C.Maggiore dell'8° RGT Bersaglieri rinchiude la propria fidanzata, anche lei militare - C.maggiore scelto in servizio presso il comando logistico sud reparto Supporti Generali, nel bagagliaio dell'auto. Assolto dal Tribunale Militare di Napoli e condannato dalla Corte di Appello viene giudicato dalla Corte Suprema.
SENTENZA sul ricorso proposto da: T. S. N. IL ...... avverso la sentenza n. 143/2012 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del 11/06/2013 visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. L-Arl LO che ha concluso per .. Udito, per la parte civile, l'Avv .... Ritenuto in fatto 1. Con sentenza della Corte militare d'appello in data 11.6.2013, in riforma della sentenza del Tribunale militare di Napoli in data 12.7.2012 con cui era stato assolto T. S. dal reato di lesioni in danno di N. I., veniva affermata la di lui colpevolezza per detto reato, con conseguente condanna alla pena di mesi cinque di reclusione militare. In primo grado il Tribunale aveva ritenuto che l'accusa mossa al T.- caporale maggiore scelto nell'ottavo reggimento Bersaglieri di Caserta- sulla base della rappresentazione della persona offesa N. .I. -caporal maggiore scelto in servizio presso il comando logistico sud reparto Supporti Generali- non risultava sufficientemente provata, con il che aveva assolto l'imputato per non aver commesso il fatto. In particolare erano stati evidenziati gli aspetti di incongruenza nel narrato della persona offesa quanto all'orario del fatto, al luogo del fatto, all'entità delle lesioni patite, alla causalità degli esiti rilevati sul suo corpo; veniva rilevato che non erano state spiegate congruamente la circostanza rappresentata dalla donna di essere stata costretta ad entrare nel portabagagli dell'auto del T., la ragione degli incontri e dei contatti telefonici successivi alla data del 7 settembre 2009, comprovati sia dai tabulati telefonici che dall'accertamento condotto circa il fatto che i due avrebbero pernottato insieme, nella notte tra il 12 ed il 13 settembre 2009, presso un agriturismo. Il T., dal canto suo, non aveva negato di avere incontrato una sera, non cadente però il 7 settembre 2009, la giovane Nunziata, ma assumeva che in un breve lasso temporale in cui egli dal garage salì all'abitazione la stessa sarebbe entrata nel portabagagli della sua autovettura senza una plausibile giustificazione. I giudici di secondo grado, sull'appello del Pm, e dopo aver risentito la parte offesa, opinavano nel senso che fosse certa la colpevolezza dell'imputato. In primis veniva evidenziato che doveva ritenersi indiscutibile che T. e N., la sera del 7.9.2009, si erano incontrati tra le ore 21,25 e le ore 24, poiché non solo in tale senso deponevano le dichiarazioni di N., ma concorrevano le indicazioni del fratello del T., che aveva confermato di aver visto la giovane, nonchè la testimonianza della guardia medica, R.C., sul fatto che quella sera la Nunziata si presentò per farsi visitare, ancorchè fosse stata poi dirottata al pronto soccorso dell'ospedale ed ancora la testimonianza dei piantoni B. S.e C.M. sul fatto di aver visto rientrare tardi la giovane, oltre il contrappello serale, ed infine la testimonianza di D. C. V. collega della N., a cui la stessa aveva telefonato per chiederle di giustificare il suo ritardo, dovuto ad una lite con il fidanzato. La Corte collocava l'incontro -pacificamente avvenuto- nella fascia oraria suindicata alla luce del fatto che le chiamate tra i due erano terminate alle ore 21,30; riconosceva attendibile il motivo dell'incontro, riconducibile al fatto che N. voleva farsi restituire le chiavi dell'auto che aveva in uso, rimaste all'imputato a seguito di richiesta di soccorso stradale il 5 settembre precedente, circostanza confermata dal teste B.. Veniva poi ritenuto certo che la N. avesse riportato conseguenze fisiche, a seguito dell'incontro pacificamente avvenuto, visto che vi erano referti medici che le attestavano (referto ospedaliero e referto della sanità militare), oltre che la consulenza tecnica; inoltre veniva evidenziato che la N. risultava essersi presentata al medico di guardia della caserma (R.), assumendo di essere stata percossa e che il fratello dell'imputato aveva testimoniato di aver visto la ragazza all'interno del cofano dell'auto del medesimo. In particolare sui referti medici, la Corte aggiungeva che il certificato della dott.sa Foresta in ospedale venne rilasciato prima del controllo radiologico, alla luce di quanto dichiarato dalla N., con prognosi di tre giorni, salvo complicazioni; successivamente, alla N. vennero rilasciati certificati medici dal ten. col.medico Francesco Galdi, di inabilità al lavoro per quindici giorni, per "esiti di trauma contusivi per il corpo da riferita aggressione". Lo stesso consulente tecnico nominato dal Pm -dr. Esposito- aveva concluso rilevando "ecchimosi multiple agli arti inferiori ad un arto superiore ed al torace, nonché conseguente agitazione psicomotoria in soggetto aggredito " con durata di malattia tra i sette ed i dieci giorni. La Corte rilevava poi che nel corso dell'audizione della N. era stata avvertito lo stato di prostrazione ed afflizione psicologica che la stessa dimostrava nel ripercorrere il vissuto, evidenziando come la stessa fin dall'inizio avesse riferito di essere stata aggredita ad opera del fidanzato, cosicchè non trovava giustificazione la formula assolutoria usata di non aver commesso il fatto, non essendo risultato che il fatto potesse essere imputabile ad altri. La Corte affrontava i profili critici della deposizione della parte offesa, su cui aveva puntato il dito la difesa dell'imputato, affermando che la N. aveva parlato di una durata dell'incontro tra le 22 e le 24, durata che non poteva che essere ricollegata all'aggressione subita che intervenne nell'ambito di questi intervallo. Quanto poi al fatto che la N. disse di non essere stata visitata dal dr. R. la Corte rilevava che la donna aveva equivocato, nel senso che il dr. R. effettivamente a seguito di esame sommario la inviò presso il nosocomio proprio perchè risultava essere stata aggredita da terzi, con il che il sanitario menzionato non ebbe a redigere alcun referto, ma potè constatare i segni dell'aggressione. Lo stesso episodio della violenza usata per farla introdurre nel portabagagli dell'auto (fatto confermato dal fratello dell'imputato) venne ricondotto dalla N. al fatto che il T. voleva evitare che ella si recasse a denunciare il fatto presso la vicina stazione dei carabinieri. Venivano poi ritenuti del tutto giustificati i vuoti di memoria su fatti immediatamente precedenti o immediatamente successivi all'episodio cui si ha riguardo, legati allo stress subito; quanto alla notte trascorsa alcuni giorni dopo il fatto presso un agriturismo, ovvero ai frequenti contatti telefonici tra i due, registrati nei giorni successivi al fatto, la Corte riteneva che la N. avesse avuto ritegno, e forse anche vergogna, ad ammettere di avere mantenuto, sia pure per un breve tempo prima della rottura del rapporto in via definitiva, un legame con il T., che fu il suo aggressore. Pertanto non venivano drammatizzati questi aspetti di non limpidezza del racconto, vertenti peraltro su profili non incidenti sul nucleo del fatto in oggetto quanto su accadimenti successivi ritenuti del tutto ininfluenti nella ricostruzione dell'episodio cui si ha riguardo. In conclusione, la Corte opinava nel senso che accedendo alle argomentazioni difensive si sarebbe dovuto concludere che l'unica spiegazione delle lesioni obiettivamente rilevate dai medici, dopo i fatti de quibus, andava individuata nell'autolesionismo finalizzato alla calunnia; ma a tale conclusione, non si poteva comunque pervenire, atteso che le lesioni vennero indicate come da trauma, sia nel referto ospedaliero che dal consulente tecnico. Le lesioni patite venivano poi ritenute perseguibili d'ufficio, poiché risultarono guaribili in un periodo superiore a dieci giorni, atteso che la convalescenza durò fino al 23 settembre, valutate le conseguenze sotto il profilo psicofisico, che non poterono esaurirsi in soli dieci giorni. All'imputato non venivano concesse le circostanze attenuanti generiche, in ragione della sua complessiva condotta processuale e veniva condannato alla pena di mesi cinque di reclusione, con i doppi benefici di legge.
2. Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cassazione l'imputato, personalmente per dedurre:
2.1 violazione dell'art. 192 cod.proc.pen. Si lamenta il T. che il costrutto probatorio abbia fatto leva solo sulle dichiarazioni della persona offesa, senza alcun altro riscontro, tanto più che si versava in una situazione molto particolare, in cui tra imputato e la parte offesa era intercorsa una relazione sentimentale che era terminata per volontà del T. La N.a aveva quindi motivi di acredine con il T., ne sarebbe prova il fatto che mai ebbe a spiegare il motivo della aggressione. E' stato poi evidenziato che nel processo avanti al giudice di pace, la N. aveva rimesso la querela. Veniva rilevato che la Corte d'appello avrebbe omesso di motivare, quanto all'orario del fatto, che egli T. non poteva essere presente presso la sua abitazione alle ore 20,00 poiché a quell'ora terminava il suo turno di lavoro. Veniva aggiunto che sul fatto di essere stata rinchiusa nel portabagagli, la N. offrì diverse versioni e che non era vero che la donna avesse utilizzato il cellulare del T. per chiamare l'amica De. C. V. E' stato ricordato che fu provato che i due avevano soggiornato il 12.9.2009 presso una struttura alberghiera, il che dimostrava che la N. non aveva avuto timore di pernottare insieme al suo aggressore. E' stato poi contestato il fatto che la Corte abbia ritenuto che il dott. R. ebbe a visitare la N., laddove la stessa ebbe a dire di non essere stata visitata ed è stato ribadito che la consulenza tecnica non poteva avere valore, in quanto il consulente non visitò la N., ma redasse l'elaborato alla luce delle indicazioni degli altri sanitari, quali il dr. R.. L'unica certificazione agli atti è quella della dott.sa F.a che non sarebbe compatibile con la versione fornita dalla persona offesa. Viene ricordato che i testimoni B. e C., che per primi incontrarono la N. al suo ritorno in caserma, dissero di avere visto la donna molto stanca, ma senza segni di traumi.
2.2 Violazione dell'art. 223 c. 2 cpmp, atteso che la certificazione medica della dott.sa F. indicava una durata di malattia di giorni tre, laddove la Corte militare ebbe a valorizzare i certificati dei medici militari tesi a fare perdurare lo stato di malattia fino alla data del congedo della N.. Andava quindi emessa sentenza di non luogo a procedere, per mancanza della richiesta di procedimento da parte del comandante del corpo, condizione di procedibilità. 2.3 Violazione degli artt. 133 e 62 bis cod.pen. Non sarebbe stato dato conto in sentenza degli elementi ostativi alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l'incensuratezza, il buon comportamento processuale tenuto dall'imputato e la modesta entità del fatto. 3. Medio tempore è stata acquisita sentenza emessa nei confronti del T., dal giudice di pace di Marano, di non doversi procedere per il reato di lesioni per intervenuta remissione di querela, divenuta irrevocabile il 21.4.2013. Considerato in diritto. E' fondato il secondo motivo di ricorso, che riveste carattere assorbente. Deve essere preliminarmente osservato che nella presente procedura manca la richiesta di procedimento del Comandante di corpo, intesa come volontà di rimuovere l'ostacolo processuale e quindi di rendere possibile l'esercizio dell'azione penale contro il militare, resosi autore di uno dei reati compresi tra quelli elencati nell'art. 260 cod. pen. mil. pace. Deve essere precisato che tale richiesta si profila di particolare rilievo nella presente fattispecie, poiché non ricorre alcun dato certo quanto alla durata della malattia che seguì all'aggressione patita dalla N., attesi i divergenti referti agli atti: va infatti ricordato che come è stato evidenziato nella stessa sentenza di seconde cure, alla certificazione della dott.sa F. -seguita alle semplici dichiarazioni della N.a e prima del controllo radiologico- attestante una malattia di tre giorni, seguì un referto del dott. G., di inabilità al lavoro per giorni quindici, nonché un responso del consulente medico dott. E., in termini di malattia di durata compresa tra i sette ed i dieci giorni. In tale situazione, è più che evidente che la durata della malattia 5 risulti incerta, laddove assurge ad elemento determinante per la qualificazione del fatto in termini di lesioni lievi. In una situazione di obiettiva incertezza la regola iuris che deve essere applicata è quella "in dubio pro reo", cosicchè deve ritenersi raggiunta la prova solo per una malattia di durata inferiore a dieci giorni. Pertanto, fermo restando la corretta ricostruzione dei fatti sullo sviluppo dell'aggressione patita dalla donna ad opera dell'imputato, nonché la mancanza di manifesta illogicità nel percorso valutativo delle emergenze disponibili, deve essere riqualificato il fatto contestato come reato di lesioni ai sensi dell'art. 223 c. 2 cpmp , cosicchè la sentenza impugnata deve esser annullata senza rinvio, per mancanza della richiesta di procedimento del Comandante del Corpo e dunque per improcedibilità dell'azione penale. Qualificato il fatto come violazione dell'art. 223 c. 2 cpmp , annulla senza rinvio la sentenza impugnata per improcedibilità dell'azione penale,- per mancanza della richiesta di procedimento del Comandante del corpo. Così deciso in Roma, addì 2 Dicembre 2014.
14-05-2017 15:15
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