Sottufficiale delle Forze Armate chiede la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR Lazio e durato oltre 15 anni.-
Cassazione civile sez. II
Data:
30/12/2014 ( ud. 04/12/2014 , dep.30/12/2014 )
Numero:
27449
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NUZZO Laurenza - Presidente -
Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere -
Dott. PETITTI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. MANNA Felice - Consigliere -
Dott. ABETE Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
O.A. ((OMISSIS)), rappresentato e difeso, per
procura speciale in calce al ricorso, dall'Avvocato MOSCIONI Anna
Rita, elettivamente domiciliato in Roma, Via Acquedotto Paolo n. 22,
presso Marinelli Biagio;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato,
presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato
per legge;
- controricorrente -
avverso il decreto della Corte d'Appello di Perugia, depositato in
data 24 maggio 2013 (R.G. n. 1941/2010 V.G.).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4
dicembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentito l'Avvocato Anna Rita Moscioni;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con ricorso depositato presso la Corte d'appello di Perugia il 16 luglio 2010, O.A., sottufficiale delle Forze Armate, chiedeva la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR Lazio con ricorso depositato il 21 novembre 1994, avente ad oggetto la richiesta di corresponsione, per il periodo giugno 1986 - dicembre 1991, lo stesso trattamento economico riservato all'Arma dei Carabinieri; giudizio definito con sentenza depositata il 9 aprile 2010, con cui era stata dichiarata la improcedibilità del ricorso;
che la Corte d'appello, con decreto depositato il 24 maggio 2013, rigettava la domanda rilevando che il ricorso al TAR, che aveva dato luogo ad un processo durato oltre quindici anni, era stato proposto senza alcun fondamento normativo e nella sola speranza di una pronuncia favorevole della Corte costituzionale che, peraltro, già nel 1990 aveva negato ingresso alla equiparazione del trattamento economico dei sottufficiali delle Forze Armate a quello dei Carabinieri, degli agenti di custodia, della Guardia di Finanza e delle Guardie forestali; orientamento, questo, poi confermato nel 2000, con ordinanza n. 296, e seguito dalla giurisprudenza amministrativa;
che, dunque, tale essendo il contesto normativo e giurisprudenziale in cui era stata proposta l'iniziativa giudiziaria del ricorrente, doveva ritenersi evidente che la proposizione del ricorso non poteva alimentare aspettative e, correlativamente, determinare, nell'attesa della decisione, alcun patema d'animo suscettibile di indennizzo, come del resto si poteva desumere dal fatto che il giudizio presupposto era stato deciso con sentenza di improcedibilità a seguito della dichiarazione, da parte del difensore del ricorrente, della sopravvenuta carenza di interesse;
che per la cassazione di questo decreto O.A. ha proposto ricorso sulla base di un motivo;
che il Ministero dell'economia e delle finanze ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l'adozione di una motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con l'unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e segg. e dell'art. 6, par. 1, della CEDU, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, rilevando, da un lato, che in linea di principio il pregiudizio morale, e il correlativo indennizzo, vanno riconosciuti allorquando si sia verificata la violazione della ragionevole durata del processo, a meno che non ricorrano condizioni particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato sofferto; dall'altro, che l'esito del giudizio presupposto è normalmente irrilevante ai fini della proponibilità e della fondatezza della domanda di equa riparazione, salvo il caso in cui risulti provata la temerarietà della domanda, e potendo l'esito del giudizio presupposto incidere, al più, sulla determinazione dell'indennizzo;
che, prosegue il ricorrente, nel giudizio presupposto erano stati attivati varie volte gli strumenti sollecitatori previsti dalla legge per il giudizio amministrativo;
che, inoltre, non poteva attribuirsi alla dichiarazione del difensore, di sopravvenuta carenza di interesse, alcuna efficacia preclusiva, atteso che tale dichiarazione era intervenuta a distanza di oltre quindici anni dal deposito del ricorso e poteva, quindi, incidere esclusivamente sul piano della determinazione dell'indennizzo;
che il ricorso è fondato;
che, nello scrutinare analoghi ricorsi, aventi ad oggetto decreti della Corte d'appello di Perugia concernenti domande di equa riparazione proposte con riferimento a giudizi amministrativi nei quali si poneva la questione della estensione ai militari del trattamento economico previsto - per il periodo 1986-1991 - per i Carabinieri e altri corpi di polizia, si è ritenuto (Cass. n. 19478 del 2014) immune dalle proposte censure la decisione della Corte d'appello secondo cui la consapevolezza, in capo ai ricorrenti, che la loro domanda di adeguamento, la quale postulava la proposizione di una questione di legittimità costituzionale, fosse manifestamente infondata e insuscettibile, in quanto tale, di arrecare pregiudizio per la protrazione del processo oltre il limite della ragionevole durata, poteva considerarsi maturata solo nell'anno 1999, per effetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 331;
che, d'altra parte, non può non rilevarsi che la pronuncia della Corte costituzionale intervenuta nel 1990, citata nel decreto impugnato, aveva ad oggetto questione non del tutto coincidente con quella veicolata con il ricorso introduttivo del giudizio presupposto;
che la identità della questione sottoposta a scrutinio in questa sede e quella oggetto di esame nella sentenza n. 19478 del 2014, impone di procedere alla cassazione del decreto impugnato, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Perugia perchè, in diversa composizione, proceda a nuovo esame della domanda di equa riparazione, segnatamente con riferimento alla individuazione del momento in cui la dichiarazione di manifesta infondatezza della specifica questione di legittimità costituzionale, prospettata dal ricorso introduttivo al fine di ottenere il riconoscimento del miglior trattamento retributivo anche per il passato, doveva ritenersi inequivocabilmente affermata dalla Corte costituzionale, e quindi del momento in cui, per effetto di tale orientamento del giudice delle leggi, il ricorrente non poteva più nutrire una qualsivoglia aspettativa circa il buon esito della domanda proposta dinnanzi al TAR;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PQM
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2014
22-01-2015 07:06
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