Agente Scelto della Polizia di Stato trovato in possesso, all’interno della propria abitazione, di munizionamento da guerra nonché di sostanza stupefacente risultata essere hascish.
Consiglio di Stato sentenza nr. 1438/2020 IV sezione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9215 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Umberto Cossu, domiciliato presso la Segreteria della IV Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Ministero dell'interno - Questura Cagliari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il consigliere Roberto Proietti e uditi per le parti l'avvocato Umberto Cossu e l'avvocato dello Stato Fabio Tortora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L'oggetto del presente giudizio è costituito dal decreto del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza – n. 333-D/6646 del 19/7/2010, con il quale è stata disposta la destituzione dell'Agente Scelto della Polizia di Stato, -OMISSIS-, dall'Amministrazione della Pubblica Sicurezza, con decorrenza degli effetti dalla data di notificazione del provvedimento.
1.1. Dagli atti di causa emerge che nell'ambito di un procedimento penale instaurato per altro fatto delittuoso a carico dell'Agente Scelto della Polizia di Stato, -OMISSIS-, quest'ultimo, a seguito dell'esecuzione di un ordinanza di custodia cautelare, in data 23 febbraio 2010, è stato trovato in possesso, all'interno della propria abitazione, di munizionamento da guerra nonché di sostanza stupefacente risultata essere hascish.
In pari data, il -OMISSIS- è stato sospeso cautelarmente dal servizio con provvedimento del Questore di Cagliari.
In relazione a tali fatti, l'Amministrazione ha avviato un procedimento disciplinare e, con atto del 22 marzo 2010, ha nominato il funzionario istruttore, ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. n. 737/1981 il quale, con nota datata e notificata il 26 marzo 2010, ha contesto al dipendente l'ipotesi disciplinare di cui all' art. 7, n. 1, 2 e 6 del d.P.R. n. 737/1981, per atti contrari ai doveri d'ufficio ed in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, indicativi di mancanza del senso dell'onore e del senso morale, oltremodo riprovevoli per essere stati posti in essere successivamente all'adozione di altri provvedimenti disciplinari.
L'incolpato, dopo aver chiesto la proroga del termine a difesa ed esercitato il diritto di accesso agli atti, il 16 aprile 2010, ha presentato le proprie giustificazioni, affermando l'insussistenza del presupposto della reiterazione di infrazioni disciplinari (previsto dall'art. 7, comma 2, n. 6, del d.P.R. n. 737/1981), poiché la precedente sanzione disciplinare della sospensione per mesi inflittagli in data 30 aprile 2009 era stata impugnata con ricorso dinanzi al TAR per la Sardegna (pendente all'epoca della destituzione); ha chiesto la sospensione del procedimento disciplinare ai sensi dell'articolo 11 del d.P.R. n. 737/1981, essendo i fatti contestati oggetto di un procedimento penale pendente; ha contestato la sproporzione della sanzione della destituzione in relazione ai fatti contestategli.
Con relazione datata 6 maggio 2010, il funzionario istruttore ha riferito gli esiti dell'inchiesta disciplinare al Questore di Cagliari, il quale, con atto datato 11 maggio 2010, ha deferito l'incolpato al Consiglio provinciale di disciplina.
Tale Organo collegiale, all'esito del procedimento, ha deliberato, all'unanimità, la proposta di applicazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, con la seguente motivazione: “In data 23 febbraio 2010, mentre fruiva di un periodo di congedo straordinario per motivi di studio per avere in corso una collaborazione per attività di ricerca con l'Università degli Studi di Cagliari, veniva sottoposto, da personale della locale Squadra Mobile, a perquisizione domiciliare, in occasione dell'esecuzione di un ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale di Cagliari nei suoi confronti per altro fatto delittuoso, e nella circostanza trovato, all'interno della sua camera da letto, in possesso di n. 49 cartucce calibro 9 mm parabellum (rinvenute in un cassetto del comò) e di n. 3 frammenti (pari a gr. 1,020) di sostanza solida resinosa di colore marrone (riposti nella testiera del letto), poi risultata, da analisi effettuata presso il locale Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica, essere sostanza stupefacente di tipo hascish. Tale condotta denota grave mancanza del senso dell'onore e della morale, grave contrasto con i doveri e obblighi assunti con il giuramento, nonché una scarsa inclinazione all'osservanza delle norme comportamentali cui è soggetto l'appartenente all'Amministrazione della P.S.”.
Sulla base di tale proposta, Il Capo della Polizia, con decreto n. 333-D/6646 del 19/7/2010, ha irrogato al dipendente la sanzione disciplinare della destituzione, ai sensi dell'art. 7, co. 2, nn. 1, 2 e 6, del d.P.R. n. 737/1981.
1.2. L'interessato ha impugnato tale provvedimento ed i relativi atti connessi, con ricorso dinanzi al TAR per la Sardegna il quale, con sentenza n.-OMISSIS-, ha respinto, con dovizia di argomenti, i tre autonomi motivi posti a sostegno del ricorso di primo grado, condannando il -OMISSIS- alle spese di giudizio.
2. Avverso tale sentenza, quest'ultimo ha proposto appello affidato a due autonomi mezzi di gravame: a) violazione dell'art. 7 del D.P.R. n°.737/1981; eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione, illogicità manifesta e contraddittorietà estrinseca;
b) violazione degli art. 1, co. 7, e 13 del D.P.R. n. 737/1981; eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta.
2.1. Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
2.3. All'udienza del 30 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.
3. L'appello è infondato e deve essere respinto.
4. Con il primo mezzo di impugnazione si lamenta l'erroneità della sentenza nella parte in cui si afferma l'inammissibilità della censura incentrata sulla violazione dell'art. 7, co. 2, n. 6, del d.P.R. n. 737/1981, in quanto “come esattamente rilevato dalla Difesa erariale, nel caso in esame, il provvedimento di destituzione è stato adottato ai sensi dell'articolo 7, comma 2 n°1, 2 e 6 del citato D.P.R., essendosi ritenuto che la condotta del dipendente integrasse i presupposti per l'applicazione della sanzione della destituzione sotto ciascuna delle ipotesi richiamate, per cui la censura risulta in primo luogo inammissibile, posto che l'atto impugnato è motivato anche con riferimento alla sussistenza dei presupposti di cui ai nn. 1 e 2 del comma secondo dell'articolo 7 del D.P.R. 737/1981, che risultano pertanto idonei a sorreggere autonomamente il provvedimento di destituzione”.
In sostanza, l'appellante rileva che il ricorso di primo grado era articolato in due diversi motivi: il primo, come rilevato nella sentenza impugnata, portante censure sulla violazione dell'art. 7, comma 2, n. 6, del d.P.R. n. 737/1981; il secondo contenente le ragioni della violazione degli art. 1, 7 e 13, del d.P.R. n. 737/1981. Nel secondo motivo erano evidenziati (cfr. pag. 12 del ricorso di primo grado) i profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati anche con riferimento ai nn. 1 e 2 del citato articolo 7, comma 2, del d.P.R. n. 737/1981, sicché, secondo l'appellante, la contestazione inerente al n. 6 della norma richiamata non avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.
Ciò premesso, l'appellante ha contestato la violazione della normativa di riferimento in relazione al principio di tipicità delle sanzioni disciplinari, evidenziando, in relazione ai due comportamenti contestati al dipendente (possesso di munizioni da guerra e di sostanza stupefacente) che:
- il possesso di munizioni da guerra sarebbe regolato in altre norme del citato d.P.R. n. 737/1981 ed, in particolare, nell'articolo 5, comma 1, n. 7, che non consente di applicare una sanzione più grave della deplorazione;
- riguardo alle sostanze stupefacenti, sarebbe sanzionabile (peraltro, con la sospensione) non il possesso ma l'uso per ragioni non terapeutiche accertato con referto medico legale.
L'appellante ha, inoltre, contestato l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado secondo ha affermato la legittimità della decisione dell'Amministrazione anche con riferimento alla fattispecie di cui al n. 6 dell'articolo 7, comma 2, del d.P.R. n. 737/1981, “considerato che con atto del 30 aprile 2009 il ricorrente è stato punito con la sanzione della sospensione dal servizio per mesi sei per assunzione di sostanza stupefacente, dovendo essere esclusa pertanto - come esattamente rilevato dalla Difesa erariale - l'occasionalità dell'episodio che ha dato luogo al procedimento disciplinare, relativamente alla questione delle sostanze stupefacenti”.
Al riguardo, l'appellante ha rilevato che la norma richiamata punisce solo “la reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio”. Nel caso di specie, la sospensione era stata comminata in conseguenza dell'accertato consumo di sostanze stupefacenti e, quindi, a parare dell'appellante, non sarebbe configurabile un'ipotesi di reiterazioni di condotte in presenza di due comportamenti diversi quali dovrebbero essere considerati la detenzione di sostanza stupefacente ed il suo consumo.
4.1. Il Collegio ritiene che il primo motivo di ricorso sia infondato e debba essere respinto.
La contestata destituzione è stata motivata sulla base di plurime ragioni:
a) “il -OMISSIS- risulta già destinatario di un provvedimento di sospensione dal servizio per mesi 6 (sei), irrogato poiché a seguito di visita collegiale presso la Commissione Medica del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari, risultava positivo ai cannabinoidi metaboliti, fatto questo ammesso anche dall'interessato”;
b) le giustificazioni prodotte dall'interessato non sono state ritenute sufficienti per sminuire la gravità della condotta “in considerazione anche dei numerosi precedenti disciplinari annotati nel foglio matricolare (tre richiami scritti, due pene pecuniarie, una deplorazione congiunta alla pena pecuniaria ed una sospensione dal servizio per la durata di mesi sei), che denotano nel dipendente un comportamento proclive alla recidiva”;
c) l'incolpato è stato giudicato responsabile della “più assoluta mancanza del senso dell'onore e della morale in quanto, nella sua qualità di tutore dell'ordine, avrebbe dovuto considerare il disvalore della sua azione ed astenersi dal commetterla … il comportamento tenuto dall'interessato, in spregio dei doveri assunti col giuramento, è oltremodo riprovevole e assolutamente inconciliabile con le funzioni proprie di un operatore di polizia, pregiudizievole per il servizio e tale da rendere incompatibile una sua ulteriore permanenza nella Polizia di Stato”.
In sostanza, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, la destituzione è stata basata sulla violazione dell'art. 7, comma 2, n. 1 (in presenza di atti idonei a rivelare una mancanza del senso dell'onore e del senso morale), n. 2 (per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento) e n. 6 (per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari), del d.P.R. n. 737/1981.
L'appellante afferma l'erroneità della sentenza impugnata riconducendo il proprio comportamento avente ad oggetto la detenzione di armi e munizioni, alla fattispecie prevista dall'art. 5 del d.P.R. n. 737/1981.
Tuttavia, tale norma punisce (al comma 1, n.7) la negligenza, l'imprudenza e l'inosservanza delle disposizioni inerenti alla conservazione di armi ed esplosivi e, quindi, non attiene a condotte quali quella contestata all'appellante, inerente (non alla mera negligenza nella custodia dell'arma in dotazione personale) ad un comportamento penalmente rilevante consistente nella detenzione abusiva di armi (prevista dall'art 697 c.p.); per il quale, infatti, è stato sottoposto a procedimento penale concluso con sentenza n. 699/2012 del Tribunale Ordinario di Cagliari di condanna a quattro mesi di arresto.
Pertanto, appare corretta la sussumibilità di tale condotta nell'ambito della fattispecie disciplinare di cui all'articolo 7 del d.P.R. n. 737/1981, nn. 1 e 2, riferita ad atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale ed in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento che impongono l'obbligo per l'appartenente alla Polizia di Stato di tenere un comportamento, anche fuori del servizio, improntato alla massima irreprensibilità e correttezza.
Nel caso in esame, l'Amministrazione anche correttamente inquadrato la condotta dell'appellante inerente al possesso di sostanze stupefacenti nell'ipotesi di cui all'art. 7, co. 2, n.6, del d.P.R. n. 737/1981, che prevede la punibilità della “reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari”.
Al riguardo, pur a voler prescindere dai profili inerenti all'ammissibilità di tale censura dinanzi al TAR per la Sardegna, il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia giustamente affermato la correttezza dell'ulteriore “...rilievo dell'amministrazione con riferimento al punto 6 della norma in questione di reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio, considerato che con atto del 30 aprile 2009 il ricorrente è stato punito con la sanzione della sospensione dal servizio per mesi 6 per assunzione di cannabinoidi, dovendo essere esclusa pertanto ... l'occasionalità dell'episodio che ha dato luogo al procedimento disciplinare ...”.
Sotto questo profilo, l'appellante tenta di ridimensionare la rilevanza disciplinare della propria condotta, omettendo di considerare che la detenzione, sia pure occasionale, e la consapevole contiguità con l'ambiente dei fornitori della sostanza, integrano una condotta di gravissima violazione ai doveri di correttezza e lealtà assunti con il giuramento prestato da un appartenente alle forze di polizia e giustifica l'adozione di un provvedimento di destituzione, stigmatizzando una condotta assunta in carenza di onore e di senso morale, posta in essere in netto contrasto con i doveri assunti con il giuramento e, quindi, con i precipui compiti istituzionali e le funzioni rivestite; come tale, comportante una assoluta incompatibilità con lo status di appartenente alla Polizia di Stato.
In conclusione, in base a quanto emerge dagli atti di causa – come correttamente affermato dal giudice di primo grado -, deve ritenersi legittimo e non affetto da vizi logici, irragionevolezza o manifesta ingiustizia, il provvedimento sanzionatorio della destituzione assunto dall'Amministrazione in base ai fatti in questione addebitati all'appellante, inerenti al possesso di munizionamento da guerra e di sostanza stupefacente tipo hashish.
5. Le considerazioni che precedono inducono a ritenere infondato anche il secondo motivo d'appello, con il quale è stata affermata l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto non sussistente la violazione del principio di proporzionalità tra il fatto contestato all'incolpato e la sanzione irrogata.
Infatti, oltre a quanto evidenziato al procedente punto sub 6), va rilevato che l'Amministrazione – nel valutare condotte quali quelle contestate all'appellante - dispone di un ampio margine di discrezionalità nell'apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione in sede disciplinare.
Nel caso di specie, per le ragioni sopra rappresentate, la scelta della misura afflittiva deve ritenersi operata nel rispetto dei parametri di ragionevolezza e di proporzionalità rispetto alla consistenza degli illeciti ascritti all'interessato - avuto riguardo a quanto stabilito dagli articoli 1 e 13 del d.P.R. n. 737/81 –, sicché, deve ritenersi che l'Amministrazione abbia legittimamente irrogato al -OMISSIS- la sanzione massima prevista della destituzione.
Ciò, specialmente in presenza di molteplici precedenti disciplinari (tre richiami scritti, due pene pecuniarie, una deplorazione congiunta con pena pecuniaria ed una sospensione dal servizio per mesi sei) riguardanti l'appellante, a fronte dei quali non assume particolare rilievo il fatto che nel 2009 l'interessato abbia conseguito la qualifica di assistente della Polizia di Stato.
Per quanto, infine, concerne la circostanza che al momento della destituzione la sanzione della sospensione disciplinare dal servizio per mesi sei irrogata all'appellante con provvedimento del Capo della Polizia del 30 aprile 2009 fosse stata impugnata dinanzi al T.a.r. per la Sardegna, va rilevato che con sentenza n. -OMISSIS-è stato respinto il ricorso proposto avverso tale provvedimento e con sentenza di questa Sezione IV in pari data , è stato respinto l'appello (n.r.g. -OMISSIS-) proposto contro la sentenza di primo grado.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che l'appello sia infondato e debba essere respinto.
7. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, la Segreteria procederà all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.
8. Il Collegio rileva che l'infondatezza del ricorso in appello si fonda su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell'art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l'interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2205 del 2018; n. 2879 del 2017; 5497 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell'art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. Sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016).
A tanto consegue il pagamento della sanzione nella misura minima di legge di € 2.000, computata nel quantum separatamente.
La condanna dell'appellante, ai sensi dell'art. 26, comma 2, c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all'art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
a) respinge l'appello e, per l'effetto conferma l'impugnata sentenza;
b) condanna l'appellante alla rifusione delle spese di lite in favore del Ministero dell'interno, che liquida nella misura di € 5.000,00, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;
c) condanna, altresì, l'appellante, ai sensi dell'art. 26, comma 2, c.p.a., al pagamento della somma di € 2.000,00 (duemila) da versare secondo le modalità di cui all'art. 15 disp. att. c.p.a., mandando alla Segreteria per i conseguenti adempimenti;
d) manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l'appellante.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberto Proietti Vito Poli
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
01-03-2020 20:04
Richiedi una Consulenza