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Sentenza

Luogotenente dell'Arma dei Carabinieri, effettivo all'Aliquota Operativa...
Luogotenente dell'Arma dei Carabinieri, effettivo all'Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri Aeroporti di Roma Fiumicino, nel periodo 2012 - 2014, si sarebbe associato con più persone al fine di reperire e acquistare (all'estero), trasportare e importare (in Italia), ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., (ud. 17-06-2020) 24-09-2020, n. 9749
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7000 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da

G.A.R., rappresentato e difeso dagli avvocati Sebastiano Russo e Gioacchino Genchi, con domicilio presso lo studio del primo, in Roma, Piazzale Clodio, n. 22;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento, previa sospensiva

- del D.M. n. 071/I-3/2015 di protocollo del 17 febbraio 2015 (notificato il 20 marzo 2015), con il quale il Direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare di sta-to della perdita del grado per rimozione;

- di tutti gli atti comunque presupposti, connessi e/o conseguenti a detto provvedimento

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2020 il dott. Roberto Vitanza;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il ricorrente, già luogotenente dell'Arma dei carabinieri, con il ricorso oggetto del presente scrutinio, ha contestato, chiedendone l'annullamento, la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione irrogata con il D.M. n. 071/I-3/2015 del 17 febbraio 2015, notificato al ricorrente il 20 marzo 2015.

In data 17 giugno 2015 si è costituita l'amministrazione resistente ribadendo la legittimità del provvedimento assunto nei confronti del ricorrente.

Alla camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015, il Collegio, con ordinanza Collegiale n. 8682/2015 ha disposto puntuali incombenti istruttori, che la p.a ha assolto nei termini assegnati.

Alla successiva camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2015, il Collegio ha respinto la chiesta misura cautelare.

Il ricorrente ha impugnato, innanzi al Consiglio di Stato, la riportata ordinanza cautelare.

Il giudice di appello, con ordinanza n. 419/2016, ha respinto l'appello cautelare.

Il predetto ricorrente, con successivi motivi aggiunti, ha, altresì, contestato il provvedimento con il quale la p.a. ha rettificato la decorrenza giuridica della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado e disposto il mutamento della causa del congedo del ricorrente - già avvenuto per motivi di infermità - in cessazione dal servizio permanente per motivi disciplinari.

Quindi, il predetto ricorrente, ha prodotto una memoria ed in data 28 aprile 2016 ha revocato il mandato agli originari difensori sostituiti con quelli indicati in epigrafe.

In data 1 febbraio 2019 l'amministrazione resistente ha precisato le proprie conclusioni con una ulteriore memoria, a cui è seguita la replica del ricorrente.

Alla udienza del giorno 17 giugno 2020 il ricorso è strato trattenuto in decisione.

Ai fini di una esatta intelligenza della presente vicenda processuale è necessario premettere, sia pure in via sintetica, una breve ricostruzione del dato fattuale presupposto alla sanzione irrogata.

Il ricorrente, al momento della contestazione da parte dell'Ufficio del Pubblico Ministero dei fatti penalmente rilevanti (organizzatore, al fine di assicurare il transito, senza controlli, all'interno dell'aeroporto di Fiumicino, di corrieri che trasportavano ingenti carichi di droga, favorendo, altresì, la consegna dello stupefacente ai destinatari), era effettivo presso l'Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri "Aeroporti di Roma - Fiumicino" ( e non alla stazione cc di Fiumicino come riportato nel ricorso).

In effetti, in data 26 maggio 2014 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma indagava il ricorrente ed altri militari, per i reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ( art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990 e 61, n.9, c.p.), nonché nel concorso nell'importazione di sostanze stupefacenti ( artt. 110 c.p. e 73 e 80 del D.P.R. n. 309 del 1990 e 61, n.9 c.p.), perché, il 5 dicembre 2012, avrebbero favorito l'ingresso, attraverso l'aeroporto di Fiumicino, di un cittadino straniero che, proveniente dal Venezuela, occultava una notevole quantità di cocaina all'interno del bagaglio.

Contestualmente l'Autorità giudiziaria ordinava una perquisizione locale e personale anche nei confronti del predetto militare.

In data 13 giugno 2014, il Ministero della Difesa- D.G.P.M. emetteva il D.M. n. 256/I-3/2014 con il quale veniva decretata la sospensione precauzionale dall'impiego, a titolo facoltativo, nei confronti del suddetto.

Successivamente, con foglio n.(...) datato 28 luglio 2014, il Comandante del Comando Interregionale Carabinieri -"Podgora" ha ordinato, in relazione ai fatti penali contesti, che nei confronti del Luogotenente G.A.R. fosse esperita una inchiesta formale contestando il seguente addebito:

"Luogotenente dell'Arma dei Carabinieri, effettivo all'Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri Aeroporti di Roma Fiumicino, nel periodo 2012 - 2014, si associava con più persone al fine di reperire e acquistare (all'estero), trasportare e importare (in Italia), ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina. In particolare:

- quale organizzatore e nella sua qualità di maresciallo in servizio allo scalo Leonardo da Vinci di Fiumicino, provvedeva ad assicurare il transito, senza controlli, all'interno del predetto aeroporto, di corrieri trasportanti ingenti carichi di droga;

- in data 5 dicembre 2012 favoriva, in particolare, l'ingresso di un corriere che, proveniente dal Venezuela, occultava una notevole quantità di cocaina all'interno del bagaglio.

In data 26 maggio 2014, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma emetteva nei suoi confronti "informazione di garanzia (ex art. 369, 369 bis del c.p.p. e 28 disp. Att. del c.p.p.) in ordine ai reati di "associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope" (art. 74 del D.P.R. 309190 e 61, n. 9 del c.p.) e "concorso nell'importazione di sostanza stupefacente" (artt. 11 O del c.p. e 73 e 80 del D.P.R. 309190 e 61, n. 9 del c.p.).

Dall'esame degli atti emergono, allo stato, condotte di notevole gravità che arrecano nocumento al prestigio e all'immagine dell'Istituzione, in quanto assolutamente incompatibili con lo status di appartenente all'Arma dei Carabinieri e in palese contrasto con i doveri attinenti al giuramento prestato e al grado rivestito".

Al termine della istruttoria il sottufficiale è stato deferito innanzi alla Commissione di disciplina.

Nel corso del procedimento disciplinare ( verbale del 23 dicembre 2014) il Presidente Commissione, alla luce delle memorie difensive e dei documenti prodotti dall'incolpato, ha rappresentato "di non poter esprimere ancora un proprio giudizio" ed ha chiesto, all'autorità che aveva disposto l'inchiesta, un "supplemento di istruttoria".

Riferisce il ricorrente che l'ufficiale istruttore ha, in data 20 gennaio 2015, rappresentato l'esistenza di impedimenti al supplemento istruttorio richiesto in ragione della segreto istruttorio afferente ad una indagine di p.g. ancora in corso, ma ha, comunque, provveduto alla integrazione della istruttoria amministrativa nel rispetto del vigente segreto istruttorio.

Di contro l'amministrazione resistente ha prodotto la nota datata 22 luglio 2015, con la quale è stato dato riscontro alla richiesta della Commissione disciplina circa l'espletamento di un supplemento di istruttoria.

In particolare, l'ufficiale istruttore ha riscontrato la richiesta di acquisire: copia del memoriale di servizio, o.d.s e compiti assegnati al militare nei giorni 23 ottobre 2011, 6 giugno 2012 e 5 dicembre 2012; accertare se le richieste di supporto operativo nella zona aeroportuale venivano vagliate e disposte dal Comandante la Compagnia CC di Fiumicino; accertare se per i viaggi effettuati in Colombia dal militare era stata richiesta ed ottenuta la prevista autorizzazione; assumere la testimonianza dell'app. CC Carnevale se il giorno 5 dicembre 2012 lo stesso ha notato un borsone riferibile al corriere; chiedere al luogotenente Colombo, Comandante l'aliquota CC aeroporti se aveva dato lui l'ordine al parigrado R. di proseguire il servizio predisposto; chiedere al capitano CC D.F. la dislocazione del ricorrente in data 5 dicembre 2012.

Risulta, poi, dalla riferita nota che l'Autorità giudiziaria inquirente ha autorizzato il Nucleo investigativo cc di Roma ad acquisire gli atti del procedimento penale, instaurato per il fatto anche disciplinarmente contestato, per fornire elementi di risposta al richiesto supplemento di istruttoria a carico dell'incolpato.

La commissione di disciplina, alle cui sedute ha attivamente partecipato anche il militare incolpato che, nell'occasione, ha fornito la propria versione dei fatti, sia oralmente, che attraverso il deposito di memorie e documenti, ha concluso i propri lavori ed espresso il parere negativo acchè il militare potesse conservare il grado e ciò proprio alla luce dei documenti in atti e della l'istruttoria disciplinare.

Sulla base delle rassegnate conclusione la p.a., con il provvedimento in questa sede contestato, ha sanzionato il militare con la perdita del grado per rimozione.

Avverso tale negativa determinazione il ricorrente ha, come detto, reagito con ricorso giurisdizionale, affidato a diciassette motivi di gravame e contestuale istanza cautelare.

Alla udienza pubblica del giorno 17 giugno 2020 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Osserva Il Collegio.

La parte ricorrente, sia nel ricorso principale che nelle memorie in atti, ha preliminarmente sostenuto la tesi che solo l'accertamento definitivo del fatto penale contestato avrebbe potuto stabilire la reale responsabilità del ricorrente in merito al fatto disciplinare contestato ed ha, in buona sostanza, incentrato il ricorso secondo tale ottica.

Infatti, con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha lamentato la violazione dell'art. 1393 del codice dell'ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010 - di seguito COM), nella versione antecedente alla ultima novella, di cui all'art. 4, comma 1, lett. t), D.Lgs. 26 aprile 2016, n. 91, che ha modificato il citato art. 1393 COM.

In particolare la norma sopra riportata, vigente al momento del fatto, originariamente recitava : "se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata l'azione penale ... il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale ... e, se già iniziato, deve essere sospeso".

In merito il Collegio intende riportarsi alla motivazione già al riguardo assunta nella ordinanza cautelare n. 4322/19, confermata dal Consiglio di Stato, secondo cui : "alla luce della normativa di cui all'art. 117 DPR, 10 gennaio 1957, n. 3, tutt'ora vigente ( Cass. sez.un. 11 febbraio 1988, n.1445; Cons.St., sez. IV, 13 dicembre 1999,, n. 1875), la sospensione del procedimento disciplinare deve essere disposta solo nel caso in cui l'incolpato riveste la qualifica di imputato a mente degli artt. 60 e 405 del codice di procedura penale ( Cons. di St. ordinanza, Sez. IV, 22 febbraio 2005, n. 855).

Tale previsione è implicitamente ribadita anche dall'art. 9 della L. 7 febbraio 1990, n. 19. Non solo. Il riportato impianto normativo è stato ulteriormente affermato dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2009 che, pur se con riferimento, invero, alla Polizia di Stato, ha, di fatto, ribadito il riferito principio di diritto".

Ne consegue che la c.d. pregiudiziale penale inibiva l'azione disciplinare solo quando il pubblico ministero aveva promosso l'azione penale.

E' provato che al momento dell'attivata azione disciplinare nei confronti del ricorrente, l'Ufficio del pubblico ministero non aveva ancora esercitato l'azione penale.

Il ricorrente ha, poi, ribadito la tesi sopra riportata nel secondo, terzo, quarto e quattordicesimo motivo di ricorso, in cui ha ribadito e censurato che il fatto, oggetto del procedimento disciplinare, non era stato ancora definito dal giudice penale, così che l'azione disciplinare doveva essere avviata solo dopo il passaggio in giudicato della eventuale sentenza di condanna.

Sul punto è necessario rilevare la differenza funzionale e finalistica del procedimento disciplinare rispetto a quello penale.

Il procedimento disciplinare è soggetto ad autonome ed indipendenti valutazioni rispetto alle contestazioni intervenute in sede penale ( per l'affermazione del principio cfr: Cass. sezione lavoro, sent. n. 21260, del 28 agosto 2018).

E' principio generale, pacificamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa. che il procedimento penale ed il procedimento disciplinare sono fra loro autonomi e indipendenti.

Le autorità giudiziaria preposta allo scrutinio del procedimento disciplinare ha il compito di effettuare una autonoma ricostruzione dei fatti, anche se penalmente contestati.

E' onere, poi, del giudice amministrativo l'autonoma valutazione circa l'attendibilità e l'esaustività delle prove acquisite nel corso della fase istruttoria.

L'organo amministrativo, nell'adottare la sanzione disciplinare in conseguenza di fatto contestualmente contestato anche in sede penale, può considerare anche gli aspetti contenuti nel procedimento penale, ma è tenuta ad operare una autonoma e completa ed autonoma valutazione conformemente al capo di incolpazione ed agli interessi pubblici ad essa affidati.

La diversità dei piani di valutazione ( quello penale e quello amministrativo) attengono, quindi, ad esigenze e tutele differenti, per cui la identità fattuale della contestazione risulta, invero, solo apparente proprio perché diversa è la finalità delle due azioni e diverse sono le regole procedurali. Malgrado la identità del fatto contestato nei due diversi plessi giudiziari, invero il dato fattuale non può omogenizzarsi, atteso il diverso significato oggettivo che lo stesso assume in relazione alla autonomia degli interessi che i due procedimento sono destinati a tutelare.

Solo la decisione penale irrevocabile di assoluzione ha la forza di res giudicata nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alla p.a. quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, atteso che la formula assolutoria : il fatto non costituisce illecito penale non preclude in sede disciplinare una autonoma valutazione del fatto stesso, proprio perché, come detto, l'illecito penale e quello disciplinare operano su piani differenti e ben può un determinato comportamento del dipendente, non penalmente sanzionato, rilevare sotto il profilo disciplinare (T.A.R. Campania- Napoli, sez. VI 3 dicembre 2014, n. 6310).

Né è necessario, per le ragioni già espresse, che la p.a. attenda l'esito del giudizio penale per avviare l'azione disciplinare, atteso che lo scrutinio per la contestata violazione amministrativa soggiace ad una esclusiva valutazione di pertinenza dell'organo amministrativo.

La incolpazione, come avanzata nella contestazione e, poi, definita con il provvedimento sanzionatorio contestato, risulta, pertanto, indipendente dalla sua definizione in sede penalistica, tanto che l'art. 1393, secondo comma del COM, nella vigente versione, ha previsto che, nell'ipotesi in cui è, successivamente, intervenuta per il medesimo fatto, già negativamente scrutinato in sede amministrativa, un'assoluzione ( il fatto non sussiste" o "l'imputato non lo ha commesso), il militare può proporre istanza di riapertura del procedimento disciplinare, entro il termine di decadenza di sei mesi dall'irrevocabilità della pronuncia penale, mentre nel caso di l'assoluzione con la formula "il fatto non costituisce illecito penale", la p.a. deve provvedere alla riapertura del procedimento disciplinare, proprio per la valenza degli accertamenti penali anche nell'azione amministrativa.

Con il quinto ed il settimo motivo di ricorso la parte ricorrente censura la carenza di istruttoria, alla luce dei rilievi del Presidente la Commissione di disciplina ed il parziale riscontro dell'organo investigativo in relazione al procedimento penale, i cui esiti sono coperti da segreto istruttorio, in uno con la mancanza di concreti e puntuali accertamenti circa la colpevolezza del ricorrente.

Sul punto è sufficiente rappresentare quanto già in epigrafe ampiamente riportato in merito al supplemento di istruttoria, così come attestato nella nota dell'ufficiale inquirente datata 22 luglio 2015, nonché dai documenti n. 11 e 12 dell'allegato di parte, in cui risultano depositate due note di integrazione dell'attività istruttoria.

Ciò trova, inoltre, conferma, anche dal contenuto del verbale del 3 febbraio 2015 di interrogatorio del ricorrente, in cui nell'epigrafe è attestato che il presidente ha dato lettura delle nuove risultanze istruttorie.

Né può condividersi l'assunto di parte secondo cui la sanzione è stata irrogata sulla base di meri "indizi di colpevolezza".

Deve essere ribadito che l'accertamento amministrativo del fatto oggetto di incolpazione ha autonoma rilevanza rispetto a quello relativo alla vicenda penale, anche se l'organo disciplinare può utilizzare, come ha fatto nel caso di specie, parte della documentazione propria del procedimento penale.

Emerge dalla documentazione in atti, che il comportamento del sottufficiale, ai meri fini disciplinari, è stato ritenuto provato sulla base degli accertamenti istruttori riconducibili anche ai meticolosi e puntuali interrogatori dell'incolpato, i cui verbali sono stati prodotti agli atti del procedimento, oltre e principalmente alle dichiarazione del cittadino straniero arrestato, nonché, infine al viaggio in Colombia non partecipato alla p.a. e giustificato dalla urgente necessità di rientrare a Roma da Miami (USA) secondo la inusuale e più lunga tratta che contraddice l'urgenza : Miami-Bogotà-Madrid-Roma.

Significativa rilevanza ai fini disciplinare assume la dichiarazione fornita in sede penale dal cittadino straniero arrestato ed introdotta negli atti del procedimento disciplinare con la nota del 22 luglio 2015.

La stessa, dettagliata e puntuale è stata, in tali termini, valutata dalla Commissione di disciplina.

Nell'occasione, infatti, il Corriere ha precisato il ruolo ed i compiti svolti dal ricorrente nell'ambito dell'illecito sodalizio criminale, rappresentando particolari e circostanze coincidenti con il dato fattuale relativo all'ingresso in Italia del predetto attraverso l'aeroporto di Fiumicino.

Il corriere ha precisato di aver avuto un precedente contatto con il militare in occasione di un suo precedente ingresso nel territorio nazionale, ingresso che risulta documentato agli atti di causa.

Lo stesso ha precisato di aver riconosciuto il ricorrente, in abiti civile e con un borsello a tracollo, in prossimità del nastro per la riconsegna dei bagagli, sia perché lo aveva incontrato personalmente in un precedente suo arrivo in Italia, che per il fatto che lo stesso gli era stato indicato in Colombia come la persona che avrebbe facilitato l'ingresso dello stupefacente nel territorio nazionale.

L'incolpato ha dichiarato di non conoscere lo straniero, di non essersi posizionato nei pressi del nastro per la consegna dei bagagli e di non indossare un borsello a tracolla ( ha, però, precisato che era in possesso di uno zaino e non di un borsello- pag.8 del verbale della Commissione di disciplina del 16 dicembre 2014 ).

Invero, quanto riferito dal corriere circa il posizionamento del ricorrente all'interno dell'aeroporto ed il possesso di un borsello a tracolla è stato confermato dalle dichiarazioni dell'altro incolpato (pag. 13 del verbale del giorno 16 dicembre 2014, dichiarazioni del maresciallo capo Territo) e dal teste successivamente sentito nell'ambito del supplemento di inchiesta ( cap. D.F.).

Non solo, il ricorrente è stato riconosciuto dal corriere, in due fotografie mostrate dal P.M. nell'ambito di un album contenente diverse fotografie e confezionato per il riconoscimento, come il " contatto" per il transito dello stupefacente.

Ora, la tesi difensiva collega le dichiarazioni del cittadino straniero in stato di arresto a precisi intenti ritorsivi ovvero per ottenere eventuali benefici di legge.

Di tale assunto, però, la parte non ha fornito alcuna prova e la ricostruzione della Commissione di disciplina del fatto contestato risulta coerente ed adeguata alla evenienza amministrativa.

La parte ha, poi, contestato, con il VI motivo di ricorso, l'attivata azione amministrativa, allorquando il militare era già sospeso, così che tutti gli asseriti nocumenti all'Arma per il comportamento del ricorrente non potevano verificarsi.

In realtà la valutazione se sottoporre o meno a procedimento disciplinare il militare sospeso dal servizio attiene a scelte discrezionali della p.a. afferenti al merito dell'azione pubblica, rispetto alle quale il giudice amministrativo non ha titolo per interloquire.

Con l'ottavo motivo di gravame la parte ha lamentato l'avvenuta inversione dell'onere probatorio, imputando al ricorrente l'onere di dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati.

Tale motivo non trova fondamento negli atti di causa, avendo la p.a. assunto la determinazione contestata sulla base delle puntuali risultanze istruttorie versate in atti, in particolare la segnalazione del Reparto operativo-Nucleo Investigativo del Comando provinciale CC di Roma, in uno con le dichiarazioni dello stesso incolpato rese in sede di audizione innanzi alla Commissione di disciplina e delle memorie nell'occasione prodotte.

Con i motivi nove e dieci, è stato contestato che Il provvedimento gravato è affetto da illegittimità per incompetenza, atteso che il provvedimento espulsivo ricade nella esclusiva competenza del Ministro della difesa e non sul dirigente che ha sottoscritto il provvedimento.

Anche tale rilievo è infondato sussistendo, in merito, la delega al Direttore Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa per adottare provvedimenti disciplinari come previsto nel Decreto Ministro della Difesa del 18 marzo 2014 e come anche rilevato anche nell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 419/2016 in sede di appello cautelare.

Con l'undicesimo ed il dodicesimo motivo la parte ricorrente afferma che il Comandante interregionale in sede di avvio della inchiesta formale ha espresso giudizi negativi sul comportamento addebitato al ricorrente, così influenzando l'esito del giudizio.

In realtà, la determina di avvio del procedimento disciplinare non contiene, all'evidenza, un giudizio di merito dei fatti contestati, bensì una mera constatazione del comportamento oggetto di incolpazione.

E' logicamente inevitabile che la volontà di perseguire sede disciplinare un militare comporti l'esistenza di un convincimento, in capo all'organo che dispone l'apertura del procedimento, della sussistenza di elementi di responsabilità in capo all'inquisito, con la conseguente esplicitazione dei relativi profili di antigiuridicità rispetto all'ordinamento settoriale.

Resta fermo, però, che quanto anticipato nella incolpazione deve, poi, essere acquisito, in contraddittorio con l'incolpato ed in relazione agli esiti dell'inchiesta, attraverso il complesso procedimento disegnato dagli artt. 1375 ss., d.lgs. n. 66 cit.

Con il motivo n. 13 la parte ricorrente ha sostenuto che la sanzione impugnata è illegittima per violazione dell'art. 1389 del codice dell'ordinamento militare, avendo il militare chiesto alla Commissione di provvedere a mente della citata norma.

L'art. 1389 COM recita : "1. Il Ministro della difesa: a) può discostarsi, per ragioni umanitarie, dal giudizio della commissione di disciplina a favore del militare; b) se ritiene, per gravi ragioni di opportunità, che deve essere inflitta la sanzione della perdita del grado per rimozione ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma, ordina, per una sola volta, la convocazione di una diversa commissione di disciplina, ai sensi dell'articolo 1387; in tale caso il procedimento disciplinare deve concludersi nel termine perentorio di 90 giorni".

Nel caso di specie il militare ha inoltrato, al Ministero della Difesa, la conseguente istanza il 26 febbraio 2015, ossia successivamente alla data di adozione del provvedimento disciplinare (17 febbraio 2015), per cui la stessa non è stata presa in considerazione, come comunicato all'interessato con lettera M_D GMIL 0193181 del 13 aprile 2015.

Con i motivi quattordici e quindici la parte ha censurato il fatto che la p.a. ha omesso di ascoltare i testi indicati dalla difesa ed ha motivato il dissenso rispetto alla deduzione difensiva presentata dal ricorrente nell'ambito del procedimento, limitandosi a ritenerle "ininfluenti... in quanto privo di riscontri e fuorviante la realtà dei fatti accertati in sede istruttoria".

Ciò che assume esclusiva valenza è, non tanto la puntuale e dettagliata replica della p.a. alle ragioni espresse dall'incolpato, quanto il fatto che le stesse siano state vagliate e considerate nel contesto procedimentale.

Infine, con il sedicesimo motivo, il ricorrente ha evidenziato che la sanzione irrogata non è proporzionata, non avendo la p.a. considerato i suoi ottimi precedenti di servizio.

Rientra nella discrezionalità amministrativa il richiamo a parametri di giudizio ulteriori, come la considerazione dei precedenti di carriera o dell'eventuale recupero morale del soggetto; né, d'altro canto, si può assumere che i suddetti elementi costituiscano necessari ed essenziali indici valutativi previsti da principi insiti nell'ordinamento, la cui violazione può inficiare l'intera procedura disciplinare.

È, ormai, orientamento giurisprudenziale consolidato del Consiglio di Stato quello per cui i buoni precedenti comportamentali non sono di ostacolo all'irrogazione di una sanzione disciplinare, anche di carattere radicale, allorquando il disvalore del comportamento adottato dal dipendente sia di per sé ritenuto incompatibile con la sua permanenza in servizio (ex multis, Cons. St., Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 96).

Il provvedimento gravato è stato ritenuto illegittimo anche per violazione di legge ed eccesso di potere, per disparità di trattamento, atteso che nei confronti di un generale dell'Arma, accusato dei medesimi reati, l'amministrazione ha atteso la definizione del procedimento penale prima di attivazione l'azione disciplinare.

Si tratta, invero, di questioni non comparabili tra loro riguardando situazioni fattuali e giuridiche diverse.

In conclusione, nei limiti che sono propri del sindacato giurisdizionale sul vizio di eccesso di potere, si ritiene che il riferimento agli esiti degli accertamenti condotti in sede penale, versati nel procedimento disciplinare, così come ricostruiti mediante l'attivazione dei puntuali poteri di indagine, anche volendo escludere gli accertamenti telefonici che, invero, risultano approssimativi e non puntuali, ha fornito all'inchiesta disciplinare un adeguato supporto istruttorio, completato dagli elementi forniti a discarico dall'interessato, sia di fronte all'ufficiale inquirente che innanzi alla commissione di disciplina.

Con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, è sufficiente osservare che la parte ha contestato un provvedimento direttamente collegato a quello originariamente contestato, per cui il rigetto del ricorso afferente al provvedimento principale rende inutile e, quindi, improcedibile, lo scrutinio del provvedimento derivato.

Pertanto il ricorso principale deve essere respinto, mentre deve essere dichiarato improcedibile il ricorso per motivi aggiunti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dichiara improcedibile il ricorso per motivi aggiunti.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che complessivamente ed a mente del D.M. n. 55 del 2014, quantifica in Euro 1.500,00 (millecinquecento), oltre IVA, cpa e spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 84, comma 6, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:

Concetta Anastasi, Presidente

Rosa Perna, Consigliere

Roberto Vitanza, Consigliere, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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