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Sentenza

Luogotenente e Maresciallo della G. d. Finanza finiscono sotto processo per aver...
Luogotenente e Maresciallo della G. d. Finanza finiscono sotto processo per avere indotto in errore l'amministrazione comunicando di avere diritto ad emolumenti non spettanti: il tutto per 214 euro il primo e 325 euro il secondo. Assolti entrambi. La Cassazione conferma l'assoluzione.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    24/04/2014 ( ud. 24/04/2014 , dep.16/05/2014 ) 
Numero:
    20454
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GIORDANO   Umberto       -  Presidente   -                     
    Dott. CAIAZZO    Luigi Pietro  -  Consigliere  -                     
    Dott. DI TOMASSI Mariastefania -  Consigliere  -                     
    Dott. CASA       Filippo       -  Consigliere  -                     
    Dott. BONI       Monica   -  rel. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
    PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI; 
    nei confronti di: 
                  C.D. N. IL (OMISSIS); 
             S.O. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la sentenza n. 231/2013 GUP PRESSO TRIB.MILITARE di  NAPOLI, 
    del 08/05/2013; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 24/04/2014 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. MONICA BONI; 
    Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Flamini L.M.,  che 
    ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; 
    udito  il  difensore  avv.  La Scala Antonio  Mario  che  ha  chiesto 
    dichiararsi inammissibile il ricorso e in subordine il suo rigetto. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza resa l'8 maggio 2013 il G.U.P. del Tribunale militare di Napoli dichiarava il non luogo a procedere, perchè il fatto non costituisce reato, nei confronti degli imputati C.D. ed S.O. in ordine ai delitti di truffa aggravata continuata (artt. 81 e 110 c.p., art. 234 c.p.m.p., commi 1 e 2 e art. 47 c.p.m.p., n. 2) perchè, in concorso tra loro, il primo quale Luogotenente della Guardia di Finanza, Comandante della Tenenza di Mola di Bari ed il secondo quale Maresciallo Aiutante della Guardia di Finanza, Comandante Interinale della predetta Tenenza, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, inducevano in errore l'amministrazione di appartenenza, comunicando di avere diritto ad emolumenti non spettanti e così percependo l'ingiusto profitto di Euro 214,50 per il C. e di Euro 325,80 per lo S. (capo a) e di truffa aggravata continuata con profitto altrui (art. 81 c.p., art. 234 c.p., comma 2 e art. 47 c.p.m.p., n. 2) perchè, in concorso tra loro, con artifizi e raggiri consistiti nel certificare con la loro firma i prospetti di liquidazione delle indennità stipendiali, inducevano in errore il competente ufficio amministrativo, che provvedeva a liquidare importi non dovuti ad appartenenti alla predetta Tenenza di Mola per servizi in realtà non svolti, con danno complessivo per l'amministrazione militare di Euro 1.134,41. In (OMISSIS) tra (OMISSIS).

    Con l'aggravante per entrambi del grado rivestito.

    1.1 A fondamento della decisione il G.U.P. rilevava che i periodi in cui era stato contestato il comportamento illecito ai due imputati non corrispondevano a quelli di effettivo svolgimento delle funzioni di comandante interinale, secondo quanto desumibile dalle copie degli atti a loro firma e che dalle dichiarazioni rese dal coimputato D. era emerso come fosse costui a compilare i prospetti che il comandante aveva solo il compito di vistare e trasmettere alla sezione amministrativa, per cui costui non aveva svolto alcun controllo sulla corrispondenza a realtà di quanto riportato in ordine ai servizi svolti dai singoli militari. Concludeva dunque per l'insussistenza di elementi di prova sufficienti per poter sostenere l'accusa in dibattimento in relazione al profilo psicologico ed al contributo cosciente e volontario, dato dagli imputati alla realizzazione delle truffe.

    2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale si duole di inosservanza o erronea applicazione della legge penale e di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, il primo Giudice non aveva rilevato che l'atto con il quale il comandante autorizza la trasmissione dei prospetti alla sezione amministrativa del reparto comporta l'assunzione della responsabilità per quanto comunicato e presuppone l'obbligo di controllare la veridicità e l'esattezza dei relativi dati, pena l'inutilità della sua sottoscrizione, per cui, qualora egli non ottemperi a tale obbligo, risponde degli eventuali reati commessi dai sottoposti, quanto meno a titolo di dolo eventuale, per avere agito, omettendo le doverose verifiche connesse alla sua funzione ed avere accettato il rischio che i dati trasmessi non siano veritieri. Non era dunque stato considerato che nel caso in esame gli imputati avevano omesso in modo ingiustificato ed indebito qualsiasi doverosa verifica sulla corrispondenza tra quanto esposto nei prospetti ed i servizi realmente espletati dai sottoposti nella piena consapevolezza della possibilità che venissero trasmessi dati non veritieri, fornendo con ciò un rilevante contributo causale alla commissione delle truffe per un arco temporale protratto. Pertanto, non avrebbe potuto configurarsi quanto al delitto di cui al capo B) un atteggiamento meramente colposo, nè escludersi che in dibattimento, ancorchè il quadro probatorio fosse contraddittorio ed incerto, potessero emergere prove di responsabilità.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Il ricorso è inammissibile.

    1. Va premesso che l'iniziativa assunta dal Procuratore militare investe la sentenza di non luogo a procedere con esclusivo riferimento al delitto di concorso in truffa aggravata continuata di cui al capo B) della rubrica, commessa in concorso con i singoli militari avvantaggiati nella percezione indebita di emolumenti in realtà non spettanti, mentre non muove alcun rilievo alla decisione assunta dal G.U.P. quanto alla truffa contestata come commessa dagli imputati a fini personali di cui al capo A). Da ciò deve desumersi che le condotte illecite ascritte a costoro, anche nella prospettiva accusatoria non avrebbero comportato alcuna utilità patrimoniale o di altro genere per gli imputati, limitatisi ad agevolare il comportamento truffaldino posto in essere dai militari ad essi sottoposti mediante la sottoscrizione e l'inoltro per la liquidazione alla sezione amministrativa competente dei prospetti riepilogativi dei servizi d'istituto svolti da costoro, sebbene i dati esposti non fossero stati corrispondenti all'attività realmente prestata.

    1.1 Va però rilevato che il ricorso non affronta in chiave confutativa il rilievo preliminare, ma di dirimente concludenza, operato nella sentenza impugnata, laddove il G.U.P. ha osservato testualmente che "Dall'esame degli atti, infatti, emerge in primo luogo che i periodi in cui viene contestato il comportamento truffaldino ai due imputati non corrisponde a quello in cui effettivamente ciascuno di loro ha ricoperto l'incarico di Comandante interinale e ciò si desume chiaramente dalle copie degli atti mensili a loro firma enucleati dalla Difesa". Tale constatazione, che ha un riscontro di tipo documentale, avrebbe imposto la definizione del procedimento con sentenza che desse conto di non avere gli imputati commesso il fatto, perchè riferibile ai comportamenti assunti da altri soggetti, chiamati a svolgere nel periodo contestato le funzioni di comandante della Tenenza della G.d.F. di Mola e comunque indica la definitiva impossibilità di acquisire, nemmeno nel corso dell'istruttoria dibattimentale, la necessaria prova dell'apporto materiale e morale, dato dagli imputati, alla commissione delle truffe loro ascritte.

    1.2 Il G.U.P. ha, invece, ritenuto di rilevare, oltre a quanto esposto, anche la carenza dell'elemento soggettivo del dolo, in ragione di quanto affermato da coimputato, la cui posizione è stata stralciata, il quale si è attribuito la responsabilità della materiale compilazione dei prospetti riepilogativi dei servizi svolti dagli appartenenti alla Tenenza di Mola e ha confinato l'intervento del comandante all'autorizzazione alla loro trasmissione, per concludere che ai due imputati sarebbe stato al più rimproverabile un atteggiamento colposo di negligenza e trascuratezza per non avere verificato scrupolosamente la corrispondenza ai servizi espletati di quanto indicato nei quadri riassuntivi vistati ed inoltrati agli uffici competenti. Ha quindi rilevato che la condotta truffaldina era ascrivibile all'azione ed alla volontà dei diretti interessati in concorso con il compilatore materiale dei prospetti, senza che gli imputati avessero contribuito in modo consapevole a realizzare gli artifici ed a provocare il pregiudizio all'amministrazione, sicchè nemmeno l'attività istruttoria conducibile in dibattimento avrebbe potuto apportare elementi di conoscenza in grado di condurre all'affermazione della loro responsabilità.

    2. Ebbene, a fronte di tali argomentazioni, esposte con sufficiente chiarezza e logicità, il ricorso oppone la configurabilità del dolo eventuale con obiezioni che attengono alla ricostruzione in punto di fatto delle vicende, non apprezzabili nel giudizio di legittimità.

    2.1 La giurisprudenza di questa Corte e la dottrina hanno da tempo affermato che l'udienza preliminare nell'economia del processo di primo grado ha natura soltanto processuale perchè non è destinata alla verifica circa l'acquisizione, all'esito delle indagini preliminari o nel corso del suo svolgimento, di elementi probatori in grado di dimostrare la fondatezza o meno della "notitia criminis", l'innocenza o la colpevolezza dell'imputato, verdetto esprimibile mediante esercizio dei poteri cognitivi e valutativi propri del giudizio, ma soltanto a formulare la prognosi circa i risultati conseguibili con il dibattimento sulla base di quel materiale probatorio e circa la concreta possibilità di sviluppi istruttori che diano luogo alla sua modificazione, in termini di arricchimento o di chiarimento, conducendo a risultati differenti. Il giudice dell'udienza preliminare non deve valutare nel merito il quadro probatorio, quasi ad anticipare la decisione conclusiva del processo, ma pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato solo in presenza di prove positive di innocenza, oppure di una palese inconsistenza dimostrativa delle prove di colpevolezza, tali da non essere suscettibili di modificazioni al dibattimento con l'acquisizione di nuovi elementi conoscitivi, oppure con la diversa valutazione di quelli raccolti e da rendere superflui il passaggio del procedimento alla fase giudiziale e l'espletamento della relativa istruttoria.

    In senso confermativo va letta la disposizione di cui all'art. 425 c.p.p., comma 3, che impone la pronuncia di non luogo a procedere se "gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio", ossia se l'incertezza e la non univocità dei risultati probatori conseguiti non si presti a modificazioni o a soluzioni che consentano di supportare l'accusa nella sede giudiziale nell'ottica del suo accoglimento.

    2.2 E' altrettanto pacifico nella giurisprudenza di legittimità che il sindacato conducibile nel giudizio di cassazione sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere non investe gli elementi probatori di colpevolezza acquisiti dal pubblico ministero, ma riguarda unicamente il percorso giustificativo, esposto dal giudice nella loro disamina e, quindi, la ragionevolezza, la coerenza e logicità del giudizio prognostico adottato nella valutazione del materiale probatorio acquisito (sez. 6, n. 35668 del 28/03/2013, Abbamonte e altri, rv. 256605; sez. 6, n. 20207 del 26/04/2012, P.C. in proc. Broccio e altri, rv. 252719; sez. 2, n. 3180 del 06/11/2012, P.M. in proc. Furlan e altro, rv. 254465; sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, Orsini, rv. 247860; sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010, Caradonna, rv. 246874; sez. 4, n. 2652 del 27/11/2008, Sorbello, rv.

    242500; sez. 5, n. 14253 del 13/02/2008, Piras, rv. 239493).

    Se l'analisi condotta nella sentenza esprime un giudizio negativo in termini di superfluità della fase dibattimentale e ne offre puntuale e logica giustificazione, al giudice di legittimità non è consentito condurre una rilettura dei dati informativi acquisiti durante le indagini per approdare a soluzioni diverse.

    2.3 Tanto premesso, l'esame della sentenza impugnata dimostra che il primo giudice si è attenuto ai principi giuridici indicati.

    L'esposizione compiuta e logica dei motivi che hanno indotto al proscioglimento degli imputati sulla scorta della prognosi negativa sull'utilità del dibattimento non consente di tener conto degli argomenti del ricorrente, che attengono a questioni di fatto, comprese quindi nel merito, ma non dimostrano i risultati possibilmente conseguibili dall'istruttoria dibattimentale ed i profili della vicenda suscettibili di chiarimento e di ulteriore sviluppo.

    Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso.

    Così deciso in Roma, il 24 aprile 2014.

    Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2014
Avv. Antonino Sugamele

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