La Corte militare di appello dichiara inammissibile l'appello, proposto dal Procuratore Generale presso la medesima Corte, avverso la sentenza emessa dal Tribunale militare di Roma.
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-09-2020) 20-10-2020, n. 28993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TARDIO Angela - Presidente -
Dott. BIANCHI Michele - Consigliere -
Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -
Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere -
Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE;
nel procedimento a carico di:
R.P., nato a (OMISSIS);
inoltre:
PARTE CIVILE;
avverso l'ordinanza del 07/07/2020 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. BONI MONICA.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con provvedimento in data 7 luglio 2020 la Corte militare di appello dichiarava inammissibile l'appello, proposto dal Procuratore Generale presso la medesima Corte, avverso la sentenza emessa dal Tribunale militare di Roma in data 29 ottobre 2019 nei confronti dell'imputato R.P., per essere stata l'impugnazione oggetto di rinuncia.
2. Ricorre il Procuratore presso il Tribunale militare di Roma, che chiede l'annullamento del provvedimento per inosservanza di norme processuali, stabilite a pena di nullità, in quanto l'art. 589 c.p.p. prescrive che la rinuncia all'impugnazione possa essere effettuata fino all'apertura del dibattimento dal pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato e solo successivamente prima della discussione dal pubblico ministero presso il giudice dell'impugnazione. Il comma 4 della stessa norma stabilisce che, se l'impugnazione sia trattata e decisa in camera di consiglio, la rinuncia possa essere effettuata dal pubblico ministero che ha proposto il gravame e successivamente da quello presso il giudice dell'impugnazione. Nel caso di specie la dichiarazione di rinuncia è stata presentata irritualmente dal Procuratore Generale presso la Corte militare di appello nella pendenza della fase preliminare al giudizio dibattimentale di secondo grado, ossia da soggetto non legittimato.
3. Il ricorso all'odierno esame è stato proposto da soggetto privo della necessaria legittimazione.
3.1 La materia delle impugnazioni è regolata dal principio generale di tassatività, sancito dall'art. 568 c.p.p., commi 1 e 3, per il quale è la legge a stabilire, non soltanto i provvedimenti soggetti ad impugnazione ed il relativo mezzo di contestazione, ma anche a conferire soggettivamente il diritto di impugnazione. La seconda parte dell'art. 568, comma 3 introduce ulteriore previsione di completamento della disposizione generale del comma 1, per la quale, se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse.
3.2 Il quadro normativo di riferimento si completa con le specifiche regole dettate dall'art. 608 c.p.p., per il cui comma 1 il ricorso per cassazione può essere proposto dal procuratore generale contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile, mentre il comma 2 stabilisce che il procuratore della Repubblica presso il tribunale "può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata dalla corte di assise, dal tribunale o dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale". In base al disposto dell'art. 51 c.p.p. e artt. 2 e 70 ord. giud., questi ultimi come modificati dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, artt. 2 e 20, si è elaborato il principio, entrato a far parte della tradizione giuridica, per cui il pubblico ministero ripete la competenza da quella del giudice presso il quale esercita le sue funzioni e da tale simmetria trae giustificazione anche la titolarità del potere di impugnazione, salvo deroghe espresse. In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 5 del 20/06/1990, Corica, rv. 185283; Sez. U., n. 8 del 31/05/1991, Pm in proc. Faraco, rv. 187860; Sez. U., n. 22531 del 31/5/2005, Campagna, rv. 231056; Sez. U, n. 31011 del 28/05/2009, P.G. in proc. Colangelo, rv. 244029), con pronunce che, seppure riguardanti la legittimazione ad impugnare provvedimenti emessi in sede di riesame o di appello cautelare e le sentenze del giudice di pace, oppure ancora provvedimenti applicativi di misure di prevenzione, hanno espresso principi più generali, riconoscendo valenza tendenziale al collegamento tra ufficio di procura e ufficio giudicante.
3.3 Nè sono rinvenibili deroghe valevoli per il procedimento penale in cui si contestino reati di competenza dell'autorità giudiziaria militare, che resta soggetto alla medesima disciplina prevista per il processo ordinario di cognizione (sez. 1, n. 1449 del 22/03/1991, Pm in proc. Pagliarini ed altri, rv. 187236).
3.4 Per le considerazioni svolte, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), il ricorso è inammissibile perchè proposto da soggetto non legittimato a contestare provvedimento emesso dalla Corte di appello e la relativa declaratoria può essere effettuata de plano, a mente dell'art. 610 c.p.p., comma 5-bis, come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, posto che l'atto impugnato rientra ratione temporis sotto il vigore della vigente disciplina.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020
25-10-2020 17:29
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