Caporal Maggiore dell'Esercito dopo aver effettuato tre missioni di peace-keeping in Kosovo manifesta patologie discali che con l'allettamento determineranno una trombosi dell'arto inferiore.
T.A.R. Roma, (Lazio), sez. I, 21/10/2016, (ud. 13/07/2016, dep.21/10/2016), n. 10487
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4022 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanna Passiatore
C.F. PSSGNN79M54D761A, Francesco Burigana C.F. BRGFNC60P01H501T, con
domicilio eletto presso Giovanna Passiatore in Roma, viale Carso, 63;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto n. 76/N - Posizione n. 639626/A del 18.1.2010 con cui il
Ministero della Difesa - Direzione Generale delle Pensioni Militari
del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva - III
Reparto - 9^ Divisione, ha ritenuto che "Art. 1 Le infermità
"-OMISSIS-" sofferte dal ricorrente, sono riconosciute NON dipendenti
da causa di servizio".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2016 la dott.ssa
Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale;
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Caporal Maggiore ricorrente premette di aver prestato servizio nell'Esercito come Aiutante di Sanità nella Caserma Novara dal febbraio 1999 e di aver effettuato tre missioni di peace-keeping in Kosovo - ciascuna di durata quadrimestrale - presso l'Ospedale militare di Pec negli anni 2000, 2001 e 2003, durante le quali aveva cominciato a manifestare patologie discali che lo avevano costretto a prolungato allettamento, al quale seguiva l'insorgere di una trombosi dell'arto inferiore, patologie per le quali aveva presentato in data 17.9.2007 un'istanza di riconoscimento della causa di servizio e di concessione dell'equo indennizzo.
Con il ricorso in esame egli impugna il decreto in epigrafe, con cui il Ministero della Difesa ha respinto l'istanza predetta, adeguandosi al parere espresso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze nella seduta del 17.11.2009, che ha ritenuto che le infermità "-OMISSIS-" sofferte dal ricorrente, sono riconosciute NON dipendenti da causa di servizio".
Il ricorso è affidato a motivi riconducibili all'eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti ed ingiustizia manifesta.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, il quale ha depositato documentazione e memoria difensiva.
Con ordinanza n. 2189/2010 è stata respinta l'istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 13.7.2016 la causa è trattenuta in decisione.
Costituisce oggetto di impugnativa il giudizio di non dipendenza da causa di servizio delle infermità del ricorrente, espresso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze nella seduta del 17.11.2009, che ha ritenuto che la -OMISSIS- non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio "in quanto trattasi di forma morbosa derivante, nella maggior parte dei casi, da una patogenesi artrogena associata ad usura dei dischi cartilaginei intervertebrali, sull'insorgenza e decorso della quale gli invocati eventi di servizio non si appalesano tali da assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti", mentre la "pregressa -OMISSIS-" non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio "in quanto non risultano sussistere, nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi".
Il ricorrente contesta la congruità della motivazione del provvedimento impugnato, apportando il parere espresso da un medico legale nel quale si rileva che il ricorrente era stato sottoposto ad "attività lavorativa faticosa ed usurante, quale montaggio e smontaggio tende, servizi di guardia giurata, scorte notturne con obbligo di indossare giubbotti antiproiettile (...) tiro assegno, partecipazione a picchetti armati e picchetti d'onore" e ricordare che, durante il periodo di attività, erano insorte le patologie in questione, e concludere che non si comprende sulla base di quali ragioni scientifiche e mediche il Comitato per la verifica delle cause di servizio abbia espresso parere negativo; tanto più ove si consideri la giovane età (27 anni) del ricorrente e la mancata dimostrazione della riconducibilità della patologia discale all'età o a fattori costituzionali del ricorrente. Le medesime considerazioni vengono estese dallo specialista anche con riferimento alla patologia venosa.
Il ricorso non può essere accolto.
Va innanzitutto ribadito, anche in quest'occasione, che la validità sostanziale del giudizio espresso dal Comitato di verifica non è rivedibile "nel merito" dal giudice amministrativo e che il parere del Comitato per la verifica delle cause di servizio "non è un mero atto interno della p.a., ma è la decisione di un organo pubblico collegiale di rilevanza esterna, al quale l'ordinamento attribuisce il compito di pronunciarsi in via definitiva e con competenza esclusiva su determinate questioni tecnico-discrezionali. Ciò naturalmente non comporta che le sue decisioni siano insindacabili in senso assoluto; ma sono sindacabili solo a condizione che chi ricorre dimostri positivamente che esse siano affette da vizi rilevanti sul piano della legittimità (travisamento di fatti, manifesta illogicità, palese incongruità della motivazione, e simili). Non è invece consentito che una delibera del C.V.C.S. venga puramente e semplicemente disattesa - tamquam non esset - solo perché un consulente tecnico d'ufficio abbia espresso una opinione difforme" (cfr. per tutte, di recente, Cons. St., Sez. Vi, 3878/2015 e 3038/2015).
Nel caso in esame, il ricorrente si limita ad un'assiomatica e generica contestazione dell'operato dell'Amministrazione, alla quale viene rimproverato di non aver esplicitato le proprie ragioni, rilevandone il difetto di motivazione, senza tuttavia addurre alcune concreto elemento atto ad far dubitare della correttezza dell'operato della stessa, sotto il profilo del procedimento valutativo seguito e dei criteri di valutazione applicati, e senza addurre alcuno specifico argomento atto a rilevare la palese irragionevolezza dei risultati dell'attività valutativa.
Infatti, da parte del ricorrente non viene adeguatamente contestato né il motivo relativo al carattere endogeno costituzionale delle patologie in contestazione (in particolare di quella venosa, che richiedeva indagini volte ad investigarne l'origine genetica come si evince dalla cartella sanitaria prodotta in giudizio dallo stesso interessato) né l'assenza di fattori di rischio specifico. Non viene infatti specificato alcuno dei numerosi, gravosi e stressanti servizi d'Istituto, al quale possa essere attribuito un qualunque valore anche solo di concausa nella genesi e sviluppo delle infermità in questione, non avendo il ricorrente evidenziato alcun elemento relativo alle modalità di espletamento del servizio o alcuna particolare circostanza di tempo e di luogo; né indicazioni in tal senso sono desumibili dal foglio matricolare.
Il ricorrente si limita, per quanto riguarda la discopatia vertebrale, ad invocare la giovane età, evidentemente ritenendo il solo dato anagrafico sufficiente atto a dimostrare l'effetto nocivo sull'insorgenza ed il decorso della malattia eventi di servizio che appaiono del tutto ordinari - e comuni alla vita lavorativa ed extralavorativa di coetanei - senza fornire alcun argomento, e tanto meno dati della letteratura medica, atta a chiarire come la modalità di prestazione del servizio e gli eventi ad esso connessi possano aver operato come fattori causali o concausali efficienti e determinanti, accelerando la protrusione dei dischi cartilaginei. Si tratta perciò di deduzioni risultano del tutto generiche e non sufficienti ad inficiare il giudizio espresso dal competente organo collegiale dell'Amministrazione.
Al riguardo va ricordato che la questione della riconducibilità al servizio delle discopatie nel tratto lombare è stata ripetutamente esaminata dalla giurisprudenza in materia in numerosi contenziosi analoghi a quello in esame con cui sono stati impugnati provvedimenti analoghi a quello in contestazione, nei quali il nesso eziologico veniva, con diversificate formulazioni letterali, sempre costantemente ricondotto dal Comitato di verifica a normali processi di "degenerazione delle cartilagini per fenomeni dismetabolici del tessuto connettivo....favoriti nella loro evoluzione da microtraumatismi ripetuti e continuati nel tempo, ovvero da gravi traumi contusivi e fratturativi" e veniva evidenziato come, in assenza di tali comprovati fattori, la patologia vertebrale sia da ricondurre a processi artrosici idiopatici endogeni (sintomo di un invecchiamento delle strutture articolari, talvolta precoce)"; con la precisazione che "nessuna influenza ha, invece, nella eziopatogenesi e nella successiva evoluzione dell'infermità l'esposizione a fattori climatici e/o refrigeranti, che sono responsabili solo dell'acutizzarsi di una sintomatologia dolorosa, frequentemente per risentimento muscolare, ma non già del processo degenerativo ". Quanto all'influenza del dato anagrafico, è stato chiarito che detta patologia, particolarmente diffusa nella popolazione adulta, non costituisce esclusivamente il risultato del fisiologico processo di usura conseguente al progredire dell'età, ma può essere causata sia da fattori meccanici (micro-traumi, gravi traumi, etc.) sia dallo stile di vita (assenza o eccesso di attività fisica) e da banali difetti posturali, sia infine da condizioni mediche generali che influenzano i corpi vertebrali (autoimmuni, metaboliche etc.) in particolare lo stato di idratazione dei cuscinetti.
Pertanto il semplice dato anagrafico indicato dal ricorrente non vale a dimostrare che le attività lavorative svolte possano aver giocato un ruolo determinante sull'insorgenza e sul decorso delle patologie e discali e non è sufficiente, di per sé solo, ad escludere tutte le diverse spiegazioni alternative dell'origine di tali patologie, potendo le infermità discali essere ricondotte alle cause soprarichiamate, in particolare da gravi traumi, contusivi o fratturativi, oppure da attività comportanti sforzi ripetuti ed intensi sulla colonna vertebrale, dal mantenimento prolungato di posizioni statiche, in particolare da quella seduta, quale l'attività di guida protratta per lunga durata, specie di mezzi che comportano sollecitazione meccaniche della struttura, etc. Condizioni queste, che sono tali da determinare un rapido processo di invecchiamento e degenerazione dei dischi intervertebrali, ma di cui non è stata provata l'esistenza nel caso in esame.
Il ricorrente si limita ad elencare un catalogo di attività del tutto comuni al profilo professionale - svolte da colleghi di pari età nelle medesime condizioni di luogo e di tempo, senza problemi - senza evidenziare, come avrebbe dovuto, la maggiore gravosità rispetto all'ordinaria modalità delle prestazioni lavorative, che invece costituisce un elemento indefettibile per riconoscere la riconducibilità a causa di servizio della discopatia lombare, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza in materia (vedi, per tutte, TAR Lazio, I, 3 aprile 2008 n. 2828, che rigetta il ricorso ritenendo non dimostrata l'eccedenza rispetto alle ordinarie condizioni di lavoro con riferimento a patologie vertebrale da stazionamento seduto per modalità che caratterizzano lo svolgimento dell'attività lavorativa del magistrato).
In particolare, per quanto riguarda le Forze Armate e di Polizia, è stato ritenuto che non è sufficiente indicare, in termini generici ed astratti, i servizi prestati comportanti la possibilità di essere esposto a "sovraccarico posturale" per le modalità di svolgimento dell'attività o per l'attrezzatura utilizzata (piantonamento, utilizzo di giubbotto antiproiettile) dato che "altrimenti larga parte di coloro che vi sono addetti lamenterebbero analoghe infermità" (vedi, tra tante, da ultimo, Cons. St., Sez. III n. 5545/2014; TAR Puglia, Lecce, Sez. II, n. 1522/2012; TAR Lazio, Sez. II, n. 7699/2012 e sez. I ter n. 7051/2012).
Pertanto si ritiene che sia onere del ricorrente fornire la prova non solo di essere stato sottoposto a lavori particolarmente stressanti e protratti per lungo tempo, ma anche che questi lavori abbiano carattere particolarmente gravoso, eccezionale ed esorbitante rispetto agli ordinari compiti di istituto e che pertanto, come tali, siano idonei ad incidere in maniera determinante sul manifestarsi dell'infermità quanto meno sul piano causale (Tar Lazio, Roma, sez. III, 18 gennaio 2010, n. 309 su un caso di infarto del miocardio); nella nozione di concausa efficiente e determinante di servizio possono farsi rientrare "soltanto fatti ed eventi eccendenti le ordinarie condizioni di lavoro, particolarmente gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Cons. Stato, n. 2274/2007; sez. II, 11.12.2013, n. 4817; TAR Lazio, I, n. 2828/2008; n. 35286/2010, n. 192; sez. II, n. 27/2011; TAR Perugia n. 169/2014; TAR Puglia, Lecce, sez. II n. 1522/2012; TAR Basilicata, n. 293/2014 e 907/2014).
Nella fattispecie in esame tale onere probatorio non è stato soddisfatto, in quanto il ricorrente ha affidato il gravame al mero rilievo formale del difetto di motivazione del parere espresso dal Comitato per la verifica delle cause di servizio, limitandosi ad opporre a questo il diverso avviso espresso da un consulente di fiducia, il quale si è espresso in merito alla dipendenza da causa di servizio delle patologie in questione in modo del tutto assiomatico e generico, incorrendo, egli stesso, in quella mancanza di specificità e di "riferimenti alla scienza medica" che aveva addebitato al Collegio ministeriale. In sostanza, il consulente tecnico di parte si limita a confutare le valutazioni del competente Comitato ministeriale semplicemente adducendo le proprie diverse convinzioni - senza evidenziare alcun contrasto tra il giudizio espresso dal Comitato di valutazione con la comune opinione della comunità scientifica internazionale - sfornite di alcun riferimento alla letteratura medica, senza addurre alcun elemento atto a giustificare l'attribuzione delle patologie in questione all'aver svolto un'attività lavorativa del tutto ordinaria -montaggio e smontaggio tende, servizi di guardia giurata, scorte notturne con obbligo di indossare giubbotti antiproiettile (...) tiro assegno, partecipazione a picchetti armati e picchetti d'onore - che rientra nelle comuni mansioni del profilo professionale di appartenenza, svolte da personale di età analoga al ricorrente, senza che questo abbia determinato l'insorgere di patologie analoghe.
Il ricorso va pertanto respinto in quanto infondato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di giudizio a favore dell'Amministrazione resistente nella misura di complessivi Euro 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 22, comma 8 D. Lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute del ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
Paola Patatini, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 21 OTT. 2016.
06-01-2017 16:42
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