Tenente di vascello, pilota della Marina militare, in servizio presso il COMFORAER assolto dall'accusa di avere posto in essere artifizi e raggiri, consistiti nell'apporre sul registro giornaliero di rilevazione delle presenze, in uso presso il comando di appartenenza, orari di inizio e cessazione del suo servizio non conformi a verità, svolgendo, in realtà, nei corrispondenti lassi temporali, attività extraprofessionali di conduzione di velivoli per conto di privati.
Cassazione penale, sez. I, 03/12/2013, (ud. 03/12/2013, dep.19/03/2014), n. 12920
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORTESE Arturo - Presidente -
Dott. CAIAZZO Luigi - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Raffaele - Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonella - rel. Consigliere -
Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE MILITARE della REPUBBLICA presso la CORTE
MILITARE di APPELLO;
e
P.M., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 29 febbraio 2012 della Corte militare di
appello nel proc. n. 98/2011;
Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita, nella pubblica udienza del 3 dicembre 2013, la relazione
svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni del pubblico ministero, in persona del sostituto
procuratore generale militare, Dott. FLAMINI Luigi Maria, il quale ha
chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso del
P. e, in accoglimento del ricorso del pubblico ministero,
l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore dell'imputato, avvocato Claudio Marcone, il quale
ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso del
pubblico ministero e, in accoglimento del ricorso dell'imputato,
l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte militare di appello, con sentenza del 29 febbraio 2012, in riforma della sentenza del Tribunale militare di Roma in data 5 luglio 2011, appellata dall'imputato, ha assolto P. M. dal delitto di truffa continuata aggravata dal grado rivestito e dalla commissione in danno dell'Amministrazione militare (art. 81 cpv. c.p., art. 47 c.p.n.p., n. 2, e art. 234 c.p.m.p., commi 1 e 2), perchè il fatto non costituisce reato.
In primo grado il P. era stato, invece, condannato alla pena di mesi nove di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti di cui all'art. 62 c.p., n. 4, e art. 62 bis c.p., in regime di equivalenza alle contestate aggravanti, con i doppi benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
Secondo la contestazione, il P., tenente di vascello, pilota della Marina militare, in servizio presso il COMFORAER (Comando delle forze aeree) - sezione aerea, in (OMISSIS), con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, aveva posto in essere artifizi e raggiri, consistiti nell'apporre sul registro giornaliero di rilevazione delle presenze, in uso presso il comando di appartenenza, orari di inizio e cessazione del suo servizio - destinati ad essere riportati sugli statini mensili riepilogativi- non conformi a verità, svolgendo, in realtà, nei corrispondenti lassi temporali, attività extraprofessionali di conduzione di velivoli per conto di privati; in tal modo aveva indotto in errore, sulla reale durata delle sue prestazioni lavorative, gli organi preposti al computo e alla liquidazione degli emolumenti, effettuati sulla base degli orari di servizio riportati negli statini riepilogativi mensili in conformità delle annotazioni orarie contenute nei fogli giornalieri di presenza, conseguendo un indebito arricchimento pari agli importi non dovutigli.
In particolare, il P. aveva effettuato, a bordo dell'elicottero di proprietà della società Jugovi Charter, voli privati in tempi coincidenti con le prestazioni di servizio, come da lui stesso indicati nei fogli giornalieri di presenza e riportati nello statino mensile riepilogativo, nelle seguenti otto occasioni, ritenute provate dal Tribunale: il (OMISSIS) dalle ore 15,50 alle ore 17,07 mentre l'orario di prestato servizio risultava dalle 7,30 alle 16,30; il (OMISSIS) dalle ore 11,21 alle ore 11,29 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 12,00; il (OMISSIS) dalle ore 10,14 alle ore 14,03 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 11,00 alle 16,45; il (OMISSIS) dalle ore 9,19 alle ore 9,51 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 15,45; il (OMISSIS) dalle ore 8,37 alle ore 9,06 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 16,45; il (OMISSIS) dalle ore 7,30 alle ore 9,11 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 19,00; il (OMISSIS) dalle ore 8,02 alle ore 9,58 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 18,00; il (OMISSIS) dalle ore 11,02 alle ore 11,29 e dalle ore 16,02 alle ore 16,08 a fronte di un orario di servizio indicato dalle 7,30 alle 16,30.
Con riguardo, invece, ad analoghi episodi contestati nei giorni (OMISSIS) il P. è stato definitivamente assolto, in primo grado, perchè il fatto non sussiste.
La Corte di appello ha confermato l'elemento materiale del delitto di truffa nelle sue componenti essenziali di inganno, profitto e danno, ma ha escluso la consapevole volontà dell'imputato di cagionare un danno patrimoniale all'Amministrazione militare attraverso la guida privata di velivolo e la condotta di annotazione non veritiera nei fogli giornalieri di presenza, sulla base dei seguenti elementi sottoposti a lettura unitaria e integrata.
ò Un primo dato statistico, ricavato dal notevole numero di voli (almeno cento) effettuati dal P. sull'elicottero privato della Jugovi Charter, senza indicare orari di servizio incompatibili con essi se non in sole otto occasioni, come sopra indicate, attesterebbe la generale correttezza comportamentale dell'imputato verso l'Amministrazione di appartenenza.
ò Un secondo dato, statisticamente rilevante, discenderebbe dai numerosi errori rilevati nei riepiloghi mensili delle ore lavorate dal P., indicate in più occasioni in numero inferiore a quello reale, senza che l'imputato si fosse lamentato al riguardo e avesse mai richiesto l'integrazione degli emolumenti a lui spettanti, risultando pertanto implausibile e irrealistico che egli avesse voluto trarre, in differenti occasioni, un ingiusto profitto ai danni dell'Amministrazione militare.
- Un terzo elemento favorevole sarebbe deducibile dalla condotta del P. in occasione di un incidente stradale da lui subito con prognosi di giorni 30, di cui 15 commutati dall'interessato in altrettanti giorni di licenza ordinaria, così comportandosi in modo diametralmente opposto al tipo di lavoratore che lucra e profitta del proprio stato patologico ai danni del datore di lavoro.
- Un quarto elemento escludente il dolo deriverebbe dalle modalità di compilazione, da parte dei vari piloti in servizio nel reparto, del foglio giornaliero delle rispettive presenze personalmente siglato. Tale compilazione non era necessariamente quotidiana, potendo verificarsi anche a distanza di tempo dal giorno di interesse e, perciò, non era accompagnata da un grado di attenzione tale da renderla certamente fedele alla realtà. Essa serviva soprattutto per conservare memoria delle ore di straordinario prestato da ciascuno con frequente intensità per la carenza del personale in servizio, senza conseguirne il pagamento in mancanza di fondi ad hoc, sicchè quasi tutti i piloti, incluso il P., vantavano crediti verso l'Amministrazione.
- Anche i segmenti di orari contestati come truffaldini mal si conciliavano, considerata la loro frammentazione ed esiguità, con un disegno criminoso unitario, così come ipotizzato nel capo di imputazione. Essi, infatti, non rispondevano ad alcuna logica operativa sovrapponendosi a quelli dichiarati come lavorativi in modo casuale, in fasce orarie differenti e, a volte, per pochi minuti come negli episodi del (OMISSIS) e del (OMISSIS). Era, pertanto, ragionevole ritenere che tali errate annotazioni fossero frutto di cattiva memoria del redattore o, addirittura, fossero state effettuate in buona fede per la consapevolezza del P. di avere nei confronti dell'Amministrazione un credito superiore a quel debito di ore lavorative, sì da rendere l'annotazione una mera formalità. In ogni caso, un agente animato dalla consapevole volontà di ingannare l'Amministrazione sarebbe stato attento ad indicare orari di servizio pur fittizi perchè artatamente allungati, ma compatibili con l'attività privata di volo, tanto più in presenza di un'organizzazione lavorativa elastica che consentiva annotazioni anche ritardate degli orari di entrata e di uscita.
ò Ulteriore dato oggettivo di rilievo è stato ravvisato dalla Corte militare di appello nelle qualità caratteriali e professionali del P., indicato dai suoi superiori come un ufficiale di altissimo livello professionale, sempre disponibile e presente anche oltre le ordinarie ore lavorative, donde la ritenuta illogicità di una condotta deliberatamente truffaldina nell'arco dei quasi due anni esaminati, per ottenere l'indebito profitto quantificato in soli Euro 1.100,64. - Ai predetti elementi oggettivi è stato aggiunto il contenuto dell'esame dell'imputato nell'udienza del 15 giugno 2011, nel quale il P. aveva reso dichiarazioni qualificate come cristalline dalla Corte tranne che su un punto: la correzione postuma dei fogli giornalieri con l'indicazione degli orari di servizio effettivamente prestato dopo avere avuto notizia dell'indagine determinante l'attuale giudizio, con eliminazione a posteriori, da parte dello stesso imputato, delle annotazioni non conformi al vero.
In conclusione, pur avendo il comportamento posto in essere dal P. provocato un danno patrimoniale all'Amministrazione militare, oggettivamente esistente e quantificabile, e pur non potendo tale danno essere escluso dal fatto che l'agente si ritenesse in credito verso l'Amministrazione per avere in altre occasioni lavorato più di quanto fosse stato effettivamente remunerato, gli elementi di fatto come sopra rappresentati escludevano, secondo la Corte di merito, l'elemento psicologico del reato e imponevano, pertanto, l'assoluzione del P. perchè il fatto non costituisce reato.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione sia il Procuratore generale militare della Repubblica, sia l'imputato tramite il difensore, avvocato Umberto Scatozza del foro di Roma.
3. Il Procuratore generale, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), denuncia l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
- I dati statistici su cui è fondato il ragionamento assolutorio della Corte sarebbero intrinsecamente illogici perchè attribuirebbero significato decisivo a profili meramente quantitativi della condotta, come a dire che chi ruba poco, avendo la possibilità di rubare molto, per ciò solo non lo farebbe intenzionalmente.
- L'insieme del ragionamento della Corte postulerebbe l'erronea identificazione del profitto nel delitto di truffa con quello economico, mentre esso può consistere in qualsiasi altra utilità tratta dall'agente (nella fattispecie la migliore qualificazione professionale attraverso l'ampliamento delle ore di voli privati effettuati anche in orario di servizio), essendo essenziale, nella struttura del reato, che il solo danno arrecato alla persona offesa (nella specie l'Amministrazione militare) sia stato patrimoniale, come accertato nel caso in esame.
- La valutazione unitaria degli elementi di causa avrebbe dovuto portare alla considerazione dell'integrale condotta tenuta dal P. nella vicenda in esame: lo stesso, assentatosi volontariamente dal servizio per svolgere attività di natura privata, non solo compilò i fogli giornalieri senza annotare fedelmente la realtà dei fatti, ma, appena avvedutosi dell'emersione del problema relativo ai suoi voli privati, si adoperò per cancellare le tracce dell'illecito, modificando gli orari già indicati sui fogli di servizio, così da renderli compatibili con l'attività effettivamente svolta e poter attribuire l'indicazione di orari di servizio coincidenti con quelli dei voli privati effettuati a presunti errori degli addetti alla redazione dei fogli riepilogativi mensili sulla base di quelli giornalieri.
- Manifestamente illogica sarebbe anche l'attribuzione dell'infedele annotazione dell'orario di servizio nei fogli giornalieri ad errore o dimenticanza dell'imputato redattore, tenuto conto che l'orario di servizio, sebbene elastico, era tuttavia ordinariamente compreso tra le ore 7,45 e le 15,45 ossia proprio nella fascia temporale in cui risultano effettuati, negli otto episodi ritenuti provati, i voli privati; i fogli giornalieri, inoltre, in mancanza di sistemi di rilevazione automatica delle presenze in servizio, non erano funzionali all'annotazione del solo lavoro straordinario, ma la loro precipua finalità era quella di attestare l'orario di servizio ordinariamente svolto, sicchè la loro sciatta gestione, secondo la scorretta prassi di indicazione, a posteriori, delle ore di lavoro prestato non poteva essere addotta come elemento di giustificazione.
In conclusione, secondo il pubblico ministero ricorrente, dalle risultanze dibattimentali sarebbe emersa una sola possibile ricostruzione del profilo psicologico che sorresse la condotta illecita: il P. avrebbe annotato i propri orari di lavoro, senza tenere minimamente conto delle attività private di volo arbitrariamente svolte in concomitanza di essi; di tale concomitanza sarebbe stato perfettamente consapevole, sia perchè tutte le attività di volo sono notoriamente svolte tenendo in gran conto gli aspetti temporali della missione (i piloti hanno grande interesse ad annotare tutte le ore di volo compiute e sono tenuti a compilare con la massima precisione i documenti che le attestano), sia perchè, in gran parte dei casi contestati, i voli privati furono eseguiti in orari interamente compresi nell'arco temporale di servizio annotato dal P. sul registro giornaliero, nella consapevolezza, dunque, della loro sovrapposizione e con la cosciente volontà di ottenere dall'Amministrazione, tratta in inganno dalle false annotazioni, emolumenti non dovuti in quanto non corrispondenti alle prestazioni effettivamente rese.
Solo in via residuale, il Procuratore ricorrente prospetta il dolo eventuale nel senso che, ove il P. avesse apposto gli orari sul registro giornaliero in maniera trascurata e senza curarsi della corrispondenza delle annotazioni alla realtà dei fatti, egli avrebbe comunque accettato il concreto rischio di indurre in errore l'Amministrazione militare, essendo consapevole della elevata probabilità che l'intensa attività privata di volo da lui svolta potesse coincidere con gli orari di servizio indicati.
La parte pubblica ricorrente ha chiesto, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio a diversa sezione della Corte militare di appello.
4. Il ricorso proposto dal P. tramite il difensore, dopo aver richiamato il proprio interesse all'impugnazione per ottenere la più ampia formula assolutoria, tale da non esporlo a procedimento disciplinare e contabile davanti alla Corte dei Conti, sviluppa un solo motivo, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
La Corte militare di appello, nel ritenere provato l'elemento oggettivo del reato escludendone solo la componente psicologica e, quindi, assolvendo l'imputato con la formula perchè il fatto non costituisce reato, sarebbe incorsa nel travisamento dell'esame reso il 15 giugno 2011 dal P., al quale sarebbe stata attribuita una presunta confessione dei voli privati effettuati negli orari di servizio, in realtà mai effettuata, con la conseguenza che la dichiarata sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di truffa (artifizi e conseguente inganno dell'Amministrazione), nelle otto occasioni ritenute provate, sarebbe frutto di un palese errore del giudice di appello nella rilevazione dei contenuti probatori.
E il riconoscimento di tale errore imporrebbe l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio a diversa sezione della Corte militare di appello per nuovo giudizio nei confronti del ricorrente, funzionale alla sua assoluzione con la formula più ampia, perchè il fatto non sussiste o, in subordine, per non averlo commesso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Procuratore generale è infondato, mentre quello dell'imputato è inammissibile.
2. Il difensore sostiene che l'affermazione della Corte di appello, a pagina 47 dell'impugnata sentenza, secondo la quale il P., in sede di esame reso all'udienza del 15 giugno 2011, avrebbe confermato l'effettuazione dei voli indicati nel capo di imputazione, sarebbe frutto di travisamento del contenuto delle sue dichiarazioni, non avendo mai ammesso l'esecuzione dei predetti voli privati in orari coincidenti con quelli di servizio. Da qui il vizio di inferenza logica della decisione che da quella presunta, ma inesistente, confessione avrebbe tratto il convincimento della ricorrenza, nel caso di specie, degli estremi oggettivi del contestato delitto di truffa aggravata.
Omette, tuttavia, il ricorrente di allegare il verbale del predetto esame nella sua integralità, così da consentire a questa Corte di legittimità il controllo del travisamento denunciato tra contenuto della prova e interpretazione datane dalla Corte di merito; e trascura, altresì, di indicare la rilevanza del dedotto errore in grado di scardinare, a suo avviso, l'intero impianto motivazionale, estremamente articolato come si evince dall'esposizione che precede, della decisione impugnata.
Ne discende l'inammissibilità dell'unico motivo di ricorso proposto dall'imputato per la sua palese genericità, in conformità della giurisprudenza di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, pur richiamando atti specificamente indicati (nella specie il verbale dell'esame reso dall'imputato il 15/06/2011), a sostegno della denunciata manifesta illogicità della motivazione, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, dep. 26/03/2010, Casucci, Rv. 246552; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, dep. 19/06/2013, Natale, Rv. 256723); e, neppure, indichi le ragioni per cui l'atto che si assume travisato infici e comprometta, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, Damiano, Rv. 249035).
3. Il ricorso del Procuratore generale postula, come si è detto, violazione della legge penale e manifesta illogicità o contraddittorietà delle argomentazioni addotte dalla Corte di merito a sostegno dell'esclusione del dolo dell'agente, anche solo eventuale, nel riportare orari di servizio non veritieri nei fogli giornalieri di presenza e così ottenere emolumenti non dovutigli dall'Amministrazione militare.
Tali vizi del ragionamento probatorio sarebbero evidenziati dagli argomenti statistici e compensativi utilizzati dal decidente a favore della riconosciuta mancanza di dolo nella condotta dell'imputato, quasi che, secondo le critiche osservazioni del ricorrente, l'aver conseguito modesti vantaggi economici giustificasse la condotta truffaldina o l'essere creditore dell'Amministrazione per maggiori importi di ore di lavoro straordinario, prestato e non pagato, esonerasse da responsabilità per avere esposto dati non veritieri circa la durata del servizio ordinario effettivamente prestato.
La correzione a posteriori delle indicazioni orarie nei fogli giornalieri di servizio, ad opera del P., dopo avere appreso l'avvio delle indagini, sarebbe inoltre rivelatrice della sua consapevole e volontaria alterazione pregressa dei dati riportati sui medesimi fogli, e la modestia del profitto ricavato non deporrebbe a suo favore, atteso che il delitto di truffa postula solo l'economicità del danno e non anche quella del profitto che può consistere anche in un vantaggio non monetizzabile, come la più elevata qualificazione professionale acquisita dall'imputato ampliando le sue ore di voli privati a detrimento dell'attività da prestare nell'orario di servizio.
Osserva la Corte che le pur argomentate censure del ricorrente non sostengono la manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata e, tanto meno, la pur denunciata violazione di legge con riguardo alla corretta esegesi delle componenti costitutive del delitto di truffa.
La Corte di appello non ha affermato, in alcun passaggio della sua motivazione, che il profitto perseguito nel delitto di truffa debba essere necessariamente economico nè ha escluso la configurazione del dolo anche nella forma indiretta od eventuale, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte (c.f.r., rispettivamente, Sez. 2, n. 18762 del 15/01/2013, dep. 29/04/2013, Meloni, Rv. 255194, conforme a Sez. U. n. 1 del 1999, in tema di profitto non necessariamente economico; Sez. 2, n. 24645 del 21/03/2012, dep. 21/06/2012, Presicce, Rv. 252824, in tema di dolo eventuale nel delitto di truffa); ha, invece, sostenuto la riconduzione ad errore per distrazione o dimenticanza degli orari di servizio annotati nei fogli giornalieri di presenza, i quali, per prassi costante, non erano compilati quotidianamente dai piloti in servizio, e ha ragionevolmente ancorato tale valutazione ad una serie di elementi, puntualmente indicati e adeguatamente argomentati, senza incorrere in alcuna illogicità ovvero contraddittorietà del ragionamento probatorio.
In particolare, la configurazione in termini colposi e, quindi, penalmente irrilevanti delle annotazioni orarie non veritiere è stata plausibilmente fondata dalla Corte di merito su plurimi elementi, sia di natura oggettiva sia di natura soggettiva, già sopra ricordati e qui sinteticamente richiamati.
Sul piano oggettivo è stato rilevato: l'esiguità delle presunte falsificazioni, solo otto ritenute provate nell'ambito dei quasi due anni esaminati, in relazione al notevole numero di voli privati (circa cento) effettuati dell'imputato; i contenuti delle medesime falsificazioni, risultando le sovrapposizioni tra attività privata e orario di servizio frammentarie e, in alcuni casi, limitate a brevi lassi temporali (come quelle del 7/06/2007, 17/09/2007 e 25/07/2008), come tali sintomatiche dell'inesistenza di un disegno criminoso unitario deliberatamente concepito; le modalità di compilazione dei fogli di presenza, differite rispetto ai giorni di effettivo svolgimento del servizio, con aumento delle probabilità di errori per dimenticanza o negligenza nelle relative annotazioni;
l'accertamento di errori di segno opposto e, certamente, non vantaggiosi per l'imputato, nell'indicazione delle ore di lavoro prestato in misura inferiore a quelle del servizio effettivamente svolto nei giorni di riferimento.
Sul piano soggettivo, sempre ragionevolmente, sono stati valorizzati:
il comportamento professionale del P. costantemente ispirato a dedizione professionale e disponibilità al lavoro anche oltre l'orario quotidianamente previsto; la sua scelta di parziale commutazione di quindici giorni sui trenta di congedo per malattia riconosciutigli in conseguenza di un incidente stradale in altrettanti giorni di licenza ordinaria per ferie; la mancata rivendicazione dei pur non irrisori crediti accumulati nei confronti dell'Amministrazione per lavoro straordinario prestato e non retribuito.
Nè la Corte di merito ha ignorato, annotandola anzi negativamente, la circostanza dell'iniziativa assunta dal P., una volta avvertito dell'indagine sulla regolarità degli orari di servizio, di rivedere e correggere i fogli di servizio da lui redatti con l'annotazione di orari incompatibili con quelli dei voli privati contemporaneamente effettuati; sulla base, tuttavia, di una valutazione sintetica e integrata di tutti gli elementi suindicati, il giudice di appello non ha ritenuto, con motivazione ancora una volta non manifestamente illogica nè contraddittoria, che la sola iniziativa suddetta fosse idonea a svalorizzare la pregnanza degli altri fattori convergenti nell'avvalorare una registrazione infedele di matrice colposa e non dolosa, non potendo escludersi, sul piano logico-critico, che la notizia dell'indagine in corso abbia spinto l'imputato ad una rigorosa verifica delle indicazioni precedentemente eseguite proprio per la consapevolezza della facile esposizione ad errore della prassi, costantemente seguita da tutti gli addetti al medesimo reparto, di annotare in tempi differiti e con disinvolta approssimazione gli orari del servizio quotidianamente prestato, successivamente riportati nei riepiloghi mensili delle presenze.
In conclusione, non sussistendo i vizi di motivazione denunciati, il ricorso del Procuratore generale deve essere respinto, senza condanna alle spese, trattandosi di impugnazione proposta dal pubblico ministero; mentre la declaratoria di inammissibilità del ricorso del P. impone la condanna dello stesso, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo e il massimo previsti, in Euro mille.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Procuratore generale.
Dichiara inammissibile il ricorso del P. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille/00) alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2014
25-04-2017 11:07
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