Poliziotto e Consigliere Comunale: l’assenza dal servizio deve essere documentata, non basta l'invio della copia della convocazione.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 5 – 25 novembre 2015, n. 5358
Presidente Cirillo – Estensore Deodato
Fatto
Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna respingeva il ricorso proposto dal sig. Pietro Attanasio, già agente scelto della Polizia di Stato, avverso il decreto del Ministero dell'Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza (prot. 333-D/26822 del 26 novembre 2012), dispositivo della sua destituzione dal servizio per reiterate e ingiustificate assenze.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il sig. Attanasio, insistendo nel sostenere l'illegittimità del provvedimento impugnato e concludendo per il suo annullamento, in riforma della sentenza impugnata.
Resisteva il Ministero dell'Interno, che contestava la fondatezza dell'appello, chiedendone la reiezione, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 5 novembre 2015.
Diritto
1.- È controversa la legittimità del decreto del Ministero dell'Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza (prot. 333-D/26822 del 26 novembre 2012) con cui il sig. Attanasio, allora agente scelto della Polizia di Stato, è stato destituito dal servizio per reiterate assenze ingiustificate.
Il T.A.R. ha riscontrato la legittimità della gravata sanzione disciplinare sulla base del duplice rilievo che la richiesta preventiva del permesso non costituisce, di per sé, autorizzazione dell'assenza, ma assolve la sola funzione di comunicarla in via preventiva (mentre la valida costituzione del titolo giustificativo si perfeziona solo “ex post”, con l'attestazione da parte dell'ente dell'effettivo esercizio del mandato nei giorni richiesti) e che il predetto comportamento risulta ascrivibile alla fattispecie prevista dall'art. 7 d.P.R. cit., trattandosi di “atti…in contrasto con i doveri assunti con il giuramento” (n. 2), segnatamente lealtà e fedeltà, ed essendo il ricorrente recidivo (n.7) per assenze ingiustificate già sanzionate ripetutamente.
L'appellante critica la correttezza di tale statuizione deducendo che nel sistema sanzionatorio previsto dal d.P.R. cit. la ritenuta natura relativamente indeterminata delle fattispecie a rilevanza disciplinare, cui sono associate sanzioni di livello e grado differente, comporta che la possibilità di collocare una fattispecie concreta nell'ambito di cui al n. 2 dell'art. 7 del citato regolamento presuppone comportamenti aventi un livello di gravità estrema, che, in quanto tali, eccedano manifestamente le altre ipotesi parimenti indeterminate, assumendo, quindi, la violazione dei principi di gradualità e di proporzionalità della sanzione, richiamati anche dall'art. 1 e dall'art. 13 del citato regolamento, e concludendo per l'annullamento della sanzione espulsiva irrogata nei suoi confronti, siccome elusiva dei suddetti principi.
2. – L'appello è fondato, alla stregua delle considerazioni di seguito esposte, e va accolto.
3. – Prima di esaminare, nel merito, le censure dedotte a sostegno dell'appello, occorre precisare, in fatto, che con il decreto impugnato è stata stabilita la destituzione dal servizio del sig. Attanasio per aver fruito di numerosi giorni di permesso ex art. 79, comma 3, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, quale consigliere comunale di Manduria, omettendo, benché formalmente richiesto, di documentare correttamente la partecipazione alle sedute (di Consiglio e di Commissione) in relazione alle quali aveva goduto di permessi ritenuti ingiustificati per 24 giorni.
In particolare, il sig. Attanasio, già inadempiente a quanto prescritto dall'art. 79, comma 6, d.lgs. cit. (che impone che “l'attività e i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono e ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell'ente”), ancorchè sollecitato dall'Amministrazione, produceva, solo parzialmente e con notevole ritardo, documentazione ritenuta non idonea dall'Amministrazione.
L'impugnato provvedimento di destituzione dal servizio veniva, segnatamente, adottato ai sensi dell'art. 7, n. 2 (per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento) e n. 6 (per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari) del d.P.R. cit.
Occorre, al riguardo, premettere che il sig. Attanasio ha certamente e originariamente violato il precetto di cui all'art. 79, comma 6, d.lgs. cit. e, sebbene sollecitato, si è mostrato nuovamente inadempiente, presentando con ritardo la documentazione tesa a giustificare la maggior parte delle sue assenze in virtù dello svolgimento della carica elettiva dallo stesso ricoperta, che, peraltro, anzichè consistere nella attestazione dell'attvità da parte dell'ente (come prescritto dalla norma violata), veniva presentata prevalentemente nelle diverse (e non equipollenti) forme della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà o dei verbali delle riunioni (peraltro redatti in carta semplice e sottoscritti dal solo Attanasio).
Risulta, per altro verso, necessario riconoscere che la veridicità delle dichiarazioni sostitutive presentate è stata confermata dall'istruttoria espletata e che l'appellante aveva sempre trasmesso in via preventiva all'Amministrazione la nota di convocazione dell'organo cui avrebbe dovuto partecipare (fatta eccezione per la sola riunione dell'1.8.2010).
3.1 - Così riassunti i fatti, occorre procedere a una corretta e coerente esegesi della normativa di riferimento onde verificarne il rispetto o la violazione nel caso in esame.
L'art. 1 del d.P.R. cit., dopo aver elencato le sanzioni applicabili agli appartenenti ai ruoli della Amministrazione della pubblica sicurezza, precisa che “le sanzioni disciplinari devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l'Amministrazione o per il servizio”.
Da una corretta esegesi della norma si ricava che, se è vero che l'Amministrazione dispone di un ampio margine di discrezionalità nell'apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione, è anche vero che la scelta della misura afflittiva deve, nondimeno, conformarsi ai parametri di ragionevolezza e di proporzionalità alla consistenza dell'illecito ascritto (Cons. St., sez. III, 14 marzo 2014, n. 1273) .
3.2- Premesso che nel caso in esame il sig. Attanasio aveva sempre chiesto la previa autorizzazione a recarsi a svolgere il mandato elettorale, si deve osservare che le contestate assenze non possono qualificarsi come oggettivamente ingiustificate, ma soltanto come carenti di idoneo supporto documentale (per come normativamente prescritto).
In secondo luogo, tenuto conto della previa comunicazione dell'assenza all'ufficio di appartenenza, si deve escludere che si siano verificati quei gravi pregiudizi per l'ufficio e per il servizio ai quali fa riferimento l'art. 1 del citato d.P.R.
Ne deriva che l'infrazione contestata al sig. Attanasio, seppure esistente, non pare idonea ad integrare il livello massimo di disvalore (che invece è stato attribuito con la sanzione della destituzione) e, quindi, a giustificare la misura espulsiva inflittagli.
A ben vedere, la regolamentazione di cui al citato regolamento delinea una progressiva gradualità delle sanzioni, prevedendo all'art. 4 la pena pecuniaria per il caso di allontanamento dalla sede di servizio da uno a cinque giorni senza autorizzazione (n. 5) e di omessa o ritardata presentazione in servizio sino ad un massimo di quarantotto ore (n. 9) e all'art. 6 la sospensione dal servizio per i casi di mancanze previste dal precedente art. 4, qualora rivestano carattere di particolare gravità ovvero siano reiterate o abituali (n. 1) e per il caso di allontanamento, senza autorizzazione, dalla sede di servizio per un periodo superiore a cinque giorni (n. 9) nonché di omessa o ritardata presentazione in servizio per un periodo superiore a quarantotto ore e inferiore ai cinque giorni o, comunque, nei casi in cui l'omissione o la ritardata presentazione in servizio di cui all'art. 4, n. 10 (recte: n. 9), provochi gravi disservizi ovvero sia reiterata o abituale (n. 10).
Risulta evidente, dunque, che le ipotesi di cui ai nn. 2 e 6 dell'art. 7, benché apparentemente indeterminate, non possono riferirsi che a comportamenti di gravità estrema, che eccedano manifestamente le fattispecie, ugualmente indeterminate, ma punite meno gravemente, che si sono appena menzionate (ed alle quali può essere ugualmente ascritta la condotta contestata al ricorrente).
3.3- Secondo il sistema sanzionatorio descritto dal d.P.R. citato, peraltro, neppure la qualificazione dell'appellante come recidivo (desumibile dal foglio matricolare depositato dall'Amministrazione) risulta, di per sé, idonea a giustificare l'applicazione della sanzione più grave.
Come chiarito recentemente dalla Sezione, infatti, incorre nel vizio di eccesso di potere l'autorità disciplinare che approfitti della (apparente) genericità della formulazione dei nn. 2 e 6 dell'art. 7, per applicare la sanzione massima della destituzione ad illeciti disciplinari che, pur riprovevoli e meritevoli di sanzione, non presentano ictu oculi quei caratteri di estrema gravità che sono invece postulati dalla norma per la legittima irrogazione della misura espulsiva (Cons.St., sez. III, 27 agosto 2014, n. 4339).
3.4- In coerenza con i parametri valutativi appena descritti, si deve, quindi, negare che la controversa sanzione della destituzione risulti giustificata dalla consistenza e dal disvalore oggettivi delle infrazioni contestate.
3.5- Il rilevato difetto di proporzionalità risulta, peraltro, confermato anche dalla circostanza che la scelta di ascrivere la condotta dell'appellante entro il perimetro applicativo dell'art. 7, comma 2, n. 2 (atti in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento) e dell'articolo 7 n. 6, (reiterazioni di infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari), pur non essendo l'unica percorribile dall'Amministrazione, non è stata sufficientemente motivata.
La corretta e coerente esegesi della normativa di riferimento e dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità delle sanzioni disciplinari impone, infatti, all'Amministrazione di motivare la decisione, onde assicurare che la scelta della misura inflitta si riveli strettamente funzionale al conseguimento dell'interesse pubblico alla proporzionata e ragionevole punizione del dipendente responsabile dell'infrazione.
Sennonchè, come già osservato, non è dato rintracciare, nel provvedimento gravato, l'esplicitazione delle ragioni della scelta della sanzione inflitta, secondo il criterio funzionale sopra indicato.
4.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, l'appello dev'essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, in riforma della decisione gravata.
5.- La peculiarità della questione esaminata giustifica la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della decisione appellata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
28-11-2015 10:47
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