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Sentenza

E' legittima la sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per la dura...
E' legittima la sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per la durata di sei mesi comminata a un militare della Guardia di finanza, in quanto, nel corso di una indagine penale, pur conclusa con l'archiviazione della posizione del ricorrente, si era accertato che lo stesso aveva intrattenuto inopportune frequentazioni con almeno una persona contigua ad una consorteria di stampo camorristico.
T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, 16/06/2020, n. 6609
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2919 del 2012, proposto da

-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Sebastiano Russo, presso il cui studio in Roma, via delle Baleniere, 98, è elettivamente domiciliato;

contro

Ministero dell'economia e delle finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Comando generale della Guardia di finanza non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della determinazione del 1 marzo 2012 n. 032062/12, notificata in data 5 marzo 2012, con la quale il Comandante del Comando Reparti Speciali della Guardia di Finanza ha irrogato al ricorrente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi sei, a decorrere dal 5 marzo 2012 e fino al 4 settembre 2012;

- di ogni altro atto precedente, connesso e conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2020 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato che la pubblica udienza si è svolta, ai sensi dell'art. 84 comma 5 D.L. n. 18 del 2020, come modificato dal D.L. n. 28 del 2020, attraverso videoconferenza con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams" come previsto dalla circolare n. 6305 del 13/03/2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Svolgimento del processo

Il ricorrente, militare della Guardia di finanza, impugna il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Comando reparti speciali della Guardia di finanza ha applicato nei sui confronti la sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per la durata di sei mesi con effetto dal 20 marzo 2012 al 4 settembre 2012.

Il Ministero dell'economia e delle finanze, costituito in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 1835 del 24 maggio 2012 il Tribunale ha respinto l'istanza cautelare proposta dal ricorrente ritenendo la domanda del -OMISSIS- non "supportata dal fumus boni iuris in quanto i comportamenti addebitati al ricorrente - tenuto anche conto del pregiudizio all'immagine del Corpo determinato dal risalto attribuito alla vicenda dagli organi di stampa - risultano oggetto di un'adeguata valutazione da parte della competente Autorità militare, che ha provveduto ad esplicitare in motivazione il disvalore, sotto il profilo disciplinare, delle condotte (omissive e commissive) tenute dal ricorrente"

Con ordinanza n. 3052 del 1 agosto 2012 il Consiglio di Stato ha respinto l'appello cautelare "considerato che nella fattispecie non sussistono profili che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso di primo grado, in quanto l'ordinanza ed il provvedimento gravati contengono nel complesso diversi elementi che legittimano la valutazione ed il sanzionamento in sede disciplinare della condotta del ricorrente".

All'udienza del 5 giugno 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il ricorrente impugna il provvedimento del 1 marzo 2012, con il quale il Comando reparti speciali della Guardia di finanza ha applicato nei sui confronti la sanzione disciplinare della sospensione dall'impiego per la durata di sei mesi.

La determinazione censurata risulta adottata in quanto, nel corso di una indagine penale, pur conclusa con l'archiviazione della posizione del ricorrente, si era accertato che lo stesso aveva "intrattenuto inopportune frequentazioni con almeno una persona contigua ad una consorteria di stampo camorristico".

Il provvedimento ha dunque ritenuto che "i rapporti censurabili tenuti con persone che, sebbene non direttamente coinvolte in attività illegali del clan camorristico, potevano sfruttare le prerogative di un appartenente alle forze dell'ordine esclusivamente al fine di precostituirsi delle posizioni di vantaggio in plurimi contesti" fossero sintomatici di una significativa carenza di qualità morali e caratteriali.

Con ulteriore profilo motivazionale, e con riferimento a comportamenti ritenuti del pari espressivi della riscontrata carenza, l'atto ha evidenziato, poi, come il ricorrente avesse omesso, in violazione di quanto prescritto dall'art. 748 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare e, più ampiamente, dei doveri di lealtà assunti nei riguardi del Corpo, di informare i suoi superiori dell'esecuzione nei suoi confronti di una perquisizione locale e personale nell'ambito di un'indagine penale per fatti particolarmente gravi, condotta posta in essere dal -OMISSIS- al fine di conservare la sua posizione di "distacco" presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La determina, inoltre, ha evidenziato il clamore e l'ampia eco giornalistica che la vicenda aveva suscitato, tali da influire seriamente sulla immagine e sul prestigio della Guardia di finanza.

Il provvedimento, da ultimo, dà atto del fatto che l'amministrazione procedente, sulla base delle emergenze procedimentali e dell'apporto partecipativo dell'interessato, ha ritenuto le condotte poste in essere dal ricorrente dovessero esser oggetto della sola sanzione di corpo, ritenendo lo stesso meritevole di conservare il grado.

Con due distinti motivi di doglianza, che, in considerazione della loro sostanziale omogeneità, possono essere esaminati congiuntamente, il ricorrente prospetta:

I. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza manifesta e per assenza di proporzione tra fatto contestato e sanzione disciplinare.

La sanzione disciplinare sarebbe stata inflitta in violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, in assenza di un compiuto accertamento dei fatti e della loro incidenza sul rapporto di impiego e sulla base di una motivazione incongrua.

In proposito evidenzia come l'unico rapporto accertato è quello da lui intrattenuto con -OMISSIS--OMISSIS-, vigile urbano ad -OMISSIS- non coinvolto in indagini penali, del cui rapporto di parentela con -OMISSIS--OMISSIS-, esponente della criminalità organizzata campana, egli era completamente ignaro.

La sua condotta, in conclusione, si sarebbe sostanziata nel fornire a -OMISSIS--OMISSIS-, persona che non frequentava da tempo, il numero di telefono di un ristorante presso il quale organizzare un pranzo al quale egli non avrebbe preso parte.

Le stesse intercettazioni poste a base del provvedimento disciplinare impugnato, evidenzia ancora il ricorrente, erano state ritenute insufficienti, in sede penale, a dimostrare la sua responsabilità.

L'intera vicenda, in ogni caso, sarebbe stata valutata senza tener conto della generale connotazione positiva della sua carriera.

Da ultimo il ricorrente, pur riconoscendo di non aver tempestivamente avvertito i superiori dell'avvenuta perquisizione locale e personale, sostiene che tale condotta non sarebbe idonea a giustificare la determinazione adottata.

II. Violazione di legge per inosservanza della norma di cui all'art. 3 della legge n. 241190 e successive modificazioni (difetto di motivazione); violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Il provvedimento presenterebbe una motivazione carente, circostanza tanto più grave alla luce della natura fortemente afflittiva della determinazione assunta.

I motivi sono infondati.

In via preliminare occorre considerare come l'ipotesi accusatoria posta a base del procedimento penale concernesse il concorso in favoreggiamento aggravato, mentre la sanzione disciplinare oggi contestata, pur innestandosi sulla stessa vicenda di fatto, è stata adottata per specifiche violazioni di doveri propri di un appartenente alla Guardia di finanza, ciò che rende irrilevante il diverso apprezzamento delle medesime risultanze probatorie nella sede penale e in quella disciplinare.

Sempre in via preliminare, e al fine di valutare le complessive censure di difetto di istruttoria, motivazione e proporzionalità, il Collegio ritiene utile richiamare i consolidati approdi giurisprudenziali in materia, i quali possono essere così riassunti:

a) la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità" (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; conf. id., sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537);

b) in sede disciplinare, l'Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi del pregresso procedimento penale, sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare (Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392);

c) ciò, peraltro, può valere anche nel caso in cui il processo penale si sia concluso con il proscioglimento dell'imputato, o con l'archiviazione, atteso che "uno stesso comportamento del militare mentre, in sede penale, può essere valutato in maniera tale da giustificare una sentenza di proscioglimento, in sede disciplinare, può essere, viceversa, qualificato dall'Amministrazione competente come illecito disciplinare" (Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2015, n. 5367).

Passando all'esame del sostrato probatorio utilizzato dal provvedimento per individuare le condotte poste a base della valutazione disciplinare, occorre considerare, in primo luogo, che il ricorrente non contesta il fatto di aver consapevolmente omesso, in violazione dell'art. 748 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare e dei doveri di Corpo, di dare avviso ai suoi superiori dell'avvenuta perquisizione locale e personale nei suoi confronti

Di tale fatto il provvedimento evidenzia compiutamente l'estrema gravità, correlata al titolo di reato contestato, alle modalità e alle finalità avute di mira dal -OMISSIS-, circostanze la cui oggettiva rilevanza e idoneità a sorreggere l'adottata sanzione disciplinare è contestata in gravame in maniera assolutamente assertiva.

Del pari non utilmente contestato appare l'ulteriore e pregnante argomentazione menzionata in atto e relativa al clamore destato dalla vicenda e al fatto che, anche alla luce della risonanza mediatica della notizia, la stessa abbia "seriamente influito sull'immagine ed il prestigio del Corpo".

Quanto, poi, alla ritenuta contiguità tra il ricorrente e il fratello di un esponente di spicco della criminalità organizzata campana occorre considerare che la stessa è stata desunta da due intercettazioni di conversazioni tra il ricorrente e il fratello di un esponente della criminalità organizzata campana acquisite in sede penale, dalla prima delle quali emerge, oltre al tono amicale utilizzato, espressivo di una non occasionalità del rapporto, anche la consapevolezza del ricorrente del legame familiare esistente tra -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS--OMISSIS-, atteso che quando -OMISSIS- riferisce di essere in compagnia della "cognata importante" (la moglie di -OMISSIS-) il ricorrente ride e si rammarica di non poter essere presente al pranzo per l'organizzazione del quale -OMISSIS- lo ha contattato.

Ulteriore e più allarmante conferma dell'esistenza di un rapporto di frequentazione tra il -OMISSIS- e lo-OMISSIS- emerge dalla seconda intercettazione, nella quale il secondo usa il telefono del primo per concordare un incontro verosimilmente volto all'acquisto di sostanze stupefacenti, con richiesta da parte dello-OMISSIS-, di essere accompagnato dal ricorrente all'incontro medesimo.

I due episodi, oltre a rendere non condivisibile la tesi del contatto occasionale, escludono pure la fondatezza delle argomentazioni, più volta spese in gravame, secondo cui il ricorrente avrebbe ignorato sia il vincolo familiare tra il "collega" vigile urbano (-OMISSIS--OMISSIS-) e il fratello -OMISSIS- sia l'esistenza di episodi che avevano visto coinvolto -OMISSIS--OMISSIS- in prima persona, puntualmente menzionati nella memoria depositata in atti dalla difesa erariale.

L'apparato motivazionale dell'atto impugnato risulta dunque completo e corretto essendo ivi state esplicitate, in maniera esauriente, le ragioni logico-giuridiche della decisione anche attraverso il puntuale richiamo alle risultanze del procedimento penale che sono state indiscutibilmente oggetto di specifica e autonoma valutazione in sede amministrativa, proprio perché la valutazione dell'amministrazione ha avuto ad oggetto violazioni diverse da quelle che avevano formato oggetto del provvedimento di archiviazione.

Nè ricorrono le lamentate violazioni dei principi di ragionevolezza e proporzionalità nell'irrogazione della sanzione

Richiamato quanto in precedenza argomentato in ordine all'effettiva sussistenza delle condotte come ritenute dal gravato provvedimento disciplinare e richiamato altresì il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'individuazione della sanzione applicabile in riferimento ad un illecito disciplinare accertato costituisce, nell'ambito delle indicazioni fornite dal legislatore, espressione di potere discrezionale dell'amministrazione censurabile, da parte del giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità, solo per difetto di motivazione ovvero per eccesso di potere per illogicità o irragionevolezza, occorre rilevare come, nella fattispecie, l'amministrazione risulta avere correttamente valorizzato la gravità della condotta tenuta dal militare, desumibile anche dalla modalità comportamentali e dalla peculiare rilevanza degli interessi coinvolti, e avere tenuto conto di una serie di elementi (quali i precedenti di servizio dell'incolpato e la prospettazione difensiva spiegata in sede procedimentale) al fine dell'individuazione di una sanzione conservativa e non espulsiva.

Ne risulta che la determina, avendo motivatamente fatto emergere la significativa carenza dell'etica professionale dimostrata dal pubblico dipendente nello svolgimento del servizio d'istituto, ha pure soddisfatto l'onere argomentativo in punto di scelta e determinazione della misura disciplinare adottata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente e delle altre persona menzionate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2020 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza secondo quanto disposto dall'art. 84 comma 6 D.L. n. 18 del 2020, come modificato dal D.L. n. 28 del 2020 con l'intervento dei magistrati:

Pietro Morabito, Presidente

Roberta Cicchese, Consigliere, Estensore

Francesca Mariani, Referendario
Avv. Antonino Sugamele

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