di "ricettazione e detenzione illecita, porto abusivo e cessione non autorizzata di arma clandestina da guerra, continuati", mentre è stato assolto dalle restanti imputazioni con le formule "perché il fatto non sussiste" e "per non aver commesso il fatto".

    D. A seguito di tale pronuncia, con determinazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri del 25 luglio 2006, il Ci. è stato riammesso in servizio, per raggiungimento del limite massimo quinquennale di sospensione dal servizio.

    E. La Corte d'Appello di Roma, con la pronuncia n. 4434 del 12 giugno 2009 - divenuta irrevocabile dal 22 settembre 2010, in esito alla decisione della Corte di Cassazione - ha confermato la sentenza di primo grado.

    F. Il Direttore del Polo di Mantenimento delle armi leggere di Terni, ove il ricorrente prestava servizio, successivamente alla definizione del procedimento penale, ha disposto un'inchiesta e, acquisita la relazione dell'ufficiale inquirente, ha deferito il ricorrente al giudizio della Commissione di disciplina, la quale, nella seduta del 14 giugno 2011, ha ritenuto il militare non meritevole di conservare il grado.

    G. Condividendo il giudizio espresso dalla prefata Commissione, la Direzione Generale del Ministero della Difesa, con la determinazione in questa sede impugnata, ha disposto la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.

    H. Avverso la suddetta determinazione, la difesa del ricorrente - premessa una dettagliata esposizione del profilo professionale del militare, incentrata sulle capacità riconosciute dai superiori, i meriti acquisiti ed i risultati conseguiti, ha articolato le seguenti censure:

    - violazione dell'art. 1392 del d. lgs. n. 66 del 2010, dell'art. 648 c.p.p., dell'art. 21 bis della l. n. 241 del 1990, perenzione dell'azione disciplinare ed eccesso di potere per erroneità dei presupposti, incongruità, illogicità, irragionevolezza, a motivo della violazione dei termini perentori prescritti sia per l'instaurazione sia per la conclusione del procedimento disciplinare, con conseguente estinzione dello stesso provvedimento;

    - violazione dell'art. 3 della l. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, omessa autonoma valutazione dei fatti, carenza di motivazione, irragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità, non avendo l'amministrazione adeguatamente esplicitato i giustificativi alla base della determinazione adottata ed in quanto non risultano essere stati valutati gli eccellenti precedenti di servizio del ricorrente, l'assenza di risvolti pubblici correlati alla vicenda penale che lo ha visto coinvolto, la consistenza della condanna, la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Viene, inoltre, evidenziato che la sanzione è stata irrogata a distanza di oltre dieci anni dai fatti contestati e che ha costituito un episodio isolato, risultando, dunque, sproporzionata, tenuto anche conto della circostanza che anche dopo la condanna il ricorrente ha continuato a prestare servizio con rendimento elevato e spiccata motivazione al lavoro e che nel procedimento penale a suo carico è stato assolto per undici dei tredici reati contestati, per non aver commesso il fatto ovvero perché il fatto non sussiste;

    - eccesso di potere per perplessità e contraddittorietà, in quanto, per un verso, l'amministrazione ha ritenuto di irrogare al Ci. la più grave delle sanzioni disciplinari di stato ma, sotto altro profilo, negli specchi valutativi e nei rapporti informativi redatti sia prima che dopo le vicende penali de quibus, i superiori hanno sempre valutato il ricorrente positivamente, anche con riferimento alle qualità morali e di condotta.

    I. Per il tramite dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate, le quali hanno concluso per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

    J. Con ordinanza n. 157 del 9 novembre 2011, questa Sezione ha rigettato la domanda cautelare, valutando non sussistente il requisito del fumus boni iuris, in specie alla luce della gravità della natura del reato per il quale il ricorrente è stato definitivamente condannato

    K. Con atto per motivi aggiunti depositato il 24 novembre 2011, la difesa del ricorrente ha ribadito ed ulteriormente sviluppato le censure articolate nel ricorso introduttivo, in relazione alle controdeduzioni ed alle produzioni documentali dell'amministrazione resistente.

    L. All'udienza pubblica del 10 aprile 2013 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.
    Diritto

    1. Il ricorso non merita accoglimento.

    2. In relazione alla violazione dei termini perentori prescritti per l'instaurazione e per la conclusione del procedimento disciplinare - censurata dalla difesa del ricorrente con il primo mezzo di gravame - il Collegio rileva, infatti, che la scansione temporale degli atti non presenta alcuna illegittimità.

    2.1. Con riferimento all'avvio del procedimento disciplinare, si evidenzia che dalla documentazione versata in atti emerge che è stato nella fattispecie rispettato il termine di novanta giorni prescritto dall'art. 1392 del d. lgs. n. 66 del 2010; più in particolare, ai sensi della prefata disposizione il "procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza, del decreto penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, irrevocabili, che lo concludono".

    2.2. L'inchiesta formale è stata, infatti, avviata il 23 febbraio 2011, con la contestazione degli addebiti al ricorrente e, dunque, entro il termine di novanta giorni, decorrente dal 1° dicembre 2010, data in cui l'amministrazione ha avuto "conoscenza integrale" della sentenza irrevocabile che ha concluso il procedimento penale a carico del ricorrente.

    2.3. Il Collegio non ritiene di condividere le deduzioni di parte ricorrente dirette a sostenere una differente individuazione del dies a quo per il computo del suddetto termine, asseritamente coincidente con la data (1 ottobre 2010) in cui il difensore del Ci. ha inviato all'amministrazione copia del dispositivo della pronuncia di inammissibilità della Corte di Cassazione; come evidenziato dalla consolidata giurisprudenza, anche del giudice d'appello, ai fini dell'acquisizione della conoscenza della pronuncia che determina l'irrevocabilità della sentenza penale non può ritenersi sufficiente la conoscenza del dispositivo, essendo indispensabile la cognizione integrale della pronuncia (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8278; T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, sez. I, 27 novembre 2012, n. 352), rilevante ai fini di una compiuta ricostruzione non solo del substrato fattuale ma anche degli sviluppi processuali.

    2.4. Si osserva, peraltro, che, come correttamente rilevato dalla difesa dell'amministrazione resistente, la relazione redatta in data 1 ottobre 2010 dal difensore del ricorrente, avv. Pietro Carotti, contiene un'espressa riserva di allegazione di "copia della motivazione della sentenza della Suprema Corte, non appena depositata", esplicitando anche il proposito di promuovere ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell'art. 625 bis c.p.p., sulla base di asseriti errori di fatto riscontrati nella pronuncia medesima (all. 2 delle produzioni documentali di parte ricorrente).

    2.5. Risulta per tabulas che la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione è stata depositata in cancelleria il 12 novembre 2010 ed è stata rilasciata in copia all'amministrazione il 1° dicembre 2010, come emerge dal timbro apposto in calce al provvedimento.

    2.6. Anche il termine di conclusione del procedimento è stato, nella fattispecie, rispettato; il provvedimento gravato, infatti, risulta adottato il 22 agosto 2011 e, dunque, entro il termine di 270 giorni prescritto dalla disposizione sopra richiamata.

    2.7. Il Collegio condivide l'orientamento espresso, sul punto, dal giudice d'appello, il quale ha evidenziato che la comunicazione del provvedimento disciplinare, quale atto finale del relativo procedimento, costituisce un elemento estraneo alla perfezione e validità dell'atto, di talché la tempestività della sua comunicazione non incide sulla legittimità del provvedimento stesso, ma solo sulla decorrenza del termine per una eventuale impugnazione (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2849; 21 aprile 2010, n. 2274 e n. 2263; 31 marzo 2009, n. 1912; 15 settembre 2006, n. 5401; Sez. V, 23 novembre 2007, n. 6015; Sez. VI, 19 giugno 2008, n. 3078). In altri termini, la prevalente giurisprudenza non attribuisce all'atto espulsivo natura recettizia, trattandosi di atto che può spiegare i suoi effetti costitutivi ex tunc, indipendentemente dalla collaborazione del destinatario.

    2.8. In conseguenza, nel caso in esame, il provvedimento di perdita del grado, tempestivamente adottato, del tutto legittimamente è stato notificato (2 settembre 2011) dopo la scadenza del termine prescritto per la sua emanazione.

    2.9. Il Collegio rileva, peraltro, che dalla verifica della scansione degli atti emerge anche l'osservanza del termine di novanta giorni previsto a pena di estinzione del procedimento dall'art. 1392 del d. lgs. n. 66 del 2010.

    3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale la difesa del ricorrente ha lamentato la carenza di motivazione e di istruttoria della determinazione gravata, è infondato e va disatteso.

    3.1. Innanzi tutto il Collegio osserva che in questa sede non è oggetto di contestazione la responsabilità del ricorrente per gravi reati (ricettazione e detenzione illecita, porto abusivo e cessione non autorizzata di arma clandestina da guerra) addebitati in sede penale, con l'accertamento, peraltro, della continuazione.

    3.2. Si evidenzia, inoltre, che dall'esame della documentazione versata in atti emergono esaustivamente i giustificativi alla base della determinazione assunta dall'amministrazione in esito ad un'accurata attività istruttoria che non ha trascurato di considerare anche le attività difensive sviluppate dal ricorrente; da tali atti emerge, altresì, che - come puntualmente rilevato dalla difesa erariale - il ricorrente, condannato, come sopra esposto, anche per il reato di ricettazione, ha avuto la disponibilità di un'arma da guerra in dotazione delle Forze Armate e di Polizia, all'evidenza oggetto di un furto e che ne ha illegittimamente disposto, compiendo un'attività che è compito dell'Arma reprimere.

    3.3. Con specifico riguardo alla scelta della sanzione espulsiva, ricorda il Collegio che per pacifica giurisprudenza, la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento (così, in termini, Consiglio Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830).

    3.4. Spetta quindi all'amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità; l'amministrazione dispone, infatti, di un ampio potere discrezionale nell'apprezzare autonomamente le varie ipotesi disciplinari, con una valutazione insindacabile nel merito da parte del giudice amministrativo (così, ancora il Consiglio Stato, sez. VI, 22 marzo 2007, n. 1350).

    3.5. Nella fattispecie, deve convenirsi con la difesa erariale che il fatto contestato è stato ricondotto alla violazione del giuramento ed alla manifesta contrarietà della condotta con le finalità istituzionali perseguite dell'Arma dei Carabinieri, di talché la sanzione disciplinare deliberata non si appalesa manifestamente iniqua né, comunque, manifestamente sproporzionata rispetto alla condotta.

    3.6. A fronte dell'evidente gravità delle condotte sanzionate, valutate dall'amministrazione incompatibili con lo status di militare, le circostanze addotte dal ricorrente a sostegno della censura di violazione del principio di proporzionalità, non si prestano, dunque, ad un positivo apprezzamento.

    4. Risultano, altresì, condivisibili le considerazioni svolte dalla difesa erariale con le quali è stato evidenziato che i precedenti di servizio del ricorrente non possono rilevare ai fini dell'individuazione in concreto della sanzione da comminare ove questa si rapporti ad una soglia di illecito - la violazione del giuramento - che impone, secondo il discrezionale giudizio dell'amministrazione, la massima sanzione di stato, perché, mentre per le condotte connotate da minore gravità è possibile operare una graduazione della sanzione tenendo anche conto della personalità professionale del dipendente, ciò risulta impossibile allorché il comportamento da questi posto in essere sia giudicato incompatibile col mantenimento dello status militare; in altri termini, il Collegio ritiene che - a fronte della evidente gravità delle condotte del ricorrente, giudicata dall'amministrazione tale da determinare un'assoluta incompatibilità con lo status di appartenente all'Arma dei Carabinieri - non possa ritenersi inficiato da palese irrazionalità il convincimento dell'amministrazione medesima in ordine all'impossibilità di desumere dai buoni precedenti di servizio e dal rendimento assicurato anche successivamente agli accadimenti contestati, elementi di valutazione tali da mitigare il disvalore morale delle condotte sanzionate.

    5. Da quanto sopra esposto, consegue, dunque, anche l'infondatezza del terzo motivo di ricorso, con il quale è stato censurato il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà.

    6. Per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.

    7. Le spese seguono come di regola la soccombenza e si liquidano in dispositivo
    PQM
    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo respinge.

    Condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite in favore dell'Amministrazione resistente, liquidandole complessivamente in € 500,00 per spese anticipate ed in € 1.500,00 per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a. come per legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

    Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

    Cesare Lamberti, Presidente

    Marina Perrelli, Primo Referendario

    Brunella Bruno, Primo Referendario, Estensore

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 02 LUG. 2013.
Avv. Antonino Sugamele

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