Il personale militare che sia stato condannato con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo compiuto mediante comportamenti contrari ai doveri di fedeltà alle istituzioni ovvero lesivi del prestigio dell'Amministrazione o dell'onore militare è escluso da ogni procedura di avanzamento.
N. 04196/2015 REG.PROV.COLL.
N. 06356/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6356 del 2010, proposto da:
G.L., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Mandolesi, con domicilio eletto presso l'avv. Roberto Mandolesi in Roma, Via Paolo Emilio, 34;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'accertamento del diritto del ricorrente alla ammissione alla procedura di avanzamento e connessa attribuzione del beneficio economico dell'omogeneizzazione stipendiale relativa al grado di Generale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone l'odierno ricorrente, Tenente Colonnello dell'Esercito, che, con sentenza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Alba in data 3 luglio 1998, è stato, allo stesso, applicata la pena, sospesa, di anni due di reclusione. Lo stesso G.I.P., quale giudice dell'esecuzione, ha poi dichiarato in data 13 ottobre 2003 la estinzione dei reati di cui agli articoli riportati nella citata sentenza. Successivamente, la stessa amministrazione di appartenenza del ricorrente ha dichiarato, con nota del 9 giugno 2008, la cessazione degli effetti della sanzione di corpo irrogata al ricorrente per i medesimi fatti che furono oggetto della sentenza penale.
Lamenta dunque il ricorrente che, pur in presenza di richieste ancorate agli sviluppi in fatto ora ricordati, l'amministrazione non si è ancora determinata ad includere lo stesso nella procedura di avanzamento. Di qui la proposizione del presente ricorso volto all'accertamento del diritto del ricorrente ad essere ammesso alla procedura di avanzamento al grado superiore e a vedersi riconosciuti i benefici economici della omogeneizzazione stipendiale relativa al grado di Generale e comunque all'annullamento delle note in data 22 marzo 2004 e 26 agosto 2009 con cui, in sostanza, l'amministrazione dispone l'esclusione del ricorrente da ogni procedura di avanzamento. In sostanza, il ricorrente ritiene che la condotta dell'amministrazione sia da valutare come illegittima avuto riguardo ai tanti anni trascorsi dalla sentenza di condanna di cui sopra, alla circostanza per cui lo stesso non ha riportato altre condanne, alla intervenuta estinzione degli effetti penali e militari della condanna del 1998.
Si è costituita in giudizio con memoria di stile l'intimata amministrazione militare.
Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
In disparte ogni considerazione su questioni di rito, in ragione appunto della ritenuta infondatezza del ricorso, osserva il Collegio che, nella specie, la disposizione di legge che occorre avere a riferimento, con riguardo alla data delle istanze con cui il ricorrente ha chiesto di essere ammesso a procedure di avanzamento, è il comma 4 dell'art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1997 n. 490, a mente del quale “Il personale militare che sia stato condannato con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo compiuto mediante comportamenti contrari ai doveri di fedeltà alle istituzioni ovvero lesivi del prestigio dell'Amministrazione o dell'onore militare è escluso da ogni procedura di avanzamento”. Il particolare rigore della disposizione ora richiamata e che governa la fattispecie all'esame del Collegio si spiega, del resto, ricordando che all'ufficiale delle Forze armate si richiede una particolare attenzione ai propri comportamenti anche estranei all'esercizio specifico delle funzioni, in quanto si ritiene ch'egli, a somiglianza di altri funzionari dello Stato che incarnano caratteristiche funzioni dello stesso, quali i magistrati, il personale diplomatico, il personale prefettizio, il personale delle forze di polizia etc., debba mantenere un comportamento consono alla funzione rivestita.
Il meccanismo individuato dalla legge, pertanto, è congegnato in maniera che, da una parte, la medesima procedura di valutazione all'avanzamento (che non è ancora una promozione) non possa neppure iniziare se l'ufficiale si trovi in una delle condizioni previste dall'art. 14, vale a dire se sia stato rinviato a giudizio o sottoposto a procedimento disciplinare e che, dall'altra, è comminata l'esclusione da qualsiasi successiva valutazione, ove consegua una determinata condanna definitiva, il che dimostra che l'esclusione dalla procedura di valutazione è esattamente finalizzata ad impedire la promozione di un ufficiale considerato indegno a causa della sentenza pronunciata. In particolare,
il procedimento penale, conclusosi come nella specie con una sentenza di condanna non inferiore ai due anni, rileva come fatto impeditivo solo ove il reato abbia caratteristiche di una certa gravità, ma non necessariamente se esso sia stato commesso in violazione dei doveri specifici del militare o in violazione del regolamento di disciplina. In altri termini, la norma sanziona anche fatti avvenuti al di fuori dell'ambito militare, ove caratterizzati da determinate peculiarità. Da qui la necessità di prevedere esplicitamente l'esclusione dalle procedure di avanzamento sostanzialmente quale sanzione accessoria ad un comportamento che, per quanto esterno all'Amministrazione, riverbera i suoi effetti sulla dignità della figura d'ufficiale. Come è stato osservato, “l'ufficiale che si trovi in una di tali situazioni è carente di un requisito soggettivo fondamentale, costituito dall'integrità del comportamento….Orbene, è principio generale dell'ordinamento amministrativo che la perdita di un requisito essenziale necessario per l'emanazione di un provvedimento di status personale, o a fortiori la sua mancanza ab origine, inducono la decadenza dallo status raggiunto, a prescindere da una valutazione sulla comparazione d'interessi. Quest'ultima, infatti, è necessaria solo nel caso in cui il provvedimento risulti affetto da un vizio attinente alla qualificazione giuridica o alla valutazione dei presupposti di fatto e di diritto al procedimento. Qualora difetti una qualità essenziale nel soggetto destinatario, viceversa, non può correttamente parlarsi di necessità di comparazione degli interessi pubblici e di quelli privati, in quanto l'assoluta carenza del requisito personale rende l'atto di per sé inidoneo a determinare il raggiungimento di quello status cui il requisito è preordinato.” (Cons. Stato, III Sezione, 20 giugno 2000 n. 1194).
Il citato art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 490/1997, risulta oggi abrogato dall'articolo 2268, comma 1, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, nella cui disciplina è confluito. Il riferimento è, infatti, al comma 8 dell'art. 1051 del citato d.lgs. n. 66/2010, il quale dispone che “il personale militare inserito nei ruoli del servizio permanente che è stato condannato con sentenza definitiva a una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo compiuto mediante comportamenti contrari ai doveri di fedeltà alle istituzioni ovvero lesivi del prestigio dell'amministrazione e dell'onore militare è escluso da ogni procedura di avanzamento e dalla possibilità di transito da un ruolo a un altro”, ribadendosi quindi, come scelta ordinamentale, quell'effetto extrapenale collegato alla condanna, che non incide sulla condanna stessa, ossia l'esclusione del militare da ogni procedura di avanzamento, di cui già all'oggi abrogato art. 14 sopra richiamato.
In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della resistente amministrazione, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
08-06-2015 18:09
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