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Sentenza

Ufficiali superiori e funzionari amministrativi indagati per condotte corruttive...
Ufficiali superiori e funzionari amministrativi indagati per condotte corruttive e/o di turbativa d'asta riguardanti appalti per la ristrutturazione di infrastrutture dell'Esercito Italiano ubicate nella Provincia di Caserta.
Cassazione penale, sez. VI, 22/09/2016, (ud. 22/09/2016, dep.04/10/2016),  n. 41726 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE SESTA PENALE                         
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. PAOLONI   Giacomo       -  Presidente   -                      
Dott. CITTERIO  Carlo         -  Consigliere  -                      
Dott. VILLONI   Orlando  -  rel. Consigliere  -                      
Dott. DE AMICIS Gaetano       -  Consigliere  -                      
Dott. CORBO     Antonio       -  Consigliere  -                      
ha pronunciato la seguente:                                          
                     SENTENZA                                        
sui ricorsi proposti da: 
1)             B.R., n. (OMISSIS); 
2)                    G.C.M.L., n. (OMISSIS); 
avverso l'ordinanza n. 2179-2180/2016 del Tribunale del Riesame di 
Napoli del 10/05/2016; 
esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio 
impugnato; 
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, Dott. O. 
Villoni; 
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., Dott.ssa 
M. G. Fodaroni, che ha concluso per il rigetto; 
udito il difensore dei ricorrenti, avv. Enrico Guidone, che ha 
insistito per l'accoglimento dei ricorsi. 
                 


Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato quella emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 11/04/2016 con cui è stata disposta la custodia cautelare in carcere, fra gli altri, dei coniugi B.R. e G.C.M.L., entrambi provvisoriamente accusati di concorso in corruzione propria (artt. 110, 319 e 319-bis cod. pen., capi /A, E) e turbativa d'asta (artt. 110 e 353 cod. pen., capi C, D, G).

Le misure sono state disposte all'esito di un'indagine che ha messo in luce un consolidato e ramificato sistema corruttivo all'interno del (OMISSIS), coinvolgente alcuni imprenditori, il comandante stesso dell'unità, alcuni ufficiali superiori (il B. è colonnello con l'incarico di responsabile dell'ufficio lavori) e un paio di funzionari amministrativi (tra cui la ricorrente G.), addetti all'espletamento delle gare di appalto ad evidenza pubblica, per quanto emerso dalle indagini sistematicamente alterate.

I fatti accertati risalgono a condotte protrattesi sino al mese di gennaio del 2015; le indagini sono state segnate da indiscrezioni di stampa (gennaio 2016) e dalla circostanza che gli indagati hanno scoperto la presenza di una microspia all'interno di uno degli uffici del reparto (gennaio 2015), fatto che ha impedito la prosecuzione delle operazioni di intercettazione ambientale fin lì condotte di conserva con quelle telefoniche.

Dopo i primi arresti, il panorama indiziario si è, inoltre, arricchito delle ammissioni di almeno uno degli imprenditori coinvolti nel sistema corruttivo ( C.F.) e di altri ufficiali coinvolti nell'indagine ed è sulla base di tali risultanze investigative che si fonda la misura disposta nei confronti degli odierni indagati, come predetto confermata dal Tribunale del Riesame di Napoli.

2. Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso B. e G., con unico atto sottoscritto dal comune difensore di fiducia.

I ricorrenti deducono in primo luogo l'inosservanza delle norme processuali in materia di incompetenza per territorio, osservando come dalla pur articolata narrativa dell'ordinanza cautelare genetica non emerga alcun elemento concreto da cui poter individuare Santa Maria Capua Vetere quale luogo di consumazione della contestata condotta corruttiva, invece di quello corretto di Napoli, ove hanno sede gli uffici del (OMISSIS) e dove si sono svolte tutte le condotte in addebito nonchè le procedure amministrative in ipotesi d'accusa viziate dalle pratiche illegittime.

Quale secondo motivo, deducono mancanza di motivazione in riferimento alle esigenze cautelari, sostenendo di non avere attuato alcun comportamento idoneo ad inquinare le indagini, pur avendo appreso del loro svolgimento da organi di stampa.

Allegano che le indagini si erano già concluse nel novembre del 2014 e che entrambi sono stati già sospesi dal servizio, talchè appare insussistente il pericolo di reiterazione nel reato, peraltro fronteggiabile con la misura gradata degli arresti domiciliari; aggiungono di non essersi nemmeno avvalsi della facoltà di non rispondere, limitandosi semplicemente, nel proprio diritto, a non ammettere gli addebiti; ricordano di non avere partecipato alla riunione in cortile successiva alla scoperta della microspia e rilevano la scarsa incidenza del bigliettino sequestrato in carcere ad altro indagato ai fini delle rispettive posizioni processuali.

I ricorrenti deducono, infine, che altri indagati nell'ambito dello stesso procedimento hanno già fruito dell'attenuazione del regime cautelare, mediante concessione degli arresti domiciliari.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2. La prima questione che esso pone concerne la dedotta incompetenza territoriale dell'Autorità giudiziaria procedente di S. Maria Capua Vetere, in base allo argomento che la sede del (OMISSIS), teatro delle condotte contestate e delle procedure amministrative in ipotesi d'accusa illegittime, è ubicata nella città di Napoli.

La doglianza appare, tuttavia, inammissibile per genericità.

Il difetto di concretezza che i ricorrenti ravvisano tanto nell'ordinanza cautelare genetica quanto in quella impugnata in ordine all'individuazione del locus commissi delicti dei reati provvisoriamente contestati è, infatti, condiviso anche dal motivo di ricorso formulato su tale aspetto.

Costituisce, infatti, principio già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità che in materia cautelare, l'eccezione sull'incompetenza territoriale dell'autorità giudiziaria procedente può essere (come nel caso in esame) sollevata per la prima volta anche con il ricorso per cassazione purchè il ricorrente adempia all'obbligo di specificità nella deduzione dei motivi e non fondi le sue lamentele su elementi di fatto mai introdotti dinanzi al giudice del merito ovvero sui quali sia necessario procedere a valutazioni o ad accertamenti comunque inammissibili nel giudizio di legittimità (Sez. 4, sent. n. 30328 del 21/06/2005, Tavella, Rv. 232027; Sez. 6, sent. n. 25835 del 04/06/2010, Franzè e altri, Rv. 247776; Sez. 6, sent. n. 13096 del 05/03/ 2014, De Santis, Rv. 259505; Sez. 6, sent. n. 2336 del 07/01/2015, Pretner Calore, Rv. 262081).

Nella specie, le imputazioni provvisorie fanno riferimento a condotte corruttive e/o di turbativa d'asta riguardanti appalti per la ristrutturazione di infrastrutture dell'Esercito Italiano ubicate rispettivamente in (OMISSIS) ((OMISSIS), capi A, C) e in (OMISSIS) ((OMISSIS), capi E, G), località della Provincia di Caserta entrambe sicuramente ricadenti nel circondario del Tribunale di S. Maria Capua Vetere.

I ricorrenti sostengono, tuttavia, che la sede del (OMISSIS) trovasi in Napoli, ma non è dato conoscere se ad es. esistano dipendenze del reparto ubicate altrove e soprattutto nessun elemento concreto viene allegato a comprovare che le condotte contestate siano state consumate solo in Napoli o altrove.

Appare dunque evidente che per approfondire tale aspetto - che si rivela decisivo per la delibazione dell'eccezione - questa Corte di Cassazione dovrebbe procedere ad accertamenti del tutto incompatibili con la funzione che l'ordinamento le attribuisce.

3. Infondata è anche la seconda doglianza.

L'esplicitazione delle ragioni del suo rigetto impone una premessa.

Nel panorama interpretativo seguito alla modifica dell'art. 274 c.p.p., lett. c) per effetto della L. 16 aprile 2015, n. 47, si fronteggiano due distinti orientamenti.

Il primo reputa che l'introduzione del requisito dell'attualità, in aggiunta a quello della concretezza, implichi che non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l'imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l'occasione, ma è anche necessario prevedere che all'imputato si presenti effettivamente una occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie (ex plurimis, v. Sez. 6, sent. n. 21350 del 11/05/2016, Ionadi, Rv. 266958; Sez. 6, sent. n. 1406 del 02/12/2015, PM in proc. Rubini, Rv. 265916; Sez. 3, sent. n. 49318 del 27/10/2015, Barone e altro, Rv. 265623; Sez. 2, sent. n. 50343 del 03/12/2015, Capparelli, Rv. 265395).

Il distinto orientamento sostiene, per contro, che il concetto di attualità - che già costituiva prima dell'entrata in vigore della novella un presupposto implicito per l'adozione della misura cautelare - altro non voglia significare che la prognosi di commissione di delitti analoghi debba essere fondata su elementi concreti e non congetturali, rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura, al fine soprattutto di evitare che condotte in ipotesi molto risalenti nel tempo finiscano per essere apprezzate in maniera decontestualizzata rispetto alla situazione corrente (Sez. 6, sent. n. 9894 del 16/02/2016, C., Rv. 266421; Sez. 6, sent. n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante e altri, Rv. 266511).

A prescindere dall'adesione all'uno o all'altro orientamento - ed il Collegio propende per l'insussistenza di una reale modifica sostanziale in materia anche a seguito della novella - resta comunque il nodo costituito dalla rilevanza della sospensione del servizio dell'indagato nei reati contro la Pubblica Amministrazione e dalla sua incidenza ai fini della prognosi di recidiva.

La valutazione demandata a questa Corte di legittimità non può evidentemente che riguardare la tenuta logica della motivazione, posto che nessuna previsione di legge particolare ricollega effetti immediati a tale evenienza e il dato normativo generale appena richiamato non è di per sè suscettibile di indicare una soluzione univoca.

Nella specie, il Tribunale ha ritenuto che l'intervenuta sospensione dal servizio degli indagati e la prossima (dicembre 2016) collocazione in quiescenza del B. non facciano venir meno il rischio di reiterazione di ulteriori condotte illecite, atteso che entrambi risultano inseriti in una solida rete di rapporti opachi intrattenuti con vari imprenditori, situazione concreta e tale da consentire loro, ove non sottoposti a misura custodiale, di reiterare le condotte offensive della stessa categoria di beni protetti dalla norma penale violata.

Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto sussistente anche il pericolo di inquinamento probatorio, connesso proprio all'ampia rete di complicità e collusioni che gli indagati hanno dimostrato di avere tessuto nella vicenda processuale in corso.

Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che le predette statuizioni risultino immuni da vizi di ordine logico.

La prima si colloca, anzi, nel solco dell'orientamento da tempo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui in tema di misure cautelari personali, la valutazione prognostica sfavorevole sul pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per cui si procede non è impedita dal fatto che l'incolpato abbia dismesso l'ufficio o la funzione, nell'esercizio dei quali ha realizzato la condotta criminosa; tale valutazione richiede peraltro la presenza di specifiche circostanze fattuali idonee a comprovare il concreto pericolo che l'agente, svolgendo una diversa attività, non collegata con il ruolo pubblico precedentemente ricoperto, continui a porre in essere ulteriori condotte analoghe (Sez. 6, sent. n. 18770 del 16/04/2014, De Lucchi, Rv. 259685; Sez. 6, sent. n. 19052 del 10/01/2013, De Pietro, Rv. 256223; Sez. 1, sent. n. 33928 del 22/09/2006, Failla, Rv. 234801; Sez. 6, sent. n. 2796 del 04/07/1995, PM in proc. Lo Castro ed altro, Rv. 202638).

La seconda attribuisce rilevanza proprio alla rete di rapporti e collusioni nel tempo instauratasi tra gli indagati, dal momento che, anche a voler prescindere dalla partecipazione di almeno uno dei ricorrenti (la G.) alla riunione allo aperto tenutasi successivamente alla scoperta di una microspia all'interno di un ufficio del reparto, non è affatto illogico ritenere che quelle relazioni influiscano ancora considerevolmente nell'attività di ricerca nella prova, specie a fronte di un intero ambiente lavorativo - professionale pervaso da pratiche corruttive.

4. Infondata, infine, è anche l'ultima doglianza, motivata da un'allegata disparità di trattamento rispetto ad altri indagati nell'ambito dello stesso procedimento.

Premesso che il regime cautelare deve essere sempre personalizzato (ne costituisce espressione il disposto dell'art. 299 c.p.p., commi 3 e 3-ter), non è affatto illogico ritenere che per alcuni indagati sia già intervenuta una presa di distanza dal pervasivo fenomeno corruttivo oggetto d'indagine, manifestantesi nei modi più disparati e in ipotesi anche attraverso un atteggiamento di collaborazione con gli inquirenti in ordine a fatti e situazioni già aliunde emersi nel quadro indiziario, mentre per altri la rescissione della rete di rapporti di complicità e collusione non si sia ancora determinata, giustificandosi, pertanto, il mantenimento della misura custodiale anche nella sua forma più rigorosa.

5. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2016
Avv. Antonino Sugamele

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