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Sentenza

Appartenente al corpo dei Carabinieri chiede il riconoscimento della dipendenza ...
Appartenente al corpo dei Carabinieri chiede il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e alla rogazione di una equo indennizzo per la patologia intercorsa, identificabile come ipertensione arteriosa e cardiopatia ipertensiva.
Pubblicato il 02/09/2020

N. 01809/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00680/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 680 del 2012, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Aiello, con domicilio eletto presso lo studio Salvino Pantuso in Palermo, via R. Settimo 55;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale 6;

per l'annullamento

del provvedimento di cui al D.M. del 26/07/2011, notificato il 23/01/2012, di rigetto della domanda di concessione dell'equo indennizzo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2020 il dott. Roberto Valenti, svolta in collegamento da remoto ai sensi dell'art 84 D.L. n. 18/2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato il ricorrente ha chiesto l'annullamento del provvedimento in epigrafe indicato con cui l'amministrazione ha rigettato l'istanza, presentata il 23/05/2000, volta al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e alla rogazione di una equo indennizzo per la patologia intercorsa, identificabile come ipertensione arteriosa e cardiopatia ipertensiva.

Dopo aver rappresentato sommariamente la propria carriera quale appartenente al corpo dei Carabinieri sin dal 1975 (menzionando anche l'incidente accorso nel 1977, mentre era in servizio, causativo del decesso di un civile per cui lo stesso ricorrente subiva un procedimento penale dal quale veniva assolto 15 anni dopo), evidenzia di essere stato ricoverato mentre era nello svolgimento della propria attività, in due occasioni: la prima nel 1997, e la seconda nel 2002, in entrambi i casi per ipertensione arteriosa e cardiopatia ipertensiva.

Evidenzia altresì che con verbale mod. ML/ AB n. 4 71 del 08/02/2000 la Commissione Medica Ospedaliera I Sez. dell'Ospedale Militare di Palermo riconosceva l'ipertensione arteriosa quale patologia dipendente da causa di servizio, ascrivendolo alla tabella A Categoria 8.

Tuttavia con il provvedimento in epigrafe indicato, l'amministrazione ha rigettato la domanda.

Sicché veniva proposto il presente ricorso, con richiesta di espletamento di C.T.U..

Resiste l'Avvocatura distrettuale dello Stato per le Amministrazioni intimate, producendo documenti.

Alla pubblica udienza del 7 maggio 2020, svoltasi in collegamento da remoto ai sensi e per gli effetti dell'art. 84 D.L. n. 18/2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Prescindendo dalla sussistenza di profili di inammissibilità, stante la mancata specifica articolazione di singoli profili di censura nella parte "in diritto" dell'impugnazione, nel merito il ricorso è infondato e va respinto per le considerazioni che seguono.

Secondo quanto può desumersi dalla parte "in diritto", pur in assenza –come già evidenziato- di una specifica articolazione delle censure dedotte, parte ricorrente sembra lamentare l'eccesso di potere atteso: a) da un lato quanto già statuito dalla C.M.O. di prima istanza che aveva riconosciuto la dipendenza da causa di servizio delle patologie riscontrare; b) il mero appiattimento del Ministero al differente parere reso dal Comitato di Verifica delle Cause di Servizio n. 16133/2008 – ordinanza n. 53/2011 del 07/06/2011, secondo cui "l'ipertensione arteriosa non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, trattandosi di affezione frequentemente di natura primitiva, insorgente sovente in individui con familiarità ipertensiva, per probabile errore genetico e con seguente alterazione della pompa del sodio a livello della membrana cellulare, favorita da fattori individuali spesso legati ad abitudini di vita del soggetto. Nel determinismo e nel successivo decorso dell'affezione, di natura prevalentemente endogena, nessun ruolo può aver svolto il servizio prestato, tenuto anche conto delle modalità di svolgimento e dei disagi descritti negli atti, i quali, considerati nel loro insieme, non risultano tali da assurgere al ruolo di causa, ovvero di concausa efficiente e determinante".

Ad avviso del ricorrente, la Commissione non avrebbe effettuato alcun accertamento per verificare se effettivamente l'ipertensione arteriosa in specie sia di natura congenita o se, invece, sia la conseguenza di un lavoro stressante che spesso teneva sotto tensione il Sig. -OMISSIS-.

La censura non ha pregio.

Ritiene il Collegio che non sussistano i presupposti per discostarsi dall'orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa secondo cui (cfr. Consiglio di Stato, sez. II , 12/03/2020 , n. 1768) nelle controversie relative al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate da pubblici dipendenti, anche ai fini della liquidazione dell'equo indennizzo, solo nei casi in cui sia rilevato un travisamento dei fatti, una macroscopica illogicità ed irregolarità nel procedimento di accertamento, il giudice della legittimità può sindacare le determinazioni assunte dagli organi tecnici, fondate su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico -discrezionale.

Ancora di recente, il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, con sentenza della sez. I , 20/02/2020 , n. 2257, ha precisato che il parere reso dal C.V.C.S. non solo è obbligatorio ma è altresì vincolante e insurrogabile, posto che l'Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento in conformità al giudizio di questo organo. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 14, d.P.R. n. 461 del 2001, quindi, il parere del C.V.C.S. si impone nel suo contenuto tecnico - discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico.

Né può giovare alla tesi di parte ricorrente il richiamo al parere reso dalla C.M.O. di prima istanza.

Come ancora di recente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. , Roma , sez. I , 05/12/2019 , n. 13916), da cui il Collegio ritiene oggi di non doversi discostare, dopo il riordino della materia, avvenuto con il d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461, il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio viene adottato a seguito di un ben preciso iter procedimentale, in cui le competenze della C.M.O. e del Comitato di Verifica sono ben specificate e diverse. Di conseguenza, non sussiste alcun obbligo di motivare le ragioni per cui non si recepisce il parere della C.M.O., il cui compito è ora solo quello di pronunciare sull'esistenza dell'infermità, restando esclusivamente in capo al Comitato di Verifica quello di esprimersi sulla dipendenza da causa di servizio, con parere al quale l'Amministrazione è tenuta a conformarsi.

Nel caso in esame, tenuto conto della ampia motivazione riportata nel parere del C.V.C.S., non sussistono i presupposti per ritenere che l'esercizio della discrezionalità tecnica sia inficiato da illegittimità, non venendo in considerazione peculiari elementi che possano aver inciso nell'attività lavorativa del dipendente oltre quanto sia lecitamente ascrivibile agli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, non essendo evidenziati né documentati particolari eventi che possano aver inciso, quale causa incidente determinante, nella insorgenza della patologia. Non appare, infatti, che a differenti conclusioni possa condurre l'incidente in cui è rimasto coinvolto il ricorrente nel lontano 1977, né la pendenza del procedimento penale scaturito dallo stesso sinistro da cui è andato assolto a distanza di anni, tenuto conto anche che il primo evento riconducibile alle patologie sopra evidenziate si è verificato a distanza venti anni (1997) e venticinque anni (2002).

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto, dovendosi rigettare anche la richiesta di C.T.U. avanzata dalla parte.

Ed invero, sotto detto profilo, il parere medico legale del C.V.C.S. sulla dipendenza da causa di servizio non può essere contraddetto da pareri sanitari di parte se non in caso di palese irragionevolezza e di evidente travisamento dei fatti, in specie non riscontrabili, con conseguente esclusione dell'ammissibilità della C.T.U., in quanto il giudice non può sostituirsi al Comitato di Verifica, non avendo alcun potere di controllo, salvo appurare se il criterio tecnico concretamente valorizzato in sede procedimentale risulti o meno attendibile (T.A.R. Campania, Napoli , sez. VII, 05/01/2018, n. 94); i detti strumenti non possono essere utilizzati per supplire a un onere probatorio non assolto dalla parte, atteso che, qualora gli elementi costitutivi della pretesa in ricorso rientrino nella disponibilità del privato, occorre che il ricorrente supporti la propria domanda, allegandoli e dimostrandoli in giudizio (cfr. T.A.R. Campania, Napoli , sez. VI , 28/11/2018 , n. 6901).

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, tenuto conto anche della natura della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2020, svoltasi in collegamento da remoto ai sensi dell'art. 84 D.L. n. 18/2020, con l'intervento dei magistrati:

Calogero Ferlisi, Presidente

Roberto Valenti, Consigliere, Estensore

Sebastiano Zafarana, Consigliere

 		
 		
L'ESTENSORE		IL PRESIDENTE
Roberto Valenti		Calogero Ferlisi
 		
 		
 		
 		
 		

IL SEGRETARIO


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Avv. Antonino Sugamele

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