Orari di servizio non veritieri. Appuntato dei Carabinieri ritenuto responsabile del reato di truffa militare pluriaggravata continuata. Per la Cassazione il processo va rifatto.
Cassazione penale sez. I
Data: 13/06/2014 ( ud. 13/06/2014 , dep.25/09/2014 )
Numero: 39545
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere -
Dott. BARBARISI Maurizio - Consigliere -
Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere -
Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 156/2012 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
07/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Flamini L.M., che
ha concluso per il rigetto del ricorso dell'imputato e per
l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata quanto alla
pronuncia di parziale assoluzione dell'imputato.
udito il difensore avv. Romeo Antonino.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa il 26 giugno 2012 il Tribunale militare di Verona dichiarava R.G., appuntato dei Carabinieri in servizio presso la stazione Carabinieri di (OMISSIS), responsabile del reato di truffa militare pluriaggravata continuata (art. 81, art. 234, commi 1 e 2 e art. 47 c.p.m.p., n. 2) contestata al capo a) perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, induceva in errore l'amministrazione di appartenenza, comunicando di avere diritto ad emolumenti per missioni di servizio, svolte quale rappresentante del COIR del Comando Interregionale Carabinieri di Padova, mediante l'indicazione di orari di servizio non veritieri, così percependo l'ingiusto profitto di Euro 2.200,00, con eguale danno per l'amministrazione, nonchè del reato di tentata truffa militare pluriaggravata di cui al capo c) commesso con analoghe condotte. Per l'effetto, unificati i reati nel vincolo della continuazione, concesse le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all'art. 62 c.p., n. 4, stimate prevalenti sulle aggravanti, lo condannava alla pena di anno uno e mesi due di reclusione militare, con i doppi benefici di legge. Lo assolveva, invece, perchè il fatto non costituisce reato dalle restanti imputazioni di truffa militare contestate al capo b) in relazione all'avvenuta effettuazione dei viaggi dal luogo di dimora alla sede di espletamento della missione con mezzo diverso rispetto a quello ferroviario a tariffa gratuita, realmente utilizzato, con percezione indebita della somma di Euro 35,60.
2. Proposto appello da parte dell'imputato, la Corte militare di Appello con sentenza emessa in data 7 maggio 2013 riformava parzialmente quella di primo grado ed assolveva il R. perchè il fatto non sussiste dal reato di truffa militare e di tentata truffa militare di cui al capo a) quanto ai fogli di viaggio nn. 1, 2, 4, 5, 7, 8, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 26, 28 e 30 dell'anno 2008, e di cui al capo c) in riferimento alla liquidazione dell'indennità di missione per i fogli di viaggio nn. 31, 36, 37, 55 e 57 dell'anno 2008, e nr. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'anno 2009, e riduceva la pena inflittagli a mesi sette e giorni dieci di reclusione militare, confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
2.1 La sentenza di appello, pur avendo recepito il rilievo difensivo circa la necessità di considerare vincolanti le indicazioni contenute nel foglio di viaggio in ordine all'orario di inizio della missione e circa l'irrilevanza penale di eventuali interruzioni della permanenza fuori sede, dipendenti dal rientro al domicilio durante la notte per ripartire il mattino seguente e riprendere il servizio in missione, considerazioni che escludevano sotto tali profili la sussistenza della condotta di truffa, riteneva rilevante l'indicazione da parte dell'interessato nei fogli di viaggio, analiticamente considerati, dell'orario di conclusione della missione, in sè non preventivabile a priori e risultato successivo a quello effettivo all'esito delle indagini ed all'accertato posizionamento del telefono cellulare di servizio dell'imputato in luogo diverso da quello di svolgimento della missione.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto:
a) inosservanza e violazione di legge e mancanza di motivazione. La Corte militare non aveva considerato che è la legge a disciplinare la durata della missione in quanto la L. n. 836 del 1973, art. 8, comma 1 prescrive che l'ora ed il giorno di inizio della missione debbano risultare dal provvedimento che ha disposto la missione e quelli di conclusione da dichiarazioni dell'ufficio presso il quale o nella cui giurisdizione si è svolta la missione; pertanto, le dichiarazioni dell'interessato non avrebbero il potere di modificare in suo favore la durata del servizio, dovendo soltanto indicare il mezzo di trasporto utilizzato o l'orario in caso di rientro in sede oltre il momento di conclusione del servizio, cosa confermata dalle successive circolari dell'amministrazione militare del 16/10/2012 e del 15/12/2009, nonchè dal D.P.R. 18 giugno 2002, n. 12, art. 46, che prescrive i visti di arrivo e di partenza, attestati con dichiarazione dell'interessato, soltanto per l'invio del militare presso strutture non militari.
Inoltre, la sentenza non aveva replicato a tutti i rilievi, formulati nel terzo motivo di appello, circa l'assenza di dolo in ragione della volontà dell'imputato di consentire un risparmio all'amministrazione e l'avvenuta liquidazione dell'indennità di missione in modo corretto e secondo legge, indipendentemente da qualsiasi dichiarazione del ricorrente.
b) Motivazione illogica, mancante e contraddittoria in ordine alla violazione dell'art. 521 c.p.p., comma 2: la Corte di Appello aveva ritenuto la presenza in servizio nella sede ordinaria nei casi in cui vi fossero telefonate effettuate dal cellulare di servizio e la sua assenza dalla mancanza di chiamate, non aveva replicato alle obiezioni relative alla incompatibilità tra gli orari di rientro, ricostruiti mediante i tabulati telefonici, e gli orari del "visto partire" del Comando presso il quale era stata svolta la missione, cosa verificatasi per numerosi fogli di viaggio, come quello nr. 26 dell'1/7/2008 e nr. 53 del 7/11/2008, mentre la sentenza impugnata aveva affermato per i fogli nr. 30 del 2008 e nr. 4 del 2009 che, nonostante i tabulati avessero offerto indicazioni della presenza dell'imputato in luogo collocato sulla via di ritorno da (OMISSIS), la sua presenza in detta città era stata rilevata anche in orario successivo compatibile con quanto esposto nel foglio di viaggio. Tali rilievi dimostravano la fallacia delle informazioni fornite dai tabulati telefonici perchè anche in casi similari a quelli citati non era stata accertata positivamente l'assenza da Padova in orario antecedente la conclusione della missione, ma soltanto la mancanza di telefonate. Inoltre, i giudici di merito avevano errato nel considerare quale luogo di partenza e di rientro della missione quello di dimora dell'imputato, non rispondente ad espressa richiesta dell'interessato, sicchè avrebbe dovuto tenersi conto del luogo ove era ubicata la sede di servizio con la ripetizione di tutti i calcoli effettuati, mentre il criterio utilizzato dalla Corte di appello del tempo medio di percorrenza della distanza tra luogo di dimora e sede di servizio stimato in assenza di rilievi oggettivi in venti minuti senza indicare la distanza chilometrica tra i due centri. Ed ancora, in cinque su sette fogli di servizio per i quali è stata affermata la responsabilità del ricorrente, la Corte di appello aveva esposto una motivazione illogica e contraddittoria per avere ritenuto che egli fosse rientrato presso l'abitazione di (OMISSIS), mentre l'ultima telefonata registrata era localizzata in (OMISSIS) con erronea determinazione dell'orario di rientro alla sede di servizio di (OMISSIS); parimenti, per i fogli nr. 6 e 17 del 2008 ha ritenuto l'imputato già sulla via del rientro verso casa durante la pausa pranzo mentre il suo telefono era localizzato in due vie centrali di (OMISSIS), prossime alla sede del COIR in (OMISSIS).
Non erano poi rintracciabili specifiche argomentazioni sui motivi di appello riguardanti la dedotta insussistenza del dolo.
c) Mancanza assoluta di motivazione in relazione al quarto motivo di appello, laddove si era sostenuto che il gen. B. avrebbe dovuto essere esaminato quale consulente tecnico dell'accusa, non quale teste, il che avrebbe consentito alla difesa di avvalersi di un proprio consulente.
4. Anche il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte militare di Appello ha proposto ricorso per cassazione per chiedere l'annullamento della sentenza impugnata laddove aveva assolto l'imputato in ragione dell'erronea applicazione della legge penale e della manifesta illogicità della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello aveva fondato il giudizio assolutorio sulla mera compatibilità tra i dati emergenti dai tabulati del traffico telefonico e gli orari di rientro esposti nei fogli di viaggio, oppure sulla modesta loro divergenza; aveva altresì ritenuto ininfluente l'indicazione come momento di inizio della missione di orari e giorni diversi da quelli effettivi di intrapresa del viaggio per raggiungere il luogo di espletamento della missione e l'eventuale interruzione per il periodo notturno della permanenza in tale luogo, il tutto in contrasto con il disposto del D.P.R. 13 giugno 2002, n. 163, art. 7, comma 9, dal quale emerge che l'indennità forfettaria di missione viene erogata per ristorare il militare delle spese sostenute e sul presupposto dell'effettiva presenza per ventiquattr'ore consecutive nel luogo di svolgimento della missione stessa, a prescindere dai profili temporali della concreta prestazione di attività di servizio fuori sede. Inoltre, i giudici di appello erano incorsi anche nell'erronea applicazione della L. 18 dicembre 1973, n. 836, art. 8, il quale stabilisce che il giorno e l'ora di inizio della missione devono risultare dal provvedimento con cui la missione è disposta per significare, non che la liquidazione avviene in riferimento agli estremi temporali indicati dall'autorità che ordina la missione, ma che da quel momento il dipendente è autorizzato ad allontanarsi dalla sede di servizio per raggiungere quella destinazione, mentre la liquidazione deve avvenire in base ai dati ricavabili dai fogli di viaggio, che nel caso di specie aveva riportato dati non veritieri per prolungare fittiziamente la durata della missione ad almeno 24 ore. Analoghe prescrizioni erano contenute nel D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, art. 46 e nel D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, art. 24, nonchè nelle circolari del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri. In tutti i casi in cui il militare aveva indicato falsamente orari di inizio e di conclusione delle missioni in modo difforme dal vero aveva percepito emolumenti in misura superiore a quanto dovuto, il che integrava il delitto di truffa militare contestato ed erroneamente escluso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono fondati e meritano dunque accoglimento.
1. I ricorrenti da prospettive specularmente opposte contestano il giudizio di responsabilità e quello di assoluzione, formulato dalla sentenza impugnata in ordine ai fatti di truffa militare continuata, contestati al capo A) e C) della rubrica.
1.1 Giova premettere che all'esito del giudizio di appello la Corte di merito ha ritenuto di ravvisare la responsabilità dell'app. R. esclusivamente in merito ai fatti di truffa militare riguardanti la percezione dell'indennità forfettaria di missione di cui ai fogli di viaggio nr. 3, 6, 10, 17 e 19 dell'anno 2008, contestati al capo A) e di tentata truffa militare di cui ai fogli di viaggio nr. 32 e 53 dell'anno 2008, ascrittigli al capo C), mentre lo ha mandato assolto da tutte le restanti condotte perchè il fatto non sussiste, con motivazione.
1.2 Ha fondato la propria decisione sulla condivisione del rilievo difensivo incentrato in punto di diritto sui parametri di liquidazione dell'indennità di missione, spettanti ai militari dell'Arma dei Carabinieri e delle obiezioni sulla ricostruzione in fatto di alcune condotte. Più in dettaglio, ha premesso di ritenere attendibili gli esiti degli accertamenti, condotti nel corso delle indagini preliminari sulla presenza o meno del R. nel luogo di presunto espletamento dell'attività per la quale era stato inviato in missione, dati offerti dai rilevamenti della posizione del suo telefono cellulare di servizio durante gli spostamenti intrapresi da e verso la sede di servizio o il luogo di dimora e dall'analisi del traffico telefonico in riferimento all'aggancio durante i trasferimenti alle celle del sistema di rete telefonica mobile, installate sul territorio: tali dati erano risultati coerenti con i percorsi effettuati per l'espletamento di ciascuna missione, anche se in alcuni casi le informazioni in tal modo acquisite non avevano assunto una valenza dimostrativa risolutiva, tanto da aver indotto a disporre l'assoluzione dell'imputato nelle circostanze rimaste dubbie.
1.3 Ha quindi espresso adesione alle obiezioni difensive e, poichè l'indennità di missione rappresenta un ristoro per il disagio subito dal militare in servizio fuori sede, ha ritenuto la necessità di considerare vincolanti le indicazioni riportate in ciascun foglio di viaggio in ordine all'orario di inizio della missione, posto che con la consegna di tale documento da parte del suo comando il militare viene posto in libertà per poter raggiungere la sede di svolgimento della missione e da quel momento è esentato dal servizio ordinario, anche se non raggiunga immediatamente tale luogo, ma lo faccia il mattino seguente con proprio sacrificio organizzativo personale non esigibile dall'amministrazione per la distanza dalla sede di servizio ordinario e comunque in tempo utile per l'inizio dell'attività da svolgere. Analoghe considerazioni ha espresso anche in riferimento ad eventuali interruzioni della permanenza nella sede della missione da parte del militare per il rientro al domicilio durante la notte e la ripartenza il mattino seguente con la ripresa regolare del servizio in missione: una volta accertato trattarsi di impegno complessivamente richiesto per la durata superiore alle ventiquattr'ore e la maggiore convenienza per l'amministrazione del riconoscimento dell'indennità forfettaria rispetto a quella oraria, perchè quest'ultima sarebbe comprensiva anche delle spese di vitto ed alloggio, secondo la Corte di appello non è possibile considerare interrotto il servizio dal rientro al domicilio in orario notturno, dal momento che tale forma di pernottamento quando la sede di servizio disti più di novanta minuti di viaggio non può essere pretesa dal militare, secondo le disposizioni della circolare del Comando Generale dell'Arma del 16/10/2002, par. 2. Ha dunque concluso che per i profili considerati la condotta dell'imputato poteva considerarsi moralmente riprovevole e suscettibile di rilievo disciplinare, ma non integrante il delitto di truffa in riferimento ai fogli di viaggio nn. 1, 2, 4, 5, 7, 8, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 26, 28, 30, 31, 36, 37, 55 e 57 dell'anno 2008, e nr. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'anno 2009.
Per contro, ha assegnato rilevanza determinante per poter ravvisare il delitto contestato l'indicazione da parte dell'interessato nei fogli di viaggio nr. 3, 6, 10, 17, 19, 32 e 53 dell'orario di conclusione della missione col rientro in sede, in sè non preventivabile a priori, perchè in quelle specifiche circostanze risultato essere stato artificiosamente posticipato rispetto a quello effettivo mediante soste prolungate durante il tragitto di rientro al fine di alterare la reale durata della missione e farle raggiungere le ventiquattrore, necessarie per fruire dell'indennità forfettaria.
2. Ritiene questa Corte che una prima ragione di censura da muoversi alla sentenza impugnata riguardi la mancata precisa indicazione delle fonti normative che disciplinano la materia dell'indennità di missione, spettante agli appartenenti all'Arma dei Carabinieri: il corpo motivazionale della pronuncia al riguardo ha citato per stralcio qualche disposizione di una circolare del relativo Comando Generale e l'interpretazione seguita dalla stessa autorità nei concreti procedimenti di liquidazione, ma senza affrontare in modo completo ed organico il punto della disciplina legale dell'istituto, in questo caso di primario rilievo, dovendo stabilirsi, per poter ricondurre la fattispecie al paradigma della truffa, se l'emolumento erogato all'imputato fosse dovuto o meno secondo la disciplina sostanziale, se la condotta tenuta possa qualificarsi come artificiosa ed ingannatoria e se da essa sia derivato un vantaggio patrimoniale indebito con correlativo danno per l'Amministrazione.
2.1 Al riguardo il ricorso del Procuratore Generale richiama in modo pertinente quanto già prescritto dalla L. 18 dicembre 1973, n. 836, art. 8, ossia che il giorno e l'ora di inizio della missione devono risultare dal provvedimento con cui la missione è disposta, mentre il giorno e l'ora di inizio del viaggio di ritorno devono risultare da dichiarazioni dell'ufficio presso il quale o nella cui giurisdizione è svolta la missione.
Sono quindi intervenuti il D.P.R. 13 giugno 2002, n. 163 di recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003 ed il successivo D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, contenente il recepimento dell'accordo sindacale per le forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le forze di polizia ad ordinamento militare, relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003; il primo testo normativo all'art. 7 ed il secondo all'art. 46 hanno disciplinato il trattamento di missione, spettante al personale comandato a svolgere attività d'ufficio fuori dalla sede di servizio. In particolare il citato art. 46 ha stabilito la possibilità di riconoscere o l'indennità ordinaria, comprensiva di una somma liquidata su base oraria e, a norma del comma 7, l'anticipo di importo pari all'intero ammontare delle spese di viaggio e pernottamento, nel limite del costo medio della categoria consentita ed all'85 per cento delle presumibili spese di vitto, oppure, in alternativa ed a richiesta dell'interessato come previsto dal comma 9, di autorizzare, se ritenuto più vantaggioso dall'amministrazione, oltre al ristoro delle spese di viaggio, la corresponsione a titolo di rimborso di una somma forfettaria di Euro 100,00 per ogni ventiquattro ore compiute di missione, non spettante qualora il personale fruisca di vitto o alloggio a carico dell'amministrazione. Inoltre, al comma 11 è riconosciuto il diritto del dipendente al rimborso anche delle spese per i mezzi di trasporto urbano o dei taxi nei casi di indisponibilità dei mezzi pubblici, mentre il comma 12 prescrive che "i visti di arrivo e di partenza del personale inviato in missione presso strutture non militari sono attestati con dichiarazione dell'interessato sul certificato di viaggio", implicitamente stabilendo che per le missioni da svolgersi presso organizzazioni militari i predetti visti siano certificati dal Comando presso il quale l'attività viene svolta.
Analoghe disposizioni sono poi contenute nel D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, contenente il recepimento dell'accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare per il quadriennio normativo 2006-2009 ed il biennio economico 2006-2007: all'art. 24 si ripete la previsione alternativa tra corresponsione di trattamento ordinario di missione, calcolato su base oraria ed indennità forfettaria, autorizzata dall'amministrazione, a richiesta dell'interessato, pari ad Euro 110,00 per ogni ventiquattro ore compiute di missione e ad ulteriori 50 Euro per la prosecuzione dell'attività per periodi non inferiori a 12 ore, non concedibile se il personale fruisca di vitto o alloggio a carico dell'amministrazione; il comma 14 ribadisce la prescrizione della L. n. 164 del 2002, art. 46, comma 12.
2.2 Prescrizioni più dettagliate e di natura attuativa risultano contenute nella circolare del Comando Provinciale dell'arma dei Carabinieri del 16 ottobre 2002 nr. 6/166/6, par. 1, secondo la quale: l'interessato è tenuto a compilare il "quadro C" del foglio di viaggio, ossia del documento ufficiale che certifica l'avvenuto espletamento del servizio di missione, riportandovi i dati relativi all'attività compiuta; il giorno e l'ora di inizio del servizio devono risultare dal provvedimento che ha disposto la missione e, qualora si utilizzi un mezzo privato non autorizzato devono coincidere con quelli indicati dall'interessato nella dichiarazione quadro "C" del foglio di viaggio, mentre se diversi devono essere specificati con le relative giustificazioni; il giorno e l'ora di arrivo e di partenza devono essere quelli di presentazione all'ufficio, sede di missione e di allontanamento dalla stessa; il giorno e l'ora di rientro in sede o nel luogo di dimora segnano la conclusione della missione. Inoltre, la circolare specifica espressamente che "ai fini del conteggio della durata della missione si prendono in considerazione gli orari riportati nella dichiarazione del quadro "C" del foglio di viaggio", che il dipendente è tenuto a compilare e sottoscrivere. Al par. 2 è poi prescritto l'obbligo di rientro giornaliero nella sede ordinaria se la natura del servizio lo consenta e la località della missione disti meno di novanta minuti di viaggio con il mezzo più veloce. Ebbene, secondo quanto illustrato dal teste gen. B., motivatamente considerato teste nel procedimento e non consulente tecnico di parte, e come già ritenuto dal Tribunale con argomentazioni riproposte dal Procuratore Generale ricorrente, con la determinazione dell'inizio della missione nel foglio di viaggio viene effettivamente stabilita l'esenzione del militare dal servizio ordinario per consentirgli di raggiungere la sede dell'attività da svolgere in missione, mentre la delimitazione temporale di questa dipende dalle indicazioni fornite dall'interessato nel quadro "C". Non può dunque ritenersi consentito indicare quale momento iniziale della missione da svolgersi in località distante oltre novanta km. dalla sede quello della "messa in libertà" e come termine finale quello di rientro, se artificiosamente protratto per raggiungere l'arco temporale di ventiquattrore, così come non può consentirsi di far figurare la presenza protratta ininterrottamente dal militare per più giorni nello svolgimento della missione, nonostante i rientri notturni al luogo di dimora. In altri termini, il criterio interpretativo seguito dalla Corte di merito e sostenuto anche dalla difesa come unico corretto e valido non può seguirsi perchè affida la individuazione dei due termini iniziale e finale di durata della missione ad elementi eterogenei, aventi finalità distinte: da un lato quanto indicato nel foglio di viaggio dal Comando di appartenenza del militare che dispone la missione per esonerarlo dalla prestazione delle mansioni ordinarie, dall'altro le indicazioni dello stesso interessato, necessarie a fronte di una durata complessiva non preventivabile "a priori".
Si trascura però che le circolari del 16/10/2002 e del 19/5/2006 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri impongono al dipendente di compilare il quadro "C" con indicazione analitica degli estremi temporali di durata della missione in riferimento al momento di intrapresa del viaggio di andata e di ritorno proprio al fine di poterne desumere la reale protrazione oraria dell'impegno effettivo richiesto al militare, che non potrebbe essere ricavato nè dal momento di inizio della missione, che non garantisce la reale immediata partenza verso la sede del servizio temporaneo, nè dal visto di arrivo e di partenza apposto dall'ufficio militare presso il quale si è compiuta la missione stessa per individuare il momento di effettiva presenza e di cessata presenza del dipendente in quel luogo: in entrambi i casi i predetti visti non possono tenere conto del lasso temporale necessario per il trasferimento dalla e sino alla sede di servizio ordinaria o alla dimora. Pertanto, risulta conforme ai testi normativi e alle istruzioni impartite con le predette circolari l'opzione esegetica, già accolta dal Tribunale militare e parzialmente disattesa dalla Corte di Appello, che assegna rilevanza alle dichiarazioni del militare contenute nel quadro "C" del foglio di viaggio per stabilire la protrazione temporale della missione quale presupposto per l'attività di liquidazione del trattamento economico spettante.
2.3 Da tale premessa non può però ricavarsi automaticamente la prova della sussistenza di tutti i presupposti, necessari per poter configurare la fattispecie illecita contestata: invero, il Procuratore ricorrente assegna rilievo alla oggettiva falsità delle attestazioni riportate nei documenti compilati dall'imputato, ma trascura che egli non è stato chiamato a rispondere di falso ideologico, ossia della mendace e volontaria rappresentazione di circostanze di fatto di sua conoscenza, ma di truffa in danno del Ministero della Difesa, indotto ad erogare emolumenti non spettanti nell'importo liquidato.
2.3.1 Deve poi considerarsi che la Corte di merito non ha offerto risposta esauriente e logica alle obiezioni che la difesa ha mosso in relazione agli strumenti probatori, utilizzati per accertare l'effettiva durata della missione in termini ritenuti divergenti da quanto indicato dall'imputato; in particolare, dal punto di vista metodologico la sentenza impugnata non affronta la questione dell'incompatibilità tra gli orari di rientro dalla missione, ricostruiti mediante i dati offerti dai tabulati telefonici ed i corrispondenti orari del "visto partire" del Comando presso il quale si era svolta la missione, questione posta in ordine ai fogli nr. 26) e 53) del 2008. I giudici di merito in entrambe le sentenze non hanno posto alcuna attenzione al fatto che per acquisire la prova dell'effettiva durata delle missioni utili informazioni potevano ricavarsi proprio dal "visto partire", ossia dall'attestazione resa dall'autorità militare, presso la quale il servizio temporaneo era stato compiuto, del giorno e dell'ora di allontanamento dell'imputato. Proprio per la provenienza dall'ufficio militare e per la funzione certificativa loro assegnata, tali indicazioni, almeno in astratto, paiono presentare un significato oggettivo che supera le rilevazioni e le ricostruzioni a posteriori condotte con i tabulati telefonici e le celle di aggancio che coprono il territorio ed avrebbero meritato considerazione, quanto meno per smentirne il significato dimostrativo o per rinvenire ulteriori e più attendibili elementi di conferma alla tesi accusatoria, piuttosto che a quella difensiva.
Inoltre, più in generale si rileva un profilo di contraddittorietà nelle argomentazioni della pronuncia in verifica, laddove la stessa ammette che in alcuni casi - foglio nr. 30) del 2008, fogli nn. 4) e 5) del 2009 - le informazioni acquisite mediante i tabulati non erano dirimenti, ad esempio per assenza di comunicazioni telefoniche, oppure per essere l'apparecchio spento - per poter affermare che la conclusione del servizio si fosse verificata prima di quanto indicato dall'imputato e per stabilire la sua presenza in località incompatibile con (OMISSIS) o con i tempi di percorrenza del tragitto di ritorno con mezzo proprio. Al riguardo, secondo la difesa, rimasta non smentita nella sentenza, che ha ignorato il profilo di contestazione, gli ultimi dati conoscitivi su tale percorso erano rilevati a (OMISSIS) e non a (OMISSIS), sede di servizio, nè a (OMISSIS), luogo di abitazione.
2.3.2 Altrettanto carente è la considerazione dei rilievi, incentrati sull'erronea considerazione quale luogo di partenza e di rientro dalla missione della località di dimora dell'imputato e sulla necessità di un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto in riferimento al luogo ove era ubicata la sede di servizio con la ripetizione di tutti i calcoli effettuati, posto che il criterio prescelto non era rispondente ad una sua espressa richiesta e ad un calcolo di convenienza economica per l'amministrazione, diversamente da quanto prescritto dal D.P.R. n. 170 del 2007, art. 24, comma 10:
di tali censure, come di quella incentrata sull'arbitrarietà del calcolo in venti minuti del tempo medio di percorrenza della distanza tra luogo di dimora e sede di servizio, stimato tale dalla Corte di Appello in assenza di dati informativi oggettivi, il corpo argomentativo della sentenza in esame non si è occupata nemmeno per confutarne il fondamento fattuale e logico, incorrendo in tale modo nel vizio di omessa motivazione.
2.3.3 S'impone poi un altro rilievo che refluisce anche sull'accertamento dell'elemento psicologico del reato e riguarda la mancata verifica dei profili di economicità dell'indennità forfettaria erogata o chiesta dal R. rispetto al trattamento ordinario.
Nel delitto di truffa, mentre il requisito dell'ingiusto vantaggio dell'agente o di terzi può includere in sè qualsiasi utilità o incremento patrimoniale, anche a carattere non strettamente pecuniario, l'elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre - mediante la "cooperazione artificiosa della vittima" che, indotta in errore dall'inganno ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa (Cass. sez. 2, n. 18762 del 15/01/2013, P.G. in proc. Meloni, rv.
255194; sez. 2, n. 18859 del 24/01/2012, Volpi, rv. 252821). Perchè sia perfezionata la fattispecie occorre dunque un effettivo depauperamento economico del soggetto passivo, nella forma del danno emergente o del lucro cessante (Cass. sez. 2, n. 10085 del 21/02/2008, Minci, rv. 239507).
Ebbene, nel caso di specie merita attenta verifica il profilo che la sentenza impugnata talora assume come dimostrato, laddove a pag. 28 della relativa motivazione afferma che "è più vantaggioso per l'Amministrazione il regime forfettario" ed a pag. 29 critica l'opinione, espressa dal Tribunale in ordine alla maggiore economicità del trattamento ordinario, ritenuta non attendibile per l'impossibilità legale di imporre all'imputato in quelle situazioni concrete la partenza il giorno stesso del servizio da svolgere fuori sede ed il rientro all'abitazione per il riposo notturno. Non ha però tratto da tali fondate ed argomentate osservazioni le dovute conclusioni in riferimento al pregiudizio patrimoniale risentito dalla stessa parte lesa. Invero, la Corte di Appello correttamente considera che, per essere stato l'imputato inviato in missione con messa in libertà da parte del proprio Comando sin dal giorno antecedente l'inizio della concreta attività del COIR di (OMISSIS), alla quale doveva prendere parte ed essendogli stato richiesto di affrontare percorso superiore ai novanta chilometri, non poteva esigersi la partenza il giorno stesso di espletamento dell'attività fuori sede ed egli aveva comunque diritto ad ottenere il rimborso delle spese di viaggio, vitto e pernottamento, oltre a quelle per i trasporti interni per muoversi nella città di (OMISSIS), una volta giunto a destinazione, rimborso da liquidarsi previa esibizione delle ricevute fiscali delle spese sostenute, secondo quanto riconosciuto dalla L. n. 164 del 2002, art. 46 e dal D.P.R. n. 170 del 2007, art. 24.
Risulta, invece, dall'imputazione che il diverso calcolo effettuato in sede investigativa è stato condotto in base soltanto agli orari determinati sulla scorta dei dati telefonici, sottraendo dunque dal periodo indicato dall'imputato i rientri notturni e comunque le permanenze all'abitazione prima di ciascun viaggio: si è ottenuta così una durata inferiore alle ventiquattrore o ai loro multipli, che, secondo il Procuratore ricorrente, dovrebbe costituire l'unico criterio legale di valutazione anche per le condotte che la Corte di Appello ha ritenuto insussistenti.
Al fine di riscontrare la sussistenza di un effettivo pregiudizio per il Ministero della Difesa non si è però operato alcun raffronto sull'ammontare degli emolumenti spettantigli, qualora egli, com'era suo diritto, avesse optato per l'indennità ordinaria con liquidazione su base oraria e rimborso delle spese vive di vitto ed alloggio a partire dal giorno antecedente l'attività svolta e secondo quanto indicato nel foglio di viaggio per l'inizio della missione, al fine di riscontrare o meno la minore economicità per l'Amministrazione della soluzione prescelta dall'imputato.
Le riscontrate carenze nella decisione e nel percorso motivazionale che la sorregge, tale da non aver offerto esauriente e logica risposta a tutte le censure mosse con l'appello e da non avere considerato profili fattuali decisivi per la configurabilità del delitto di truffa militare, sia quanto alle modalità di computo della durata della missione, sia quanto all'elemento del pregiudizio patrimoniale per la parte lesa, inducono ad accogliere entrambe le impugnazioni ed a disporre l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte militare di Appello, sia in merito alla condanna dell'imputato, sia quanto alla sua assoluzione per i fatti di cui ai capi A) e C).
PQM
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente alle pronunce di parziale assoluzione e di parziale condanna per i reati di cui ai capi A) e C) e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte militare di Appello.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2014
20-11-2014 15:26
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