Caporal maggiore capo presso il 1 Reggimento Trasmissioni di Milano condannato alla sanzione disciplinare di corpo della consegna di rigore per 7 giorni.
T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., (ud. 26/02/2019) 21-03-2019, n. 596
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 179 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Zaccaglino, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Fontana n.18;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, n.1;
per l'annullamento
dell'atto avente protocollo n. (...) datato 14 novembre 2014 del Comando 1 Reggimento Trasmissione di Milano, notificato all'interessato in data 18 novembre 2014, di comunicazione di conclusione del procedimento disciplinare di corpo;
dell'atto avente protocollo n. (...) datato 4 dicembre 2014 del Comando 1 Reggimento Trasmissioni di Milano, con cui è stata rigettata l'istanza di accesso agli atti;
di tutti gli atti connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2019 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I) Il ricorrente, all'epoca dei fatti caporal maggiore capo presso il 1 Reggimento Trasmissioni di Milano, ha impugnato il provvedimento con cui è stata irrogata la sanzione disciplinare di corpo della consegna di rigore per 7 giorni, nonché il provvedimento con cui l'Amministrazione di appartenenza ha rigettato la sua richiesta di accesso al verbale dell'11 novembre 2014 della riunione dibattimentale.
Il procedimento disciplinare prendeva avvio con contestazione datata 8 agosto 2014 e notificata in data 10 settembre 2014, con la quale il Comando di appartenenza contestava al ricorrente i seguenti fatti: "La S. v., in data 18 luglio u.s., non si presentava in caserma al termine di una licenza. Chiamato telefonicamente dal proprio Comandante di plotone, che le ricordava peraltro che alle ore 10,00 dove va presentarsi innanzi al proprio Comandante di Compagnia poichè a rapporto, asseriva che a causa di motivi privati si trovava nell'impossibilita di essere presente in caserma e che aveva 17 anni di servizio e per tanto poteva chiede un giorno di licenza per motivi suoi.
Successivamente contattato telefonicamente anche dal Comandante di Compagnia, Ten. -OMISSIS-, confermava la Sua impossibilita. Al rientro in servizio presentava una certificazione medica che attestava un malore della coniuge con una prescrizione medica di assistenza da parte del marito. Il suo comportamento, nella considerazione che la certificazione sanitaria non certifica una Sua malattia che Le impedisce di raggiungere il reparto ma solo una necessità di assistenza ad un familiare, non giustifica completamente la sua assenza, pertanto, e in palese violazione con quanto stabilito dagli artt. 717 (senso di responsabilità), 740 (orari e turni di servizio), 742 (licenze e permessi) del D.P.R. n. 90 15 marzo 2010".
Il ricorrente presentava memoria difensiva, dopo aver chiesto il differimento della riunione dibattimentale, richiesta che veniva accolta (cfr. nota prot. 6071 del 29 ottobre 2014) "al fine di permettere alla S.V. un'adeguata stesura delle memorie difensive".
In data 11 novembre 2014 si teneva la riunione dibattimentale.
Con provvedimento prot. n. (...) del 14 novembre 2014, notificato il 18 novembre 2014, il Comandante del 1 Reggimento Trasmissioni infliggeva al caporal maggiore la sanzione di corpo di 7 giorni di consegna di rigore.
Con istanza in pari data l'interessato richiedeva l'accesso al verbale della riunione dibattimentale, che veniva negato con nota del 4 dicembre 2014.
Avverso la sanzione disciplinare ed il diniego di accesso il caporale presentava il ricorso indicato in epigrafe, chiedendo l'annullamento della sanzione e l'esibizione di quanto oggetto di istanza di accesso, previa tutela cautelare.
Si costituiva in giudizio il Ministero della Difesa, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 200 del 13 febbraio 2015 il Tribunale rigettava la domanda cautelare.
In vista della trattazione nel merito le parti depositavano scritti difensivi, insistendo nelle rispettive conclusioni.
Indi all'udienza pubblica del 26 febbraio 2019 la causa veniva chiamata e trattenuta per la decisione.
II) In via preliminare va dichiarata improcedibile la domanda relativa al rigetto di accesso agli atti. Invero il verbale datato 11 novembre 2014 è stato depositato dall'Amministrazione resistente sub doc. 8. Risulta quindi soddisfatta, seppure in questa sede, la richiesta di ostensione.
II) Venendo all'impugnazione della sanzione disciplinare, il ricorso è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
1) violazione di legge al D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, art. 1029, comma 2: non sarebbe stato concesso il termine previsto dalla normativa per le difese nel procedimento. Invero nella nota di contestazione degli addebiti sarebbero stati concessi solo 10 giorni per presentare memorie a fronte dei 60 previsti, con conseguente compressione del diritto di difesa;
2) Decadenza dal potere sanzionatorio per superamento dei termini perentori del procedimento - violazione guida tecnica del M.D - norme e procedure disciplinari ed. 2011 - approvata con atto prot. n. (...) in data 21.02.2011: il procedimento disciplinare sarebbe stato concluso oltre il termine di 90 giorni;
3) Difetto di motivazione del provvedimento, errato presupposto del fatto: non si comprenderebbe quale azione il ricorrente avrebbe potuto compiere per non incorrere nella sanzione, posto che l'Amministrazione ha ritenuto che il certificato medico non giustificherebbe completamente la assenza dal servizio; d'altro canto il ricorrente si sarebbe trovato nella duplice e incompatibile necessità di presentazione in servizio e di assistenza familiare;
IV) Il primo motivo di ricorso è infondato in fatto.
Come emerge da quanto sopra esposto, per effetto dell'accoglimento della richiesta di differimento della riunione dibattimentale, il ricorrente ha potuto avere a disposizione esattamente 60 giorni per presentare scritti difensivi nell'ambito del procedimento disciplinare. Ed invero con la nota n. 6071 del 29 ottobre 2014 la data della riunione dibattimentale è stata spostata in data successiva al 10 novembre, proprio per consentire al ricorrente di avere a disposizione 60 giorni dalla notificazione della contestazione (10 settembre 2014) per presentare memorie difensive. Non si pone dunque in concreto nessuna violazione del termine a difesa.
Identica sorte spetta al secondo mezzo di gravame, con cui è stata dedotta la tardività del provvedimento sanzionatorio con conseguente decadenza dalla potestà disciplinare.
I fatti oggetto di addebito e contestazione sono accaduti in data 18 luglio 2014.
La nota di contestazione, pur datata 8 agosto 2014, è stata notificata in data 10 settembre 2014.
E ciò in quanto il ricorrente dal 9 agosto al 9 settembre era assente dal servizio a vario titolo (licenza ordinaria, recupero compensativo), come risulta dal doc. 3 del fascicolo dell'Avvocatura, non contestato dal ricorrente stesso.
Il lasso di tempo intercorso appare del tutto compatibile con la previsione delle "Norme e procedure disciplinari" - 3^ edizione - anno 2011 (Prot. N. (...) - 3 Rep. 7ª Div. del 21 febbraio 2011) che richiede che la contestazione avvenga senza ritardo. Ciò in relazione a quanto dedotto dal ricorrente nella memoria depositata in data 1 febbraio 2019.
Il provvedimento finale con cui è stata irrogata la sanzione di corpo è stato assunto in data 14 novembre 2014 e notificato il successivo 18 novembre.
Il profilo controverso riguarda il dies a quo del termine di 90 giorni previsto dalle "Norme e procedure disciplinari" per la conclusione del procedimento disciplinare per l'irrogazione della consegna di rigore.
Ad avviso del ricorrente il termine decorrerebbe dalla data di adozione della contestazione formale degli addebiti, mentre secondo la difesa dell'Amministrazione resistente dalla data di notificazione della stessa.
Ad avviso del Collegio la tesi del ricorrente non può essere condivisa.
Va innanzi tutto rilevato che, sotto un profilo generale, gli atti recettizi, quale è certamente l'atto di contestazione formale degli addebiti disciplinari, acquistano efficacia nel momento in cui sono ricevuti dal destinatario.
E' evidente che tale efficacia si esplica sia in relazione al destinatario sia in relazione all'Autorità procedente.
Se è vero che il termine per presentare osservazioni da parte del destinatario non può che decorrere dalla data di notificazione della contestazione, è altrettanto vero che tale data rileva anche ai fini del termine di conclusione del procedimento disciplinare, pena un disallineamento dei termini complessivi del procedimento stesso, posti a garanzia non solo del dipendente incolpato ma anche del corretto andamento della funzione disciplinare.
Nel caso di specie la contestazione formale degli addebiti è stata notificata in data 10 settembre 2014 e il provvedimento sanzionatorio è stato adottato 14 novembre 2014 e notificato il 18 novembre 2014, dunque entro il termine di 90 giorni, da computarsi secondo quanto sopra esposto.
Il secondo motivo di gravame va quindi rigettato.
Ugualmente infondato si presenta il terzo motivo di ricorso.
In punto di fatto va precisato che per il giorno 18 luglio 2014 il ricorrente era stato chiamato a rapporto dal Comandante di Compagnia per riferire su alcuni fatti precedentemente accaduti.
Si trattava quindi di un obbligo di servizio specifico e programmato.
Il ricorrente, nonostante ciò, ha presentato una richiesta di licenza, non richiesta precedentemente, per il periodo compreso tra lo stesso 18 luglio e il 21 luglio 2014. Proprio perché per quel giorno il ricorrente era stato chiamato a rapporto dal suo Comandante, la licenza per il 18 luglio 2014 gli è stata negata.
Tuttavia la mattina del 18 luglio 2014 il ricorrente ha telefonato al suo Comandante di Plotone comunicandogli che non si sarebbe presentato per motivi privati e personali.
Nonostante l'espresso invito a presentarsi formulato dal Comandante di Compagnia, per il tramite del Comandante di Plotone, essendo stato chiamato a rapporto, il ricorrente ha confermato che non si sarebbe presentato.
Successivamente ha fatto pervenire un certificato medico che attestava un malore della coniuge con prescrizione di assistenza da parte del marito.
Ora, il complessivo dispiegarsi dei fatti come sopra esposti fanno emergere una certa preordinazione nel volersi assentare nonostante lo specifico obbligo di presentarsi a rapporto in una data programmata.
A margine di tale considerazione la presentazione di un certificato medico può giustificare l'assenza dal servizio soltanto quando attesti uno stato di malattia del militare e non quando lo stato di malattia riguardi un'altra persona, pur quando si tratti della coniuge.
Il comportamento tenuto si pone in violazione degli artt. 717, 740 e 742 del D.P.R. n. 90 del 2010, indicati correttamente nel provvedimento impugnato, in relazione al quale non è ravvisabile alcun difetto di motivazione essendo indicati con precisione sia il fatto addebitato sia le disposizioni violate.
In conclusione quindi il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
- rigetta la domanda di annullamento;
- dichiara improcedibile la domanda relativa all'istanza di accesso.
Condanna il ricorrente al pagamento a favore del Ministero della Difesa delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Ugo Di Benedetto, Presidente
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario, Estensore
Andrea De Col, Referendario
26-03-2019 23:30
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