Servizi segreti.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., (ud. 05-07-2017) 12-09-2017, n. 9699
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14695 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Lorenzo Acquarone, Giovanni Acquarone e Luca Gabrielli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Filippo Nicolai, 70;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri - D.I.S. (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) e AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
1) quanto al ricorso:
- del decreto del Direttore Generale del D.I.S. in data 3 luglio 2015, registrato in data 2 ottobre 2015 al numero d'ordine di registrazione 13 foglio 66, comunicato al ricorrente con nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri notificata in data 6.10.2015, con cui è stato disposto il rientro del dott. -OMISSIS- nell'Amministrazione di provenienza (Presidenza del Consiglio dei Ministri) d'ufficio, per esigenze di servizio, ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. b), del DPCM 1/2011, a decorrere dal decimo giorno successivo a quello dell'avvenuta notifica;
- di ogni atto preparatorio, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso tra cui, ove esistenti, la propedeutica proposta del Direttore dell'A.I.S.E e il parere del Consiglio di Amministrazione istituito tra gli esponenti apicali del DIS, dell'AISE e dell'AISI;
e per l'accertamento e la declaratoria
del diritto del dott. -OMISSIS- alla sua permanenza nel ruolo unico del contingente speciale del personale del DIS, dell'AISE e dell'AISI;
nonché per il risarcimento
di tutti i danni subiti e subendi dal ricorrente per effetto del disposto suo rientro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
2) quanto ai primi motivi aggiunti:
- della nota dell'AISE prot. (...);
- della proposta del Direttore dell'AISE in data 24.6.2015, prot. n. (...), per l'adozione del provvedimento di rientro d'ufficio, per esigenze di servizio, del dott. -OMISSIS- nell'Amministrazione di provenienza:
- del parere favorevole del Consiglio di amministrazione, istituito tra gli esponenti apicali del DIS, dell'AISE e dell'AISI, espresso nella seduta del 30 giugno 2015;
- del decreto del Direttore Generale del DIS prot. n. (...) (6973/28) UCAP.SAPS in data 3.7.2015;
- del rapporto informativo di fine servizio del Direttore Generale del DIS in data 27.10.2015, prot. (...)(6973/28) UCAP.SSRL, limitatamente alla parte in cui afferma che "...benché il profilo professionale del Dirigente sia apparso non più compatibile con le esigenze organizzative e funzionali si settore anche, in relazione a provvedimenti di riorganizzazione delle strutture del Comparto,...";
- di ogni atto preparatorio, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso;
3) quanto ai secondi motivi aggiunti:
della nuova scheda di valutazione del dott. -OMISSIS-, riferita all'anno 2014, notificata in data 11.5.2017 e redatta dall'AISE a seguito dell'annullamento della precedente valutazione, afferente il medesimo 2014, disposto con Decreto del Presidente della Repubblica del 10.1.2017 emanato in conformità al parere n. 2509/2016 della Sezione I del Consiglio di Stato.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri - D.I.S. (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) e AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), con la relativa documentazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 5 luglio 2017 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, il dott. -OMISSIS-, assunto nell'ex SISDE nel 1986 - evidenziando di essere all'epoca inquadrato nel ruolo unico del D.I.S. (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza - DIS), dell'AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna) e dell'AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna), rivestendo la qualifica "quasi apicale" di Dirigente di seconda fascia di livello A con maggiore anzianità di servizio e con l'incarico di Capo Divisione, e ricordando il suo "iter" di carriera all'interno dei vari servizi di informazione, ove aveva conseguito sempre il massimo punteggio di 60/60 nelle note di valutazione (l'ultima nel 2013) - chiedeva l'annullamento, previa sospensiva, del provvedimento in epigrafe con il quale, a due anni dal pensionamento, era stato disposto il suo rientro nell'Amministrazione di provenienza (nella specie, la P.C.M.), per esigenze di servizio ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. b), d.p.c.m. n. 1/2011.
In particolare, il ricorrente, premettendo di aver subito, a decorrere dal 2014, comportamenti "intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici" da parte dell'Amministrazione mediante assegnazione all'Ufficio Studi dell'AISE, in un ambiente in cui erano pure in corso lavori di ristrutturazione, ma senza individuazione di alcun "obiettivo", funzione o compito e con sottrazione delle apparecchiature funzionali alla sua attività (computer, telefono cellulare e macchina di servizio), lamentava di aver visto assegnatosi - nell'ambito della nuova procedura di valutazione introdotta nel 2014 - da ultimo la valutazione di "ottimo" ma col punteggio "minimo di 80/100 - e censurava quindi, in sintesi, quanto segue.
"1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; dell'art. 1, comma 1, della L. n. 241 del 1990; dell'art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. n. 124 del 2007 e dell'art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. n. 124 del 2007; dell'art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell'art. 2119 c.c."
Il ricorrente insisteva nel ritenersi oggetto di comportamento vessatorio da parte dell'Amministrazione, orientato proprio al fine del suo allontanamento dal servizio per ragioni di ostilità - laddove sulla gestione del personale operavano comunque predeterminati criteri regolamentari che non risultavano in alcun modo richiamati nel provvedimento impugnato - da parte dell'AISE e del DIS, quest'ultimo che pure aveva come compito istituzionale, in virtù della normativa richiamata in rubrica, quello di controllo e indirizzo dell'Agenzia in questione.
Lo sviluppo dell'ultima parte del suo servizio, nel 2014, era quindi definita "esorbitante e incongrua", per quanto sopra richiamato, e risultava contraria anche agli interessi generali e ai compiti istituzionali perseguiti dalle intimate Amministrazioni.
"2. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; degli artt. 1175 e 1375 c.c.; arbitrarietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento".
Per il ricorrente, con l'attività "vessatoria" posta in atto, risultavano violate anche le norme che impongono al lavoratore e al datore di lavoro di eseguire le rispettive obbligazioni contrattuali nel rispetto della buona fede e della correttezza.
"3. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, dell'art. 21, comma 8 della L. n. 124 del 2007 e dell'art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011".
Il ricorrente lamentava anche che il provvedimento impugnato fosse contraddistinto da una motivazione "apparente", in quanto non risultavano esternate le richiamate "esigenze di servizio" poste alla base della determinazione, tenendo conto della sua lunga carriera nei servizi di "intelligence" e dell'epoca dell'ultima riforma legislativa, risalente al 2007.
"4. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di: difetto di istruttoria, di difetto di potere ed illogicità".
La determinazione impugnata non aveva visto alcuna attività istruttoria, posto che il ricorrente risultava allontanato dall'AISE pur in presenza di posti vacanti del medesimo livello funzionale da lui ricoperto.
"5. Illegittimità derivata".
Il ricorrente estendeva la censure precedenti anche agli atti presupposti, consistenti nella motivata richiesta del Direttore Generale del DIS e nel parere del Consiglio di Amministrazione tra gli esponenti di DIS, AISI e AISE, non ancora conosciuti.
"6. Violazione, sotto ulteriore profilo, dell'art. 4, comma 3 lett. i) della L. n. 124 del 2007. Eccesso di potere per difetto di istruttoria".
Il ricorrente ricordava di avere nelle more proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso l'ultima valutazione del 2014, notificato al DIS nel settembre 2015 senza che quest'ultimo avesse avviato alcuna attività ispettiva nei confronti dell'AISE, secondo quando ivi rappresentato e sopra ricordato in merito alla situazione lavorativa dell'interessato.
Il ricorrente concludeva la sua esposizione avanzando istanza istruttoria al fine di acquisire in giudizio gli atti presupposti sopra richiamati, nonché istanza di ammissione di prova testimoniale sulle circostanze ivi indicate e domanda risarcitoria sotto diversi profili.
Si costituiva in giudizio la P.C.M. (anche per DIS e AISE), depositando documentazione e una relazione sui fatti.
Alla camera di consiglio del 13.1.2016, la trattazione era rinviata a quella di merito e, nelle more, parte ricorrente proponeva rituali motivi aggiunti avverso gli atti presupposti in epigrafe indicati.
Riprendendo nella sostanza le censure già dedotte con l'atto introduttivo, il ricorrente deduceva, in sintesi, quanto segue.
"1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; dell'art. 1, comma 1, della L. n. 241 del 1990; dell'art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. n. 124 del 2007 e dell'art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. n. 124 del 2007; dell'art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell'art. 2119 c.c."
Il -OMISSIS-, pur ammettendo l'ampia discrezionalità amministrativa esistente in argomento, riteneva comunque abnorme, discriminatoria e vessatoria la determinazione dell'Amministrazione, laddove non si riscontrava logica nel procedere all'allontanamento, per generiche esigenze di servizio, dopo otto anni dall'introduzione dell'ultima riforma legislativa, di un dirigente che aveva sempre conseguito il massimo punteggio valutativo fino al 2013 e che quindi risultava pienamente adeguato ad operare.
"2. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; degli artt. 1175 e 1375 c.c.; arbitrarietà dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento".
Riprendendo il secondo motivo di ricorso, il ricorrente insisteva sulla violazione di legge come lamentata.
"3. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; dell'art. 1, comma 1, della L. n. 241 del 1990; dell'art. 4, comma 3 lettere i) ed n) della L. n. 124 del 2007 e dell'art. 21, commi 1, 2, lettere h) e n) ed 8 della L. n. 124 del 2007; dell'art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011 e dell'art. 2119 c.c.".
Riproponendo la rubrica del primo motivo di ricorso e del primo motivo aggiunto, il ricorrente rilevava che nulla l'Amministrazione aveva osservato sulle modalità di svolgimento del servizio nell'ultimo anno nonché sull'assenza di procedimenti disciplinari e di obiettivi assegnati, confermando così la marginalizzazione cui era stato costretto, culminata nei provvedimenti impugnati.
"4. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di: difetto di istruttoria, di difetto di potere ed illogicità".
Il ricorrente insisteva sull'assenza di una "reale" motivazione e contestava l'indicazione della data nella quale l'Amministrazione aveva individuato la sua nomina a Direttore di Divisione, che era il 9.5.1996 e non il 26.4.2000.
Era riproposta, infine, la domanda di ammissione di prova testimoniale.
Da ultimo, il ricorrente proponeva un rituale secondo atto di motivi aggiunti con il quale censurava la nuova valutazione per il 2014 effettuata dall'Amministrazione dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, che aveva espresso parere favorevole all'accoglimento del su richiamato ricorso straordinario.
Evidenziando che la motivazione per la quale era confermato il precedente giudizio richiamava la circostanza che non era risultato "proattivo", il -OMISSIS- lamentava quanto segue.
" 1. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost.; degli artt. 1, comma 1 e 3, comma 1 della L. n. 241 del 1990; dell'art. 4, comma 3 lett. n) della L. n. 124 del 2007 e dell'art. 21, commi 1 e 2 lett. h) della L. n. 124 del 2007. Violazione e/o falsa applicazione del Regolamento inerente il personale del contingente speciale addetto ai servizi di informazione e sicurezza, nonché dei criteri stabiliti in regolamenti e/o direttive del DIS e/o dell'AISE, di estremi ignoti, per la valutazione del personale del contingente speciale."
La nuova scheda era motivata in tal senso senza richiamare alcun elemento valutabile e aderente alla realtà dei fatti, in violazione del principio generale di imparzialità della p.a.
Sussistevano invece criteri oggettivi di valutazione che non risultavano applicati e, nel caso di specie, si era dato luogo a una eccessiva discrezionalità.
"2. Eccesso di potere per sussistenza delle figure sintomatiche di motivazione apparente, difetto assoluto di istruttoria, illogicità e di carenza di potere".
Ancora una volta si profilava una motivazione "apparente" nella valutazione in questione, perché resa in assenza di alcun elemento valutabile.
"3. In merito alla vessatoria marginalizzazione tecnico-operativa cui è stato illegittimamente sottoposto il ricorrente".
Illogica si palesava anche la circostanza per la quale un dirigente quasi apicale degli apparati di informazione risultava privo di personale a esso sottoposto, come si evinceva dagli atti impugnati.
Il ricorrente insisteva poi in un'ulteriore istanza istruttoria in ordine all'effettiva attività svolta nel periodo in valutazione.
In prossimità della pubblica udienza, parte ricorrente e l'Amministrazione depositavano memorie illustrative delle rispettive posizioni, ove quest'ultima insisteva per la reiezione del gravame.
Il ricorrente, inoltre, depositava anche una memoria "di replica", in cui ribadiva la sue tesi e evidenziava di non avere mai accettato le disposizioni speciali che prevedono la "precarietà" del rapporto di impiego con i Servizi di Informazione, come richiamato nelle difese dell'Amministrazione, e di aver subito vera e propria attività discriminatoria, come già denunciato nei precedenti scritti difensivi.
Alla udienza di merito del 5.7.2017 la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il Collegio, a fronte dei molteplici argomenti introdotti dal ricorrente nel gravame, ritiene opportuno esaminare ciascuno nell'ambito della rispettiva impugnativa proposta.
Ebbene, con il ricorso introduttivo il -OMISSIS- ha chiesto l'annullamento del decreto dirigenziale con cui era stato disposto il suo rientro nell'Amministrazione di provenienza.
Il Collegio rileva che tale decreto era esplicitamente motivato sul richiamo alle intervenute "esigenze di servizio, ai sensi dell'art. 32, comma 1, lett. b) del D.P.C.M. 1/2011, come modificato dal D.P.C.M. n. 5/2012".
Il ricorrente, con il primo motivo, ritiene invece che la cessazione del rapporto fosse avvenuta "in spregio di ogni normativa e/o disposizione", ritenendo che l'origine dell'iniziativa in questione fosse da individuarsi in comportamenti "vessatori" tenuti dal 2014 e orientati proprio al suo allontanamento, nonostante la sua impeccabile carriera e lo "stato di servizio" vantati fino all'anno precedente.
Il Collegio, però, non ritiene di condividere l'impostazione del ricorrente, rilevando che non risulta alcun elemento per il quale gli eventi richiamati dal -OMISSIS- abbiano assunto rilevanza sulla decisione di cui al provvedimento impugnato.
In realtà, in relazione alla censura specifica dedotta con il primo motivo, non risulta che il provvedimento in questione sia stato adottato al di fuori di alcun parametro regolamentare, dato che è evidente proprio l'esplicito richiamo a norma regolamentare quale è quella di cui al d.p.c.m. n. 1/2001, come modificato dal d.p.c.m. n. 5/2012, e quindi al relativo art. 32 (sulla natura regolamentare del d.p.c.m. in questione adottato ai sensi dell'art. 21, comma 1, l. n. 124/2007: Cons. Stato, Sez. IV, 10.7.13, n. 3687).
Sotto un profilo sostanziale, inoltre, si osserva che tale norma di cui all'art. 32 cit. prevede che il c.d. "rientro" nell'Amministrazione di provenienza possa essere disposto qualora il profilo personale o professionale del dipendente non risulti più compatibile con le esigenze organizzative e funzionali degli organismi di sicurezza.
Questa indicazione coincide con quanto previsto essenzialmente dagli artt. 6 e 9 del precedente d.p.c.m. n. 7/1980, su cui si è pronunciata gran parte della giurisprudenza amministrativa che ha rilevato come il rapporto alle dipendenze dei Servizi di Informazione è atipico rispetto al modulo del pubblico impiego, in quanto, a fronte dell'ampia discrezionalità riconosciuta all'Amministrazione nella specifica fattispecie, sussistono posizioni soggettive di carattere recessivo rispetto al prevalente interesse pubblico tutelato, alla luce del carattere fiduciario del rapporto stesso che si instaura senza particolari procedure selettive. Ne consegue che, venendo in rilievo le peculiari esigenze funzionali di tali Organismi - che sono istituzionalmente sovraordinate rispetto a quelle del singolo personale assegnato - la cessazione del rapporto non necessita di motivazione ulteriore rispetto alla mera indicazione della norma che fa richiamo a esigenze organizzative e funzionali, potendo l'ostensione di motivi specifici che impongono la "restituzione" del dipendente all'amministrazione di provenienza pregiudicare tali esigenze (TAR Lazio, Sez. I, 7.2.15, n. 2281). La cessazione del rapporto di servizio con DIS, AISE o AISI, quindi, si connota per l'attribuzione all'amministrazione di un potere discrezionale particolarmente ampio, a cui corrisponde, in ragione dell'assoluta peculiarità dei compiti affidati, la facoltà di adottare i necessari provvedimenti organizzativi nei confronti del personale, per cui la relativa determinazione può considerarsi sufficientemente motivata dal mero richiamo a generali esigenze di riorganizzazione (sul punto: TAR Lazio, Sez. I, n. 2281/15 cit. e 8.2.10, n. 1635).
In definitiva, per quanto riguarda l'invocato difetto di motivazione e di istruttoria di cui al primo motivo di ricorso, il Collegio evidenzia che non si rinviene alcuna conclamata ostilità o vessatorietà nei confronti del ricorrente alla base del provvedimento impugnato ma l'applicazione della normativa vigente, nel rispetto della specificità che contraddistingue il rapporto con (gli ora denominati) DIS, AISE e AISI.
E' stato poi fatto richiamo in tal senso dalla difesa erariale - e ne è stata fornita copia in giudizio - degli specifici "atti di assenso" sottoscritti dal ricorrente il 2.11.95 e il 9.9.96, in cui quest'ultimo riconosceva "...la tendenziale precarietà, indipendentemente dalla scadenza triennale, del rapporto di impiego presso i Servizi - fortemente caratterizzato dal connotato della fiduciarietà - che può essere unilateralmente interrotto da parte degli Organismi stessi, con provvedimento di restituzione all'Amministrazione di provenienza ampiamente discrezionale (combinato disposto art. 6 del D.P.C.M. n. 7/80)".
Tale dichiarazione, lungi ovviamente dal costituire un atto di assenso anche a provvedimenti "vessatori" dell'Amministrazione, come osservato dal ricorrente nella sua memoria "di replica", pone però in evidenza che il ricorrente conosceva già dal 1995 che il provvedimento di "restituzione" all'Amministrazione aveva natura ampiamente discrezionale. Ne consegue che nel caso di specie non si ravvede alcuna abnormità o illogicità manifesta nell'applicazione dell'(ora) art. 32 d.p.c.m. n. 1/2011 nei confronti di un dipendente, che non era appena entrato nei "Servizi" ma che si trovava a due anni dal suo pensionamento, quindi dopo un lungo e proficuo periodo trascorso in essi.
Né sussisteva alcun obbligo giuridico di sorta a che il ricorrente conservasse l'occupazione in questione fino al pensionamento, data la "precarietà" dello specifico impiego, peraltro esplicitamente accettata.
Che il ricorrente sia stato trasferito ad altro Ufficio, che abbia visto non più elargiti alcuni "benefit" quali telefono cellulare di servizio, computer e autovettura, non appare circostanza vessatoria in sé considerata ma conseguenza del cambio di Ufficio per un'attività discrezionalmente individuata dall'Amministrazione che non richiedeva, evidentemente, l'apporto di strumenti di lavoro di tal genere (Nucleo Studi) né il ricorrente offre elementi probatori idonei a certificare che la sua applicazione da ultimo, nel 2014, presso tale Nucleo Studi, richiedesse imprescindibilmente, per esigenze collegate, l'utilizzo di cellulare e autovettura di servizio nonché di computer personale.
In ordine agli obiettivi non assegnati e alla necessità di avere dipendenti, il Collegio osserva che la peculiarità di un Nucleo Studi può anche non richiedere obiettivi specifici predeterminati e così pure la qualifica dirigenziale "quasi apicale", nel caso di specie, e la peculiare natura del rapporto di impiego con i "Servizi" più volte ricordata, non obbliga alla presenza di dipendenti, fermo restando - come osservato dalla difesa erariale - che il ricorrente risulta aver avuto dipendenti in passato solo per un breve periodo.
Così pure che il luogo di assegnazione fosse "in ristrutturazione" appare affermazione generica e non risultano elementi probatori da cui desumere che l'interessato abbia fatto subito osservare ai suoi superiori l'impossibilità di svolgere il suo lavoro in quella specifica sede.
In realtà, per quanto sarà in prosieguo illustrato, la motivazione del provvedimento è chiaramente desumibile "per relationem" nella motivata richiesta del Direttore Generale del DIS e nel parere del Consiglio di Amministrazione, che infatti il ricorrente ha richiamato nel quinto motivo di ricorso, fondato su "illegittimità derivata", e che ha avuto modo poi di esaminare proponendo anche i primi motivi aggiunti.
In sostanza, non risulta da alcun elemento - se non da una personale ricostruzione soggettiva del ricorrente - che lo sviluppo dell'ultima parte del suo servizio, nel 2014, fosse in qualche modo "esorbitante e incongrua" nonché contraria anche agli interessi generali e ai compiti istituzionali perseguiti dalle intimate Amministrazioni.
Per tale ragione e in relazione alla motivazione del provvedimento impugnato, non rileva la circostanza per la quale il DIS non aveva avviato alcuna attività ispettiva o di controllo sulle circostanze segnalate dal ricorrente, dato che anche sotto tale profilo si impone l'ampia discrezionalità in materia sopra richiamata e la non illogicità delle iniziative dell'AISE.
Anzi, come osservato pure dalla difesa erariale, il fatto che il ricorrente sia stato comunque assegnato a nuovo incarico dopo una lunga permanenza nei "Servizi" può ben testimoniare la volontà dell'Agenzia di mantenerlo per quanto possibile presso la sua struttura e non certo di porre in essere iniziative "contra legem", a suo sfavore e per allontanarlo.
Passando all'esame del secondo motivo di ricorso, il Collegio non può che richiamare, anche sotto tale profilo, quanto concluso dalla giurisprudenza, secondo cui nella specie non può essere applicata la normativa prevista per la generalità dei "dipendenti pubblici".
E' stato infatti sostenuto - con argomenti che il Collegio condivide - come nel caso di specie si rientra in un settore, quale è quello degli "organismi di informazione", che rappresenta il "massimo di specialità" nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, come è non solo intuitivamente desumibile dalla stessa evidenza del settore di riferimento, ma anche e soprattutto dal regime di eccezionalità e di "deroghe" alla disciplina generale (anche penale), che la legge prevede.
Né la presenza di "deroghe", rispetto alla disciplina generale del pubblico impiego, può essere di per sé ritenuta costituire una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di imparzialità e buon andamento, di cui agli artt. 3 e 97 Cost. (Cons. Stato, Sez. IV, 29.9.11 n. 5411).
Per questo il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che "...la non riconducibilità del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica amministrazione (latamente intesa) ad un modello unico (di modo che possono aversi valutazioni differenti di un medesimo episodio in ragione di impieghi diversi), è già desumibile dalla stessa Costituzione, laddove, all'art. 98, comma terzo, prevede che, per determinaste categorie di pubblici dipendenti . . . possano essere disposte limitazioni finanche all'esercizio dei diritti politici (nella specie, iscrizioni ai partiti), purchè con legge ed in evidente considerazione della specificità e delicatezza delle loro funzioni" (Cons. Stato, Sez. IV, 10.7.13, n. 3668).
Anche questo Tribunale ha più volte avuto modo di precisare in argomento come la disciplina in materia abbia carattere speciale e sia autonoma rispetto a quella "generale" dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, che, pertanto, non può essere applicata in quanto tale al personale dei "Servizi" (cfr., da ultimo, Tar Lazio, Roma, Sez. I, 16.2.17, n. 2486 ma anche 12.2.15, n. 2507 e 7.8.13, n. 7872).
Ne consegue che l'esercizio della discrezionalità da parte dell'Amministrazione (ed il conseguente sindacato giurisdizionale del giudice, nei limiti in cui questo è consentito) deve tenere senz'altro conto della particolarità e delicatezza delle funzioni che il dipendente deve svolgere, in virtù della natura eccezionale delle funzioni svolte dagli appartenenti agli "organismi di informazione", il fatto che le stesse afferiscono alla indipendenza e sicurezza della stessa Repubblica, alla tutela dei suoi principi democratici e al conseguente mantenimento delle garanzie costituzionali per i cittadini, non può che costituire, per un verso, fondamento di una lata discrezionalità nelle previsioni di organizzazione dei servizi, anche con riferimento allo status giuridico ed economico dei soggetti ad essi appartenenti; per altro verso, costituisce parametro interpretativo delle disposizioni concretamente adottate, potendosi le stesse ritenere illegittime solo nella misura in cui risultino direttamente contrastanti con fondamentali diritti dell'uomo o con garanzie costituzionali inalienabili, ovvero appaiano di totale irragionevolezza.
Per quel che riguarda il terzo motivo di ricorso, il Collegio osserva che la motivazione del provvedimento non è "apparente" ma si fonda sul richiamo formale all'art. 32 cit. e - "per relationem" - alle esigenze organizzative rappresentate nella suddetta motivata richiesta del Direttore Generale del DIS e nel parere del Consiglio di Amministrazione, oggetto dei motivi aggiunti.
Sul quarto motivo di ricorso, si rileva che è riconducibile alla discrezionalità dell'Agenzia intimata l'individuazione delle mansioni ritenute più consone all'utilizzo dei propri dipendenti, per cui la circostanza che fossero disponibili altri posti vacanti del medesimo livello funzionale da lui ricoperto non obbligava l'Amministrazione a ricoprirli con la professionalità del ricorrente, il quale non fornisce, dal canto suo, elementi probatori idonei ad attestare la sua sicura e necessaria applicabilità a tali posti vacanti.
Si rammenti, di nuovo, che da tempo la giurisprudenza ha chiarito come il rapporto con i "Servizi" si contraddistingue in termini di fiduciarietà e di assoluta mancanza di stabilità e, più in generale, di preminenza della ampia discrezionalità dell'organismo nella valutazione delle condizioni che consentono la permanenza nella struttura, per cui, in tale ambito, anche elementi non sedimentati ma riferibili al breve periodo possono legittimamente orientare il responsabile del Servizio per la immediata cessazione della collaborazione con il dipendente (Cons. Stato, Sez. IV, 10.5.07, n. 2249).
Sul quinto motivo di ricorso, con cui si lamenta illegittimità derivata dei provvedimenti allora non conosciuti e impugnati con i motivi aggiunti, si rimanda in parte a quanto già illustrato in ordine alla ampia "latitudine" discrezionale dell'Amministrazione in questo campo (TAR Lazio, Sez. I, n. 2281/15 e n. 1635/10 cit.) e in parte a quanto sarà in prosieguo precisato nell'esaminare i primi motivi aggiunti.
Sul sesto motivo di ricorso, il Collegio osserva che la circostanza di avere proposto nelle more ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso l'ultima valutazione di servizio non rilevava sulla necessità di avviare ispezioni e verifiche sull'attività dell'AISE da parte del DIS, inerendo l'impugnativa a mera contestazione del giudizio sul servizio svolto, fermo restando quanto sarà anche qui in prosieguo specificato sui secondi motivi aggiunti.
Passando a esaminare invece i primi aggiunti, si rileva dunque che la motivazione alla base dell'applicazione dell'art. 32 cit. è quella di cui alla proposta direttoriale impugnata, secondo la quale "...il profilo professionale posseduto, attese le pregresse esperienze maturate, le vacanza organiche nel livello della qualifica dirigenziale e le esigenze di servizio in atto, non risulta allo stato in linea con le specifiche priorità organizzative-funzionali di questa Agenzia, quali sono venute peraltro delineandosi nel tempo e, in particolare, rispetto a quelle che avevano determinato l'assunzione del dr. Zurlo all'allora SISMI. Infatti, esplorata - con esito non favorevole - ogni possibilità di reimpiego alla luce del riassetto ordinativo dell'Agenzia in corso, non è più dato intravedere la necessaria corrispondenza tra il profilo professionale dell'interessato ed i nuovi incarichi emergenti dalle proiezioni ordinative".
Tale indicazione era fatta propria anche nella nota direttoriale n. 15469 pure oggetto dei motivi aggiunti e testimonia come vi sia stata esclusivamente una decisione di ordine strutturale e organizzativo alla base del disposto "rientro" e non una volontà di allontanamento "sic et simpliciter" del ricorrente, per il quale - come ricordato nelle suddette note - era stata anche valutata "...ogni possibilità di reimpiego alla luce del riassetto ordinativo dell'Agenzia in corso".
Sul punto non appare condivisibile la tesi del ricorrente di cui al primo motivo aggiunto, secondo cui le nuove proiezioni ordinative risalivano alla L. n. 124 del 2007 e il suo servizio si era prolungato senza problemi da tale data al 2014, dato che l'Amministrazione ha esplicitamente indicato che erano state specifiche priorità organizzative-funzionali "...delineandosi nel tempo..." a convincere della non più necessaria presenza nei "Servizi" del ricorrente, confermando così che proprio perché erano trascorsi otto anni dalla riforma legislativa ben potevano comunque essere mutate in concreto le necessità organizzative in formazione.
Né il fatto che la scheda valutativa del ricorrente sia stata sempre contraddistinta negli ultimi anni prima del 2014 dal giudizio di "ottimo" con il massimo valore numerico di 60 obbligava l'Amministrazione a cristallizzare la sua posizione, imponendo la permanenza del -OMISSIS- anche dopo le valutazioni di ordine organizzativo-discrezionale suddette.
La motivazione dei provvedimenti impugnati, così, non si palesa affatto "apparente", come lamentato dal ricorrente, ma è congrua e idonea ai sensi dell'ampia discrezionalità riconoscibile all'Amministrazione in questo comparto, secondo le conclusioni della giurisprudenza sopra richiamata, cui si rimanda.
Analogamente infondato è il secondo motivo aggiunto, in quanto - per le deduzioni di cui sopra - non risulta alcuna vessatorietà nel comportamento dell'AISE ma solo l'applicazione di principi di buona organizzazione, senza alcuna lesione di quelli generali di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.
In relazione a quanto dedotto con il terzo motivo aggiunto, dalla lettura dei provvedimenti impugnati, si rileva che il "rientro" ex art. 32 cit. come disposto, è stato effettuato nel rispetto di esigenze di servizio e non con valore in qualche modo "punitivo" per eventuale inattività o esistenza di procedimenti disciplinari, circostanze mai richiamate entrambe nei suddetti provvedimenti, che - anzi - hanno posto in evidenza l'assenza di alcun elemento negativo riconducibile al servizio prestato, anche nel 2014, dal ricorrente, come ricordato anche nel "rapporto di fine servizio" del Direttore Generale del DIS.
Tale richiamo consente di introdurre l'esame del quarto motivo aggiunto, che da tale relazione trae spunto per lamentare una sorta di contraddittorietà e difetto di istruttoria.
Le parole del Direttore Generale, ad opinione del Collegio, in realtà confermano che non c'è stata alcuna vessatorietà nei confronti del ricorrente né che sia stato dato luogo ad un'attività "preparatoria" sin dal 2014 per dare luogo al suo "rientro" presso la P.C.M. ed attestano che il -OMISSIS-, pur avendo svolto un lavoro stimato e apprezzato, per le nuove esigenze funzionali dei "Servizi" e alla luce del riassetto ordinativo dell'Agenzia in corso, non rivestiva semplicemente un profilo funzionale utile per i nuovi incarichi emergenti dalle proiezioni ordinative.
Sulla circostanza che nella Relazione depositata in atti dal DIS risulti un'errata indicazione della data di nomina del ricorrente quale Direttore di Divisione, il Collegio ne prende atto, evidenziando comunque che gli allegati depositati dall'Amministrazione riportano la data corretta indicata dal -OMISSIS- e che tale profilo non rileva comunque sulla legittimità e sul contenuto degli atti impugnati.
Sulla base di quanto dedotto e per la consistenza delle osservazioni riportate, gli elementi in possesso del Collegio per decidere sono apparsi idonei e completi, per cui non si rileva alcuna necessità di ampliare la fase istruttoria mediante acquisizione di ulteriore documentazione e/o di prova testimoniale, come richiesta, in quanto le circostanze alla base della decisione sono state individuate e non hanno a che fare - come detto - con l'attività svolta in concreto dal ricorrente nel corso del 2014.
Quanto finora illustrato consente di ritenere infondate anche le doglianze del ricorrente volte a lamentare una sorta di "mobbing" cui sarebbe stato sottoposto, peraltro solo nel corso dell'anno 2014.
Ebbene, è noto che la conclusione giurisprudenziale in argomento ha precisato che per identificarsi una situazione di "mobbing" deve ritenersi presente e dimostrato un complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione, tale da rendere tutti gli atti dell'amministrazione, compiuti in esecuzione di tale sovrastante disegno, non funzionali all'interesse generale a cui sono normalmente diretti (da ult.: Cons. Stato, Sez. III, 3.7.17, n. 3242; cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 26.8.16, n. 3704 e 12.3.15, nr. 1282).
Nel caso di specie non si rileva tale "disegno" ma solo un'attività funzionale all'individuazione di un riassetto ordinativo dell'Agenzia, come in corso.
Passando all'esame dei secondi motivi aggiunti, il Collegio rileva che il Consiglio di Stato, nell'annullare la precedente valutazione, aveva rilevato soltanto "...l'assorbente profilo del difetto di motivazione, posto che la diminuzione del livello di valutazione delle voci prese in considerazione non è accompagnata da alcuna specificazione descrittiva, ancorché sintetica, conforme alle su richiamate finalità del documento..." con "...salvezza di ulteriori provvedimenti da parte dell'Amministrazione".
Ebbene, la nuova scheda impugnata, come indicato dallo stesso ricorrente, contiene una motivazione sintetica, come richiesta dal Consiglio di Stato, laddove indica che - nel pur raggiunto giudizio di "ottimo" - il punteggio di 80/100 era dovuto alla circostanza per la quale l'interessato non era stato adeguatamente "proattivo".
Il ricorrente sostiene che ciò era dovuto al fatto per il quale, nella sostanza, non aveva svolto alcuna attività lavorativa in virtù delle condizioni di impiego che erano state già censurate nei precedenti scritti difensivi.
In merito, però il Collegio non trova elementi per concordare con la conclusione del -OMISSIS-.
In realtà, non si rileva sotto alcun profilo che al ricorrente sia stata addebitata un'assenza di idonea attività lavorativa - avendo ciò comportato altrimenti un giudizio logicamente inferiore a quello di "ottimo" pur riconosciuto - ma si desume, dalla sia pur sintetica motivazione addotta, che al ricorrente sia stata comunque riconosciuta attività svolta, solo in misura ritenuta discrezionalmente dall'Amministrazione non tale da meritare il massimo del punteggio numerico o comunque un punteggio superiore a quello di 80/100.
Non si riscontra, quindi, alcuna violazione del criterio di imparzialità e obiettività come lamentata dal ricorrente, il quale peraltro risulta essere stato presente sul luogo di lavoro e per il quale, evidentemente, l'Amministrazione ha riscontrato soltanto l'assenza di iniziative idonee a configurare uno spirito "proattivo" idoneo a legittimare il massimo della votazione. Se, d'altro canto, dal 2014 il valore numerico dei punteggi è mutato e sono state individuate più voci di valutazione, anche il conseguimento del massimo punteggio non può che essere collegato al riscontro di attività sempre al massimo grado di intensità e iniziativa che non è detto siano riscontrabili in tutti i dipendenti ogni anno, anche se precedentemente valutati con 60/60, come nel caso di specie.
Chiarita sotto tale profilo l'infondatezza del primo dei motivi aggiunti in esame, il Collegio rileva anche l'infondatezza del secondo, in quanto non si riscontra alcuna motivazione "apparente" ma un giudizio coerente con l'impostazione della nuova metodologia di valutazione che era stata introdotta nel 2014.
Così pure infondato è il terzo motivo, in quanto la circostanza per la quale il ricorrente non abbia avuto personale alle sue dipendenze è coerente con la valutazione espressa e non vi è alcuna normativa che imponesse di fornirgli tale personale in relazione alle specifiche mansioni svolte presso il Nucleo Studi.
Alla luce di quanto osservato, quindi, anche in questo caso non appare necessaria alcuna ulteriore attività istruttoria, come richiesta, orientata a individuare atti o documenti inerenti l'attività lavorativa del ricorrente, dato che tale attività non risulta contestata dall'Amministrazione ma soltanto discrezionalmente valutata per quanto posto in essere.
Di conseguenza, l'intero gravame non può trovare accoglimento.
Non risultando alcuna attività illegittima dell'Amministrazione, non può trovare accoglimento neanche la correlata domanda risarcitoria, per difetto di presupposti.
La peculiarità della fattispecie consente comunque di compensare eccezionalmente le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il nominativo del ricorrente e gli Uffici ove ha svolto la sua attività di servizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Ivo Correale, Consigliere, Estensore
Lucia Maria Brancatelli, Referendario
09-05-2018 01:05
Richiedi una Consulenza