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Sentenza

Colonnello della finanza usa il veicolo affidatogli dall'amministrazione, anche,...
Colonnello della finanza usa il veicolo affidatogli dall'amministrazione, anche, per il tragitto casa ufficio. Non luogo a procedere del Gup.
SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI ROMA nei confronti di: D.M.N. IL ..... avverso la sentenza n. 142/2013 GUP PRESSO TRIB.MILITARE di ROMA, del 19/03/2015 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO; lotte/sentite le conclusioni del PG Dott.......... Uditi difensori Avv..... RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 19/03/15 il G.u.p. del Tribunale Militare di Roma dichiarava non luogo a procedere nei confronti di D.M. in ordine al delitto di peculato militare continuato e aggravato al medesimo contestato, per insussistenza del fatto. Secondo l'ipotesi accusatoria l'imputato, Colonnello della Guardia di Finanza, in due distinti periodi, corrispondenti alla durata dell'incarico di Comandante Provinciale di Prato ( sett. .- lug..) e, rispettivamente, di La Spezia ( dic. ....- sett. .....), avendo la disponibilità di autovettura "alla persona", cioè legalmente affidatagli per i suoi spostamenti per motivi di servizio nel solo ambito del territorio di competenza, corrispondente a quello provinciale, faceva uso di tale mezzo per coprire il tragitto casa-ufficio, sebbene la propria abitazione fosse situata a Lucca ( o Camaiore ), cioè al di fuori del suddetto territorio - nel quale avrebbe potuto fruire di un alloggio di servizio cui rinunciava - e a circa una cinquantina di chilometri dalla sede istituzionale di turno, così appropriandosi del relativo carburante e arrecando un danno complessivo all'Amministrazione Militare, anche per l'usura dei veicoli e per l'impiego del personale autista, di importo non inferiore a d)1 circa 66.000 euro. Il G.u.p., premette che il fatto materiale contestato è incontroverso, in quanto non solo provato dalla vasta documentazione relativa agli spostamenti dell'autovettura di volta in volta adibita al trasporto dell'imputato nei due periodi in contestazione, che consente di ricostruirne in maniera inequivoca i tragitti, ma anche in quanto non posto in discussione dalla difesa. Successivamente si occupa di confrontare le argomentazioni accusatorie con quelle difensive. Secondo le prime, l'imputato, sebbene avesse avuto legittimamente in assegnazione un'autovettura alla persona ( in quanto Comandante provinciale ), in base alla normativa in materia non avrebbe potuto utilizzarla al di fuori della propria zona di competenza (corrispondente con riguardo al primo periodo alla provincia di Prato e con riguardo al secondo periodo alla provincia di La Spezia ), tanto più che gli erano stati offerti in entrambe le province alloggi di servizio da lui rifiutati. A fronte di dette argomentazioni, la difesa, fa leva su tre elementi a favore del suo assistito : a) lo stesso sarebbe stato autorizzato dai diretti superiori dell'epoca, i rispettivi Comandanti regionali, all'utilizzo della vettura extra districtum, per motivi di sicurezza personale, attesa la sua incisiva attività di contrasto della criminalità; b) l'utilizzo del veicolo al di fuori del territorio provinciale sarebbe, altresì, giustificato anche dagli incarichi istituzionali collaterali a quello di Comandante provinciale; c) la non utilizzazione degli alloggi di servizio sarebbe dovuta, in un caso, per permettere al precedente Comandante di liberarlo in tempi ragionevoli, e, nell'altro, per un'inagibilità temporanea. Tanto premesso, il Giudice a quo, considera, da un lato, l'irrilevanza, ai fini della configurazione nella specie del peculato, del rifiuto o meno della utilizzazione degli alloggi di servizio, e , dall'altro, l'inconferenza della circostanza degli incarichi istituzionali alla luce della contestazione che fa riferimento ai soli tragitti casa-ufficio, e ritiene non provata l'autorizzazione dei diretti superiori dell'imputato all'esito dell'escussione dei medesimi alla stessa udienza preliminare ( avendo il Generale T. recisamente negato di aver ricevuto una richiesta in tal senso dall'imputato, non senza evidenziare l'illegittimità di un'autorizzazione all'uso del veicolo extra districtum, ed avendo il Generale Z. reso dichiarazioni incerte, riferendo poi nella nota per atti a sua firma di un'autorizzazione con rirnessione all'autorizzato della determinazione del contenuto dell'atto, di alcune "segnalazioni informali" al Comando Provinciale per la sicurezza e via dicendo ). Concludendo il G.u.p. che né la tesi accusatoria né le argomentazioni difensive sopra riportate siano condivisibili e che la soluzione ("cursoriamente prospettata dalla stessa difesa dell'imputato, la quale tuttavia, ha successivamente preferito insistere sulla tesi della assoluta correttezza del suo operato"), di "carattere esclusivamente interpretativo-applicativo", da rendere superfluo uno sviluppo dibattimentale, vada individuata nei principi della sentenza della Cassazione n.27007/03 (Rv.225760). Osserva, invero, il giudice a quo, che detta sentenza affronta un caso del tutto simile a quello in giudizio, cioè di un Presidente di Tribunale che, avendo avuto in assegnazione un'autovettura alla persona da utilizzare per motivi di servizio nel solo ambito del territorio comunale, l'aveva utilizzata sì per gli spostamenti casa-ufficio, ma senza curarsi del fatto che la propria abitazione ricadeva al di fuori del suddetto territorio. E lo risolve, considerata l'utilizzazione del veicolo "ad esclusivo uso di ufficio, ancorché in termini non ortodossi quanto a conformità alle disposizioni regolamentari della materia de qua", nel senso di escludere la  "configurabilità della appropriazione, quale elemento materiale integrante il reato di peculato" , per essere "il bene oggetto della asserita appropriazione...rimasto, per contro, nell'ambito della sua normale destinazione giuridica, ossia è rimasto, in termini sostanziali e di funzionalità, nella sfera di possesso della P.A....". Pertanto, secondo il giudice dell'udienza preliminare, avendo il D. ricevuto in assegnazione ( conformemente alla circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 206586 del 23.6.94 ), in quanto Colonnello con incarichi di comando, un'autovettura per gli spostamenti istituzionali, e avendola utilizzata in violazione dei limiti territoriali di detti spostamenti, legati all'ambito di competenza funzionale, stabiliti dalla summenzionata circolare, senza dubbio l'ha utilizzata in modo formalmente illegittimo, ma sostanzialmente congruente con le finalità istituzionali per le quali il bene gli veniva assegnato. Con la conseguenza che non può ritenersi integrata, per il Giudice a quo, l'interversio possessionis in cui riposa l'essenza della condotta di peculato, residuando unicamente una responsabilità contabile. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale Militare presso la Corte Militare di Appello, lamentando violazione di legge e vizi di motivazione. Ci si duole, innanzitutto, che il G.u.p. del Tribunale Militare non si sia limitato a formulare una diagnosi di sostenibilità dell'accusa, ma, travalicando i limiti valutativi di cui all'art.425 cod. proc. pen., sia entrato nel merito, fissando l'ambito normativo di riferimento, giudicando la condotta del Defila in relazione allo stesso e, ciò nonostante, in modo del tutto illogico e contraddittorio, mandando assolto il prevenuto considerata congrua la sua condotta alle "finalità istituzionali" sulla base di una sentenza, non solo concernente un'ipotesi di ben inferiore disvalore rispetto a ingiustificati consumi di carburante per oltre 65 mila euro, ma superata, altresì, da varie altre in senso contrario ( ad esempio la n.19547 del 04/04/12, sempre della Sez.6, che censura le argomentazioni della sentenza del 2003 ). Ritenendo, invece, il Procuratore Generale Militare che la spregiudicata condotta del prevenuto abbia contraddetto le finalità istituzionali, pretendendo di ricondurre alle "funzioni di comando" un quotidiano servizio di tassinaggio da provincia a provincia, se non da regione a regione, che determinava, oltre ad un uso non consentito del veicolo di servizio, un'appropriazione del carburante ed una distrazione di risorse umane. Proprio perché - applicando i 3 principi della pronuncia di legittimità appena menzionata - non è dimostrato che per le singole utilizzazioni contestate l'uso del mezzo pubblico fosse funzionale a specifiche esigenze di servizio. Pertanto, considerando integrato il fumus boni iuris del reato previsto e punito dall'art.215 c.p.m.p. e comunque di un reato che il dibattimento avrebbe potuto e dovuto vagliare con cognizione piena, il ricorrente chiede l'annullamento della sentenza impugnata perché un diverso giudice proceda nuovamente alla celebrazione dell'udienza preliminare in relazione ai fatti contestati. 3. Il difensore ha presentato memoria, nella quale chiede il rigetto del ricorso. In primo luogo giustifica l'operato processuale del giudice di prime cure, che avendo avuto piena cognitio sulle questioni giuridiche prospettate dalle parti, correttamente, non ritenendo integrati gli estremi del delitto di peculato, ha emesso sentenza di non luogo a procedere. In secondo luogo, evidenzia, per rispondere ad un rilievo del ricorrente che parla di uso indiscriminato delle autovetture di servizio, come l'assegnazione dell'autovettura ad personam non sia collegabile ad una targa, ma ad un servizio; come nel caso di specie l'assegnazione fosse legittima in quanto consentita, in assenza di DPCM previsto dalla L. 412/91, dalla circolare del Corpo della Guardia di Finanza; come, alla luce anche dell'interpretazione fornita da una serie di DPCM, gli accompagnamenti dal e al luogo di lavoro del titolare vadano intesi esigenza di servizio di quest'ultimo; come nella specie, anche alla luce della recente sentenza n.46061 del 17.9.2014, Rv.260818, vada escluso l'elemento materiale del peculato, rimanendo, comunque, l'auto "nell'ambito della sua normale destinazione giuridica, e cioè nella sfera della Pubblica Amministrazione"; come, infine, sia da escludere anche l'elemento soggettivo del reato, non avendo il Defila mai inteso sottrarre l'autovettura alla funzionalità dell'Ufficio e compiere alcun illecito, tanto da rendicontare puntigliosamente tutti gli spostamenti dell'autovettura di servizio. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto, invero, alla prima doglianza del ricorrente, relativa all'avere il G.u.p. travalicato i limiti valutativi di cui all'art. 425 cod. proc. pen. entrando nel merito, si osserva che il fatto materiale contestato al 4 Defila, dell'utilizzo del veicolo per gli spostamenti casa-ufficio fuori del territorio di competenza del proprio ufficio, come premesso dallo stesso Giudice e riportato in punto di fatto, era incontroverso in quanto non solo ampiamente documentato, ma, altresì, non posto in discussione dalla difesa. E vedendosi, pertanto, su una questione di "carattere esclusivamente interpretativo-applicativo", da rendere superfluo uno sviluppo dibattimentale ( si veda Sez. 4, n. 46403 del 28/10/2008 - dep. 17/12/2008, P.M. in proc. Mior e altri, Rv. 242170, secondo cui, la sentenza di non luogo a procedere è emessa, oltre che nei casi in cui "il quadro probatorio sia insufficiente o contraddittorio", o, ancora, non vi siano "elementi sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio, secondo una valutazione prognostica sulla potenzialità espansiva, nel futuro dibattimento, degli elementi di prova disponibili", anche "quando si è in presenza di una situazione probatoria pacifica" ), correttamente la ha risolta in udienza preliminare. Ed altrettanto correttamente, non ravvisando nel fatto materiale pacifico sottoposto alla sua cognizione gli estremi del delitto di peculato, ha emesso sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto. 3. Quanto all'ulteriore profilo del ricorso del Procuratore Generale Militare, secondo cui nella specie ricorrerebbe il fumus boni iuris del peculato militare o comunque di un reato che il dibattimento avrebbe potuto e dovuto vagliare con cognizione piena, si osserva che il G.u.p. del Tribunale Militare di Roma ha fatto corretto uso della norma di cui all'art.215 c.p.m.p., alla luce dell'interpretazione giurisprudenziale richiamata dalla sentenza impugnata, adeguatamente e logicamente rapportata al caso di specie. Sottraendosi, pertanto, alle censure di questa Corte anche in relazione all'apparato motivazionale ( avendo il ricorrente lamentato, altresì, il vizio di motivazione ). Invero, la pronuncia riportata dalla sentenza di non luogo a procedere - Sez. 6, n.27007 del 13/05/2003, Rv.225760 - pienamente condivisa da questa Corte, che non intende discostarsene, evidenzia come "la motivata e comprovata utilizzazione delle vetture di servizio ad esclusivo uso di ufficio, ancorché in termini non ortodossi quanto a conformità alle disposizioni regolamentari della materia de qua" escluda "la configurabilità della appropriazione, quale elemento materiale integrante il reato di peculato, ove, come nella specie, difetti l' "interversio possesionis", attraverso un comprovato "animus rem sibi abendi" da parte del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, in 5 relazione alla cosa mobile altrui di cui abbia il possesso o la disponibilità per ragioni del suo ufficio o servizio". La stessa pronuncia evidenzia come ricorrano le ragioni di ufficio nell'ipotesi di accompagnamento casa- ufficio, "nel contesto delle intuibili, opportune e necessarie esigenze di servizio perché il funzionamento dell'Ufficio possa essere utilmente, tempestivamente e concretamente assicurato". Ed inoltre che, nonostante l'uso dell'autovettura di servizio per detti accompagnamenti fuori del territorio di competenza, che acquisterebbe al più rilievo in altra e competente sede, "il bene oggetto della asserita appropriazione è sempre rimasto, per contro, nell'ambito della sua normale destinazione giuridica, ossia è rimasto, in termini sostanziali e di funzionalità, nella sfera di possesso della P.A." (diversamente dalle ipotesi in cui "risulti comprovato l'uso, sia pur in via parziale e, comunque, temporalmente e giuridicamente apprezzabile, per mere ragioni personali di carattere privato"). E nello stesso senso sono le pronunce più recenti di questa Corte (mentre la sentenza della Sez. 6, n.19457 del 04/04/12, richiamata nel ricorso, non è pertinente, concernendo ipotesi diverse dall'assegnazione ad personam dell'autovettura di servizio). Si veda Sez. 6, n. 46061 del 17/09/2014, P.M. in proc. Caropreso e altro, Rv. 260818, che esclude la configurabilità della appropriazione, quale elemento materiale integrante il reato di peculato, nell'uso da parte del pubblico ufficiale della vettura di servizio per il compimento del tragitto casa-ufficio - distinguendo detto uso dall'utilizzo dell'auto per motivi personali e privati - in quanto "il bene di cui il pubblico ufficiale ha la disponibilità per ragioni del suo ufficio rimane, comunque, nell'ambito della sua normale destinazione giuridica, e cioè nella sfera della Pubblica Amministrazione". 4. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma il 25 gennaio 2016.
Avv. Antonino Sugamele

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