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Sentenza

L'amministratore di una società e il commercialista, per il tramite dell'ex Gene...
L'amministratore di una società e il commercialista, per il tramite dell'ex Generale della Guardia di Finanza e allora consigliere di amministrazione della società, con un ten. col. della Guardia di Finanza, avrebbero concordato una verifica fiscale addomestica dietro la promessa di pagamento di euro 200.000.-
T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna), sez. I, 17/01/2017, (ud. 21/12/2016, dep.17/01/2017),  n. 28 

                         REPUBBLICA ITALIANA                         
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
     Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna     
                           (Sezione Prima)                           
ha pronunciato la presente                                           
                              SENTENZA                               
sul ricorso numero di registro generale 542 del  2016,  integrato  da
motivi aggiunti, proposto da:                                        
Fe.  Cu.,  rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  Paola  Perisi   e
Alessandro Corda,  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  Romina
Cauteruccio in Bologna, via Barberia 10;                             
                               contro                                
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale Guardia  di
Finanza,  Comando  Interregionale  dell'Italia  Centro-Settentrionale
della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante  p.t.,
rappresentati e difesi  per  legge  dall'Avvocatura  Distrettuale  di
Bologna, anche domiciliataria in Bologna, via Guido Reni 4;          
                         per l'annullamento                          
della determinazione del Comando Interregionale  Guardia  di  Finanza
del 8 aprile 2016, mediante la quale veniva disposta  la  sospensione
precauzionale dall'impiego a titolo  discrezionale  dal  13  dicembre
2015,  in  prosecuzione  di  precedente  provvedimento  cautelare  di
sospensione adottato dal medesimo Comando in data 15 giugno 2011;    
con motivi aggiunti                                                  
della nota del Comandante Regionale della Guardia di Finanza n. 82868
del 11 marzo 2016;                                                   
della nota del Comandante Provinciale della  Guardia  di  Finanza  n.
69634 del 1 marzo;                                                   
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;           
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero  dell'Economia
e delle Finanze;                                                     
Viste le memorie difensive;                                          
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore nella camera di consiglio del giorno  21  dicembre  2016  il
dott.  Ugo  De  Carlo  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  Romina
Cauteruccio e Uliana Casali;                                         
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.              


Fatto

Il ricorrente, maresciallo della Guardia di Finanza, è stato condannato dal Tribunale di Bologna alla pena di anni tre di reclusione per i reati di concorso in corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, omessa denuncia di reato, falsità ideologica e collusione aggravata.

La vicenda risale alla primavera del 2010 quando una pattuglia del Nucleo di Polizia Tributaria di Bologna effettuava una verifica sulla società Rimini Yatch S.p.a., Secondo l'ipotesi accusatoria, nell'autunno del 2009, il presidente del Consiglio di amministrazione della società Rimini Yatch S.p.a., Gi. Lo., di intesa con il commercialista della società, Gi. Ba., e il ragioniere Al. Ca., si sarebbe accordato, per il tramite dell'ex Generale della Guardia di Finanza e allora consigliere di amministrazione della società Rimini Yatch S.p.a., An. Ca., con il Ten. Col. En. Di Gi., Comandante del I Gruppo Tutela Entrate della Guardia di Finanza di Bologna e con il Ten. Col. Ma. Pa., Comandante della I Sezione del I Gruppo Tutela Entrate della Guardia di Finanza di Bologna e Direttore della verifica Rimini Yatch S.p.a., per fare eseguire nei riguardi della società, dietro la promessa di 200.000,00 euro più altre utilità, una verifica fiscale "addomesticata" nei tempi e nei modi, volta ad occultare le numerosi violazioni fiscali e penali della società, evitandone così la sottoposizione a verifica da parte della Agenzia delle Entrate di Bologna.

In adempimento di quanto concordato, la verifica fiscale sarebbe stata poi materialmente eseguita, in violazione dei loro doveri e sotto la direzione del Ten. Col. Pa., dai Marescialli Cu. e Lu. Gi., quest'ultimo, Maresciallo Aiutante della I Sezione del I Gruppo Tutela Entrate della Guardia di Finanza di Bologna e capo pattuglia della verifica alla società Rimini Yatch S.p.a., nel periodo dal 18 marzo al 21 maggio 2010.

Gli atti contrari ai doveri d'ufficio posti in essere dalla pattuglia Pa.-Cu.-Gi. - con l'assenso del Ten. Col. Di Gi. che avrebbe omesso di svolgere i necessari controlli sulla direzione della verifica fiscale della società Rimini Yatch S.p.a. - sarebbero stati, in particolare, i seguenti:

- mancato accesso presso la sede sociale operativa di Rimini della società Rimini Yatch S.p.a.;

- mancata acquisizione della documentazione bancaria della società Rimini Yatch S.p.a., ed in particolare di una scatola di cartone contenente matrici di assegni riferibili a transazioni commerciali intercorse tra la società Rimini Yatch S.p.a. e società aventi sede nella Repubblica di San Marino;

- falsa asserzione, nei processi verbali di verifica giornaliera, che le cessioni verso operatori economici della Repubblica di San Marino ammontavano ad euro 16 milioni e non ad euro 32 milioni;

- omesso riscontro delle Segnalazioni di Operazioni Sospette c.d. "SOS; -omessa denuncia di false fatture emesse;

- omessa verbalizzazione di canoni di leasing inesistenti;

- omessa denuncia della riscontrata appropriazione indebita di 2 imbarcazioni;

- chiusura della verifica con denuncia del presidente del consiglio di amministrazione Gi. Lo. per la sola violazione di cui all'art. 4 del D.lgs. n. 74/2000, omettendo di riferire nella C.N.R. sugli altri illeciti penali e fiscali pure riscontrati in corso di verifica (e ciò, subito dopo che era stato comunicato alla Camera di Commercio di Bologna il protesto elevato a carico della società Rimini Yatch S.p.a. e dopo che erano apparsi articoli di stampa relativi alle attività illecite compiute dagli amministratori della società Rimini Yatch S.p.a. che rendevano ormai evidente lo stato di insolvenza della società e dunque imminente l'avvio della procedura fallimentare.

Poiché in concomitanza a tali indagini veniva applicata nei confronti del ricorrente, da parte dell'Autorità Giudiziaria, la misura restrittiva della custodia cautelare, a far data dal 14 dicembre 2010, con determinazione del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna, del 22 dicembre 2010, poi rinnovata dal medesimo organo, rispettivamente, con provvedimento del 3 febbraio 2011, e del 3 maggio 2011, veniva disposta, ai danni del ricorrente, la sospensione dall'impiego a titolo obbligatorio, che veniva poi dichiarata cessata in data 14 luglio 2011, giusto provvedimento del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna del 15 luglio 2011.

Con successivo provvedimento del Commando Interregionale dell'Italia Centro-Settentrionale del 15 giugno 2011, veniva disposta la sospensione dall'impiego a titolo discrezionale.

In data 24 dicembre 2015, con nota del Comando Generale della Guardia di Finanza veniva iniziato il procedimento disciplinare di Stato a carico del Maresciallo Capo Fe. Cu. e con incarico al Comandante del II Gruppo della Guardia di Finanza di Bologna per lo svolgimento delle funzioni inquirenti.

In pari data, con nota del Comandante Generale della Guardia di Finanza veniva ordinata la sospensione del suindicato procedimento disciplinare.

Il Comandante del II Gruppo della Guardia di Finanza di Bologna, nella sua qualità di organo inquirente di cui sopra, con nota del 13 gennaio 2016 dava seguito al procedimento disciplinare, provvedendo a contestare formalmente gli addebiti mossi al Maresciallo Capo Cu. per i fatti per i quali pochi giorni prima era stata emessa la sentenza di condanna in primo grado.

Con nota del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna del 14 gennaio 2016 veniva comunicato al ricorrente, ai sensi della L. 241/1990, l'avvio del procedimento di sospensione precauzionale dall'impiego secondo quanto previsto dagli artt. 917 e 919 D. lgs. n. 66/2010.

In data 4 aprile 2016, il ricorrente formulava le memorie difensive.

Con determinazione del Comando Interregionale dell'Italia Centro-Settentrionale del 8 aprile 2016 veniva disposta la sospensione precauzionale dall'impiego del ricorrente a titolo discrezionale a far data dal 13 dicembre 2015, ai sensi degli artt. 917 e 919 D. lgs. n. 66/2010.

A seguito della sospensione dall'impiego il trattamento economico del ricorrente subiva una rilevante diminuzione in quanto spettano al militare solamente gli assegni previsti dall'art. 920 D. lgs. n. 66/2010.

Avverso tale provvedimento il ricorrente formulava nel presente giudizio un unico articolato motivo di ricorso contestando la violazione degli artt. 919, comma 3 e 917 D. lgs. n. 66/2010. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare per irragionevolezza, irrazionalità, illogicità, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, manifesta ingiustizia, contraddittorietà. Difetto di motivazione. Violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa. Violazione degli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione.

L'art. 919, comma 1, D. lgs. n. 66/2010, applicato nella fattispecie oggetto del presente ricorso, stabilisce che la sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque e che, decorso tale termine deve essere revocata.

Il comma 3 prevede che, nel caso in cui sia scaduto il quinquennio ma risulti ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione sospende l'imputato dall'impiego solo dopo aver valutato "specificamente ogni aspetto soggettivo e oggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti".

L'amministrazione deve effettuare una ricognizione e valutazione dei fatti e degli elementi di colpevolezza ascrivibili al comportamento del militare e, conseguentemente, un ulteriore obbligo motivazionale, in sede di adozione del provvedimento finale, particolarmente pregnante in considerazione della delicatezza dei rilevanti e contrapposti interessi, pubblici e privati, coinvolti, trattandosi oltretutto di un provvedimento da cui scaturiscono conseguenze così rilevanti sul piano economico per il dipendente.

La stessa Guardia di Finanza in una sua circolare specifica che riguardo alle modalità operative per l'adozione della sospensione di cui sopra, al fine di garantire l'imparzialità dell'amministrazione ed evitare censure in sede contenziosa, la competente linea gerarchica del militare deve verificare se "i fatti contestati nella vicenda giudiziaria pendente, al di là della qualificazione giuridica del reato addebitato, siano effettivamente di eccezionale gravità, facendo riferimento agli episodi rilevanti sotto il profilo penale nel singolo caso concreto e non in maniera del tutto generica in presenza di condanna".

Ad avviso del ricorrente, nel caso di specie questa modalità di esercizio della discrezionalità amministrativa non è stata osservata; nei provvedimenti impugnati, non si evince alcuna motivazione che giustifichi la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto agli interessi del militare tutelati ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione.

Il provvedimento cautelare infatti incide su diritti personali di rilievo costituzionale e, di conseguenza, in tanto si giustifica, in quanto risponde ad effettive esigenze cautelari e sia congruo e proporzionato rispetto a queste ultime, come affermato nella sentenza della Corte Costituzionale del 27 giugno 1996, n. 239.

L'esigenza cautelare è unicamente collegata alla pendenza di un'accusa in capo al militare, la quale mette in pericolo interessi connessi all'amministrazione che si vede esposta ad un pregiudizio derivante direttamente dalla permanenza del soggetto in servizio.

Il pregiudizio possibile concerne in particolare la "credibilità" dell'amministrazione presso il pubblico, cioè il rapporto di fiducia dei cittadini verso l'istituzione che può rischiare di essere incrinato dall'"ombra" gravante su di essa a causa dell'accusa da cui è colpita una persona attraverso la quale l'istituzione stessa opera.

Tale pregiudizio non sussiste nella vicenda che ha riguardato il ricorrente.

Non corrisponde a canoni di ragionevolezza di logicità e di prudenza il provvedimento cautelare, intervenuto dopo il decorso di ben cinque anni di sospensione, che ha di fatto anticipato gli effetti di una sentenza di condanna definitiva ad un momento in cui, come nel caso in esame, sussistono dubbi sull'esito del procedimento di appello.

Al riguardo occorre tenere nella dovuta considerazione la circostanza che il ricorrente non è stato condannato alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, con la conseguenza che, anche se la sentenza passasse in giudicato, non sarebbe idonea alla rimozione del grado, quale conseguenza automatica.

Inoltre i fatti contestati nella vicenda giudiziaria, con riferimento agli episodi specifici riguardanti il ricorrente e rilevanti sotto il profilo penale nel caso concreto e agli aspetti soggettivi e oggettivi della condotta del militare, non risultano di eccezionale gravità.

In relazione a ciò il ricorso prosegue con una serie di considerazioni sulla debolezza della sentenza quanto al riscontro dell'impianto accusatorio che non si ritiene di riportare non spettando al giudice amministrativo vagliare la bontà di una sentenza penale ma solo prendere atto della sua esistenza per le conseguenze amministrative che essa produce nel rapporto di servizio tra l'Amministrazione e il dipendente; basterà solo riferire che tali ultronee valutazioni sono state svolte per sostenere la probabile riforma in appello della sentenza di condanna.

Il ricorso terminava affermando che, sulla base delle considerazioni su esposte, il provvedimento censurato risulta illegittimo anche sotto l'ulteriore profilo della violazione del principio generale di proporzionalità dell'attività amministrativa in funzione del quale, i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici con la conseguenza che ogni volta che sia possibile operare una scelta tra più mezzi alternativi tutti ugualmente idonei al perseguimento di uno scopo, deve essere sempre preferito quello che determini un minor sacrificio per il destinatario.

Nel caso in esame una finalità di salvaguardia della dignità, imparzialità e immagine della pubblica amministrazione e di efficienza del Corpo della Guardia di Finanza verrebbe soddisfatta anche dall'impiego in servizio del ricorrente per mansioni non operative, elementari, che non comportano contatti con i privati e rappresentanza dell'amministrazione.

Si costituiva il Ministero delle Finanze, corredando l'atto con una relazione molto analitica del Comando Interregionale della Guardia di Finanza di Firenze e concludendo per il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 19.10.2016 la difesa del ricorrente chiedeva un rinvio ad altra camera di consiglio per avere il tempo di impugnare con motivi aggiunti due atti depositati dall'amministrazione.

Il 25.11.2016 veniva depositato il ricorso per motivi aggiunti formulando le medesime censure sopra esposte anche nei confronti di tali atti indicati in epigrafe.

Alla camera di consiglio del 21.12.2016 veniva trattenuto in decisione.
Diritto

Preliminarmente il Tribunale ritiene di dichiarare l'inammissibilità dei motivi aggiunti.

La nota del Comandante Regionale della Guardia di Finanza del 11 marzo 2016 e quella del Comandante Provinciale della Guardia di Finanza del 1 marzo sono atti endoprocedimentali.

Essi sono stati emanati nell'ambito del procedimento amministrativo volto a valutare la sussistenza dei presupposti per l'emanazione del provvedimento di sospensione precauzionale dall'impiego discrezionale ultraquinquennale.

Non hanno, pertanto, alcuna autonoma capacità lesiva poiché essi hanno concorso a far emettere il provvedimento impugnato con il ricorso principale.

Venendo al merito del ricorso principale, appare necessario premettere una sintetica ricostruzione dell'istituto della sospensione cautelare dall'impiego nelle sue varie forme di manifestazione nel Codice dell'Ordinamento militare per poter collocare meglio il provvedimento emesso nell'ambito di tale sottosistema dell'ordinamento.

Ai sensi dell'art. 915 D. lgs. n. 66/2010 "La sospensione precauzionale dall'impiego è sempre applicata nei confronti del militare se sono adottati a suo carico:

a) il fermo o l'arresto;

b) le misure cautelari coercitive limitative della libertà personale;

c) le misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio;

d) le misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio.

2. La sospensione obbligatoria viene meno con la revoca dei provvedimenti previsti dal comma 1, salva la potestà dell'amministrazione di applicare la sospensione facoltativa prevista dall'articolo 916, se la revoca stessa non è stata disposta per carenza di gravi indizi di colpevolezza.".

Infatti, a far data dal 14 dicembre 2010 veniva disposta, ai danni del ricorrente, la sospensione dall'impiego a titolo obbligatorio, che veniva poi dichiarata cessata in data 14 luglio 2011.

L'art. 916 D. lgs. n. 66/2010 così si esprime " La sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado.".

Con provvedimento del Commando Interregionale dell'Italia Centro-Settentrionale del 15 giugno 2011, veniva disposta la sospensione dall'impiego a titolo discrezionale poiché vi era stata la richiesta di giudizio immediato da parte del P.M. di Bologna ed i reati contestati potevano in astratto comportare la perdita del grado per rimozione.

Infine l'art. 919 D. lgs. n. 66/2010 afferma " La sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque. Decorso tale termine la sospensione precauzionale è revocata di diritto.

Il termine di durata massima è riferito al singolo procedimento penale o disciplinare per il quale è stata adottata la sospensione precauzionale.

Scaduto il quinquennio di cui al comma 1, se è ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, l'amministrazione, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti:

a) sospende l'imputato dall'impiego ai sensi dell'articolo 917;

b) sospende il procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 1393. ".

Il termine massimo quinquennale al primo comma dell'articolo appena riportato scadeva in data 12 e 13 dicembre 2015, a seguito del computo di tutti i periodi di "sospensione" a qualsiasi titolo sofferti e cioè in prossimità dell'udienza fissata presso il Tribunale di Bologna nella quale fu emesso il dispositivo.

Nell'imminenza di tale evento il Comandante Regionale Emilia Romagna della G.d.F. di Bologna avviò il procedimento amministrativo poi sfociato nel provvedimento del Comandante Interregionale di Firenze in data 8.4.2016, impugnato.

In data 24/12/2015 il Comandante Generale della Guardia di Finanza, avendo rilevato nella vicenda in analisi la sussistenza di elementi di gravità, emetteva un "Ordine di inchiesta formale" con contestazione degli addebiti nel procedimento disciplinare di stato a carico del ricorrente poi sospeso ex art. 1393 D. lgs. n. 66/2010 per la pendenza del processo penale.

Tale iter ha permesso di soddisfare i requisiti formali dell'istituto configurato dall'art. 919, comma 2, D. lgs. n. 66/2010.

Debbono essere ora esaminati gli aspetti sostanziali che sono quelli su cui si appuntano gli strali del ricorso.

Il primo rilievo riguarda una presunta carenza della motivazione a dare ragione del perché il fatto addebitato al ricorrente sia di eccezionale gravità oltre alla circostanza che non si sarebbe tenuto conto di ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare.

L'analiticità della motivazione di un provvedimento di provvedimento di sospensione dal servizio non è comparabile con quella di un atto irrogante una sanzione disciplinare.

In ogni caso il provvedimento impugnato fa espresso riferimento alle relazioni inviate dal Comandante Provinciale e dal Comandante Regionale ed impugnate con i motivi aggiunti, ma che potevano essere conosciute con una richiesta di accesso, nelle quali vi è un'analitica ricostruzione della vicenda per il momento sfociata nella sentenza di primo grado.

Si potrebbe dire, per assurdo, che c'è un eccesso di motivazione per relationem circa l'eccezionale gravità della vicenda. Essa è stata sufficientemente descritta nella parte in fatto e sarebbe contrario al principio di sinteticità ripercorrerla: il fatto che il ricorrente tra i condannati sia quello che appare aver dato il contributo meno significativo, anche in relazione al grado rivestito, nulla toglie allo sconcerto che una vicenda del genere pone. Normalmente l'episodio di corruzione dell'appartenente alla Guardia di Finanza inviato a fare il controllo fiscale serve per eludere o alleggerire la posizione sul piano amministrativo o penale del contribuente: nel caso di specie si creano artatamente i presupposti per fare una verifica fasulla finalizzata a camuffare alle banche ed ai creditori la situazione sostanzialmente fallimentare della società.

Di fronte ad una vicenda del genere, a meno che il condannato non sia stato in passato un benemerito della Finanza pubblica per lo zelo e la dedizione al servizio e per i risultati operativi conseguiti, discettare di un'insufficienza della motivazione su "ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare " come richiesto dall'art. 919 D. lgs. n. 66/2010 è assolutamente superfluo.

Il ricorrente spende molte pagine del ricorso per operare una revisione critica della sentenza penale di primo grado, forse confondendo il ricorso avverso un atto amministrativo con i motivi di appello della sentenza penale.

La sospensione precauzionale facoltativa ultraquinquennale non diventa illegittima perché il ricorrente considera debole la motivazione della condanna penale; il giudice amministrativo è tenuto a valutare gli esiti della sentenza esistente al momento dell'adozione del provvedimento impugnato e le sue valutazioni potranno essere riviste solo se ci sarà una sentenza di grado superiore che stabilirà diversamente.

L'ultimo aspetto che rimane da valutare è la possibilità che, nonostante la gravità della vicenda, sia possibile destinare a servizi che non comportino contatti con persone esterne alla Guardia di Finanza.

Sul punto il provvedimento del Comandante Interregionale fa una considerazione che non si presta a rilievi sul piano della legittimità: il grave pregiudizio al buona andamento dell'Amministrazione derivante da reimpiego in servizio dell'ispettore, anche in incarichi non operativi, impedisce il reimpiego del ricorrente poiché egli non sarebbe nelle condizioni di esercitare le proprie funzioni di pubblico ufficiale con pienezza di autorità.

Il ricorso principale va, pertanto, rigettato, quello per motivi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello incidentale, come in epigrafe proposti, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo.

Condanna il ricorrente al rifondere le spese di giudizio che liquida in € 3.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Umberto Giovannini, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 17 GEN. 2017.
Avv. Antonino Sugamele

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