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Sentenza

Intercettazioni svelano il rapporto corruttivo tra un pregiudicato ed un appunta...
Intercettazioni svelano il rapporto corruttivo tra un pregiudicato ed un appuntato dei carabinieri, rapporto in base al quale il militare, dietro la corresponsione di denaro e varie regalie, si era prestato a compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio, effettuando accessi abusivi nel sistema informativo dell'Arma allo scopo di acquisire informazioni segrete che aveva poi svelato al pregiudicato.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-02-2019) 25-02-2019, n. 8314
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELIS Anna - Presidente -
Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Rel. Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -
Dott. ROSATI Martino - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi presentati da:
1. D.M.A., nato a (OMISSIS);
2. C.A., nato a (OMISSIS);
3. D'.Ma., nato a (OMISSIS);
4. S.F., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/02/2018 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aprile Ercole;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Tampieri Luca, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Napoli confermava la pronuncia di primo grado del 08/02/2017 con riferimento alla posizione di D.M.A., mentre, in accoglimento di una richiesta delle parti concordata ai sensi dell'art. 599-bis c.p.p., riformava parzialmente, con riferimento alle posizioni di C.A., D'.Ma. e S.F. (per gli stessi rideterminando le pene loro rispettivamente inflitte), la medesima sentenza con la quale il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di quella città, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato il C. in relazione ai reati di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 615 terc.p. (capi A), B), D), O) e P), art. 326 c.p. (capi C), E) e N), artt. 110, 81, 319 e 321 c.p. (capi F) e L), artt. 81 e 314 c.p. (capo H), art. 328 c.p. (capo I), art. 81 c.p., L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 12 (capo Q), il D.M. in relazione al concorso nei predetti reati dei capi D) e F), nonchè il D.M. e il D'. in relazione al delitto di cui all'art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 (capo G): illecito quest'ultimo addebitato anche al S. che era stato giudicato separatamente).
Rilevava la Corte territoriale come il contenuto delle intercettazioni eseguite dagli inquirenti durante le indagini, aventi ad oggetto le attività delittuose poste in essere dagli appartenenti ai gruppi della criminalità organizzata nella zona di (OMISSIS), avessero dimostrato, da un lato, l'esistenza di un rapporto corruttivo tra il D.M., pregiudicato del luogo, e il C., appuntato dei carabinieri in servizio nella stazione di quella città, rapporto in base al quale - tra il (OMISSIS) - il militare, dietro la corresponsione di denaro e varie regalie, si era prestato a compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio, tra l'altro effettuando accessi abusivi nel sistema informativo dell'Arma allo scopo di acquisire informazioni segrete che aveva poi svelato al D.M. o a tal De.Ma.; da altro lato, il concorso del D.M., del D'. e del S. nella illecita detenzione a fine di spaccio di un ingente quantitativo di stupefacente, parte del quale era stato rinvenuto e sottoposto a sequestro il (OMISSIS). Aggiungeva la Corte come non vi fossero le condizioni per accogliere le doglianze difensive formulate dal D.M., mentre per gli altri tre imputati potesse essere accolta la richiesta concordata di lieve riduzione delle pene finali, ritenute, comunque, congrue ai sensi dell'art. 133 c.p..
2. Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso i quattro imputati.
2.1. D.M.A., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Raffaele Micillo, ha dedotto, con un unico articolato motivo, il vizio di motivazione, per contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte napoletana ingiustificatamente ritenuto sussistente, con riferimento all'imputazione del capo G), la circostanza aggravante dell'ingente quantitativo di stupefacente, nonchè per avere negato all'imputato le circostanze attenuanti generiche.
2.2. D'.Ma. e S.F., con distinti atti, ma di analogo contenuto, sottoscritti dal loro difensore avv. Rosario Arienzo, hanno dedotto, con due motivi, la violazione di legge, in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 per avere la Corte distrettuale disatteso la doglianza difensiva circa l'inasprimento delle pene finali in ragione dell'asserito ingente quantitativo di sostanze stupefacenti; e, in relazione all'art. 62 bis c.p., per avere i giudici di merito negato ai due prevenuti le attenuanti generiche.
2.3. C.A., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Sergio Lino Morra, ha dedotto, con un unico motivo, il vizio di motivazione, per mancanza e manifesta illogicità, per avere la Corte partenopea ingiustificatamente negato al predetto le attenuanti generiche e irrogato una pena eccessivamente severa, senza partire, come era stato chiesto, dai minimi edittali.
3. Il ricorso presentato nell'interesse del D.M. è inammissibile.
3.1. Del tutto privo di pregio è il primo motivo, posto che la Corte campana ha confermato la sussistenza dell'aggravante contestata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, evidenziando - pure con un rinvio al contenuto della motivazione della conforme sentenza di primo grado (v. pag. 96) e con un implicito riferimento ai vari ulteriori passaggi argomentati della decisione - come la sostanza stupefacente rinvenuta nella disponibilità del S., a questi ceduta proprio dal D.M., facesse parte di una più ampia partita di hashish e di marijuana, compra-venduta, del peso totale di 50 kg., avente una percentuale di thc del 5%, dunque un principio attivo pari a 2.500 volte il valore-soglia di 1.000 mg. fissato per quelle sostanze (da un decreto ministeriale dell'agosto del 2006, per giunta in seguito annullato dal giudice amministrativo con riduzione dello stesso valore a 500 mg.); e come, in ogni caso, l'attività dei tre prevenuti non fosse stata affatto casuale o episodica, ma si fosse inserita nel contesto di più ampie e organizzate iniziative delittuose aventi ad oggetto la commercializzazione di quelle droghe.
Decisione, questa, con la quale è stato fatto buon governo della regulaiuris desumibile dalla giurisprudenza del più alto Consesso di questa Corte, per la quale, in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l'aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, P.G. e Biondi, Rv. 253150).
3.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente ha preteso che, in questa sede di legittimità, si proceda ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali i giudici di merito hanno esercitato il potere discrezionale loro concesso dall'ordinamento ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: esercizio che deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all'esistenza dei presupposti di applicazione delle relative norme di riferimento.
Nella specie del tutto legittimamente la Corte di appello ha ritenuto la correttezza della valutazione compiuta dal giudice di prime cure che aveva negato al D.M. le attenuanti generiche in ragione degli elevati quantitativi di droga detenuti, del carattere organizzato dell'attività di spaccio, nonchè dei precedenti penali anche specifici di cui il prevenuto era gravato e di una pendenza di altro procedimento nel quale gli sono stati contestati i reati di partecipazione ad associazione di stampo mafioso e di estorsione.
4. Le impugnazioni presentate nell'interesse del D'., del S. e del C. sono inammissibili, in quanto è pacifico che, in caso di concordato in appello anche con rinuncia ai motivi, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p., che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969).
5. L'inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno a quella di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura pure indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibilt i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 2000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2019
Avv. Antonino Sugamele

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