Per l'accusa alcuni militari della capitaneria di porto di Catania avrebbero sottoposto ai loro comandanti prospetti relativi a servizi di guardia non svolti e corrispondenti ad ore di straordinario che invece erano state autorizzate ed effettivamente svolte. Il Tribunale Militare di Napoli dichiara il non luogo a procedere. La procura militare ricorre in Cassazione. Non luogo confermato.
Cassazione penale Sent. Sez. 1 Num. 1521 Anno 2018 Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA Relatore: BARONE LUIGI Data Udienza: 09/11/2017
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALEIDI NAPOLI
nel procedimento a carico di:
R.P. nato il ...... a L.S.
R.M. nato il ..... a A.
A.A. nato il .....a N.
avverso la sentenza del 13/09/2016 del TRIBUNALE MILITARE di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI BARONE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale L.M.
FLAMINI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del PM.
Uditi i difensori:
Avvocato UMBERTO TERRANOVA del foro di CATANIA in difesa di R.M. e A.A. che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Avvocato F.E.del foro di ROMA in difesa di R.P. che ha
chiesto il rigetto del ricorso con la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale Militare di Napoli, con sentenza del
13.9.2016 dichiarava, ai sensi dell'art. 425 cod. proc. pen., non luogo a procedere perché il
fatto non sussiste nei confronti di R.P., R.M. e A.A., imputati dei
reati di truffa militare aggravata e continuata ai danni dell'amministrazione militare di
appartenenza.
Secondo la respinta tesi di accusa, i predetti militari avevano sottoposto ai comandanti della
capitaneria di porto di Catania dei prospetti relativi a servizi di guardia in realtà non svolti e
corrispondenti ad ore di straordinario che invece erano state autorizzate ed effettivamente
svolte. Detti prospetti erano stati sottoscritti dai comandanti della capitaneria di porto di
Catania e da questi trasmessi all'ufficio amministrativo - Maricommi di Augusta -, che
procedeva alla liquidazione dei compensi (per l'accusa da ritenersi indebiti in ragione della
evidenziata discrasia).
2. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale militare di Napoli, denunciando violazione di legge e vizi di motivazione.
La parte pubblica ritiene non condivisibili le valutazioni del gup, atteso che l'omessa
comunicazione contestata ai militari aveva determinato una induzione in errore
dell'amministrazione con conseguente percezione di profitti illeciti perché derivati da servizi di
guardia nella realtà mai svolti; senza che al riguardo potessero rilevare gli evocati meccanismi
compensativi degli emolumenti indebitamente percepiti con crediti vantati; atteso, peraltro,
che non era stata seguita la procedura necessaria per stornare le risorse relative ai lavori
straordinari da quella per i compensi forfettari di guardia.
Osserva, altresì, quanto al profilo soggettivo, che, tenuto conto della notevole entità delle
somme indebite percepite e della protrazione nel tempo delle corresponsioni, gli imputati non
potevano non sapere di aver percepito somme senza titolo.
Deduce che, in ogni caso, l'ipotesi accusatoria avrebbe richiesto il vaglio dibattimentale.
3. La difesa del R.ha depositato memoria difensiva con la quale chiede il rigetto del
ricorso aderendo alle valutazioni in fatto e in diritto della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Questa Corte, con riferimento ad un caso pressoché sovrapponibile all'odierno, ha
respinto l'impugnazione del pubblico ministero articolata in motivi coincidenti a quelli in esame
(Sez. 1, n. 29974 del 25/01/2016, Baiata ed altri non massimata).
Il Collegio, in linea con questo precedente, ritiene immune da censure la decisione dal
giudice di merito, fondata sulla assoluta insussistenza dei requisiti, oggettivi e soggettivi, del
reato di truffa.
Sul piano materiale, gli artifici o raggiri si sarebbero tradotti, in tesi accusatoria, in una
condotta di tipo omissivo consistita nel silenzio serbato dagli imputati sulla natura indebita del
percepito compenso forfettario.
Il giudice del merito non ha disconosciuto che in tema di truffa anche il silenzio può
assumere connotazioni artificiose o di raggiro, ma ha correttamente osservato che ciò vale
soltanto se il comportamento passivo violi specifici obblighi giuridici
(Sez. 2, n. 23623 del 08/06/2006, Corsinovi, Rv. 234996), nel caso di specie mancanti.
Ha, inoltre, rilevato che nella fattispecie, così come ricostruita dalla stessa pubblica accusa,
difetta il requisito della induzione in errore, in quanto
23-01-2018 15:14
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