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Sentenza

Sottocapo di 1^ classe della Marina Militare responsabile di furto militare aggr...
Sottocapo di 1^ classe della Marina Militare responsabile di furto militare aggravato, per essersi appropriato di 21 litri di gasolio in uso all'unità navale da cui dipendeva, sottraendoli alla predetta unità, nonchè della somma di Euro 70, di una chiavetta USB e di svariate cialde di caffè, sottraendole dall'armadietto del collega.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VECCHIO Massimo - Presidente -
Dott. DI TOMASSI Maria Stefani - Consigliere -
Dott. SARACENO Rosa Ann - rel. Consigliere -
Dott. MANCUSO Luigi Fabrizi - Consigliere -
Dott. MINCHELLA Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T.S., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 10/2015 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA del 07/07/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/03/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA ANNA SARACENO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FLAMINI Luigi Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore avv. Balestrieri Luca, che ha insistito per l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 17 settembre 2014, il G.u.p. del Tribunale militare di Napoli, all'esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, ha dichiarato T.S., sottocapo di 1^ classe della Marina Militare, responsabile dei reati di furto militare aggravato, contestati ai sensi dell'art. 47 c.p.m.p., n. 2 e art. 230 c.p.m.p., per essersi appropriato di 21 litri di gasolio in uso alla (OMISSIS), sottraendoli alla predetta unità navale (capo a) nonchè della somma di Euro 70, di una chiavetta USB e di svariate cialde di caffè, sottraendole dall'armadietto del collega sottocapo M.M., L.A. (capo b), e l'ha condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulla contestata aggravante del grado, con la continuazione ed operata la riduzione per il rito, alla pena (sospesa) di mesi cinque e giorni dieci di reclusione militare.
2. Con sentenza del 7 luglio 2015, la Corte militare di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che ha confermato nel resto, ha assolto l'imputato dal capo b) di rubrica per non aver commesso il fatto e, per l'effetto, ha ridotto la pena inflitta a mesi quattro di reclusione militare.
3. Per quanto serba rilievo ai fini della presente decisione, i giudici di merito sono pervenuti all'affermazione della responsabilità dell'imputato sulla base a) del rinvenimento, a seguito di perquisizione, nel possesso del T. di bottiglie di plastica contenenti carburante navale per un totale di circa 21 litri; b) delle dichiarazioni dell'imputato che ha ammesso di aver sottratto il carburante dalla dotazione della nave su cui era imbarcato, precisando però che trattavasi di carburante di scarto, c.d. morchia; c) della consulenza tecnica disposta dal Pubblico ministero, all'esito della quale è rimasto accertato che il carburante rinvenuto nella disponibilità del T. presentava tutte le caratteristiche tecniche del carburante navale, era limpido e privo di sostanze estranee, affatto diverso dalla c.d. morchia, caratterizzata da una massiccia componente di altri liquidi che ne fanno assumere il classico colore torbido.
La versione dell'imputato, che aveva sostenuto, nel suo interrogatorio, di essersi impossessato di materiale di scarto e di nullo valore economico, non impiegabile per il rifornimento di autoveicoli, a causa della pessima qualità, ma utilizzabile ed effettivamente utilizzato solo per lubrificare o sgrassare utensili meccanici, era contrastata dagli esiti inequivoci dell'accertamento tecnico.
Tali emergenze hanno consentito di ritenere integrata la condotta tipica del reato contestato e dimostrata la sussistenza del corrispondente elemento soggettivo.
3.1 La Corte di appello, rispondendo ai rilievi censori, ha aggiunto che l'inverosimiglianza dell'assunto difensivo era vieppiù resa manifesta dalla copiosa quantità di carburante rinvenuta nel possesso dell'imputato; dalla circostanza che diversi contenitori si trovavano nella sua autovettura sicchè, per dar credito alla narrazione resa, occorreva ipotizzare che il T., nell'interesse del servizio, allontanasse dalla nave anche i materiali da lubrificare per sbrigare altrove tale incombenza; dalla ulteriore circostanza che il carburante era stato riposto in varie bottiglie da acqua minerale, collocazione non necessaria se esso fosse stato destinato all'uso sostenuto e, viceversa, idonea ad un più agevole trasporto del materiale e al rifornimento dei serbatoi di veicoli o di altri macchinari a motore.
Ribadiva, infine, la correttezza della qualificazione giuridica del fatto come furto militare, sussistendo anche l'elemento oggettivo del danno in capo all'Amministrazione militare, tenuto conto della destinazione d'uso apprezzabile del bene sottratto.
4. Ricorre per cassazione T.S., per il tramite del difensore di fiducia, avv. Luca Balestrieri, articolando tre motivi.
4.1 Con il primo motivo deduce violazione della regola di giudizio dell'"oltre il ragionevole dubbio" e violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all'affermazione della sua responsabilità per la ritenuta appropriazione di un bene destinato alla distruzione o allo smaltimento, in quanto tale inidoneo al conseguimento di un profitto nonchè in merito alla valutazione degli esiti della consulenza tecnica. Secondo il ricorrente, che contesta le ragioni addotte dalla Corte per smentire la tesi difensiva, i lacunosi dati probatori non rimuovono il dubbio sulla ricorrenza degli estremi della fattispecie delittuosa dedotta in contestazione. Non è stata raggiunta alcuna certezza sulla natura di carburante del liquido oggetto della ritenuta sottrazione; la consulenza tecnica non ne ha precisato qualità e destinazione. Le insoddisfacenti risposte sul punto non appaiono idonee a smentire l'assunto sostenuto dall'imputato circa la natura di materiale di scarto del presunto combustibile, oggettivamente destinato alla distruzione e, in quanto tale, insuscettibile di furto.
4.2 Con un secondo motivo si duole della mancata applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 131 bis c.p., rientrando il reato contestato nel novero delle figure per le quali essa opera, sussistendo il requisito della tenuità dell'offesa correlato al limitato danno (ipotetico) di poche decine di euro ed essendo intervenuta la restituzione integrale del bene asseritamente sottratto.
4.3 Con un terzo motivo il ricorrente denunzia erronea applicazione di legge con riferimento alla mancata riqualificazione del fatto, ai sensi dell'art. 166 c.p.m.p., nel reato di ritenzione di effetti militari, essendosi l'imputato limitato a trattenere una parte della morchia, di cui aveva la disponibilità in ragione del servizio svolto, nella convinzione che il materiale fosse destinato allo smaltimento. 

Motivi della decisione

Il ricorso non merita accoglimento.
1. L'infondatezza delle censure mosse con il primo e terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminate, consegue al rilievo che la valutazione organica delle risultanze processuali, che si contesta, è stata correttamente ed esaustivamente condotta dalla Corte di merito, secondo un iter logico che, sviluppatosi in stretta ed essenziale correlazione con il richiamato e condiviso sviluppo decisionale della sentenza di primo grado, ha fornito, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, una persuasiva ricostruzione dei dati fattuali concernenti la vicenda, dando conto delle linee interpretative seguite e rappresentando le ragioni significative della decisione adottata a fronte del compiuto vaglio delle deduzioni e obiezioni difensive fatte oggetto dei motivi di appello.
La Corte, infatti, non ha pretermesso, ma ha proceduto proprio dall'analisi preliminare della tesi difensiva, della quale è stata semplicemente rimarcata l'intrinseca inconsistenza, oltre che il patente contrasto con le evidenze probatorie.
Il ricorrente insiste nel riproporre l'assunto difensivo, ineccepibilmente disatteso dalla decisione impugnata, adombrando l'utilizzo in sentenza e la rappresentazione in motivazione di un'informazione probatoria diversa da quella effettivamente acquisita. Oppone, in particolare - senza peraltro nemmeno soddisfare il requisito dell'autosufficienza del ricorso, non avendo allegato la richiamata relazione tecnica nè avendone trascritto il suo effettivo contenuto, soltanto evocato in termini assertivi - che dalla consulenza non è dato ritrarre alcunchè nè sulla qualità del liquido esaminato, nè sulla sua conseguente destinazione.
Con tale assiomatica affermazione mostra, però, di non confrontarsi con il chiaro esito degli accertamenti, espressamente richiamati dai giudici di merito e semplicemente ignorati nel ricorso, alla stregua dei quali il consulente, dott. C.S., ha evidenziato che "il liquido sequestrato è analogo al combustibile navale in uso alla marina militare" (p. 8 della sentenza impugnata), e che le caratteristiche riscontrate (limpidezza e assenza di sostanze estranee) escludono in radice la sua assimilabilità al gasolio di scarto o morchia.
1.2 Tanto basta, riducendosi la critica ad una insistita declamazione della natura di materiale di scarto del combustile rinvenuto nella disponibilità del T., a palesare l'infondatezza delle censure difensive che in sovrapposizione argomentativa al ragionamento probatorio svolto, ancorato alle ragionate risultanze delle emergenze disponibili, oppongono apodittiche deduzioni di dissenso quanto alla completezza e coerenza delle ragioni della decisione e della logicità del discorso giustificativo che la sorregge e tendono ad impegnare questa Corte in una non consentita revisione delle corrette e congruenti valutazioni svolte e delle conclusioni raggiunte dai Giudici di merito.
2. Priva di pregio è pure la richiesta difensiva di riqualificazione del fatto ascritto nella ipotesi di cui all'art. 166 c.p.m.p. che, come noto, è diretta a reprimere la distrazione di beni di qualsiasi genere destinati a servizio delle forze   armate , sanzionando "chiunque acquista o per qualsiasi titolo ritiene oggetti di vestiario, equipaggiamento o armamento militare o altre cose destinate a uso militare" non regolarmente dismesse, ed è posta a tutela, non già del patrimonio, ma dell'efficienza delle  forze   armate e dell'integrità delle loro dotazioni.
Tranciante, al riguardo, è la considerazione che la ritenzione presuppone una traditio con obbligo di restituzione, che non ricorre nel caso in esame, essendo evidente il difetto da parte dell'imputato dell'autonoma disponibilità della res, prodromica al suo illegittimo trattenimento. Tanto esaurisce ogni questione in ordine alla qualificazione della condotta, correttamente sussunta dai giudici di merito sotto la ipotesi delittuosa ritenuta.
3. Nè, infine, può avere seguito la richiesta di applicazione dell'art. 131 bis c.p..
Assume rilievo dirimente che la relativa richiesta che poteva essere introdotta in sede di appello, e non lo è stata, pur essendo nelle more della sua celebrazione entrato in vigore il D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 che ha introdotto l'evocato art. 131 bis c.p., è rimasta estranea al theme decidendum nel giudizio di merito e non è recuperabile ai sensi dell'art. 609 c.p.p., comma 2, trattandosi di questione di merito, non scrutinabile in sede di legittimità.
4. Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2016
Avv. Antonino Sugamele

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