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Sentenza

Danno erariale: trasmissibilità per via successoria agli eredi....
Danno erariale: trasmissibilità per via successoria agli eredi.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 30856/18; depositata il 29 novembre
SENTENZA 
sua ricorso 19532-2016 proposto da: 
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002 in persona del 
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in 
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA 
GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge; 
- ricorrente - 
contro 
M.S., M. S., elettivamente 
domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio 
dell'avvocato GUIDO ROMANELLI, che li rappresenta e 
difende unitamente all'avvocato ANIELLO GAROFALO 
giusta procura speciale in calce al controricorso; 
- controricorrenti - 
nonchè contro EQUITALIA NORD SPA 07244730961; 
- intimata - 
avverso la sentenza n. 690/2016 della CORTE D'APPELLO 
di MILANO, depositata il 23/02/2016; 
udita la relazione della causa svolta nella pubblica 
udienza del 03/10/2018 dal Consigliere Dott. LINA 
RUBINO; 
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore 
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per 
il rigetto del ricorso; 
udito l'Avvocato CHIARA ROMANELLI per delega; 
I FATTI DI CAUSA 
1.Nel giugno 2012, l'Agente per la riscossione della Provincia di Milano notificò a 
S.M. e S.M. , nella loro qualità di eredi del padre G.M.i, deceduto nel 2007, una cartella di pagamento per euro 3.921.989,91, 
relativa all'importo che il padre, G.M., era stato condannato a pagare 
a titolo di risarcimento danni nei confronti dell'erario con sentenza della Corte dei 
Conti n. 1132/00 passata in giudicato. 
2. 
I M. proponevano opposizione ex art. 615, primo comma, c.p.c., avverso 
la cartella di pagamento, puntualizzando di aver accettato l'eredità con beneficio di 
inventario e deducendo in via principale la inesistenza di un titolo esecutivo nei loro 
confronti in quanto il titolo esecutivo emesso prima del decesso del responsabile 
dell'illecito, a norma dell'art. 1, c.1, della legge n. 20/1994 
(Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) 
avrebbe potuto essere azionato esecutivamente nei loro confronti solo previo l'accertamento della sussistenza delle condizioni di 
illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli 
eredi stessi, richieste dalla legge ai fini della trasferibilità dell'obbligazione in capo 
agli eredi; in via subordinata chiedevano si dichiarasse il difetto di giurisdizione del 
g.o., per aver giurisdizione la Corte dei conti sull'accertamento dei predetti 
presupposti di trasmissibilità dell'obbligazione; in via ulteriormente gradata 
eccepivano la prescrizione. 
3. 
Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 2356/2013, accoglieva l'opposizione, 
ritenendo che "... la condanna per responsabilità amministrativa emessa nei confronti 
dell'autore dell'illecito, poi deceduto, non è direttamente opponibile agli eredi quale titolo 
esecutivo efficace per il recupero del credito dal momento che non ha potuto costituire 
oggetto di tale giudizio l'accertamento dei presupposti per la trasmissione del debito 
dall'autore dell'illecito ai suoi eredi". 
4. 
L'Agenzia delle entrate propose appello, lamentando che il giudice di prime cure 
avesse erroneamente dichiarato, in assenza di un previo accertamento del giudice 
contabile, l'inesistenza di un titolo esecutivo valido nei confronti degli eredi 
Marinucci, anziché dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in favore della Corte 
dei conti. 
5. 
La Corte d'appello, in motivazione, a pag. 1 dichiarava, in accoglimento 
dell'appello principale ed incidentale, la carenza di giurisdizione del giudice 
ordinario in ordine all'accertamento della ricorrenza o meno dei presupposti 
sostanziali per la trasmissione agli eredi del debito risarcitorio di cui al titolo 
giudiziale esecutivo. 
Affermava che non compete al giudice ordinario la dichiarazione di cui al capo 1) del 
dispositivo della sentenza impugnata, di "inesistenza di valido titolo esecutivo in 
capo all'Agenzia delle entrate per il recupero del credito risarcitorio nei confronti 
degli eredi di G,M.", essendo l'accertamento delle inerenti esistenza o 
inesistenza riservato alla giurisdizione della corte dei conti. 
La stessa, tuttavia, sul presupposto che il giudice contabile non si occupi dell'azione 
esecutiva, che rientra nella cognizione del giudice ordinario, dichiarava la "invalidità 
dell'intimazione di pagamento notificata dalla S.p.a. Equitalia agli eredi M. 
prima che fosse giudizialmente accertata nella competente sede l'eventuale 
trasmissione a essi del debito risarcitorio di cui al titolo giudiziale azionato, 
e quindi, la loro successione nel relativo debito". 
In dispositivo, così provvedeva: 
1)dichiarava la carenza di giurisdizione del giudice ordinario in favore della 
Corte dei Conti in ordine all'accertamento della trasmissione ai signori 
M. del debito del loro dante causa; 
2)dichiarava l'invalidità della intimazione di pagamento notificata ai Marinucci 
nel 2012; 
3)compensava le spese anche del giudizio di appello. 
6. 
Contro la sentenza della Corte d'Appello di Milano, sez. III, n. 690/2016, ricorre 
per Cassazione, con due motivi, l'Agenzia delle Entrate. 
Resistono con controricorso S. M. e S.M. 
LE RAGIONI DELLA DECISIONE 
Con il primo motivo l'Agenzia delle Entrate deduce la presenza di un error in 
procedendo - nullità della sentenza: violazione degli artt. 615 
c.1 e 132 c. 1 n. 4 c.p.c.  in relazione all'art. 360 c.1 n. 4 c.p.c. 
La ricorrente lamenta che l'affermazione che non competa al Giudice ordinario la 
dichiarazione di inesistenza di valido titolo esecutivo in capo all'Agenzia delle 
Entrate sia in contraddizione con la decisione della Corte sull'invalidità 
dell'intimazione di pagamento notificata da Equitalia agli eredi, in quanto in tal 
modo essa avrebbe effettuato proprio quella valutazione sull'efficacia del titolo nei 
confronti degli eredi che pur aveva affermato essere estranea alla propria 
giurisdizione. 
Deduce che la Corte avrebbe finito così per contraddire le giuste premesse dell'iter 
logico seguito, consistenti nella devoluzione alla cognizione del Giudice contabile 
delle questioni concernenti la trasmissibilità del debito risarcitorio, ai sensi dell'art.1 
della L. n. 20/1994. 
Censura che la decisione sia pertanto affetta da error in procedendo 
sotto il duplice  profilo della violazione dell'art. 615, c.1 c.p.c. e della mera apparenza della 
motivazione, viziata da irrimediabile contraddittorietà. 
Lamenta che il giudizio introdotto dalla controparte ex art. 615 c.1 c.p.c. abbia 
natura di giudizio di cognizione avente a oggetto l'accertamento della sussistenza o 
meno del diritto del creditore a esperire una futura azione esecutiva nei confronti del 
destinatario della cartella, e non invece l'accertamento dell'esistenza del titolo e della 
sua esigibilità nei confronti degli intimati. 
Deduce che non si tratti pertanto di questione attinente all'esercizio dell'azione 
esecutiva o alla validità degli atti dell'esecuzione, essendo la cartella esattoriale non 
atto dell'esecuzione, ma che ne preannuncia l'avvio. 
Censura anche che -poiché il debito degli eredi non trova fonte in un fatto 
costitutivo autonomo rispetto al debito del de cuius, ma nel debito del dante causa 
nel quale gli eredi succedono  mortis causa- la giurisdizione sull'accertamento dei 
presupposti di trasmissibilità del debito agli eredi appartenga in via esclusiva alla 
Corte dei Conti. 
Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 615, 
c.1 c.p.c., 2909 c.c. e 1, c.1, L. 20 del 1994 in relazione all'art. 360 c.1 n. 3 c.p.c. 
La ricorrente sostiene che la legge preveda la trasmissibilità automatica 
dell'obbligazione di pagamento agli eredi, ai sensi dell'art. 2909 c.c., e non subordini 
invece la trasmissione del debito all'accertamento dei due presupposti 
dell'arricchimento del dante causa e del conseguente indebito arricchimento degli 
eredi stessi. 
Deduce che la decisione della Corte d'appello presupponga, erroneamente, che il 
titolo da porre in esecuzione nei confronti dell'erede di un soggetto condannato per 
danno erariale con sentenza passata in giudicato sia diverso dalla sentenza di 
condanna del de cuius. 
Censura che il meccanismo di trasferimento del debito risarcitorio in capo agli eredi 
abbia natura successoria, in quanto la pretesa dell'Erario nei confronti degli eredi 
stessi non si fonda su un fatto costitutivo autonomo, ma sul medesimo debito 
risarcitorio sorto in capo al de cuius. 
Lamenta che i due presupposti di operatività della successione, previsti dalla L. n. 
20/1994 debbano considerarsi come mere condizioni di efficacia della successione, e 
non quali fatti costitutivi di un'autonoma posizione debitoria. 
Ciò tanto più che, nel caso di specie, la sentenza di condanna n. 1132/00 conterrebbe 
già l'accertamento dell'illecito arricchimento del  de cuius  (in quanto risulterebbe 
accertato che lo stesso avesse percepito ingenti somme di denaro per il compimento 
di atti contrari al proprio ufficio), con conseguente presunzione di indebito 
arricchimento degli eredi, i quali avrebbero dovuto agire per l'accertamento negativo 
dei presupposti di cui all'art. 1 della L. n. 20/1994. 
Lamenta pertanto che la Corte d'appello, pronunciandosi immediatamente 
sull'opposizione proposta dagli eredi, l'abbia accolta, sostanzialmente 
pronunciandosi sull'efficacia del titolo azionato nei confronti degli eredi stessi, 
sovrapponendosi all'accertamento devoluto alla giurisdizione contabile. 
La decisione impugnata resiste alle critiche mosse con i motivi di ricorso. 
Preliminarmente, va detto che la controversia in esame presuppone la risoluzione di 
due questioni di giurisdizione, così prospettabili in ordine logico: 
-se il giudizio di opposizione conseguente all'esecuzione di una sentenza di condanna 
della Corte dei conti avente ad oggetto una controversia in materia di diritti 
soggettivi sia soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario o contabile, laddove 
l'esecutato, erede del responsabile amministrativo, alleghi l'inesistenza di un titolo 
esecutivo azionabile nei propri confronti, in quanto non sia stato preventivamente 
accertato l'arricchimento del responsabile ed il proprio indebito arricchimento, 
come previsto dall'art. 1, comma 1 della legge n. 20 del 
1994; 
- se appartenga al giudice contabile o al giudice ordinario la competenza ad accertare 
la sussistenza o meno del doppio presupposto dell'illecito arricchimento del 
de cuius e dell'indebito arricchimento degli eredi, richiesti dall'art. 1 predetto ai fini della 
trasmissibilità agli eredi dell'accertata responsabilità contabile del 
de cuius. 
Tuttavia, non è necessario rimettere la causa alle Sezioni Unite affinché risolvano le 
questioni di giurisdizione anzidette, in quanto le medesime questioni sono state già, 
recentemente, decise dalle Sezioni Unite in relazione ad una fattispecie analoga, con 
sentenza n. 19280 del 2018 alla quale si può far riferimento per decidere il caso in 
esame, secondo la disposizione contenuta nell'art. 374, primo comma, c.p.c. 
La sezione semplice infatti può decidere la questione di giurisdizione che forma 
esclusivo oggetto del ricorso, ai sensi dell'art. 374, primo comma, cod. proc. civ., se 
su di essa si siano già pronunciate le S.U. con orientamento univoco (v. Cass. n. 
16069 del 2018). 
La fattispecie sottoposta all'esame di da Cass. S.U. n. 19280 del 2018 era assai simile 
a quella in esame, ed identica è la questione di diritto sottoposta all'attenzione della 
Corte. In entrambi i casi, formatosi il titolo nei confronti del 
de cuius, a carico del quale risulta pronunciata la sentenza definitiva della Corte dei conti che lo condanna 
al risarcimento del danno erariale, l'esattore ha direttamente notificato agli eredi del 
soggetto condannato le cartelle esattoriali, senza che vi fosse stato preventivo 
accertamento dell'inverarsi dei presupposti di trasmissione del debito 
e  gli eredi hanno proposto opposizione all'esecuzione deducendo la mancanza di titolo 
esecutivo nei loro confronti. 
Come osservato da Cass. S.U. n. 19280 del 2018, giova ricordare che in tema di 
responsabilità amministrativa, anche quando il debito risarcitorio del pubblico 
dipendente sia stato accertato dal giudice contabile con sentenza passata in giudicato, 
la trasmissibilità agli eredi si verifica soltanto nei casi in cui il fatto illecito abbia non 
soltanto arrecato un danno all'erario, ma anche procurato al dante causa, autore dello 
stesso, un illecito arricchimento (v. Cass. S.U. n. 4332 del 2008), il che richiede che 
tale presupposto - così come il conseguente indebito arricchimento degli eredi - sia 
stato "accertato nel giudizio dinanzi al giudice contabile". 
Ora, nel caso in esame la mancanza di questo accertamento impone alla Corte di 
cassazione, giudicando sull'asserito vizio attinente la giurisdizione, di rilevare che 
proprio l'assenza nei confronti dei pretesi eredi di un titolo debitamente formato in 
sede propria, prima dell'esecuzione, è la ragione che, al contempo, esclude la 
configurabilità della giurisdizione contabile sull'opposizione esecutiva e giustifica 
l'accoglimento della opposizione stessa. 
Occorre infatti ribadire,da un lato,che non v'è alcun automatismo sulla trasmissione 
del debito, proprio perché soggetto a presupposti che debbono essere accertati in 
sede di giurisdizione contabile, dall'altro che "Presupposto del processo di esecuzione 
civile è l'esistenza di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile,, 
senza che possano venire in considerazione profili cognitori per l'accertamento 
dell'esistenza di un'obbligazione, con la conseguenza che, in punto di giurisdizione, 
, 
non si può profilare f4ro giudice competente sulla materia e che quando sia posta in 
esecuzione una sentenza di condanna della P.A., ancorch pronunciata da un giudice 
speciale, viene introdotta una controversia avente ad oggetto un diritto soggettivo, 
rimessa alla competenza del giudice ordinario" (Cass. S.U. n. 7578 del 2006). 
Ne consegue che ove sia fatta valere l'assenza di un titolo esecutivo - come nella 
specie è insito nella opposizione proposta dagli eredi, che nel caso esaminato da Cass. 
S.U. n. 19280\2018 hanno negato la opponibilità della sentenza nei loro confronti 
in quanto rinuncianti alla eredità paterna, nel caso sottoposto al nostro esame hanno 
negato l'esistenza del titolo nei loro confronti in mancanza del preventivo 
accertamento dei due predetti, necessari presupposti da parte del giudice contabile - 
la controversia resta nell'ambito di cognizione del giudice ordinario. 
La prima questione va quindi risolta con l'affermazione della giurisdizione del 
giudice ordinario nella opposizione all'esecuzione proposta dall'erede di chi sia stato 
condannato in sede contabile, che neghi l'esistenza di un titolo esecutivo 
immediatamente azionabile nei propri confronti, in mancanza del preventivo 
accertamento dell'arricchimento del de cuius e  dell'arricchimento degli eredi in 
conformità del principio di diritto espresso da Cass. S.U. n. 19280 del 2018: 
"Presupposto del processo di esecuzione civile è l'esistenza di un titolo esecutivo per 
un diritto certo, liquido ed esigibile, senza che possano venire in considerazione 
profili cognitori per l'accertamento dell'esistenza di un'obbligazione, con la 
conseguenza in punto di giurisdizione che il giudizio di opposizione conseguente 
all'esecuzione di una sentenza di condanna della Corte dei conti, avendo ad oggetto 
una controversia relativa ad un diritto soggettivo, è soggetto alla giurisdizione del 
giudice ordinario. (Nella specie la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice 
ordinario e non quella contabile in relazione al giudizio di opposizione all'esecuzione 
promosso dagli eredi di un pubblico dipendente condannato per danno erariale, 
perché la sentenza di condanna non era stata emessa nei loro confronti 
e  mancava il necessario accertamento del loro indebito arricchimento quale presupposto della 
trasmissibilità del debito)". 
La seconda, va risolta nel senso della giurisdizione contabile sul necessario, 
preventivo accertamento della sussistenza dei presupposti per la trasmissibilità agli 
eredi della condanna al risarcimento danni da responsabilità contabile. 
In virtù delle considerazioni sopra svolte in ordine alla giurisdizione, il ricorso deve 
essere rigettato. Infatti, quanto al primo motivo, la corte d'appello non ha confuso i 
due piani ) ritenendo correttamente sussistere la propria giurisdizione in ordine 
all'opposizione all'esecuzione, e giudicando la fondatezza della stessa, ed al contempo 
affermando la sussistenza della giurisdizione contabile in relazione all'accertamento 
del presupposto del duplice arricchimento. 
In relazione al secondo motivo di ricorso, valgono le considerazioni espresse 
richiamando il passo della decisione n. 19280 : anche quando sia intervenuto un 
accertamento definitivo in merito alla responsabilità contabile di un soggetto, il quale 
abbia subito una condanna per danno erariale, la trasmissione del debito agli eredi 
non è automatica , ma presuppone il preventivo accertamento che il 
de cuius si sia indebitamente arricchito ( il che può non verificarsi in molte fattispecie in cui pur il 
responsabile abbia procurato un danno erariale, quali quelle in cui il condannato 
abbia colposamente omesso il recupero di un credito erariale in favore 
dell'amministrazione) che anche gli eredi se ne siano giovati, accertamento 
rientrante nella giurisdizione del magistrato contabile. 
Il ricorso va pertanto rigettato. 
Le spese di lite possono essere compensate, atteso che solo di recente le questioni 
proposte sono state risolte dalle Sezioni Unite. 
Non sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, poiché 
ricorrente è la pubblica amministrazione. 
P.Q.M. 
Rigetta il ricorso. Spese compensate. 
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 3 ottobre 2018 
Il Consigliere estensore 
Il Presidente 
Franco De Stefano
Avv. Antonino Sugamele

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