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Sentenza

Medico chiede migliore trattamento economico rispetto a quello ricevuto per il l...
Medico chiede migliore trattamento economico rispetto a quello ricevuto per il lavoro svolto presso la struttura sanitaria esistente all'interno della base delle FF.AA. statunitensi presso la SETAF di Vicenza, quale responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia. La Cassazione annulla la sentenza della Corte territoriale.
Cassazione civile  sez. lav.   
Data:
    26/05/2014 ( ud. 27/03/2014 , dep.26/05/2014 ) 
Numero:
    11725

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                               SEZIONE LAVORO                            
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. STILE       Paolo                            -  Presidente   - 
    Dott. NOBILE      Vittorio                         -  Consigliere  - 
    Dott. MAISANO     Giulio                           -  Consigliere  - 
    Dott. BALESTRIERI Federico                         -  Consigliere  - 
    Dott. ARIENZO     Rosa                        -  rel. Consigliere  - 
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso 7413-2008 proposto da: 
              P.S. C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA 
    CAVOUR,  presso  LA  CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA  DI  CASSAZIONE, 
    rappresentata e difesa dagli avvocati MONDIN CLAUDIO, CAMPESAN  ALDO, 
    URBANI ENZO, giusta delega in atti; 
                                                           - ricorrente - 
                                   contro 
    STATI  UNITI D'AMERICA, legalmente rappresentati dalla Sig.ra     M. 
       D.   C.,   Capo  dell'Ufficio  Europeo,  Divisione  Civile,   del 
    Dipartimento   della   Giustizia   degli   Stati   Uniti   d'America, 
    elettivamente domiciliati in ROMA, FORO TRAIANO 1/A, presso lo studio 
    dell'avvocato COSMELLI GIORGIO, che li rappresenta e difende,  giusta 
    mandato speciale notarile in atti; 
                                                     - controricorrente - 
                                  e contro 
    S.E.T.A.F. (HOS SOUTHERN EUROPEAN TASK FORCE); 
                                                             - intimata - 
    avverso  la  sentenza  n. 29/2007 della CORTE D'APPELLO  di  VENEZIA, 
    depositata il 01/03/2007 R.G.N. 718/2004+1; 
    udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
    27/03/2014 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO; 
    udito l'Avvocato FRANZIN LUDOVICA per delega CAMPENSAN ALDO; 
    udito l'Avvocato COSMELLI GIORGIO; 
    udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. 
    CERONI  Francesca che ha concluso per accoglimento  del  ricorso  per 
    quanto di ragione. 
                     


    Fatto
    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza del 1.3.2007, la Corte di appello di Venezia, in accoglimento del gravame proposto dagli Stati Uniti d'America ed in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso presentato da P.S. inteso ad ottenere il riconoscimento di un maggior trattamento economico rispetto a quello ricevuto per il lavoro svolto presso la struttura sanitaria esistente all'interno della base delle FF.AA. statunitensi presso la SETAF di Vicenza. Il giudice di primo grado aveva ritenuto sussistente tra le parti un rapporto di tipo professionale medico, riconoscendo alla P. la qualifica di assistente fino all'ottobre 1995 e successivamente di aiuto, operando, per la determinazione del trattamento economico, un confronto, ai sensi dell'art. 36 Cost., del trattamento ricevuto con quello rappresentato dalla media del trattamento economico garantito da una triade di contratti (S.S.N., cliniche private ed ospedali religiosi classificati), rilevando che, per il primo periodo, fino all'ottobre 1995, la P. non aveva goduto di un trattamento deteriore, mentre per il periodo successivo la stessa aveva diritto ad un differente trattamento economico pari ad Euro 12.911,42, oltre accessori di legge.

    La Corte di appello osservava che, quale responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia presso la base delle FF.AA. statunitensi presso la SETAF di Vicenza, con obbligo di reperibilità notturna il sabato e la domenica, e, dal 17.9.1995, come preposta al reparto, senza reperibilità, presso struttura poliambulatoriale, la P. aveva sempre svolto mansioni corrispondenti a quelle di assistente, pur nelle diversità esistenti tra l'Ospedale pubblico e la struttura in esame, con riferimento ai criteri di accesso (nell'un caso concorso pubblico, previa iscrizione all'Albo dell'Ordine dei Medici, nell'altro, selezione privata), ovvero con riguardo alla disciplina della esclusività del rapporto di lavoro (senza possibilità di lavoro esterno al di fuori dell'Ospedale nell'un caso e non nell'altro). Osservava che, ai fini dell'applicazione dell'art. 36 Cost., con riferimento al c.c.n.l. Case di Cura Private, la qualifica corrispondente alla posizione lavorativa della P. era quella di assistente, non essendovi, peraltro, secondo il disposto del D.P.R. n. 484 del 1997, art. 13 una necessità di equiparazione automatica e cogente rispetto ai trattamenti praticati presso il S.S.N. e non dovendo neanche applicarsi in via diretta la normativa legale e contrattuale del settore pubblico, in base all'interpretazione fornita dell'art. 9 della Convenzione di Londra del 1951 e della Convenzione di Parigi del 1961, non sottoscritta dallo stato estero.

    Le voci retributive da prendere a riferimento per il confronto erano, poi, solo quelle fisse, ivi compresa la 13, essendo stabilito un rinvio recettizio alle normative nazionali nel tempo intervenute, trattandosi di contratto di durata. La normativa estera - osservava il giudice del gravame - non imponeva alcuna applicazione diretta di norme nazionali, ma prescriveva solo che l'applicazione operata desse luogo ad un risultato non meno favorevole di quello riconosciuto ai lavoratori di categoria analoga e nella specie, essendo il rapporto con il sanitario di natura privatistica, era infondata la censura che deducesse la mancata applicazione della normativa pubblicistica prevista per i sanitari del s.s.n.. Riteneva che per il primo periodo andasse condivisa la valutazione effettuata dal primo giudice, ma che, per il secondo, non fosse configurabile l'assimilazione dell'attività svolta a quella di un aiuto medico, non essendo mai stata svolta dalla P. attività di coordinamento dell'attività di altri medici, ma solo di personale paramedico e che il tipo di attività svolta in ambito poliambulatoriale non fosse comparabile con quella più complessa di una struttura ospedaliera sotto il profilo delle responsabilità assunte. Dall'esame dei dati utilizzati emergeva che, in rapporto ad una media nel rapporto di dare avere, la P. non aveva subito un trattamento deteriore rispetto al dovuto.

    Per la cassazione della decisione ricorre la P., affidando l'impugnazione a tredici motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell'art. 378 c.p.c..

    Resistono, con controricorso, gli Stati Uniti d'America, che espongono ulteriormente le proprie tesi difensive in memoria.

    La SETAF è rimasta intimata.
    Diritto
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo, la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico sullo statuto delle loro Forze Armate, firmata a Londra il 19.6.1951, ratificata con L. 30 novembre 1955, n. 1355, Protocollo sullo Statuto dei Quartieri Generali militari internazionali firmato a Parigi il 28.8.1952, accordo tra il Governo Italiano ed il Comando supremo alleato in Europa degli Stati membri del trattato dell'Atlantico del Nord sulle particolari condizioni di installazione e di funzionamento nel territorio italiano dei Quartieri generali militari internazionali firmato a Parigi il 26 luglio 1961 degli artt. 1341, 1411 e 2103 c.c., nonchè vizio di motivazione, in relazione alla mancata individuazione delle attività che più si avvicinano alle funzioni mediche svolte dal ricorrente, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, assumendo che la sentenza d'appello è censurabile, in quanto l'attività svolta dal personale medico del servizio sanitario pubblico è indubbiamente quella che più si avvicina a quella svolta dai medici italiani operanti presso l'Ospedale della SETAF di Vicenza. Osserva, al riguardo che è pacifico che la struttura si atteggia come struttura pubblica in quanto parte dell'organizzazione del Governo degli Stati Uniti e delle sue Forze armate in Italia ai sensi del Trattato NATO, come si desume dalla legittimazione passiva degli Stati Uniti d'America, dal fatto che entrambi gli Organismi sono dotati di una serie di strutture e servizi (ospedali, cliniche, poliambulatori servizi sociali etc.) che operano in maniera coordinata fra loro per il raggiungimento del fine pubblico comune, dalla circostanza che l'attività sanitaria per cui ha lavorato la ricorrente è obbligatoria ed è svolta senza autonomia finanziaria o fini di lucro, che la struttura SETAF è integralmente finanziata con fondi pubblici del Governo americano, che la fruizione dei servizi della stessa è effettuata a titolo gratuito che vi è un pronto soccorso identico a quello degli Ospedali civili, che i medici operanti nella stessa svolgono funzioni certificative, che il rapporto con la SETAF è esclusivo e che la ricorrente non avrebbe potuto operare all'interno della base se non iscritta all'ordine dei medici e munita della necessaria abilitazione. Chiede se debba, a fini retributivi, aversi riguardo al trattamento previsto dalle leggi italiane e dai contratti collettivi di lavoro per i lavoratori impiegati in Italia nelle attività che più si avvicinano a quelle del personale delle Forze armate e se l'attività svolta dai medici del s.s.n. è quella che più si avvicina all'attività di medico specialista in ostetricia e ginecologia e di medico responsabile di reparto svolta dalla ricorrente dalla data di assunzione fino al 1999.

    Con il secondo motivo, la P. lamenta violazione delle stesse norme, nonchè vizio di motivazione, in relazione alla individuazione delle condizioni di impiego e di lavoro senza tenere conto degli accessori previsti dal C.C.N.L., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, rilevando come sia erroneo il riferimento alle sole voci fisse, con esclusione dei compensi aggiuntivi, scatti di anzianità e mensilità aggiuntive, salvo 13 e, con quesito di diritto, domanda se è vero che, in forza degli articoli delle Convenzioni e accordi citati, il trattamento economico del personale a statuto locale delle Forze Armate NATO e dei Quartieri generali interalleati che lavora in Italia vada individuato tenendo conto, oltre che delle voci fisse, anche degli accessori e delle ulteriori voci aggiuntive previsti dalle leggi italiane e dai c.c.n.l. per i lavoratori impiegati in Italia nelle attività che più si avvicinano a quelle del personale predetto.

    Con il terzo motivo, si duole della violazione della L. n. 1165 del 1961, art. 1, D.P.R. n. 752 del 1976, L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 47 della L. n. 196 del 1978, artt. 51 e 54, L. n. 454 del 1980, nonchè della violazione della L.P. 9 maggio 1980, n. 9, della L.P. 9 maggio 1980, n. 10 L. n. 279 del 1991, L.P. di Bolzano 10 aprile 1001, n. 8, L.P. 16 marzo 1992, n. 7, della L. n. 724 del 1994, nonchè degli accordi contrattuali per il comparto Sanità, recepiti con D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, D.P.R. 18 maggio 1987, n. 270, D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384 e della omessa ed insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo, ossia sul diritto all'indennità di bilinguismo anche in forza dei c.c.n.l. degli ospedali classificati del personale dipendente dalle case di cura private, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 1 e 5, sostenendo che l'attività medica che più si avvicina a quella della ricorrente è quella espletata nelle regioni a statuto autonomo, per la quale è prevista la conoscenza anche della lingua ufficiale del paese confinante. Con quesito, domanda se, essendo obbligata alla conoscenza di più di una lingua, spetti alla ricorrente il pagamento dell'indennità di seconda lingua in forza della normativa sopra richiamata, che è quella che più si avvicina all'attività svolta presso l'ospedale americano di Vicenza.

    Con il quarto motivo, deduce la violazione del D.P.R. n. 761 del 1979, art. 63 del c.c.n.l. Ospedali classificati per il triennio 1986/88, siglato il 9.2.1988, per il triennio 1989/91 del 3.11.89 e per il triennio 1994/97, siglato il 2.3.1997, del c.c.n.l. delle Case di Cura del 14.6.1984 e del 19.11.1990, nonchè omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla riconducibilità delle mansioni prestate dall'appellata nella qualifica di aiuto. Evidenzia che il fattore scriminante tra aiuto e assistente non è costituito dal coordinamento di altro personale medico, ma dall'autonomia con cui opera il medico, da considerarsi pacifica, essendo stata essa ricorrente nominata responsabile del reparto. Aggiunge che il D.P.R. n. 761 del 1979, art. 63 chiarisce, infatti, le funzioni assegnate al medico di posizione iniziale, a quello di posizione intermedia ed a quello di posizione apicale e che anche il CCNL delle case di cura private non consente di pervenire a diverse conclusioni, essendo fattore scriminante il fatto di collaborare direttamente con il responsabile della struttura.

    Con il quinto motivo, la P. ascrive alla sentenza impugnata l'omesso esame di documenti decisivi (mansionario e "privileges", nonchè atto di nomina) e delle risultanze dell'istruttoria, da cui emerge che la P. poteva operare in modo indipendente con responsabilità diretta nella cura dei pazienti, senza la supervisione sotto il profilo medico di altro personale, nonchè l'insufficienza della motivazione su punto decisivo circa la riconducibilità delle mansioni prestate dall'appellata alla qualifica di aiuto.

    Con il sesto motivo, si censura la sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la mancata effettuazione di C.T.U. e per l'omesso esame del memorandum del Comandante della Base SETAF dell'8.5.1989 e di quello dell'8.6.1987, nonchè della perizia contabile predisposta dal Rag. G.. Viene dedotta violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, affermandosi che la sentenza è viziata sotto il profilo della carenza di istruttoria e della insufficienza della motivazione, in quanto ha negato l'esistenza di differenze retributive e rigettato l'istanza di nuova c.t.u. contabile, nonostante che la c.t.u. di primo grado avesse determinato il trattamento economico spettante solo per alcuni anni a campione e senza tenere conto delle differenze spettanti per il lavoro a turni e per lo straordinario espletato e si afferma che ha determinato erroneamente il trattamento economico sulla base di una triade di contratti, nonostante che i memorandum del Comandante ammettessero che il trattamento economico dei medici italiani doveva essere raffrontato a quello erogato ai medici del s.s.n. e nonostante che la perizia contabile del rag. G. attestasse l'esistenza di differenze retributive.

    Con il settimo motivo, viene dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all'art. 2126 c.c., all'art. 36 Cost. ed al D.P.R. n. 761 del 1979, art. 29 assumendosi che, in forza dell'art. 2126 c.c. e degli altri articoli citati, anche lo svolgimento di fatto di mansioni presso una struttura pubblica dava diritto al pagamento delle differenze retributive, pure se le mansioni fossero state svolte in assenza dei requisiti sostanziali e procedurali previsti, in ipotesi di annullamento o di originaria mancanza di formale provvedimento di assunzione o preposizione a struttura sanitaria o di superamento di apposita procedura concorsuale.

    Con l'ottavo motivo, la ricorrente denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto riguardante la identità dei requisiti previsti dalla normativa italiana e americana per l'assunzione, rilevando che il vizio della sentenza consiste nel non avere tenuto conto del fatto che, anche alla stregua della Convenzione di Londra (art. 9, comma 4), è prevista l'abilitazione professionale e che incorre nel reato di abuso della professione medica il dipendente che espleti le mansioni mediche senza detta abilitazione.

    Con il nono, lamenta violazione e falsa applicazione delle norme del Patto internazionale relativo ai diritti economici sociali e culturali, della Convenzione Internazionale del lavoro n. 111, degli artt. 1175 e 1375 c.c., degli artt. 2 e 41 Cost., nonchè vizio di motivazione sulla disparità di trattamento tra i medici italiani e gli altri operanti nell'Ospedale americano o nel Landsthul Regional medicai center.

    Con il decimo motivo, la P. si duole della violazione dei principi di non contestazione, lealtà, probità ed economia, degli artt. 166 e 416 c.p.c., sostenendo che l'autonomia e la responsabilità della ricorrente nell'espletamento delle mansioni di responsabile del reparto di Ginecologia ed ostetricia non erano state mai poste in dubbio dalla convenuta nella memoria di costituzione ed in generale nel giudizio di primo grado.

    Con l'undicesimo, si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 49 e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 dell'art. 7 del Patto Internazionale di New York del 16.19 dicembre 1966 (ratificato con L. n. 881 del 1977), dell'art. 1 della Convenzione Internazionale del lavoro di Ginevra del 25.6.1958, ratificata con L. n. 405 del 1963, della L. n. 654 del 1975, degli artt. 12 e da 39 a 55 del Trattato CE, dell'art. 8 dell'accodo di Parigi e dell'art. 9 della Convenzione di Londra sul trattamento discriminatorio e parità di trattamento nelle amministrazioni pubbliche, che deve essere non inferiore a quello previsto per i medici operanti nel Landshul regional Center o nei diversi accordi o contratti collettivi applicabili, invocando il principio di non discriminazione in base alla nazionalità.

    Con il dodicesimo motivo, viene dedotto vizio motivazionale e violazione dell'art. 36 Cost., sostenendosi la censurabilità della media tra le retribuzione dei tre contratti, laddove il criterio di riferimento ex art. 36 Cost. era costituto dal c.c.n.l. dei medici della sanità pubblica, attesa la natura pubblica del datore di lavoro.

    Infine, con il tredicesimo motivo, si lamenta il difetto di motivazione sulla mancata declaratoria del diritto all'indennità di bilinguismo e delle altre voci variabili e sulla mancata considerazione delle ore di straordinario e reperibilità svolte dalla ricorrente ed ulteriore violazione dell'art. 36 Cost..

    I primi due motivi di ricorso devono essere accolti.

    Con gli stessi, in sintesi, la ricorrente lamenta che erroneamente la Corte di merito non ha riconosciuto nella fattispecie il trattamento non meno favorevole di quello stabilito dalle leggi e dal ccnl applicato in Italia alla attività che più si avvicina a quella svolta, e si è rapportata, invece, alla "giusta retribuzione" ex art. 36 Cost., identificata nella media ponderata dei trattamenti previsti dalla disciplina dei tre settori considerati (S.S.N., Case di cura private e "Ospedali Religiosi classificati"), precisando, nel secondo motivo, che la determinazione del trattamento parametrale è stata effettuata con riguardo alle sole voci "fisse", "con esclusione dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità aggiuntive, salvo la tredicesima".

    Come è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, "a norma dell'art. 9 della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951, resa esecutiva in Italia con L. 30 novembre 1955, n. 1355 (nonchè dell'art. 8 dell'accordo firmato a Parigi il 26 luglio 1961, reso esecutivo con D.P.R. 18 settembre 1962, n. 2083) le condizioni di impiego e di lavoro delle persone assunte dagli organi militari e dagli uffici civili della N.A.T.O. per i bisogni locali di manodopera, al fine del soddisfacimento di esigenze materiali (cosiddetto personale a statuto locale), in particolare per quanto riguarda il salario, gli accessori e le condizioni di protezione dei lavoratori, sono regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno (nella specie l'Italia), sia con riguardo alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, sia per quanto attiene alla tutela giurisdizionale dei lavoratori" (v. Cass. S.U. 1- 10-1996 n. 8588, Cass. 12-1-1996 n. 174, richiamate da Cass. 26.5.2011 n. 11581).

    Le stesse Sezioni Unite hanno anche chiarito - come osservato da Cass. 11581/2011 cit., alle cui motivazioni ci si riporta integralmente - che "in tema di rapporti di lavoro (i quali hanno carattere privato) del personale "a statuto locale" dei Quartieri Generali Interalleati, la salvezza, secondo la previsione dell'art. 8, lett. e) dell'Accordo di Parigi ... di un trattamento non meno favorevole di quello stabilito dalle legge italiane e dai contratti collettivi di lavoro applicati in Italia nelle attività che più si avvicinano a quelle del personale predetto, deve essere verificata non solo con riguardo alle norme esistenti all'epoca dell'Accordo medesimo ma anche con riguardo a quelle sopravvenute, contenendo detta previsione un vero e proprio rinvio formale, che sotto il profilo soggettivo attua una garanzia per i lavoratori, in relazione alla natura "di durata" propria dei rapporti di lavoro, e, sotto il profilo oggettivo e funzionale, è in linea con la preminenza dell'ordinamento dello stato di soggiorno sancita dall'art. 9, par.

    4, della Convenzione di Londra ..." citata (Cass. S.U. 22-5-1991 n. 5794). Infine, come pure è stato affermato da questa Corte, "la regolamentazione dei rapporti di lavoro del personale "a statuto locale" di uno Stato dell'Alleanza atlantica - non diversamente da quelli del personale dei quartieri generali interalleati - è fissata nei regolamenti emessi dagli Stati o dai Quartieri generali, con il limite che le condizioni in essi previste non siano deteriori a quelle previste dalle leggi dello Stato ospitante o dalla contrattazione collettiva" (v. Cass. 16-11-1999 n. 12720, che chiaramente ha esteso il principio fissato da Cass. S.U. 5794/1991, anche "al personale a "statuto locale" di uno Stato dell'Alleanza).

    Orbene, la sentenza impugnata, disattendendo tali principi, che vanno qui nuovamente enunciati ex art. 384 c.p.c., anzichè accertare la disciplina di legge e collettiva applicata in Italia alla attività che più si avvicinasse a quella svolta dall'appellato, erroneamente ha ritenuto che - "non essendo applicabile direttamente" alcuna delle normative esaminate, "nè essendo possibile dare esecuzione alla regola individuata dall'Accordo Comando FF.AA.-U.S.A./Ministero del lavoro" (vincolante per lo stato straniero ed operante iure privatorum ex art. 1341 c.c. pure nei confronti dei lavoratori, v.

    Cass. 17-5-1985 n. 3034), "per l'assenza di usi, prassi o consuetudini in materia applicabili" - il "trattamento non deteriore", come sopra garantito dalla Convenzione di Londra ed dall'Accordo di Parigi (entrambi resi esecutivi in Italia), andasse individuato "non in un unico contratto collettivo" bensì in una "triade di contratti collettivi", utilizzati "come parametri di riferimento ex art. 36 Cost.", così "attingendo" alla "norma primaria avente carattere precettivo immediato, che costituisce la base in tema di remunerazione di qualsiasi lavoro subordinato". In tal modo, in sostanza, la Corte territoriale erroneamente ha identificato il trattamento "non meno favorevole" (rispetto a quello applicato in Italia alla attività che più si avvicina a quella svolta), come sopra garantito, nella retribuzione proporzionata e sufficiente prevista dall'art. 36 Cost., che, invece, costituisce soltanto il cosiddetto "minimo costituzionale" (cfr. fra le altre Cass. 20-9-2007 n. 19467), così erroneamente ricorrendo ad una media tra più trattamenti considerati ed includendo solo "le voci fisse, con esclusione dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità aggiuntive, salvo la tredicesima".

    Come pertinentemente osservato da Cass. 11581/2011, il trattamento, invece, garantito dalla Convenzione di Londra e dall'Accordo di Parigi, ovviamente è più favorevole per il lavoratore, attribuendo una tutela non inferiore al trattamento applicato, nel suo complesso, nello stato di soggiorno, alla attività che più si avvicina a quella svolta. Del resto è evidente anche il salto logico sul quale si fonda la sentenza impugnata, che, in effetti, ha finito per accogliere in parte la domanda principale, riducendola al "minimo costituzionale"richiesto soltanto con la domanda subordinata. In tali sensi e nei limiti di cui in motivazione, vanno, pertanto, accolti i primi due motivi del ricorso della P., con la cassazione dell'impugnata sentenza, restando assorbiti tutti gli altri motivi, riguardanti questioni consequenziali e/o ulteriori in ordine logico, comunque successive all'accertamento di fatto, che il giudice di rinvio, attenendosi ai principi sopra ribaditi, in primo luogo effettuerà in merito alla attività che più si avvicina a quella svolta dalla P., al fine di verificare se il trattamento goduto dalla stessa sia stato non meno favorevole rispetto a quello stabilito dalle leggi italiane e dal c.c.n.l. applicato in Italia alla detta attività.

    Il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d'Appello di Brescia, statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
    PQM
    P.Q.M.

    La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l'impugnata decisione in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Brescia.

    Così deciso in Roma, il 27 marzo 2014.

    Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2014
Avv. Antonino Sugamele

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