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Sentenza

Maresciallo dei Carabinieri all'epoca in servizio presso il Reggimento Corazzier...
Maresciallo dei Carabinieri all'epoca in servizio presso il Reggimento Corazzieri di Roma detiene, senza che fosse munito del marchio del rifiuto, munizionamento che veniva rinvenuto sia presso l'abitazione che nell'armadietto della cameretta occupata dall'imputato all'interno della caserma.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    19/02/2014 ( ud. 19/02/2014 , dep.24/03/2014 ) 
Numero:
    13605

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. ZAMPETTI   Umberto         -  Presidente   -                   
    Dott. CAIAZZO    Luigi           -  Consigliere  -                   
    Dott. BARBARISI Maurizio    -  rel. Consigliere  -                   
    Dott. LOCATELLI Giuseppe         -  Consigliere  -                   
    Dott. BONI      Monica           -  Consigliere  -                   
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                      C.G.A. n. il (OMISSIS); 
    avverso la sentenza 10 aprile 2013 - Corte Militare di Appello; 
    sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Maurizio Barbarisi; 
    udite  le  conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero,  in 
    persona del Dott. FLAMINI Luigi Maria, sostituto Procuratore Generale 
    della Corte di Cassazione, che ha chiesto il rigetto del ricorso  con 
    condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; 
    udito  il  difensore  Avv.  Gianluigi  Cocco,  che  ha  concluso  per 
    l'accoglimento dei motivi di ricorso. 
                     


    Fatto
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. - Con sentenza deliberata in data 10 aprile 2013, depositata in cancelleria il 6 maggio 2013, la Corte Militare di Appello, in parziale riforma della sentenza 16 marzo 2012 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale Militare di Roma, dichiarava non doversi procedere perchè il reato è estinto per intervenuta prescrizione in ordine alla ritenzione di n. 54 cartucce cal. 6,5, confermando la condanna per il reato, sempre di ritenzione, relativi alle residuali cartucce.

    1.1. - Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata, C.G., in qualità di maresciallo capo dei Carabinieri all'epoca in servizio presso il Reggimento Corazzieri di Roma riteneva, senza che fosse munito del marchio del rifiuto, il munizionamento meglio indicato nel capo di imputazione, munizioni che venivano rinvenute sia presso l'abitazione che nell'armadietto della cameretta occupata dall'imputato all'interno della caserma.

    1.2. - Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito dalla consulenza tecnica disposta dal PM che ha concluso per ritenere che solo il munizionamento cal. 6,5 x 52 non costituisse munizionamento da guerra, mentre tutte le altre munizioni erano ancora da ritenersi in dotazione dell'esercito; inoltre, veniva osservato che l'armadietto a disposizione del prefato, ancorchè di proprietà dello Stato, consente il possesso esclusivo dell'utilizzatore di quanto in esso custodito. Infine non era stata individuata l'attenuante della ottima condotta militare ai sensi dell'art. 48 c.p.m.p. non sussistendone i requisiti.

    2. - Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Gianluigi Cocco, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione C.G. chiedendone l'annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.

    In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente due motivi di gravame:

    a) con la prima doglianza veniva rilevata l'erronea qualificazione del munizionamento comune di cui è processo come da guerra e conseguente erronea applicazione degli artt. 164 e 166 c.p.m.p., con conseguente erronea esclusione della norma di cui all'art. 260 che richiede, quale condizione di procedibilità dell'azione penale, la denuncia del Comandante del Corpo; si rilevava che con esclusione delle 54 cartucce cal. 6,5, le altre cartucce, pur essendo militari, nulla divergono dalle loro consorelle civili di altri marchi e non possono essere considerate da guerra perche montano proiettili normali, in camiciato di rame. Le cartucce 7,62x51 Peca a salve, proprio in quanto tali, la loro detenzione configura il reato di cui all'art. 166 c.p.m.p..

    b) con la seconda censura veniva eccepita la carenza assoluta di motivazione giuridica in ordine alla determinazione del momento consumativo del reato contestato, motivazione errata e inammissibile circa la determinazione della colpevolezza dell'imputato con illegittima attribuzione di fatti indimostrati; secondo quanto motivato in sentenza l'imputato sarebbe stato condannato non per aver commesso il reato di ritenzione di munizioni, quanto per la possibilità in futuro di spostare le munizioni, condotta peraltro non punita dalla norma penale invocata.
    Diritto
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    3. - Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

    3.1 - Il primo motivo di ricorso non è fondato e deve essere respinto. L'accertamento peritale ha ben posto in evidenza che trattasi di munizionamento utilizzato tutt'oggi dall'esercito militare a nulla potendo rilevare che possa essere impiegato anche in armi civili. Il munizionamento rimane da guerra perchè è utilizzato dalle forze armate e messo a disposizione dei militari, per il loro servizio, dalla relativa amministrazione.

    Il criterio adottato dal legislatore per stabilire se determinate cartucce siano da considerarsi munizioni da guerra o da arma comune da sparo è quello infatti indicato dal complesso delle disposizioni della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 1, comma 3, secondo cui sono munizioni da guerra le cartucce destinate al caricamento delle armi da guerra (Cass., Sez. 1^, 9 dicembre 1999, n. 14617, rv. 216108, Genovese).

    E' ben vero che la disposizione di cui all'art. 2, comma 4, stessa legge, stabilisce che "le munizioni a palla destinate alle armi comuni non possono comunque essere costituite con pallottole a nucleo perforante, traccianti, incendiarie, a carica esplosiva, autopropellenti...", ma ciò non significa che le munizioni che non abbiano tali specifiche tecniche, pur costituendo munizionamento militare, non siano da considerarsi guerra, posto che tale connotazione conservano trattandosi di munizionamento che, ai senso della citata L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 1, comma 3, è comunque destinato all'armamento bellico.

    Per quanto concerne poi le munizioni "a salve" occorre qui richiamare una precedente decisione di questa stessa Corte di legittimità che ha avuto modo di ritenere che integra il reato di ritenzione di cose militari, previsto dall'art. 166 c.p. mil. pace, e non quello di furto militare ex art. 230 stesso codice, il fatto del militare che trattenga parte delle cartucce a salve consegnategli per l'addestramento (Cass., Sez. 1^, 16 marzo 2000, n. 5982, rv. 216017, Lupi). A maggior ragione il reato contestato deve quindi valere per le cartucce a salve "da lancio" idonee a lanciare lacrimogeni o cilindri di esplosivo.

    3.2 - Peraltro è appena il caso di osservare che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, il reato di ritenzione di effetti militari, previsto dall'art. 166 del c.p.m.p., non richiede ai fini della sua sussistenza, che gli oggetti di armamento militare siano in uso esclusivo alle forze armate italiane (Sez. 1^, 13 dicembre 2011, n. 3364, rv. 251681, Pmt in proc. Puoti) sicchè integra comunque l'illecito contestato al C. la ritenzione di munizionamento non specificatamente da guerra purchè si tratti di indebita detenzione da parte del militare di oggetti di armamento militare. Il bene giuridico tutelato dall'art. 166 c.p.m.p. deve essere identificato, per vero, non nel patrimonio, bensì nell'interesse generale al regolare svolgimento del servizio militare, inteso come complesso di attività preordinate all'assolvimento del compito fondamentale della difesa del territorio nazionale (Sez. 1^, 3 aprile 1995, n. 5208;

    Sez. 1^, 16 marzo 2000, n. 5982) tant'è che, ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza, da parte del militare, che il munizionamento non abbia legittimamente cessato di appartenere al servizio militare non essendo il medesimo munito del marchio di rifiuto e/o palesemente dismesso.

    3.2 - Il secondo motivo di gravame è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

    3.2.1 - La sentenza impugnata ha voluto chiaramente affermare il principio secondo cui la custodia di oggetti all'interno dell'armadietto assegnato al militare in dotazione costituisce manifestazione di signoria e disponibilità autonoma sulla cosa, posto che costituisce estrinsecazione esterna dell'intenzione del detentore, con il confinamento e la separazione di oggetti all'interno di quello stesso spazio personale, di voler esercitare sui beni medesimi un proprio potere di fatto indipendente, senza in altri termini il concorso di analogo potere di fatto da parte dell'amministrazione consistente nella vigilanza sulla cosa stessa.

    Infine quella del ricorrente è solo una rilettura parziale e capziosa di quanto argomentato in sentenza.

    4. - Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, il 19 febbraio 2014.

    Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2014
Avv. Antonino Sugamele

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