Appuntato Scelto della Guardia di Finanza condannato alla pena di mesi otto di reclusione militare per il furto aggravato di undici computer portatili e di cinque borse porta-computer.
Corte di Cassazione, Sezione 1 penale
Sentenza 8 maggio 2020, n. 14148
Data udienza 19 febbraio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente
Dott. VANNUCCI Marco - Consigliere
Dott. APRILE Stefano - Consigliere
Dott. MINCHELLA Antonio - rel. Consigliere
Dott. CAIRO Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza n. 91/2018 della Corte Militare di Appello in data 26/03/2019;
Visti gli atti e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Antonio Minchella;
Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. Ufiluggelli Francesco, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS), che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 05/04/2018 il Tribunale Militare di Napoli condannava (OMISSIS), Appuntato Scelto della Guardia di Finanza, alla pena di mesi otto di reclusione militare per il furto aggravato di undici computer portatili e di cinque borse porta-computer. Si legge in sentenza che il (OMISSIS) un luogotenente in servizio alla Stazione Navale della Guardia di Finanza di (OMISSIS) constatava che da un deposito, di cui aveva le chiavi, erano scomparsi undici computer portatili e cinque relative borse: si trattava di una fornitura di computer nuovi, temporaneamente depositati in quel locale, le cui serrature non mostravano segni di effrazione; iniziavano le indagini all'interno della caserma, ma senza esito: poi, a seguito di voci confidenziali, si effettuavano nuove ispezioni ed in un locale autoclave il (OMISSIS) si rinvenivano undici computer chiusi in due sacchi neri del tipo usato per la spazzatura; dieci dei computer rinvenuti corrispondevano a quelli sottratti, mentre un undicesimo computer era della medesima marca degli altri, ma non apparteneva alla fornitura militare ed era peraltro inutilizzabile. Cosi' si disponevano indagini sull'hard disk dei computer rinvenuti, dai quali tutto era stato cancellato e, grazie a tecniche informatiche forensi, in tre computer si scoprivano migliaia di fotografie, tra le quali vi erano quelle del nucleo familiare dell'imputato, con lui stesso presente in molte di esse: peraltro, in uno dei tre computer risultava anche che esso era stato usato nell'(OMISSIS) per collegarsi alla " (OMISSIS)" e per operare sul conto corrente intestato all'imputato; quindi si deduceva che la sottrazione dei computer era avvenuta ben prima della scoperta del furto, e, del resto, l'imputato aveva svolto - nel periodo anzidetto - anche il compito di piantone della caserma, con la possibilita' concreta di fare uso delle chiavi del locale in cui erano custoditi i computer poi sottratti. Il Tribunale riteneva inverosimile la spiegazione fornita dall'imputato di avere utilizzato uno dei computer per scaricare fotografie da una memoria esterna: cio' perche' egli disponeva di un computer fisso nel suo ufficio e non vi era ragione perche' andasse a sottrarre e ad usare ben tre computer prelevandoli da un deposito chiuso a chiave. La quasi intera riparazione del danno veniva ritenuta prevalente sulle circostanze aggravanti contestate.
2. Interponeva appello il P.M., contestando che potesse configurarsi la circostanza attenuante della riparazione del danno, atteso che non erano stati rinvenuti tutti i computer ed atteso che non vi era stata una vera riconsegna da parte dell'imputato, bensi' un sostanziale abbandono in un locale della caserma.
3. Interponeva appello l'imputato, censurando l'insufficienza della prova a suo carico, giacche' tra le immagini rinvenute ve ne erano anche alcune riferite a soggetti non identificati e giacche' appariva verosimile che anche altri avrebbero potuto sottrarre quei computer, ritenendo magari di poterli utilizzare legittimamente nei locali dell'Ufficio mentre era inverosimile che egli avrebbe potuto aprire una busta chiusa e timbrata nella quale erano riposte le chiavi del locale-deposito, non avendo poi svolto il servizio di piantone, o che avesse corso il rischio di riportare i computer nella caserma.
4. Con sentenza in data 26/03/2019 la Corte Militare di Appello confermava la condanna e l'entita' della pena inflitta in primo grado, ma rimodulando la medesima con l'esclusione della circostanza attenuante della riparazione del danno e con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle circostanze aggravanti contestate. Rilevava la Corte territoriale che era acclarata la sottrazione dei beni ed il periodo della stessa nonche' era acclarato che il locale autoclave era stato ispezionato in un primo tempo senza trovarvi nulla, mentre in seguito vi erano i due sacchi contenenti gli undici computer rinvenuti; parimenti era indubitabile che in tre computer erano stati recuperati i dati contenuti e in essi vi erano molte immagini, anche del nucleo familiare dell'imputato e dell'imputato stesso, cosi' come era indubitabile che uno dei computer si era collegato al conto corrente dell'imputato. Tutto cio' riconduceva ragionevolmente all'imputato stesso, il quale aveva offerto una sua giustificazione, la quale pero' non spiegava affatto la presenza di tante sue fotografie in ben tre dei computer: peraltro sosteneva che i computer erano stati usati da tante persone della caserma ed anzi lasciati al libero utilizzo in un grande locale, sostanzialmente negando che vi fosse stato un furto; ma le ispezioni effettuate subito dopo la scoperta della sottrazione non rinvennero nessun computer in nessun locale della caserma e nel locale deposito era stata collocata una grande scatola di cartone dove prima erano riposti i computer, allo scopo evidente di occultare per un certo tempo il furto gia' consumato; parimenti, l'imputato aveva sostenuto di non avere svolto i turni di piantone ed aveva preannuziato che avrebbe dimostrato tale fatto con i fogli di presenza, che pero' non aveva mai prodotto alla Corte di Appello: peraltro, era anche emerso che per accedere al locale-deposito si attraversava la stanza nella quale erano riposte in bacheca le chiavi di quella porta, senza precauzioni particolari per chi si trattenesse oltre l'orario di servizio. Nessuna spiegazione alternativa era ragionevole e la restituzione dei computer era stata evidentemente una decisione assunta dopo il clamore suscitato dalle ispezioni in caserma e dopo la formattazione dei computer: ma non era stato restituito uno dei computer sottratti ne' alcuna delle borse porta-computer ne' vi era stata una azione volontaria di riconsegna, bensi' un abbandono in un locale.
5. Avverso detta sentenza propone ricorso l'interessato, a mezzo del difensore Avv. (OMISSIS). Con motivo unico deduce, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), erronea applicazione di legge e manifesta illogicita' della motivazione: sostiene che l'intera ricostruzione della vicenda aveva avuto una connotazione eminentemente indiziaria, atteso che soltanto su tre degli undici computer erano state trovate tracce riconducibili al ricorrente, il quale aveva spiegato di avere fatto occasionale uso di quei computer quando erano allocati nei locali dell'ufficio di appartenenza; invece la sua spiegazione era stata ritenuta inverosimile con una motivazione apodittica a fronte di dati non univoci, giacche' nei computer vi erano anche immagini di altre persone non identificate e giacche' non era stato provato come il ricorrente avrebbe sottratto i beni e come li avrebbe ricondotti in caserma, ma era stata esposta una teoria ricostruttiva soltanto congetturale che non aveva fornito puntuali risposte alle deduzioni difensive: in realta', ogni deduzione era stata tratta da una deduzione precedente, fino a giungere a conclusioni al piu' solo verosimili che pero' non spiegavano come la responsabilita' per il furto di tutti i computer si fondava su fotografie trovate soltanto in tre di essi e come non venisse ritenuto possibile che, dopo un uso improprio dei computer effettuato nella caserma da parte del ricorrente, gli stessi beni fossero stati sottratti da altri.
6. In udienza le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile poiche' esso e' manifestamente infondato.
2. Lamenta il ricorrente che la ricostruzione della vicenda criminosa era stata soltanto congetturale, con il risultato di giungere a conclusioni verosimili ma non connotate da certezza.
Va premesso che i fatti descritti nelle sentenze di merito devono ritenersi ormai incensurabilmente accertati e che, comunque, si tratta di fatti che neppure il ricorrente pone in discussione.
Il problema che si pone al giudice di legittimita' con il ricorso e', invece, quello di verificare se i giudici di merito abbiano logicamente giustificato la loro valutazione sulla sufficienza degli elementi di natura indiziaria acquisiti al processo al fine di pervenire all'affermazione che il ricorrente doveva ritenersi l'autore del furto militare e se abbiano correttamente applicato i criteri di valutazione della prova indiziaria previsti dall'articolo 192 c.p.p. E' ancora opportuno rilevare che, con il proposto ricorso, si pone il problema dell'individuazione dei criteri che il giudice deve utilizzare per valutare l'idoneita' indiziaria dei fatti accertati e l'efficacia probatoria di questi indizi nonche' la loro capacita' individualizzante. Non viene quindi in considerazione il tema della ricomposizione del quadro probatorio.
Il sindacato di legittimita' sul procedimento logico che consente di pervenire al giudizio di attribuzione del fatto con l'utilizzazione di criteri di inferenza, o massime di esperienza, e' diretto a verificare se il giudice di merito abbia indicato le ragioni del suo convincimento e se queste ragioni siano plausibili. E, per giungere a queste conclusioni, e' necessario verificare se siano stati rispettati i principi di completezza (se il giudice abbia preso in considerazione tutte le informazioni rilevanti), di correttezza e logicita' (se le conclusioni siano coerenti con questo materiale e fondate su corretti criteri di inferenza e su deduzioni logicamente ineccepibili). In particolare, sul tema della valutazione della gravita', precisione e concordanza della prova indiziaria, i limiti dello scrutinio di legittimita' attengono alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio compiuto dal giudice di merito, che deve fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicita' o compiuta su base meramente congetturale e priva di riferimenti individualizzanti ovvero con riferimenti di questo tipo palesemente inadeguati.
Questo compito era attribuito al giudice di legittimita' anche prima delle modificazioni introdotte, alla lettera e) dell'articolo 606 c.p.p., dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, articolo 8 comma 1, lettera b), che ha ricondotto il vizio di travisamento della prova nell'alveo del vizio di motivazione senza intaccare l'ambito del sindacato di legittimita' sui criteri utilizzati dal giudice di merito per la valutazione della prova consentendo pero' alla Corte di cassazione un limitato accesso agli atti quando il loro contenuto, senza necessita' di una loro valutazione - ma per la loro stessa valenza esplicativa - siano idonei a porre nel nulla, da soli, le conclusioni ipotizzate dal giudice di merito.
E' chiaro che, alla fine, la Corte di Cassazione esprime un giudizio di valore come quando ritiene "debole" la regola di inferenza utilizzata dal giudice di merito, ma cio' rientra nel controllo di legittimita' previsto dalla norma indicata perche' una prova insufficiente o una regola di inferenza "debole" utilizzata dal giudice e su cui sia fondata la decisione incrinano irrimediabilmente la congruita' logica della decisione.
Quindi, per pervenire alla condanna, il giudice non solo deve ritenere non probabile l'eventuale diversa ricostruzione del fatto che conduce all'assoluzione dell'imputato, ma deve altresi' ritenere che il dubbio su questa ipotesi alternativa non sia ragionevole (deve cioe' trattarsi di ipotesi non plausibile o comunque priva di qualsiasi conferma).
Nella fattispecie, il percorso argomentativo della sentenza impugnata evidenzia un corretto procedere nell'individuazione e nell'esame degli elementi indiziari, traendo infine da essi conclusioni che non possono ritenersi meramente congetturali bensi' dotati di intrinseca forza dimostrativa.
Cosi', in primo luogo la Corte territoriale ha evidenziato come non vi era dubbio sul furto commesso dal locale-deposito: ed anzi ha specificato che chi aveva sottratto i computer portatili aveva anche collocato uno scatolone di cartone nel luogo in cui quei beni erano in precedenza riposti, cosi' occultando la sottrazione tramite il nascondimento della loro scomparsa.
In secondo luogo la Corte territoriale ha sottolineato come era corretto ritenere che la sottrazione dei computer (e delle borse porta-computer) doveva essere ben precedente alla scoperta del furto avvenuto in data (OMISSIS), giacche' uno dei computer risultava essere stato utilizzato nell'(OMISSIS) per un collegamento ad un conto corrente bancario.
In terzo luogo, la sentenza ha evidenziato come i computer sottratti erano stati riportati soltanto dopo l'effettuazione delle ispezioni investigative in tutti i locali della caserma, le quali avevano ragionevolmente provocato dubbi e forti sensazioni tra il personale ivi in servizio.
In quarto luogo, la Corte di Appello ha rilevato come il rinvenimento di ben dieci degli undici computer sottratti (tutti insieme collocati due sacchi neri di plastica) faceva dedurre una unitarieta' nell'azione di abbandono che doveva essere il seguito di una unitarieta' dell'azione sottrattiva.
In quinto luogo, la Corte territoriale ha precisato che l'hard disk dei computer sottratti era stato esaminato e che, in ben tre diversi computer di quelli rinvenuti, vi erano fotografie indubbiamente riconducibili all'imputato ed al suo nucleo familiare nonche' che uno dei computer era stato utilizzato dall'imputato appunto per collegarsi al suo conto corrente bancario acceso presso la " (OMISSIS)".
Infine, la sentenza impugnata rendeva evidente come, in ragione dei turni di servizio e delle modalita' di custodia delle chiavi, l'imputato aveva avuto la possibilita' concreta di accedere al locale-deposito dal quale erano stati sottratti i computer.
Dati questi gli elementi di fatto raccolti nel corso del processo, la Corte territoriale - con motivazione logicamente dipanata e scevra da errori giuridici - aveva concluso che la sottrazione doveva essere ricondotta all'imputato, atteso che era evidente l'uso da parte sua di molteplici dei computer sottratti al locale-deposito: e cio' sia per scaricare e caricare in essi fotografie del nucleo familiare sia per utilizzi relativi alle sua gestione del proprio danaro.
La Corte di Appello, peraltro, non ha mancato di considerare le spiegazioni alternative fornite del ricorrente ed ha rilevato che le stesse spiegazioni si connotavano per la inverosimiglianza e la mancanza di ragionevolezza: il ricorrente, cioe', non negava quell'utilizzo dei computer ma sosteneva che gli stessi non erano stati sostanzialmente rubati poiche' erano di utilizzo comune all'interno di un locale frequentato dall'intero personale della caserma. Correttamente il giudice di appello rileva che questa asserita circostanza contrastava sia con la denunzia del furto (avvenuta ad opera del luogotenente che era responsabile del locale-deposito, il quale quindi smentiva che vi fosse stato un uso promiscuo e comune in precedenza) sia con il tentativo di nascondere quella scomparsa (con il posizionamento di un oggetto ingombrante dove i beni erano stati riposti) sia con il tentativo di nascondere quanto era contenuto nell'hard disk dei computer (interesse riconducibile all'imputato) sia con il fatto che non era stato raccolto nessun elemento in tal senso sia con il fatto che le ispezioni effettuate in tutti i locali della caserma non aveva condotto al rinvenimento di nessuno di detti computer, i quali evidentemente, erano stati condotti fuori dalla caserma e poi riabbandonati in un locale gia' ispezionato in precedenza.
Di conseguenza, la riconducibilita' al ricorrente dell'azione furtiva era stata tratta da elementi di fatto solidi, quali il rinvenimento di sue fotografie in piu' di uno dei computer sottratti ed in un collegamento telematico con il suo conto corrente, e cioe' era stata tratta da elementi indiziari connotati dei requisiti di gravita' e precisione, valutati non soltanto in riferimento alla loro valenza dimostrativa, ma altresi' con riferimento alla possibilita' di ipotizzare soluzioni alternative parimenti plausibili.
3. Anche le ulteriori doglianze del ricorrente sono inammissibili: esse lamentano che nei computer rinvenuti vi erano anche immagini di altre persone non identificate; che la responsabilita' per il furto di tutti i computer si fondava su fotografie trovate soltanto in tre di essi; che non era stato ritenuto possibile che, dopo un uso improprio dei computer effettuato nella caserma da parte del ricorrente, gli stessi beni fossero stati sottratti da altri.
Queste censure del ricorrente sono sostanzialmente orientate a riprodurre un quadro di argomentazioni gia' esposte nel giudizio di merito, ed ivi ampiamente vagliate e correttamente disattese dal giudice, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poiche' imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearita' e della logica consequenzialita' che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione. In relazione ai suindicati profili, dunque, il ricorso non e' volto a rilevare mancanze argomentative, erronee applicazioni di norme o illogicita' ictu ocuti percepibili, bensi' ad ottenere un non consentito sindacato sulla congruita' di scelte valutative compiutamente giustificate dal giudice, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d'accusa.
In tal senso deve rilevarsi come il giudice, sulla base di quanto sopra esposto in narrativa, abbia proceduto ad un vaglio critico di tutte le deduzioni ed obiezioni mosse dall'imputato, pervenendo alla decisione in questa Sede impugnata attraverso una disamina completa ed approfondita dell'insieme delle risultanze processuali: e l'esito del giudizio di responsabilita' non puo' certo essere invalidato da prospettazioni alternative, risolventisi in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perche' illustrati come maggiormente plausibili, o perche' assertivamente dotati di una migliore capacita' esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si e' in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369/2006, Rv. 235507).
Deve infatti escludersi sia la possibilita', per il Giudice di legittimita', di un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, sia la possibilita' di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Sez. 6, n. 27429 del 4/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
4. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilita' del ricorso consegue di diritto, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita' (Corte Cost. sentenza n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro Tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Si da' atto che il presente provvedimento, redatto dal relatore Consigliere Dott. Antonio Minchella, e' sottoscritto dall'estensore e dal Consigliere anziano del Collegio, Dott. Marco Vannucci, per impedimento alla firma del suo Presidente e dell'estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, articolo 1, comma 1, lettera a).
14-06-2020 15:34
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