Maresciallo dei Carabinieri sanzionato disciplinarmente con la destituzione per aver cagionato lesioni al suocero. Ma il Tar e il Consiglio di Stato, pur in presenza di una condanna penale del sottufficiale, dicono no, affermando che la sanzione è sproporzionata.
CONSIGLIO DI STATO SEZIONE 4 sentenza nr. 1359/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5154 del 2018, proposto dal Ministero della Difesa e dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l'avvocato Domenico Mastrolia, su delega dell'avvocato Danilo Lorenzo, e l'Avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Sardegna (R.G. n. -OMISSIS-), l'odierno appellato, già sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, impugnava il decreto prot. n. M_D GMIL REG2016 0630678 del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare – datato 26 ottobre 2016, notificato il 28 ottobre 2016, con il quale veniva comminata ai danni del ricorrente “la perdita del grado per rimozione”, nonché tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali.
2. Il T.a.r. Sardegna, dopo aver accolto l'istanza cautelare con l'ordinanza n. -OMISSIS-(confermata dal Consiglio di Stato), con la sentenza n. -OMISSIS-ha accolto il ricorso, annullando per l'effetto il provvedimento impugnato, e ha condannato l'Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) non vi è stata violazione dell'articolo 1393 del d.lgs. n. 66/2010, come modificato dall'articolo 15, comma primo, della legge 7 agosto 2015 n. 124, atteso che nella fattispecie in esame non risulta applicabile detto articolo 15, non essendo sussistente nel caso di specie un procedimento disciplinare alla data di entrata in vigore della legge n. 124, come da questa richiesto ai fini dell'applicabilità;
b) risultano conseguentemente infondate le censure di cui ai punti 2 e 3 del ricorso;
c) si ravvisa invece la violazione dell'articolo 1370, comma primo, del d.lgs. n. 66/2010, atteso che, nel caso di specie, non sono state sufficientemente considerate e vagliate, in sede disciplinare, le giustificazioni addotte dal militare (in particolare, l'impossibilità per l'imputato di argomentare le proprie eccezioni nel processo di appello, visto l'errore commesso nel deposito dell'atto di appello);
d) si ravvisa altresì l'eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità nell'irrogazione della sanzione disciplinare, considerato che:
d.1) i fatti penali addebitati al ricorrente non rivestono oggettivamente particolare gravità;
d.2) è di oggettiva difficoltà l'accertamento della reale dinamica della colluttazione tra il ricorrente e il suocero;
d.3) la stessa Amministrazione, a suo tempo, non ha ritenuto la particolare gravità di tali fatti contestati al ricorrente, non avendo assunto nei confronti del ricorrente alcun provvedimento di sospensione cautelare dal servizio;
d.4) trattasi di fatti accaduti fuori dal servizio e completamente estranei al servizio;
d.5) i fatti medesimi non hanno destato “clamore pubblico” e come tali non risultano aver arrecato pregiudizio all'immagine dell'Arma.
3. Il Ministero della Difesa ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l'appellante ha sostenuto un'unica complessa censura in tal modo rubricata: “violazione e falsa applicazione art. 653 c.p.p. e artt. 1355, 1370 d.lgs. 66/2010 - erronea valutazione degli atti di causa -invasione della sfera discrezionale dell'amministrazione”.
3.1. Si è costituito in giudizio il ricorrente originario, il quale, depositando memoria difensiva, in via preliminare ha eccepito l'inammissibilità dell'appello nella parte in cui tenta di ampliare le motivazioni del provvedimento impugnato e nel merito si è opposto all'appello e ne ha chiesto l'integrale rigetto. In particolare l'appellato evidenzia l'inconferenza delle deduzioni di parte appellante ed insiste nell'assenza di proporzionalità tra l'episodio oggetto del procedimento penale (connotato da scarsa gravità) e la massima sanzione disciplinare irrogata.
4. La Sezione, con l'ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, ha respinto l'istanza cautelare di sospensione di esecutività della pronuncia impugnata.
4.1. All'udienza del 7 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. Il giudice di prime cure ha così ricostruito la vicenda in scrutinio:
“Il ricorrente si è arruolato nell'Arma dei Carabinieri in data 18 settembre 1987 in qualità di Sottufficiale e, alla data del decreto impugnato, era in forza effettiva alla Sezione Amministrativa del Comando Provinciale Carabinieri di -OMISSIS-.
In data 19 aprile 2016 veniva notificato al ricorrente l'avvio del procedimento disciplinare di stato in esito all'esame del giudicato penale, per fatti non attinenti le proprie funzioni.
In data -OMISSIS- l'allora suocero dell'odierno ricorrente presentava denuncia/querela presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Cagliari, in conseguenza di una presunta aggressione subita il -OMISSIS-ad opera del ricorrente presso i locali di proprietà della chiesa -OMISSIS-.
L'Amministrazione non ritenne di assumere alcun provvedimento disciplinare di sospensione cautelare dal servizio nei confronti del Maresciallo odierno ricorrente.
Il Tribunale Ordinario di Cagliari con la sentenza n. 3169/14 del 1 dicembre 2014 condannava il ricorrente alla pena di mesi quattro di reclusione, per lesioni guaribili in due giorni di cure.
L'atto di appello presentato dal ricorrente veniva dichiarato inammissibile sia dalla Corte d'Appello di Cagliari sia dalla Corte Suprema di Cassazione per vizi procedurali insanabili (l'atto di appello era stato depositato per errore presso la cancelleria della Procura della Repubblica in luogo di quella del Tribunale).
[Veniva quindi] avviato il procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente e … infine adottato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale è stata comminata ai danni del ricorrente “la perdita del grado per rimozione””.
6. In via preliminare, la Sezione ritiene di evidenziare come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all'art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve reputarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.
7. L'appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
In ragione dell'infondatezza nel merito si prescinde dall'esame dell'eccezione preliminare di inammissibilità dell'appello formulata dalla parte appellata.
8. Con l'unica censura l'appellante lamenta l'erroneità della pronuncia impugnata non ravvisandosi nella specie la violazione del principio di proporzionalità nell'irrogazione della sanzione disciplinare, in quanto, a suo avviso, da un lato l'Amministrazione ha effettuato un'attenta istruttoria valutando le istanze difensive del militare, nonostante la rilevanza del giudicato penale ex art. 653, c. 2-bis c.p.p., dall'altro sussistono gli estremi per l'adozione del provvedimento di “perdita del grado”.
8.1. In via preliminare il Collegio rileva il formarsi del giudicato in ordine alle statuizioni del primo giudice indicate nei precedenti punti 2 a) e 2 b), in ragione della mancata proposizione di appello incidentale da parte del ricorrente originario rivelatosi soccombente su tali censure.
8.2. Nel merito, la complessa censura sollevata dall'appellante nel presente grado di giudizio risulta infondata.
8.3. Il Collegio, quanto all'esame del profilo della proporzionalità della sanzione adottata, osserva che:
a) la consolidata giurisprudenza amministrativa è ferma nell'affermare che: “La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all'Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità” (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; conf. id., sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; sez. VI 16 aprile 2015 n. 1968; sez. III 20 marzo 2015 n. 1537);
b) nel caso di specie, ferma la rilevanza disciplinare dei fatti addebitati all'appellato, il provvedimento sanzionatorio risulta ampiamente sproporzionato, atteso che:
b.1) la citata sentenza del Tribunale penale di Cagliari, a conferma dell'imputazione, dichiarava l'odierno appellato colpevole del reato di cui agli artt. 582-585, in relazione all'art. 577, comma 2, c.p. “per avere cagionato lesioni al suocero […], consistite in "ecchimosi sull'arto superiore sinistro", dalle quali derivava una malattia nel corpo giudicabile guaribile in gg. 2 di cure”, per l'effetto condannando lo stesso alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, ed al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita;
b.2) l'impugnato decreto sanzionatorio, conformemente alla iniziale contestazione di addebiti ed alla successiva relazione finale dell'istruttore, ha riguardato esclusivamente l'episodio di lesioni sanzionato in sede penale, ritenendolo tale da concretare una condotta “biasimevole anche sotto l'aspetto disciplinare in quanto contraria ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l'agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato e a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello “status” di militare e di appartenente all'Arma dei Carabinieri nonché lesiva del prestigio dell'istituzione”;
b.3) conseguentemente, ad essere contestate erano, sin dall'origine, esclusivamente le lesioni, non potendo pertanto le restanti eventuali valutazioni sul militare, espresse in giudizio dall'Amministrazione ma rimaste al di fuori del procedimento disciplinare in esame, essere in nessun modo considerate ai fini dell'apprezzamento della proporzionalità della sanzione;
b.4) tali lesioni, per le caratteristiche descritte (ecchimosi sull'arto superiore sinistro guaribile in soli due giorni, procurate da atti estranei all'attività di servizio, da cui non è scaturito alcun “clamore pubblico”), non presentano una gravità tale da giustificare di per sé l'adozione della massima sanzione disciplinare, come del resto valutato in prima istanza dalla stessa Amministrazione, la quale non assumeva alcun provvedimento di sospensione cautelare dal servizio;
b.5) peraltro, ai fini della graduazione della sanzione, l'Amministrazione avrebbe dovuto tenere in debito conto non solo l'assenza di pregressi elementi negativi gravanti sul sottufficiale, ma anche il positivo rendimento lavorativo dello stesso, come emergente dalle schede di valutazione n. 60, riferita al periodo da ottobre 2015 a settembre 2016, e n. 62, riferita al periodo da luglio 2017 a gennaio 2018 (in atti).
8.4. Ciò considerato, nel ribadire la manifesta sproporzionalità della sanzione irrogata, il Collegio ritiene pienamente condivisibili le motivazioni addotte dal primo giudice in ordine alla non particolare gravità dei fatti penali addebitati, alla mancata adozione da parte della stessa Amministrazione del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio ed all'assenza di “clamore pubblico” derivante dai fatti accaduti.
9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l'appello deve essere respinto, con conferma della sentenza impugnata, salve eventuali ulteriori determinazioni dell'Amministrazione in ordine all'irrogazione di diverse sanzioni disciplinari, ove ne sussistano i presupposti.
10. La natura della controversia giustifica l'integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello (R.G. n. 5154/2018), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell'appellato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019, con l'intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico Paolo Troiano
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
01-03-2020 20:42
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