C.le Magg. durante un diverbio colpisce al Capo con il fregio del basco un collega provocandogli una lesione personale con prognosi di giorni sette.
T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., (ud. 09/07/2019) 19-08-2019, n. 1892
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 278 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Eugenio Pini e Rosanna Serafini, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Simonetta Tiezzi in Milano, via Spartaco n. 28;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
- del decreto della Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare n. 0634631, del 28 ottobre 2016, notificato in data 16 novembre 2016, con cui è stata inflitta al ricorrente la sospensione disciplinare dall'impiego per tre mesi;
- del correlato Provv. del 15 novembre 2016, notificato in data 16 novembre 2016, con cui il Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale Militare, I reparto, 3^ Divisione, ha autorizzato il ricorrente a "ricercare un'occupazione retribuita provvisoria";
- di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenti, ancorché non conosciuti, ivi compresi, tra gli altri, per quanto occorrer possa, la contestazione degli addebiti in data 4 maggio 2016 , nonché gli atti richiamati nel decreto n. 0634631, del 28 ottobre 2016, ad oggi non conosciuti, tra cui: gli atti dell'inchiesta formale disposta il 28 aprile 2016, la relazione finale dell'Ufficiale Inquirente e l'atto con cui sarebbe stata proposta la sospensione disciplinare dall'impiego per mesi tre.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2019 la dott.ssa Concetta Plantamura e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) Con ricorso notificato il 14 gennaio 2017 e depositato il successivo 8 febbraio 2017 l'esponente, C.le Magg. in forza al Reggimento Supporto tattico e Logistico al (HQ) nRDC - ITA in Solbiate Olona (VA), ha impugnato gli atti in epigrafe specificati, deducendone l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto più profili.
1.1) Riferisce, in particolare, l'istante che, in data 11 marzo 2015, nel parcheggio della caserma riservato ai veicoli civili ha avuto un diverbio con il collega C.le Magg. -OMISSIS- nell'ambito del quale, dopo una provocazione verbale di quest'ultimo, il C.le Magg. -OMISSIS- avrebbe allontanato da sé con la mano il C.le Magg.re -OMISSIS-, il quale, indietreggiando, avrebbe urtato con il piede il cordolo dell'aiuola e, perdendo l'equilibrio, avrebbe urtato i rami di una pianta con la fronte, procurandosi una lieve escoriazione.
1.2) In conseguenza di ciò, in data 12 marzo 2015 il Comandante del Reggimento ha inviato una "comunicazione di notizia di presumibile reato" all'Autorità Giudiziaria Militare, in mancanza, peraltro, della richiesta di procedibilità di cui all'art. 260, comma 2 del c.p.m.p.
Avviato il procedimento penale n. 92/20115/SE RGNR a carico del ricorrente per il "reato di violenza contro un inferiore" (di cui all'art. 195 c.p.m.p.), lo stesso P.M. ha ritenuto che la condotta del ricorrente potesse essere relegata nella diversa fattispecie di cui al 2 comma dell'art. 223 c.p.m.p. ("lesione personale" eventualmente punibile con la reclusione fino a sei mesi), "perché la malattia da considerarsi conseguenza dell'azione del -OMISSIS- ha avuto una durata non superiore a 10 giorni (e non ricorre alcuna delle aggravanti previste dal'artt. 583 e 585 del codice penale)".
Il P.M. ha rilevato, altresì, che tale fattispecie sarebbe stata perseguibile esclusivamente a richiesta del Comandante di Corpo il quale, tuttavia, nonostante fosse a conoscenza dei fatti, ha omesso di formularla.
Indi, il P.M. ha chiesto l'archiviazione del procedimento penale n. 92/20115/SE RGNR intrapreso a carico del ricorrente per il "reato di violenza contro un inferiore" (di cui all'art. 195 c.p.m.p.).
Avverso la suddetta richiesta di archiviazione, il -OMISSIS- ha proposto opposizione, a cui ha successivamente rinunciato.
1.3) Con ordinanza n. 424/2015, del 25 novembre 2016, depositata in Cancelleria il 27 novembre 2016, il Giudice per le indagini Preliminari presso il Tribunale Militare di Verona ha riconosciuto l'inammissibilità dell'opposizione a causa della rinuncia formulata dalla persona offesa e ha disposto l'archiviazione del procedimento penale n. 92/2015 per "totale condivisione, nel merito", delle "argomentazioni" formulate dal P.M. nella relativa richiesta di archiviazione, "ponendole a fondamento di conforme decisione".
1.4) Senonché, cinque mesi più tardi è stata notificata al ricorrente "inchiesta formale disciplinare" datata 4 maggio 2015, a firma dell'Ufficiale Inquirente Cap. -OMISSIS-, alla stregua della quale quest'ultimo risulta "incaricato" dal "Comandante delle Forze Operative Terrestri", "ai sensi dell'art. 1376 del codice dell'ordinamento militare, di procedere (...) a verificare se sussistono responsabilità tali da dover essere sanzionate con provvedimenti disciplinari di stato, relativamente al seguente addebito:
"il C.le Magg. Ca. Sc. -OMISSIS-, in data 11 marzo 2015 in Solbiate Olona (VA) colpiva al Capo con il fregio del basco il C.le Magg. Ca. Sc. -OMISSIS--OMISSIS- provocandogli una lesione personale ("trauma cranico non commotivo con ferita lacero contusa al cuoio capelluto") con prognosi di giorni sette e provvedimento medico legale di giorni tre di riposo domiciliare.
Per tali fatti il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Verona, con ordinanza di archiviazione n. 424/2015 R.G.I.P. depositata in Cancelleria in data 27 novembre 2015 ed acquisita dall'A.D. l'11 febbraio 2016, ha dichiarato inammissibile, per intervenuta rinuncia, l'opposizione alla richiesta di archiviazione, datata 25 agosto 2015, formulata dal c.le Magg. Ca. Sc. -OMISSIS--OMISSIS- ed ha disposto l'archiviazione del procedimento penale n. 92/2015 R.G.N.R. nei confronti del C.le Magg. Ca. Sc. -OMISSIS-, in ordine al reato di 'lesione personale', considerato che difetta la condizione di procedibilità prevista dall'art. 260 c.p.m.p. La condotta tenuta nell'occasione, ancorché penalmente non sanzionata, evidenzia gravi profili di responsabilità disciplinari contrari alle norme di comportamento, lesivi del prestigio dell'Istituzione, della Categoria di ap-partenenza e della dignità del grado rivestito".
1.5) All'esito del procedimento disciplinare, con decreto sanzionatorio del 28 ottobre 2016, ritenute inidonee le giustificazioni fornite dall'istante a scagionarlo dagli addebiti, sull'erroneo presupposto che il procedimento penale sarebbe stato archiviato "per difetto di una condizione di procedibilità, in ordine al reato di cui all'art. 195 c.p.m.p." ("reato di violenza contro un inferiore"), è stata ritenuta "congrua, rispetto all'entità della condotta", la sospensione disciplinare dall'impiego per tre mesi, con la seguente motivazione:
"Graduato dell'Esercito, l'11 marzo 2015, in Solbiate Olona (VA), provocava a un graduato inferiore di grado una lesione personale ("trauma cranico non commotivo con ferita lacero-contusa al cuoio capelluto"), con prognosi di giorni sette e provvedimento medico legale di giorni tre di riposo medico domiciliare. Il graduato, con tale comportamento, ha disatteso fortemente i doveri propri dello stato di militare, nonché quelli attinenti al grado rivestito, al senso di responsabilità e al contegno che ogni militare deve tenere in ogni circostanza".
1.6) Con successivo Provv. del 15 novembre 2016 del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale Militare, I reparto, 3^ Divisione, il ricorrente è stato autorizzato a "ricercare un'occupazione retribuita "provvisoria", anche alle dipendenze di una ditta privata, purché non intacchi il prestigio o il decoro dell'Amministrazione".
2) Contro i provvedimenti da ultimo indicati è insorto l'istante col ricorso in epigrafe specificato, deducendo un unico motivo, come di seguito rubricato:
- Eccesso di potere per: istruttoria insufficiente e contraddittoria; travisamento dei fatti; irragionevolezza; violazione e/o falsa applicazione del-la L. n. 241 del 1990, ivi compresi gli artt. 1 e 3; motivazione inadeguata e comunque insufficiente; violazione del principio di celerità e tempestività dell'azione disciplinare; violazione del principio di gradualità e proporzionalità (artt. 3 Cost., 1 della L. n. 241 del 1990 e 1355 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66); violazione e/o falsa applicazione del principio di tassatività e tipicità delle sanzioni disciplinari, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 ("Codice dell'ordinamento militare"), ivi compresi, tra gli atri, gli artt. 1346, 1352 e ss, 1365 e del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 ("Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di Ordina-mento Militare"), del principio di buon andamento e imparzialità di cui all'art. 97 Cost. e della "Guida Tecnica Procedure disciplinari" del Ministero della Difesa e del principio di autovincolo.
3) Si è costituita l'intimata Amministrazione depositando ampia documentazione.
4) Alla camera di consiglio del 1 marzo 2017, presenti gli avvocati D. D., in sostituzione di Pini e Serafini, per la parte ricorrente, e M. C., per l'amministrazione resistente, la difesa di parte ricorrente ha confermato di rinunciare alla domanda cautelare, come preannunciato nell'istanza depositata il 27 febbraio 2017.
5) All'udienza pubblica del 9 luglio 2019, presenti gli avvocati D. D. in sostituzione, con delega verbale, di Pini e Serafini, per la parte ricorrente, e A. M. T. per il Ministero, il Collegio, ai sensi dell'art. 73 c.p.a., ha rilevato un profilo di parziale inammissibilità del ricorso in relazione all'impugnazione del Provv. del 15 novembre 2016, contro il quale non sono stati articolati motivi; indi, la causa è stata trattenuta in decisione.
6) Preliminarmente, il Collegio deve soffermarsi sulla questione della parziale inammissibilità del ricorso, già prospettata in udienza, ex art. 73, co. 3 c.p.a.
Si tratta, in particolare, della parte del ricorso rivolta contro il Provv. del 15 novembre 2016, con cui il Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale Militare, I reparto, 3^ Divisione, ha autorizzato il ricorrente a "ricercare un'occupazione retribuita provvisoria" durante la sospensione dall'impiego.
Il provvedimento non evidenzia profili di lesività nei confronti dell'istante che, del resto, non ha mosso nessuno specifico motivo avverso l'atto medesimo.
Da ciò l'inammissibilità, in parte qua, del gravame.
7) Per la restante parte dell'impugnazione, rivolta contro il Provv. del 28 ottobre 2016, il Collegio osserva quanto segue.
7.1) Non è fondata la censura di eccesso di potere per travisamento, per avere il provvedimento in parola richiamato nelle premesse l'ordinanza di archiviazione n. 424/2015, del 25.11.2015, riportandone erroneamente il contenuto, laddove si è affermato che la stessa ha disposto l'archiviazione in ordine al reato di cui all'art. 195 c.p.m.p. per difetto di una condizione di procedibilità.
Dal punto di vista disciplinare, ciò che assume rilievo è il fatto addebitato all'istante nella sua materialità, rispetto al quale non rivestono particolare rilievo le ragioni che hanno condotto alla derubricazione dell'originaria ipotesi di reato e all'archiviazione del procedimento penale in relazione all'ipotesi residuale.
A tal riguardo, il fatto addebitato all'istante nel provvedimento impugnato, consistente nell'avere provocato una lesione personale ("trauma cranico non commotivo con ferita lacero-contusa al cuoio capelluto"), con prognosi di giorni sette e provvedimento medico legale di giorni tre di riposo medico domiciliare, non risulta affatto smentito dall'ordinanza n. 424/2015 del G.I.P. del Tribunale di Verona. Quest'ultima, infatti, lungi dall'assolvere il ricorrente previo "accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima", ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 652 c.p.p., ha archiviato il procedimento per improcedibilità dell'azione penale, in conformità della richiesta del P.M.
Nessun travisamento è, dunque, ravvisabile nei confronti del provvedimento sanzionatorio impugnato.
7.2) Non sussiste, poi, nessun ritardo dell'Amministrazione nell'avvio e, dunque, nella conclusione del procedimento disciplinare, ove si abbia riguardo all'art. 1393 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, nella versione applicabile, ratione temporis, alla fattispecie per cui è causa.
A tal riguardo, si chiarisce come vada del tutto disattesa l'impostazione del patrocinio ricorrente, che fa leva sull'art. 1393 del D.Lgs. n. 66 del 2010, nella versione modificata, dapprima, con l'art. 15 della L. 7 agosto 2015, n. 124, in vigore dal 28 agosto 2015 e, di seguito, con l'art. 4, comma 1, lett. t), del D.Lgs. 26 aprile 2016, n. 91, in vigore dal 15 giugno 2016.
La norma applicabile, ratione temporis, alla fattispecie per cui è causa, dispone che:
"1. Se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata azione penale, ovvero è stata disposta dall'autorità giudiziaria una delle misure previste dall'articolo 915, comma 1, il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale o di prevenzione e, se già iniziato, deve essere sospeso.
2. In caso di prosecuzione del procedimento disciplinare, si tiene conto del decorso dei termini perentori antecedente il provvedimento di sospensione".
Del tutto correttamente, quindi, l'Amministrazione ha avviato il procedimento disciplinare dopo avere avuto notizia, in data 11 febbraio 2016, dell'ordinanza di archiviazione n. 424/2015.
Quanto ai tempi di durata del procedimento, risultano nella specie rispettate le cadenze temporali di cui all'art. 1392 D.Lgs. n. 66 del 2010, tenuto conto che, per pacifica giurisprudenza, il termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare va calcolato con riferimento al momento di adozione degli atti del procedimento sanzionatorio e non con riguardo al momento della notifica, la quale attiene alla fase dell'efficacia e non a quella del perfezionamento del provvedimento amministrativo. Il tempo che non può essere superato, poi, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni (180 + 90) desumibile dalla legge (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I bis, Sent., 14-11-2018, n. 10986, per cui: "Sulla questione si è, infatti, pronunciata anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con le decisioni numero 4, 5 e 7 del 25 gennaio 2000, ha chiarito che il termine di 90 giorni decorre dalla "scadenza virtuale" del primo termine, sicché il tempo che non può essere superato, a pena di violazione della perentorietà del termine, è quello totale di 270 giorni (180 + 90) desumibile dalla legge. La giurisprudenza ha anche precisato che il termine per l'instaurazione del procedimento disciplinare decorre dalla comunicazione della sentenza irrevocabile di condanna all'Amministrazione e che tale soluzione risponde alla duplice esigenza di non procrastinare eccessivamente il potere disciplinare dell'Amministrazione, così tutelando il diritto del lavoratore, nonché di evitare che il termine decorra anteriormente al passaggio in giudicato della sentenza ed all'avvenuta conoscenza, da parte dell'Amministrazione medesima, dell'irrevocabilità della condanna del proprio dipendente, così evitando che il termine decorra in un periodo nel quale l'Amministrazione sia oggettivamente impossibilitata ad esercitare ogni valutazione in ordine alla instaurazione della procedura disciplinare (Consiglio di Stato, Sez. III, 27 agosto 2014 n.4350). In tal modo si vuole evitare che l'Amministrazione eserciti l'iniziativa disciplinare prima che la situazione di irrevocabilità della condanna penale si sia manifestata e comunque comunicata, eventualmente a cura dello stesso dipendente, all'Amministrazione al fine di impedire una situazione di incertezza per lui pregiudizievole").
7.3) Quanto alle censure di irragionevolezza e sproporzione volte a contestare l'entità della sanzione inflitta, il Collegio osserva quanto segue.
Per costante giurisprudenza amministrativa "la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (Con. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1344; Cons. Stato, sez. II, 21 maggio 2018, n. 1332, id., sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; id., sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; id., sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; id., sez. III 20 marzo 2015 n. 1537; id., 14 marzo 2014, n. 1273).
La valutazione della gravità dell'infrazione disciplinare commessa dall'incolpato e la determinazione della sanzione adeguata rientrano, dunque, tra gli apprezzamenti di merito, il cui giudizio è insindacabile se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 16264/2002; id., n. 12366/2001, come richiamate da ultimo in Cons. Stato, Sez. II, 9 luglio 2018, n. 1770). Lo stesso principio di proporzionalità "consiste in un canone legale di raffronto, che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del Trattato C.E., e ora art. 5, comma 4, del Trattato U.E.), non consente di controllare il merito dell'azione amministrativa" (Cons. Stato, II, 27 luglio 2018, n. 1941; nello stesso senso, id., sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4381).
Nessuno dei suindicati vizi di eccesso di potere è riscontrabile nella fattispecie per cui è causa, ove il provvedimento sanzionatorio - adeguatamente motivato richiamando la condotta ascritta all'istante -, risulta rispettoso del principio di proporzionalità, esprimendo l'opzione per la più tenue delle quattro sanzioni di stato contemplate dall'art. 1357 COM.
Ciò, avuto riguardo a tutti gli elementi richiamati dall'art. 1355 COM ai fini della commisurazione delle sanzioni disciplinari, quali, in primo luogo, la gravità della mancanza commessa, rafforzata dall'intenzionalità della condotta stessa (cfr. l'ordinanza di archiviazione che richiama la richiesta del P.M. ove si sottolinea la volontarietà del fatto commesso dal ricorrente, allegati nn. 7 e 8 di parte ricorrente), da un lato e, dall'altro, i precedenti di servizio del graduato e il quadro disciplinare (cfr. allegato n. 12 di parte resistente) allo stesso relativo, che, come rappresentato dal patrocinio resistente, hanno giustificato l'opzione per una sanzione di stato anziché di corpo.
8) Conclusivamente, quindi, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile, in relazione all'impugnazione del Provv. del 15 novembre 2016, e per il resto respinto.
9) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e per il resto lo respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite alla resistente, liquidandole in complessivi Euro 3.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e il C.le Magg. Ca. Sc. -OMISSIS--OMISSIS-.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Ugo Di Benedetto, Presidente
Concetta Plantamura, Consigliere, Estensore
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario
27-08-2019 07:19
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