Un militare (donna) si reca in casa insieme al compagno e ne esce poco dopo, diretta ad un locale notturno. Trovata in possesso di cinque stecche di hashish per complessivi 15 g. A casa viene rinvenuto un bilancino di precisione unitamente ad altro hashish, cocaina ed ecstasy. Accertatata la responsabilità penale.
Cassazione penale sez. IV
Data:
11/12/2014 ( ud. 11/12/2014 , dep.15/01/2015 )
Numero:
1872
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Mar - rel. Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
F.V. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2573/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
29/10/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar
che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente al
trattamento sanzionatorio. Rigetto nel resto.
Fatto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L'imputata in epigrafe ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova del 29 ottobre 2013 recante l'affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, afferente alla detenzione illecita di hashish, cocaina ed ecstasy commesso il (OMISSIS).
Si deduce che manca un convincente quadro indiziario in ordine alla destinazione allo spaccio della droga rinvenuta. Nulla dimostra che la sostanza fosse destinata ad altri, tanto più che non è stato rinvenuto alcuno strumento da taglio. La reazione di disfarsi della droga è ben spiegabile col fatto che la donna milita nelle forze armate. Inoltre, la sostanza era con detenuta con il convivente e ciò esclude la rilevanza penale delle condotte. Si è enfatizzata la detenzione del bilancino e la pluralità delle sostanze, ma la misurazione serve anche per le dosi personali. In breve non è stato correttamente esperito il giudizio indiziario.
Inoltre la pena di tre anni di reclusione è incongruamente elevata e gratuitamente punitiva, giacchè enfatizza oltre ogni limite la condizione di militare.
3. Il ricorso è infondato per ciò che attiene all'affermazione di responsabilità. La pronunzia espone che la donna si recò in casa insieme al compagno e ne uscì poco dopo, diretta ad un locale notturno. Fu trovata in possesso di cinque stecche di hashish per complessivi 15 g. In casa fu rinvenuto un bilancino di precisione unitamente ad altro hashish, cocaina ed ecstasy. Pertanto non può razionalmente ritenersi che la donna sia uscita portando con sè tanto stupefacente per consumarlo, visto che avrebbe potuto farlo comodamente in casa. D'altra parte la detenzione del bilancino corroborano l'ipotesi accusatoria. Si tratta di tipici apprezzamenti in fatto immuni da vizi logici e giuridici; e pertanto non sindacabili nella presente sede di legittimità.
3. Il tema della pena dovrà essere rivisitato.
Occorre infatti considerare che la disciplina legale della materia è mutata in senso favorevole all'imputata e che, conseguentemente, il trattamento sanzionatorio è illegale, dovendosi fare applicazione dell'art. 2 c.p..
Infatti, con la sentenza n. 32 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, artt. 4-bis e 4-vicies ter convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, art. 1, comma 1. In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che le norme impugnate, introdotte in sede di conversione del decreto legge, difettino manifestamente di ogni connessione logico-funzionale con le originarie disposizioni del decreto legge, e debbano per tale assorbente ragione ritenersi adottate in carenza dei presupposti per il legittimo esercizio del potere legislativo di conversione ai sensi dell'art. 77 Cost., comma 2.
Rileva, in particolare, che l'art. 4 bis aveva riscritto il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, eliminando la distinzione sul piano sanzionatorio, prevista dalla disciplina previgente, tra le sostanze stupefacenti incluse in differenti tabelle; ed introducendo un trattamento punitivo unitario che si è risolto nella diminuzione delle sanzioni previste per le cosiddette droghe "pesanti" e nell'incremento di quelle previste per le cosiddette droghe "leggere". La caducazione della norma in questione comporta che, come espressamente enunciato dalla Corte costituzionale, tornino a ricevere applicazione il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni caducate. La conseguenza è, per quel che qui interessa, che rivive l'apparato sanzionatorio precedentemente previsto per l'hashish, più lieve di quello in vigore all'epoca del fatto.
A ciò è da aggiungere che nella fattispecie in esame rileva pure rileva il novum normativo introdotto con il D.I. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con la L. 21 febbraio 2014, n. 10. L'innovazione ha riguardato il già evocato l'art. 73, comma 5. Sono stati integralmente confermati gli elementi caratterizzanti che contribuiscono alla individuazione dei fatti di minor gravità, ma la fattispecie è stata trasformata da circostanza attenuante a reato autonomo. Induce con certezza in tale direzione l'apertura del testo normativo che con la formula "salvo che il fatto non costituisca più grave reato" esplicita che si è in presenza di nuova, autonoma incriminazione. Oltre a ciò, la novella ha diminuito l'entità della pena massima. Si tratta di innovazione mossa dall'evidente proposito di sottoporre a trattamento sanzionatorio meno severo illeciti di più lieve entità, da un lato revisionando la pena edittale e dall'altro configurando un distinto reato, così escludendo che il giudizio di bilanciamento tra l'attenuante stessa e circostanze aggravanti, compresa la recidiva, possa frustrare le istanze di minore rigore nei confronti di illeciti di modesta gravità. La norma nuova è dunque per diversi versi più favorevole rispetto a quella previgente e deve trovare applicazione alla fattispecie in esame ai sensi dell'art. 2 c.p..
Infine, la materia è stata innovata, sempre in senso favorevole all'imputato, dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con la L. 16 maggio 2014, n. 79, che ha sostituito il richiamato art. 73, comma 5 ha previsto la sanzione della detenzione da sei mesi a quattro anni e della multa da 1.032 Euro a 10.329 Euro e la loro eventuale sostituzione con la sanzione del lavoro di pubblica utilità.
La questione attiene alla legalità della pena, coinvolge, come si è accennato, l'applicazione dell'art. 2 cod. pen. e va rilevata anche d'ufficio.
Conclusivamente la sentenza reca una sanzione illegale e deve essere conseguentemente annullata con rinvio sul punto; affinchè sia determinata una pena conforme alla più favorevole disciplina sanzionatoria.
PQM
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Genova.
Rigetta il ricorso nel resto.
Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara l'irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputata.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2015
08-02-2015 18:41
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