Colonnello usa banda musicale dell'esercito senza autorizzazione preventiva: non è peculato militare, ma il generale aveva detto no quindi ravvisabile il reato di disobbedienza.
Corte di cassazione – Sezione I penale – Sentenza 26 ottobre 2016 n. 45187
Colonnello usa la banda militare senza la preventiva autorizzazione: non è peculato militare. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 26 ottobre 2016 n. 45187, rigettando, sotto questo profilo, il ricorso del Pm, ed affermando che il reato non scatta in quanto le «energie lavorative» non rientrano tra i beni suscettibili di appropriazione.
In primo grado il Gup del Tribunale Militare di Roma aveva già dichiarato il non luogo a procedere perché mancavano i «presupposti oggettivi e soggettivi» del reato con riferimento alla «supposta appropriazione dei mezzi e delle energie lavorative della banda musicale di reparto», a cui il colonnello dell
In primo grado il Gup del Tribunale Militare di Roma aveva già dichiarato il non luogo a procedere perché mancavano i «presupposti oggettivi e soggettivi» del reato con riferimento alla «supposta appropriazione dei mezzi e delle energie lavorative della banda musicale di reparto», a cui il colonnello dell'esercito e capo di Stato maggiore, avrebbe ordinato di svolgere un intervento, non autorizzato, presso l'istituto Divina provvidenza di Roma. Per il Tribunale, infatti,
non è possibile configurare il delitto di peculato militare «in relazione alle energie lavorative, poiché l'energia, in cui si risolve l'attività umana non risulta suscettibile di appropriazione, in guisa da integrare il delitto di peculato». Contro questa decisione è scattato il ricorso del Pubblico ministero secondo cui, invece, la contestazione del reato era relativa «oltre che alle energie, ai mezzi (strumenti e veicoli) della Banda musicale».
Una motivazione quest'ultima non condivisa dalla Suprema corte secondo cui «non integra il delitto di peculato la condotta del pubblico ufficiale che utilizzi arbitrariamente a proprio beneficio l'attività lavorativa prestata dal sottoposto, atteso che l'energia umana, non essendo cosa mobile, non è suscettibile di appropriazione». «Né - prosegue la sentenza - vale dedurre che la condotta penalmente rilevante consterebbe anche dell'appropriazione dei mezzi e degli strumenti musicali utilizzati dalla banda». Infatti, i mezzi e gli strumenti musicali, benché cose mobili, «non risultano in diretta connessione con la condotta del pubblico ufficiale», non integrando «l'oggetto materiale dell'appropriazione che contraddistingue il fatto-reato», previsto dall'articolo 215 del codice penale militare di pace. Rientrando, semmai, nella categoria degli «accessori necessari per l'esercizio della prestazione lavorativa».
Per i giudici di legittimità è invece fondata l'imputazione relativa al delitto di disobbedienza considerato che, nonostante l'esplicito diniego da parte del generale, il colonnello aveva comunque inoltrato alle competenti autorità la richiesta «postuma» di utilizzo delle banda. Infatti, nella logica che caratterizza il rapporto gerarchico e militare, «improntato a rigore formale», la “mancata autorizzazione” equivale ad un vero e proprio «divieto del comportamento non autorizzato». Per cui, eccetto i casi eccezionali, relativi ad ordini manifestamente illegittimi, «non è permesso all'inferiore in grado di discostarsi da quanto “ordinatogli” con la mancata autorizzazione». Da qui il rinvio di questo capo di imputazione al Gup del Tribunale militare di Roma.
27-10-2016 23:05
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