L'assegnazione temporanea ex art. 33 co. 5 L. n. 104/1992 del militare con quali criteri deve essere posta in essere?
T.A.R. Friuli-V. Giulia Trieste Sez. I, 17-01-2019, n. 28
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 173 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Pandolfi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, presso la quale è, del pari, per legge domiciliato in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
Stato Maggiore dell'Esercito non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare
- dell'atto prot. (...) del 06.04.2018, notificato in data 10.04.2018, con il quale l'istanza del ricorrente tesa ad ottenere l'assegnazione temporanea presso un Ente di stanza in Roma ex art. 33 co. 5 L. n. 104 del 1992 non è accolta;
- di ogni altro atto connesso, antecedente, presupposto e consequenziale anche se non conosciuto;
per l'accertamento
del diritto del ricorrente ad ottenere l'assegnazione temporanea;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2019 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il ricorrente, caporale maggiore capo dell'Esercito italiano in servizio presso il -OMISSIS-, ha chiesto l'annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento in epigrafe compiutamente indicato, con cui gli è stata denegata l'assegnazione temporanea ex art. 33 co. 5 L. n. 104 del 1992 presso un Ente di stanza in Roma, denunciandone l'illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1. "Eccesso di potere e violazione di legge, irragionevolezza; difetto di istruttoria, sviamento di potere, ingiustizia grave e illogicità manifesta; elusione dell'obbligo di rendere espliciti i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno indotto l'amministrazione al diniego; motivazione carente e contraddittoria; assenza del requisito della oggettiva impossibilità di organizzare altrimenti il servizio del militare; violazione, falsa applicazione ed interpretazione dell'art. 33 co. 5 L. n. 104 del 1992: violazione dell'art. 97 della Costituzione";
2. "Eccesso di potere e violazione di legge; difetto di istruttoria, sviamento di potere, ingiustizia grave e illogicità manifesta; elusione dell'obbligo di rendere espliciti i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno indotto l'amministrazione al diniego; omessa valutazione dell'istanza di cambio incarico e, comunque, dello svolgimento di un incarico non corrispondente a quello indicato dal Ministero; violazione dell'art. 33 co. 5 L. n. 104 del 1992; violazione dell'art. 32 Cost.".
Ha chiesto, inoltre, l'accertamento del diritto ad ottenere l'assegnazione temporanea richiesta.
Il Ministero della Difesa si è costituito per resistere al ricorso con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste e, sulla scorta di diffuse controdeduzioni, ha concluso per la sua reiezione e per quella della preliminare istanza incidentale di sospensione del provvedimento gravato.
Il ricorrente ha dimesso memoria a migliore illustrazione delle argomentazioni difensive sviluppate nell'atto introduttivo del giudizio e, in ogni caso, per contestare gli assunti avversari.
Dopo il rigetto dell'istanza cautelare (ord. caut. n. 77 in data 5 luglio 2018), la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 10 gennaio 2019, in vista della quale il ricorrente ha affidato ad un'ulteriore memoria le proprie conclusive difese.
Celebrata tale udienza, l'affare è stato introitato per la decisione.
Il ricorso non è fondato.
Il Collegio ritiene, invero, che non vi siano valide ragioni per disattendere la prognosi negativa formulata nella fase cautelare, atteso che l'Amministrazione pare avere fatto buon governo, anche sotto il profilo motivazionale, della disposizione di cui all'art. 33, comma 5, della L. 5 febbraio 1992, n. 104 ("Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede") nel denegare al ricorrente il trasferimento richiesto in ragione della riscontrata sussistenza di altri congiunti non oggettivamente impossibilitati a prestare l'assistenza alla familiare in condizione di handicap, nonché di esigenze strettamente connesse a valutazioni di funzionalità della Forza Armata, derivanti dall'opportunità di non sguarnire ulteriormente la consistenza organica del Reparto di provenienza con riguardo alla specifico incarico ricoperto dal ricorrente.
Paiono, invero, mutuabili anche nel caso ora in esame le considerazioni e i principi affermati da questo Tribunale nel corso dello scrutinio di ricorsi afferenti a vicende del tutto analoghe (Tar FVG, I, 26 aprile 2017, n. 145; id. 15 ottobre 2018, n. 319; id. 6 novembre 2018, n. 341) ove, per l'appunto, ha rilevato che l'Amministrazione è tenuta "ad operare un bilanciamento tra l'interesse rappresentato dal militare istante e l'esigenza, in sé preminente, di assicurare l'integrità organizzativa e funzionale dell'apparato militare, caratterizzato da una rigida distribuzione dei mezzi e del personale, secondo le qualifiche rivestite, nonché orientato a garantire il bene primario della sicurezza nazionale".
Nel contesto di tale bilanciamento, l'Amministrazione può e deve tenere "conto del fatto che sussistono ulteriori congiunti viciniori al disabile, astrattamente non impossibilitati a prestare la dovuta assistenza. Infatti, sebbene l'esclusività dell'assistenza non sia più un requisito necessario per accogliere l'istanza, tuttavia ciò non toglie che le esigenze organizzative ed operative dell'amministrazione non debbano neanche essere aprioristicamente e sempre sacrificate rispetto a quelle, ad esempio, di altri congiunti del dipendente che ha presentato l'istanza e che, pur essendo anch'essi nell'astratta condizione di poter prestare assistenza, invocano, per esentarsene, le proprie esigenze lavorative o familiari o di studio. (C. S. n. 3303/2014, C.S. n. 5113/2015; TAR Piemonte n. 1287/2016; T.A.R. Catanzaro, (Calabria), n. 274/2016).
Il Collegio ritiene quindi che, come già affermato dalla giurisprudenza soprarichiamata, l'Amministrazione sia chiamata ad esercitare una valutazione discrezionale, nel corso della quale sia tenuta a conoscere e valutare le circostanze di fatto della specifica situazione, al fine di appurare se effettivamente l'istanza non sia configurabile come strumentale ad ottenere un trasferimento al di fuori dei canali regolamentari e in tale ambito debba quindi valutare se sia necessariamente e unicamente il militare a potere e dover prestare la dovuta assistenza e se quindi sussistono i presupposti che impongano in qualche modo di sacrificare le esigenze operative e organizzative dell'amministrazione.
Non vi è dubbio infatti che l'Amministrazione Militare deve operare con particolare scrupolo e precisione in ordine al riconoscimento dei benefici di cui alla L. n. 104 del 1992, data la necessità di tutelare la piena efficienza ed operatività delle Forze Armate, tenuto conto del fatto che, a differenza di quanto avviene per i dipendenti pubblici civili, la concessione dei benefici in questione al personale militare implica automaticamente una specifica e peculiare limitazione in ordine alla possibilità dell'impiego del personale, atteso che "in costanza di riconoscimento del diritto previsto da tale norma, il personale dell'E.I. interessato non è impiegabile in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle stesse" (Art. 981 COM). E' infatti indubbio che trattasi di aspetto suscettibile di incidere in maniera significativa sulla piena funzionalità delle F.A., con costi non sottovalutabili" (T.A.R. F.V.G., n. 145 del 2017).
In definitiva, l'Amministrazione deve valutare, nella complessiva ponderazione degli interessi da comporre, se la circostanza che altri familiari analogamente soggetti all'obbligo di assistenza di un prossimo congiunto abbiano effettivi e oggettivi impedimenti, anche di carattere lavorativo, sia tale da precludere loro di prestare l'assistenza necessaria al disabile, essendo evidente che l'essere lavorativamente impegnati o il non avere buoni rapporti familiari non può valere di per sé da esimente, anche in considerazione del fatto che non può essere sempre sacrificato, in via di principio, l'interesse del pubblico datore di lavoro, vieppiù laddove si tratti di Amministrazione ad ordinamento militare.
Riguardo alla parte della motivazione ove viene rappresentata la situazione particolarmente deficitaria a carico dell'organico del reparto di appartenenza, si deve evidenziare che "la paventata lesione dell'organizzazione del corpo miliare (considerata la prevalente esigenza di assicurare ad essa l'integrità e la piena attitudine ad operare) costituisce ragione autonoma e sufficiente per negare, quanto meno entro i limiti temporali della dichiarata scopertura, il trasferimento oggetto dell'istanza" (Tar FVG n. 341/2018 cit.).
Nel caso di specie, pare, dunque, assolutamente condivisibile quanto osservato dalla difesa erariale ovvero che nel provvedimento opposto è inequivocabilmente rilevata e precisamente indicata la presenza di altri congiunti, non oggettivamente impossibilitati a prestare la dovuta assistenza per il quale non si ritiene siano stati dimostrati elementi di carattere oggettivo connotati da una certa gravità, nonché che la sede di Roma (da intendersi quale località presso cui insistono i Reparti) benché presenti carenze di alcune unità nello specifico incarico ricoperto dall'istante, non evidenzia una sottoalimentazione tale da giustificare il trasferimento dell'interessato, nella misura in cui tale trasferimento aggraverebbe la situazione del reparto di appartenenza, già critica.
Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso va, pertanto, rigettato, in quanto infondato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate a favore del Ministero intimato nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Ministero intimato, che vengono liquidate in complessivi Euro 1.000,00, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Manuela Sinigoi, Consigliere, Estensore
Nicola Bardino, Referendario
09-03-2019 20:45
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