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Sentenza

Revisione penale. No della Cassazione....
Revisione penale. No della Cassazione.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-09-2019) 14-11-2019, n. 46398

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -
Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -
Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere -
Dott. GIORGI Maria Silvia - Consigliere -
Dott. COSTANTINI Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.A., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 14/03/2019 della Corte di appello di Potenza;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. COSTANTINI Antonio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOCCI Stefano, che ha richiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il ricorrente impugna l'ordinanza della Corte di appello di Potenza che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione della sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce del 28 settembre 2016, irrevocabile il 14 giugno 2018, che aveva condannato M.A. alla pena di anni tre di reclusione in ordine ai delitti di cui agli artt. 81, 368, 479 e 490 c.p. per aver, abusando dei poteri di militare dell'Arma dei Carabinieri, incolpato falsamente L.A., Le.Mi. e C.G. di illecita cessione di sostanza stupefacente riportando circostanze false nell'informativa di reato trasmessa alla Procura della Repubblica di Lecce in data 20 novembre 2008 e nella relativa annotazione di servizio ed allegati verbale di arresto di perquisizione e di contestazione dell'illecito amministrativo ex art. 75, T.U. Stup. a carico di P.A..
La Corte di appello ha dichiarato l'inammissibilità dell'istanza, ritenuta manifestamente infondata, reputando non determinante la prova nuova consistente in una consulenza grafologica che non avrebbe concrete ricadute positive per il ricorrente sulla decisione passata in giudicato.
2. M.A., per mezzo del difensore munito di procura speciale, con un unico articolato motivo, deduce la violazione dell'art. 630 c.p.p., lett. c), e art. 634 c.p.p., comma 1, nella parte in cui non avrebbe valutato le nuove prove, pur allegate alla stregua delle citate norme, con particolare riferimento all'art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), non avendo in alcun modo delibato circa l'incidenza e la rilevanza che le nuove prove avrebbero potuto avere in ordine al proscioglimento del condannato; la Corte territoriale avrebbe errato nel non valutare le "prove nuove" allegate, limitandosi ad affermare che la revisione sarebbe un mezzo straordinario di impugnazione che non può avere ad oggetto un'inedita disamina del deducibile, mentre, secondo la giurisprudenza di questa Corte le prove nuove, comunque allegate, devono essere apprezzate indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, come ha invece fatto la Corte territoriale.
Risulterebbe allora erroneo assegnare rilevanza, ai fini della valutazione della capacità delle allegazioni di determinare l'assoluzione del condannato, al mancato disconoscimento della firma apposta M. agli atti ritenuti ideologicamente falsi da parte del M., condotta che non poteva essere apprezzata al fine di negarne la rilevanza, ben potendo essere stata determinata dalla sudditanza psicologica verso i suoi superiori gerarchici e dalla speranza di un atto di resipiscenza da parte dei veri responsabili.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile poichè connotato da genericità e manifesta infondatezza.
2. In tema di giudizio di revisione, l'inammissibilità della richiesta per manifesta infondatezza sussiste se le ragioni poste a suo fondamento risultino evincibili sulla base del contenuto della domanda, evidentemente inidonee a consentire una verifica circa l'esito del giudizio, essendo invece riservata alla fase del merito ogni valutazione sull'effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato (Sez. 2, n. 11453 del 10/03/2015, Riselli, Rv. 263162).
Si rinvia, inoltre, al principio di diritto secondo cui è inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta di revisione fondata, non sull'acquisizione di nuovi elementi di fatto, ma su una diversa valutazione di prove già conosciute ed esaminate nel giudizio, ovvero su prove che, sia pur formalmente nuove, sono inidonee "ictu oculi" a determinare un effetto demolitorio del giudicato (Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, Di Stefano, Rv. 271071).
3. La Corte di appello ha ritenuto inammissibile il ricorso sulla base della apprezzata inutilità della consulenza grafologica di parte; con motivazione priva di aporie e completa ha messo in evidenza come tale consulenza - da cui sarebbe emersa la non riconducibilità al M. delle firme apposte sugli atti ritenuti falsi - era inidonea a sovvertire l'esito del pregresso giudizio di condanna.
Deve farsi rinvio al principio di diritto enunciato da questa Corte secondo cui per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 c.p.p., lett. c), devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purchè non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, Pisano, Rv. 220443).
Ciò premesso, contrariamente a quanto affermato nel ricorso che a detto principio vorrebbe ispirarsi, la Corte territoriale ha escluso l'effetto demolitorio sulla condanna, non solo sulla base del fatto che il ricorrente nel corso del giudizio non aveva mai disconosciuto la sottoscrizione, riferimento che, isolatamente valutato, il M. censura di erroneità, ma perchè era stato rettamente evidenziato che la perizia grafologica espletata nel corso del giudizio aveva riguardato il solo verbale di contestazione amministrativa ex art. 75 T.U. Stup. esibito nel giudizio di merito da P.A., atto rilevante in ordine alla condotta delittuosa ammessa dall'imputato di soppressione di atti veri; intervenuta ammissione desumibile dallo stesso testo della sentenza della cui revisione ci si occupa.
Alla luce di tale motivazione, allora, risulta altresì generico il ricorso effettuato dal ricorrente, che nessuna censura formula a tale parte della motivazione che, secondo la Corte territoriale, ha giustificato il giudizio di complessiva inidoneità della consulenza grafologica posta a base delle richiesta revisione.
In tema di revisione, infatti, la comparazione fra le prove nuove e quelle sulle quali si fonda la condanna irrevocabile non richiede solo il confronto di ogni singola prova nuova, isolatamente considerata, con quelle già esaminate, occorrendo, altresì, una valutazione unitaria e globale della loro attitudine dimostrativa, da sole o congiunte a quelle del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del proscioglimento; ne consegue che il rapporto tra prove pregresse e prove introdotte in sede di revisione deve essere espresso in termini di "riconsiderazione", valorizzando la funzione dinamica del complessivo giudizio probatorio conseguente all'introduzione del "novum" (Sez. 5, n. 7217 del 11/12/2018, dep. 2019, Dessolis, Rv. 275619) e deve avere ad oggetto, oltre che l'affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Buscaglia, Rv. 273029).
Evenienza che risulta esclusa sulla base di quanto rilevato dalla Corte di appello che ha valutato l'inammissibilità del ricorso in ragione di una ritenuta inconferente allegazione, quale fatto nuovo, di una consulenza di parte grafologica, dato non idoneo a disarticolare l'accertata responsabilità specie con riferimento a condotte, quale il falso per soppressione, in ordine alle quali vi era stata ammissione nel corso del giudizio.
4. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616 c.p.p., comma 1.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2019
Avv. Antonino Sugamele

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