Sottufficiale della Guardia di Finanza, condannato per truffa militare.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25/01/2016) 15-07-2016, n. 30245
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VECCHIO Massimo - Presidente -
Dott. BONITO Francesco M.S. - Consigliere -
Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere -
Dott. TALERICO Palma - Consigliere -
Dott. DI GIURO Gaetano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.V., N. IL (OMISSIS);
avverso l' ordinanza n. 7/2015 TRIBUNALE MILITARE di NAPOLI, del 01/04/2015;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO;
lette le conclusioni del PG Dott. Flamini L.M., che ha chiesto di dichiararsi inammissibile il ricorso con le conseguenze di legge.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 01/04/15, depositata il 15/04/15, il Tribunale Militare di Napoli, in accoglimento della richiesta avanzata dal Pubblico Ministero Militare, rettificava la propria sentenza n. 25 del 19/06/09, irrevocabile il 09/05/14, disponendo a carico di C.V., Sottufficiale della Guardia di Finanza, condannato per truffa militare, di cui all' art. 234 c.p.m.p. , l'applicazione della pena accessoria della rimozione dal grado conseguito.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il C., tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento senza rinvio per violazione dell' art. 234 c.p.m.p. , comma 3, e art. 29 c.p.m.p. , comma 2, del principio di legalita' della pena di cui all' art. 25 Cost. , comma 2, e dell' art. 1 c.p.. Invero, il giudice militare dell'esecuzione a quo, secondo la difesa, ha macroscopicamente errato nel ritenere dell' art. 234 c.p.m.p. , comma 3 in rapporto di specialita' con l' art. 29 c.p.m.p. , comma 2. Il presupposto di una condanna alla reclusione militare "per durata superiore a tre anni", previsto dalla norma in ultimo citata per la rimozione dal grado, varrebbe sempre, anche nel caso di condanna per truffa militare. Diversamente ragionando, secondo il ricorrente, si incorrerebbe in una palese violazione del principio di eguaglianza sancito dall' art. 3 Cost. , in quanto ai condannati per delitti nei quali e' richiamato che la condanna importa la rimozione, detta pena accessoria verrebbe applicata indipendentemente dalla durata della pena principale, mentre ai condannati per delitti nei quali l'applicazione di detta pena accessoria non e' richiamata verrebbe applicata solo se la pena delle reclusione inflitta superi i tre anni. A riprova di cio', evidenzia il difensore che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 258 del 1 giugno 1993, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell' art. 29 c.p.m.p. nella parte in cui prevede che "per gli altri militari" la rimozione consegue alla condanna alla reclusione militare per una durata diversa da quella stabilita "per gli ufficiali e sottufficiali".
3. Il Procuratore Generale Militare presso questa Corte, con requisitoria scritta, rilevata la manifesta infondatezza del ricorso, ha chiesto di dichiararsene l'inammissibilita' con le conseguenze di legge.
Motivi della decisione
1. Il ricorso e' infondato.
Del tutto condivisibili sono le argomentazioni del Procuratore Generale Militare presso questa Corte, che partono dalla stessa analisi testuale dell' art. 29 c.p.m.p. , comma 2, il quale, sancendo che la pena accessoria della rimozione consegue alla condanna superiore a tre anni di reclusione militare "salvo che la legge disponga altrimenti", fa riferimento a disposizioni derogatorie tra cui vanno annoverate le norme incriminatrici di singoli reati militari nelle quali il legislatore abbia stabilito la pena accessoria della rimozione indipendentemente dalla pena inflitta. E quindi, oltre alla truffa militare, reato per il quale venne condannato il C. e per il quale l' art. 234 c.p.m.p. , comma 3, dispone testualmente "La condanna importa la rimozione", anche il reato di omessa esecuzione di un incarico di cui all' art. 117 c.p.m.p. , il reato di peculato militare ai sensi degli artt. 215 e 219 c.p.m.p. , il reato di furto militare ex art. 230 c.p.m.p. , la ricettazione ex art. 237 c.p.m.p. e via dicendo.
Diversamente (ritenendo, quindi, che anche per tali reati valga la regola generale dell'applicazione della pena accessoria della rimozione soltanto in caso di condanna a tre anni di reclusione militare), non si spiegherebbe la riaffermazione dell'applicabilita' di detta pena accessoria in sede di previsione delle sanzioni delle singole fattispecie.
La giurisprudenza di questa Corte e' costante nell'affermare l'obbligatorieta' dell'applicazione della sanzione accessoria in oggetto in relazione ai reati per i quali e' espressamente prevista, indipendentemente dall'entita' della pena inflitta (si vedano Sez. 1, n. 2302 del 15/07/09, nella quale si afferma detta obbligatorieta' anche in ipotesi di condanna per tentativo di furto militare - e non solo per furto militare consumato - e Sez. 1, n. 501 del 30/03/07, nella quale si afferma detta obbligatorieta' con riguardo al reato di peculato militare).
Quanto, poi, al profilo di illegittimita' costituzionale prospettato dal ricorrente, si osserva, infine, che analoga questione e' stata sollevata in ordine all' art. 230 c.p.m.p. , come evidenziato dal Procuratore Generale Militare presso questa Corte, ed e' stata dichiarata manifestamente infondata con sentenza di questa Sezione, n. 8106 del 16/06/86, Rv.173539, sul rilievo che tale disciplina degli effetti del reato militare suddetto - che e' la stessa del reato di truffa militare, identico essendo il tenore letterale dell' art. 230 c.p.m.p. , comma 3 e art. 234 c.p.m.p. , comma 3 - che "prevede la pena accessoria della rimozione quale conseguenza della condanna, indipendentemente dalla connotazione di minima entita' nell'accadimento", non e' irragionevole "in quanto in tale norma si rinvengono preminenti esigenze della vita militare".
2. Al rigetto consegue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del C. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi' deciso in Roma, il 25 gennaio 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2016
30-09-2016 14:40
Richiedi una Consulenza