Nella domanda di partecipazione ad un concorso della Marina Militare attesta falsamente di non avere procedimenti penali pendenti. Condannato.
Cassazione penale, sez. V, 13/10/2011, (ud. 13/10/2011, dep.17/01/2012), n. 1778
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATO Alfonso - Presidente -
Dott. OLDI Paolo - Consigliere -
Dott. SCALERA Vito - Consigliere -
Dott. DE BERARDINIS Silva - rel. Consigliere -
Dott. SAVANI Pietro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
S.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 78/2009 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
27/10/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/10/2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CEDRANGOLO Oscar,
che ha concluso per l'annullamento con rinvio.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27-10-2010 la Corte di Appello di Trieste confermava nei confronti di S.A. la sentenza emessa dal Tribunale di Gorizia in data 13-1 l-2008, con la quale il suddetto imputato era stato condannato quale responsabile del reato di cui all'art. 483 c.p. alla pena di mesi due di reclusione,previa concessione delle attenuanti generiche, pena convertita nella sanzione pecuniaria di Euro 2280, con i benefici di legge.
All'imputato si addebitava di avere falsamente attestato all'Ufficio circondariale marittimo di Grado, nell'istanza di partecipazione ad un concorso pubblico per volontari di truppa della Marina militare e Capitanerie di porto - di non avere procedimenti penali pendenti,quando al predetto risultava essere stato notificato decreto penale di condanna avverso il quale era stata proposta dall'interessato opposizione,a seguito della quale il Giudice aveva fissato l'udienza per il 3-11-2004.
Avverso detta sentenza veniva proposto ricorso per cassazione dal difensore, deducendo:
1 - l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 483 c.p. e del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76 e - 2 la mancanza di motivazione al riguardo.
Evidenziava la difesa che secondo giurisprudenza,la semplice iscrizione del soggetto nel registro degli indagati non produce l'assunzione della qualità di imputato.
Pertanto sarebbe stata esclusa detta qualifica per il S., essendo peraltro diverso il concetto di pendenza di un procedimento penale dalla situazione di chi sia stato sottoposto a processo penale, onde la difesa rilevava che erano carenti i presupposti per ritenere applicabile l'art. 483 c.p., per il quale mancava anche l'elemento soggettivo del reato.
3 - Deduceva altresì la inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 483 c.p. in riferimento alla ipotesi di soggetto che aveva riportato una condanna per decreto penale;
4 - inoltre rilevava la carenza di motivazione sul punto evidenziando che la materia è di difficile comprensione per un comune cittadino e che l'imputato non avrebbe compreso il significato del meccanismo processuale instauratosi a seguito della opposizione al decreto di condanna.
5 - Deduceva altresì la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ritenendo erronea la citazione della giurisprudenza richiamata dalla Corte ritenendola applicabile al caso di specie.
6 - Rilevava altresì la erronea applicazione della norma penale, ritenendo configurabile l'ipotesi del falso innocuo.
Censurava in tal senso la sentenza in cui si era negata l'ipotesi prospettata avendo il giudice asserito che non rilevava la circostanza che l'imputato avesse comunque i requisiti per essere ammesso al concorso,ed evidenziava contraddittorietà della motivazione.
A sostegno del motivo citava il contenuto del bando di concorso,ove veniva menzionato tra i requisiti dei candidati quello di non aver riportato condanne per delitti non colposi,onde sarebbe stata esclusa la pendenza di procedimenti penali.
Infine rilevava l'erronea applicazione dell'art. 483 c.p. per difetto di dolo e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Diritto
OSSERVA IN DIRITTO
Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.
Va evidenziata la sussistenza della ipotesi di reato,ben descritta sia dal giudice di primo grado che dalla Corte territoriale,che si è opportunamente richiamata alla giurisprudenza di legittimità.
La tesi difensiva, illustrata con i motivi inerenti alla carenza degli elementi costitutivi del reato, risulta adeguatamente confutata dai giudici di merito ed i motivi di ricorso si rivelano al riguardo meramente ripetitivi delle questioni sottoposte ai Giudici di impugnazione, senza addurre alcun dato oggettivo idoneo ad inficiare il quadro accusatorio.
Restano del tutto infondate peraltro - al cospetto delle esaurienti e logiche argomentazioni delle sentenza di primo e secondo grado - le deduzioni con le quali si evidenzia il contenuto del bando di concorso, essendo nella specie elemento certo sia l'esistenza di una condanna penale sia la consapevolezza dell'imputato di rendere al riguardo la falsa attestazione.
Sull'argomento vale citare giurisprudenza di questa Corte - Sez. 5, del 18-6-2009, n. 25469-Spagnolli-RV243897 - ove si stabilisce che "E' configurabile il reato di cui all'art. 483 c.p. per la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, attesti falsamente di non avere subito condanne penali considerato che, in tal caso, la dichiarazione del privato viene equiparata ad un atto pubblico destinato a provare la verità dello specifico contenuto della dichiarazione, ivi compresa l'inesistenza di condanne in capo al dichiarante".
Tale principio esclude dunque il fondamento della tesi relativa al falso innocuo,ed evidenzia come sia corretta l'applicazione dell'art. 483 c.p. nel caso di specie, in riferimento al quale non assume rilevanza,ai fini della esclusione dell'elemento psicologico del reato, la distinzione tra condanna per decreto ed altre condanne, avendo l'imputato la consapevolezza di avere un procedimento penale a proprio carico,pendente al momento della falsa attestazione.
La sentenza impugnata si rivela pertanto esente dai richiamati vizi di legittimità,essendo specificamente e adeguatamente motivata su tutti i punti sottoposti dalla difesa alla verifica del giudice di appello, anche in riferimento all'applicazione del D.Lgs. n. 445 del 2000, art. 76.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo grado.
PQM
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2012
25-04-2016 17:45
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