Un Colonnello da l'ordine di non effettuare prelievi ematici dai cavalli appartenenti all'amministrazione militare sino alla comunicazione della intervenuta autorizzazione da parte dell'ente competente, l'Ispettorato Logistico di Roma. L'ordine viene disatteso.
Cassazione penale, sez. I, 09/07/2013, (ud. 09/07/2013, dep.24/10/2013), n. 43467
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria C. - Presidente -
Dott. TARDIO Angela - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Raffaele - Consigliere -
Dott. MAZZEI Antonella P. - Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
P.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 70/2012 CORTE MILITARE APPELLO di ROMA, del
10/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FLAMINI L. M., che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. SARNO, che ha chiesto l'accoglimento del
ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 10 ottobre 2012 la Corte Militare di Appello di Roma decidendo sulla impugnazione proposta da P. A. avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale Militare di Verona in data 19.1.2012, la confermava. La decisione di primo grado aveva affermato la penale responsabilità di P.A. in relazione al reato di disobbedienza aggravata di cui all'art. 173 c.p.m.p., per fatto commesso in (OMISSIS), assolvendo invece l'imputato dalle ulteriori contestazioni di furto militare e minaccia rivolta ad inferiore.
I fatti su cui si sono espressi i giudici di merito possono così sintetizzarsi:
P.A. avrebbe posto in essere una condotta di inosservanza all'ordine - a lui impartito dal Col. B. - di non effettuare prelievi ematici dai cavalli appartenenti all'amministrazione militare sino alla comunicazione della intervenuta autorizzazione da parte dell'ente competente, l'Ispettorato Logistico di Roma;
- detta condotta risulterebbe realizzata in data 5.4.2006 attese le concordi deposizioni rese, sul punto, dal Magg. Bu.Mi., dal Col. B.F. e da C.G..
In particolare, va detto che il Col. B. ha confermato l'esistenza della disposizione di servizio, pur non avendo direttamente percepito l'avvenuta violazione, a lui riferita; il Magg. Bu. ha invece riferito circa la materiale esecuzione dell'attività di prelievo comportante la violazione dell'ordine, analogamente a quanto affermato dal teste C. e, nella ricostruzione fornita in sentenza, a quanto riferito dalla dott.ssa M.. Nel valutare il compendio probatorio, la Corte territoriale osserva - tra l'altro - che non vi è dubbio alcuno circa la consapevolezza in capo al P. della illeceità della condotta in virtù della chiarezza della disposizione ricevuta e ritiene non accoglibile l'eccezione difensiva formulata in riferimento alla pretesa alternatività tra la sanzione disciplinare (consegna di rigore per giorni cinque) inflitta per il medesimo fatto al P. e procedibilità in sede penale.
2. Ha proposto ricorso per cassazione P.A. con motivi redatti dal difensore di fiducia.
2.1 Con il primo motivo si denunzia la violazione dei contenuti del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, art. 1362, e art. 260 c.p.m.p.. Il ricorrente ripropone, in sostanza, la questione attinente la procedibilità lì dove, come nel caso di specie, sia stata inflitta in rapporto alla medesima violazione la sanzione disciplinare della consegna di rigore. Muovendo dalla disamina della afflitività di tale sanzione (che prevede il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell'ambiente militare - in caserma o a bordo di navi - o nel proprio alloggio) e dall'esame dei contenuti dell'attuale D.Lgs. n. 66 del 2010, art. 1362, comma 7, il ricorrente evidenzia che dal sistema normativo è lecito trarre la conseguenza della alternatività tra i due procedimenti, in caso contrario realizzandosi una ipotesi di bis in idem sostanziale, con violazione di profili di costituzionalità.
2.2 Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla ricostruzione del fatto. A dire del ricorrente vi sarebbe stata una sopravvalutazione dei reali contenuti dimostrativi apportati dalla deposizione del teste Bu., posto che costui non ha riferito di aver assistito al prelievo in data 5.4.2006 ma ha espresso una mera valutazione riferita al fatto di aver visto delle provette nelle mani del P.. Inoltre, la deposizione della teste Ma. non offre la dovuta certezza in ordine alla data, essendo stati effettuati in precedenza altri prelievi.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Quanto al primo motivo, con cui si ripropone il tema della procedibilità per l'avvenuta inflizione - al P. - della sanzione disciplinare della consegna di rigore in rapporto al medesimo fatto, lo stesso non può trovare accoglimento per le ragioni che seguono. Non vi è dubbio circa il fatto che la consegna di rigore rappresenta una particolare sanzione di carattere disciplinare, connotata da componenti limitative della libertà personale.
Il D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, art. 1362, comma 7 prevede che con tale sanzione disciplinare possono essere puniti i fatti previsti come reato e sottoposti alla particolare condizione di procedibilità di cui all'art. 260 c.p.m.p. lì dove il comandante di corpo non ritenga di chiedere il procedimento penale.
Da ciò deriva che lì dove la fattispecie di reato non preveda una sanzione superiore a sei mesi è effettivamente facoltà del comandante di corpo non promuovere il procedimento penale e consumare il potere punitivo attraverso la sanzione in parola.
Tuttavia, da ciò non discende la conseguenza, invocata dal ricorrente, per cui l'avvenuta applicazione della sanzione disciplinare della consegna di rigore (peraltro per una fattispecie non sottoposta alla applicazione dell'art. 260 c.p.m.p., essendo punita con la reclusione fino a un anno) escluda la punibilità in sede penale per il medesimo fatto.
Ben può, infatti, un soggetto sottoposto alle particolari regole dell'ordinamento militare essere punito sul piano disciplinare e su quello penale in rapporto alla medesima condotta, non rinvenendosi nel sistema un principio generale di alternatività tra le due sanzioni, al di là del caso espressamente considerato dall'art. 1362, comma 7 rapportato, a ben vedere, ad una legittima scelta del comandante di corpo di non promuovere l'azione penale.
La questione è stata affrontata anche in sede di giudizio di costituzionalità, con la decisione n. 406 del 31.7.2000 Corte Cost..
In tale decisione, sia pure in via incidentale, la Corte Costituzionale ha in sostanza escluso che l'applicazione della consegna di rigore possa ritenersi caratterizzata da quelle componenti di afflittività tipiche della sanzione penale, il che porta ad escludere il dubbio di costituzionalità in rapporto ad una duplice conseguenza negativa rapportata al medesimo fatto.
Da ciò, pertanto, deriva il rigetto del primo motivo addotto.
2. Con il secondo motivo si introducono censure che attengono, a ben vedere, l'esame del merito. La motivazione posta a base del provvedimento impugnato non appare, infatti, affetta da alcun vizio logico o errate percezioni del contenuto dimostrativo degli atti, posto che la violazione dell'ordine viene desunta dai contenuti di deposizioni testimoniali che raffigurano sia l'esistenza dell'ordine medesimo (deposizione del colonello B.F.) che la sua inosservanza (deposizione resa dal capitano Bu.). In particolare, l'attribuzione di significato dimostrativo alla deposizione resa dal capitano Bu. appare improntata a criteri di logica comune, posto che lo stesso riferì di aver notato l'imputato con un contenitore in cui erano presenti provette di sangue mentre era tra i cavalli del centro ippico. L'unica incertezza riferita dal teste appare relativa all'intervenuto prelievo da uno o da più cavalli (in rapporto al numero delle provette) ma ciò non autorizza a porre in dubbio, sul piano logico, l'avvenuto prelievo nella data riferita all'imputazione e, pertanto, la disobbedienza ai contenuti dell'ordine. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2013.
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2013
01-02-2017 15:33
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