Personale appartenente all’area portuale del Comando Provinciale dei vigili del fuoco di Catania e di Messina, in qualità di specialisti nautici chiedono il riconoscimento dell’indennità d’imbarco, rapportata alle condizioni di impiego ed all’anzianità di ciascuno, in maniera egualitaria a quella che percepiscono gli appartenenti al personale imbarcato degli altri Corpi, quale la Polizia di Stato e le Forze Armate.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 641 del 2015, proposto da M.V.a, G.V. G.C. , F.C. , S.N. + altri , rappresentati e difesi dall'avvocato Benito Panariti, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Michela Pusateri in Palermo, via Giuseppe Alessi n. 25;
Biagio Cianciolo, rappresentato e difeso dagli avvocati Benito Panariti, Angelo Vittorio Antonio Giunta, con domicilio eletto presso lo studio Michela Pusateri in Palermo, via Giuseppe Alessi n. 25;
contro
Ministero dell'Interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile presso il Ministero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale è domiciliata per legge, in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia Sezione Staccata di Catania (Sezione Terza) n. 3049/2014, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile presso il Ministero;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2020 il Cons. Giuseppe Verde e udito l'avv. Angelo Vittorio Antonio Giunta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni appellanti, inquadrati nell'organico del personale appartenente all'area portuale del Comando Provinciale dei vigili del fuoco di Catania e di Messina, in qualità di specialisti nautici, impugnavano, con il ricorso introduttivo al Tar, il rigetto, esplicito o per silenzio, opposto dall'Amministrazione intimata alle istanze dagli stessi presentate al fine di vedersi riconosciuta l'erogazione dell'indennità d'imbarco, rapportata alle condizioni di impiego ed all'anzianità di ciascuno, in maniera egualitaria a quella che percepiscono gli appartenenti al personale imbarcato degli altri Corpi, quale la Polizia di Stato e le Forze Armate.
Sostenevano che il personale imbarcato dei vigili del fuoco espleta attività di prevenzione e salvataggio, di soccorso in mare, pronto intervento in caso di calamità naturali ed altri interventi di collaborazione con le Forze di polizia, e pertanto dovrebbe essere loro riconosciuto quanto richiesto in applicazione analogica ed estensiva sia dell'art. 4 l. n. 78/1983 che dell'art. 66 d.P.R. n. 254/1999 in relazione alla l. n. 183/2010.
2. Con il ricorso di primo grado articolavano le seguenti censure:
I) Violazione ed omessa applicazione del d.P.R. n. 300/2005, successivamente modificato ed integrato dal d.lgs. n. 66/2010 in correlazione al primo comma della l. n. 183/2010, in virtù di una interpretazione analogica sia dell'art. 4 l. n. 78/1983 che dell'art. 66 d.P.R. n. 254/1999; violazione o falsa applicazione dell'art. 5, c. 2, d.P.R. n. 394/1995 e dell'art. 11 d.P.R. n. 395/1995 e dell'art. 13, c. 2 d.P.R. n. 254/1999;
II) Violazione dell'art. 3 e dell'art. 7 l. n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria in quanto non sono stati evidenziati i motivi posti a base del diniego;
III) Violazione dell'art. 2, c. 2 e 3 l. n. 241/1990 per la mancata adozione del provvedimento di diniego di accoglimento delle istante presentate.
3. Con ordinanza presidenziale istruttoria n. 374/2013 il Tar disponeva l'acquisizione di documentati chiarimenti in ordine alle circostanze in fatto ed in diritto dedotte in ricorso nonché di ogni ulteriore chiarimento utile alla decisione.
4. Il Ministero intimato, costituito in giudizio con memoria di forma, depositava, in data 18 settembre 2014 una nota del Ministero dell'interno con la quale precisava che il personale del CNVVF “ha diritto a percepire l'indennità di imbarco i cui criteri, modalità di corresponsione e di misura sono stati definiti in questi anni dalla contrattazione integrativa afferente il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, mentre non può l'Amministrazione intimata “estendere ai ricorrenti i decreti di recepimento degli accordi sindacali riguardanti le forze di polizia al Corpo nazionale dei vigili del fuoco in mancanza di una norma di legge che ne preveda la relativa copertura finanziaria…”, stante la specificità dei comparti di sicurezza difesa e vigili del fuoco stabilita dall'art. 19 l. n. 183/2010.
5. Con la sentenza in epigrafe indicata, il Tar ha respinto il ricorso in base alla motivazione che la pretesa dei ricorrenti sarebbe finalizzata al conseguimento di un beneficio non previsto dalle norme vigenti.
L'Amministrazione, sostiene il Tar, sollecitata ad applicare ai ricorrenti (oggi appellanti) disposizioni previste per altri comparti dotati di specificità, ma non estese ex lege al comparto cui i ricorrenti appartengono, non aveva alcun margine di scelta in ordine all'applicazione delle disposizioni invocate, in mancanza di specifica disciplina normativa che tale estensione preveda. Pertanto non sussiste in capo all'Amministrazione l'obbligo di compiere alcuna istruttoria, come contestato in ricorso, in quanto nessun accertamento in concreto, con riferimento alla posizione di ciascun ricorrente, andava fatta, data, a monte, l'inapplicabilità della normativa invocata, né di adottare provvedimento motivato di diniego posto che l'impossibilità dell'erogazione dei benefici richiesti scaturisce direttamente dalla legge che non ha fino ad ora esteso i benefici in parola agli appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco.
6. Gli appellanti impugnano la sentenza del Tar Catania riproponendo alcune delle censure di cui al ricorso di primo grado e deducendo altresì la violazione e falsa applicazione dell'art. 244 d.lgs. n. 66/2010, la violazione ed omessa applicazione dell'art. 19 comma 1 l. 4 novembre 2010 n. 183.
6.1. Si è costituito il Ministero dell'interno e nella memoria di costituzione fa rilevare l'intervento sul punto della Corte costituzionale con sentenza n. 27/2015, con la quale si affronta la questione della legittimità costituzionale dell'art. 4 l. n. 78/1983 nella parte in cui non prevede l'attribuzione dell'indennità d'imbarco anche al personale dei vigili del fuoco operante su unità navali.
6.2. Gli appellanti hanno sollecitato il Collegio a sollevare incidente di costituzionalità sotto ulteriori profili e con diversi argomenti.
7. In via preliminare il Collegio, avendo rilevato e sottoposto alle parti d'ufficio la questione in udienza ai sensi dell'art. 73, co. 3, c.p.a., dichiara inammissibile l'eccezione di prescrizione delle pretese economiche maturate più di cinque anni prima della proposizione del ricorso di primo grado, perché sollevata dall'Amministrazione appellata per la prima volta in appello, con la memoria del 15.5.2019 (nell'ultima pagina di tale memoria) (Cons. St., ad. plen., n. 14/2004).
8. Questo Consiglio, con ordinanza n. 640 del 2019, ha richiesto all'Amministrazione appellata di fornire elementi ulteriori sulla applicazione delle predette norme agli odierni appellanti o sulle ragioni per cui non possono ad essi trovare applicazione.
Inoltre, al fine di comprendere se sussista in fatto una disparità di trattamento economico a fronte di prestazioni omogenee, il Collegio ha demandato al Ministero dell'interno (con la collaborazione del Ministero della difesa) una tabella congiunta e comparata, corredata di relazione illustrativa, in cui si evidenzi in modo chiaro, anche con riferimenti normativi e importi:
a) per quali servizi spetta agli appartenenti alle forze armate e di polizia la indennità di imbarco di cui all'art. 4 l. n. 78/1983, quali sono le categorie soggettive beneficiarie, in presenza di quali presupposti fattuali e quale ne sia l'importo;
b) per quali servizi spettano ai VVFF le indennità di cui all'art. 33 comma 6, l. n. 289/2002, all'art. 3 comma 156 l. n. 350/2003, all'art. 17-bis, comma 5, d.lgs. n. 97/2017, quali sono le categorie soggettive beneficiarie, in presenza di quali presupposti fattuali e quale ne sia l'importo;
c) se gli odierni appellanti fruiscano o meno di taluna delle indennità sub b);
d) se e quali eventuali altri servizi “nautici” svolgono i VVFF, e segnatamente gli odierni appellanti, non coperti dalle indennità sub b);
e) raffronto comparativo tra i servizi per i quali spetta l'indennità sub a), quelli per i quali spettano le indennità sub b), e gli ulteriori eventuali servizi nautici svolti da soggetti nella posizione degli odierni appellanti, per i quali non spetta alcuna indennità, evidenziando gli aspetti comuni e differenziali di tali servizi;
f) raffronto comparativo tra le indennità sub a) e sub b) con evidenza di aspetti comuni e differenziali, e relativi importi, da compararsi su base omogenea (computo giornaliero e/o mensile omogeneo, commisurazione in base ad anzianità di servizio, servizio prestato, o altri ulteriori criteri).
9. L'Amministrazione ha adempiuto all'incombente istruttorio con il deposito avvenuto in data 2 settembre 2019.
9.1. Le parti nulla hanno precisato in seguito all'avvenuto adempimento istruttorio.
Nel corso dell'udienza pubblica del 15 gennaio 2020 la causa è stata posta in decisione.
Preliminarmente il Collegio rileva che parte appellante non ha riproposto nel presente grado del giudizio le doglianze di cui ai motivi per come in precedenza ricordati al §2 e rubricati come II) e III) del ricorso introduttivo. Ne consegue che le relative statuizioni del giudice di primo grado sono divenute immodificabili.
10. L'appello è infondato.
10.1. La presente controversia ripropone all'attenzione del Collegio la questione dell'estensione al Corpo dei vigili del fuoco di indennità riconosciute in favore di altri corpi dello Stato (Forze armate e Polizia di Stato).
11. Un indirizzo interpretativo (risalente nel tempo e maturato in riferimento ad un contesto normativo diverso da quello ora in esame) proveniente dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 342 del 2000) ha affermato:
- che, in particolare, il trattamento economico del personale del Corpo – in passato assimilato a quello del personale militare (art. 75 della legge n. 469 del 1961) – è stato dapprima disciplinato nell'ambito del sistema della legge quadro sul pubblico impiego, che ne demandava la determinazione ad accordi sindacali recepiti da decreti del Presidente della Repubblica (artt. 3, primo comma, numero 1, della legge 29 marzo 1983, n. 93), risultando fin dall'inizio detto personale inquadrato nel comparto di contrattazione collettiva relativo al personale delle aziende e delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo (art. 5 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68); successivamente, tale trattamento economico è stato ricondotto, nell'ambito del nuovo sistema del pubblico impiego “privatizzato”, alla contrattazione collettiva e individuale (artt. 2, comma 3, e 49, del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modifiche), restando detto personale inquadrato nel medesimo comparto di contrattazione collettiva (art. 6 del d.P.C.M. 30 dicembre 1993, n. 593);
- che a tale evoluzione legislativa è invece rimasto estraneo il personale della Polizia di Stato e degli altri corpi di polizia, esplicitamente escluso dal novero del personale ricondotto al nuovo regime del rapporto di lavoro privato e del contratto collettivo, e tuttora disciplinato dai rispettivi ordinamenti (cfr. già art. 26, secondo comma, della legge n. 93 del 1983; e, ora, art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 29 del 1993, e successive modificazioni): il relativo trattamento economico resta dunque affidato alla legge e agli appositi decreti emanati sulla base degli specifici accordi sindacali relativi al settore o, per il personale militare, a seguito della prevista concertazione (art. 43 della legge n. 121 del 1981; artt. 1, 2, comma 1, 3, comma 1, 4, comma 1, del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195, recante “Attuazione dell'art. 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate”);
- che, pertanto, attesa la radicale differenza fra gli ordinamenti considerati, anche per quanto riguarda le fonti della relativa disciplina, e la diversità esistente, sotto il profilo strutturale e funzionale, tra le categorie di dipendenti messe a confronto, risulta improponibile e ingiustificata la pretesa di estendere, in nome del principio di eguaglianza, agli appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco la attribuzione di una singola componente retributiva prevista dalle specifiche norme relative agli appartenenti alle forze di polizia.
12. Con la legge n. 252 del 2004 (Delega al Governo per la disciplina in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) i vigili del fuoco - che fino a quel momento erano in regime di pubblico impiego privatizzato - sono rientrati nel regime di diritto pubblico per effetto dell'art. 1 della citata legge delega 252/2004 che ha aggiunto all'art. 3 del d.lgs. 165/2001 il comma 1 bis (in deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di leva, è disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali).
13. Il d.lgs. 13 ottobre 2005 n. 217 (Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252) all'art. 2 nel disciplinare le funzioni di polizia giudiziaria riferibili agli appartenenti ai ruoli del Corpo dei vigili del fuoco, ha avuto modo di precisare che il personale in questione “svolge funzioni di polizia giudiziaria” (art. 2 commi 1 e 3) e “riveste la qualifica di agente di polizia giudiziaria” (art. 2 comma 2) sempre limitatamente all'esercizio delle funzioni previste per il ruolo di appartenenza.
14. La legge delega 252/2004 - all'art. 2, comma 1, lettera a - ha previsto l'introduzione di un autonomo comparto di contrattazione così che risultano oggi disciplinati due distinti procedimenti negoziali: per il personale non direttivo e non dirigenziale (artt. 135 ss. del d.lgs. 217/2005) e per il personale direttivo e dirigenziale (artt. 225 ss. del d.lgs. 217/2005).
15. Il legislatore – con la legge n. 183 del 2010 art. 19 comma 1) ha riconosciuto la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali. Detto riconoscimento è avvenuto sull'esplicito richiamo a quanto previsto da leggi e regolamenti, e con un rinvio - per quel che concerne la disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1- a successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie (art. 19 comma 2 della l. 183/2010).
Il citato art. 19 reca due disposizioni - una di riconoscimento e l'altra di rinvio - che non incidono sulla disciplina sostanziale applicabile al Corpo dei vigili del fuoco in ragione di quanto contenuto nella legge delega 252/2004 e nel successivo d.lgs. 217/2005. In definitiva con l'art. 19 (che richiama quanto previsto da precedenti leggi e regolamenti) si conferma la specificità delle discipline applicabili ai Corpi dello Stato senza legittimare l'applicazione analogica di quanto previsto con riferimento alle Forze armate e Forse di polizia per il Corpo dei vigili del fuoco.
16. Merita di essere poi sottolineato che, a fronte di un reiterato rinvio delle procedure di contrattazione economica (sanzionato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 del 2015,
la legge di bilancio 27 dicembre 2019, n. 160 (art. 1, comma 133) dispone che “allo scopo di adottare provvedimenti normativi volti alla valorizzazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche nell'ottica di una maggiore armonizzazione del trattamento economico con quello del personale delle Forze di polizia, nello stato di previsione del Ministero dell'interno è istituito un apposito fondo con una dotazione di 65 milioni di euro nell'anno 2020, di 120 milioni di euro nell'anno 2021 e di 165 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022. Con la legge di bilancio sopra citata il Legislatore ha dato "nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato" adeguandosi alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzionale del 2015 (sentenza n. 178).
17. Il Collegio ritiene che:
- la pretesa dei ricorrenti muove da una asserita equiparazione nei compiti sostanziali svolti dai vigili del fuoco che giustificherebbero il riconoscimento del benefici invocato;
- gli appellanti invocano quindi un'interpretazione analogica sia dell'art. 4 l. n. 78/1983 che dell'art. 66 d.P.R. n. 254/1999 in virtù della quale sarebbe consentito riconoscere l'indennità in questione anche agli odierni appellanti.
17.1. La tesi appena prospettata è fuori centro in quanto il ricorso all'interpretazione analogica presuppone l'assenza di una disciplina applicabile alla fattispecie.
Nel caso qui in esame è di tutta evidenza che esiste un quadro normativo di riferimento specifico che di per se stesso esclude l'assenza di una disciplina specifica per il Corpo dei vigili del fuoco così da legittimare il ricorso all'interpretazione analogica.
In riferimento alla pretesa avanzata con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado il Collegio ritiene corretta la conclusione alla quale perviene il Tar: senza un base legislativa specifica non è possibile riconoscere agli appellanti l'invocata indennità.
18. Per completezza si tenga conto che le conclusioni alle quali è pervenuto il Collegio sono in linea con la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 7 gennaio 2019 n. 141) a detta della quale:
- il personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, pur oggi operante in regime di diritto pubblico, non può tuttavia essere equiparato né alle Forze Armate, né alle Forze di Polizia, ed anzi gode di una specifica disciplina normativa, a partire dal d.lgs. 13 ottobre 2005 n. 217.
Tale disciplina, attuativa della delega di cui alla legge 30 settembre 2004 n. 252, non contempla una equiparazione e/o ricomprensione di vigili del fuoco tra le Forze Armate ovvero tra quelle di Polizia.
- la legge n. 252/2004 […] rende inequivocabile la specificità del Corpo e la distinzione di questo dalle Forze Armate e di Polizia.
- al tempo stesso, ciò esclude la possibilità di ogni “equiparazione” giuridico-economica per applicazione “analogica” di altra disciplina, attesa la presenza di una specifica ed esaustiva disciplina di settore (art. 12, comma secondo, disp. att. cod. civ.) (in senso conforme anche Consiglio di Stato, sez. IV, 24 dicembre 2018 n. 7224; Consiglio di Stato, commissione speciale, parere 12 aprile 2017, n. 419/2017, specie §§ 3.5.1. e 8).
19. In ragione di quanto è stato fin qui esposto ne consegue che l'originaria pretesa avanzata dai ricorrenti non può trovare accoglimento in mancanza di un'espressa previsione normativa che riconosca al Corpo dei vigili del fuoco l'indennità per cui è lite.
Sul punto l'appello è infondato e la sentenza gravata ben resiste alle dedotte doglianze e merita di essere confermata.
20. Le conclusioni alle quali il Collegio è pervenuto non esauriscono la trattazione della lite rispetto alla quale è necessario prendere posizione sulla questione di legittimità costituzionale da ultimo avanzata con la memoria di parte appellante del 17 maggio 2019.
20.1. In detta memoria parte appellante muove dalle decisioni della Corte costituzionale del 2015 (sentenza n. 27 e ordinanza n. 27) con le quali la Consulta ha preso posizione sulle questioni di legittimità avanzate in riferimento agli articoli 4 e 9 della l. 78/1983 in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione,
- (sentenza n. 27) nella parte in cui non prevede l'attribuzione dell'indennità d'imbarco anche al personale dei vigili del fuoco operante su unità navali (art. 4);
- (ordinanza n. 264) nella parte in cui riconosce l'indennità di immersione esclusivamente al personale delle Forze armate e non anche a quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in possesso di analogo brevetto di sommozzatore e svolgente identiche mansioni di soccorso e salvataggio.
Con la sentenza n. 27 la Corte dichiara la questione di legittimità inammissibile affermando che
- la questione sollevata è inammissibile per incompleta ricostruzione, e conseguente mancata ponderazione, del quadro normativo di riferimento;
- il giudice rimettente si è limitato a censurare la disposizione impugnata (art. 4 l. 7871983), che attribuirebbe l'indennità di imbarco al personale delle Forze armate e di polizia ma non ai vigili del fuoco;
- il rimettente […] non ha neanche preso in considerazione quelle, di fonte legale e negoziale, relative allo specifico trattamento economico accessorio riconosciuto al personale nautico dei vigili del fuoco;
- infine non sono state prese in esame le pertinenti disposizioni della contrattazione collettiva, cui rinviano tanto le norme richiamate per la fissazione della misura dell'indennità in parola […]
- le gravi lacune dell'ordinanza di rimessione minano l'iter logico argomentativo posto a fondamento della valutazione di non manifesta infondatezza dell'odierna questione di legittimità costituzionale e determinano, pertanto, la sua inammissibilità.
Con l'ordinanza n. 264 del 2015 la Corte dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità affermando
- che la questione di legittimità costituzionale è stata erroneamente posta dal giudice a quo nei confronti di una disposizione, l'art. 9 della legge n. 78 del 1983, del tutto estranea alla categoria interessata dal giudizio principale ed esplicitamente riferita al solo personale delle Forze armate;
- che, contrariamente a quanto ritenuto dal rimettente, la disposizione impugnata, nel riconoscere l'emolumento in esame al personale delle Forze armate, non contiene alcun divieto implicito di riservare un trattamento analogo ad altre categorie di pubblici dipendenti e, in particolare, non impedisce che il riallineamento stipendiale sia raggiunto attraverso le apposite procedure negoziali;
- che la norma denunciata dal rimettente è, pertanto, inidonea a sostenere l'oggetto della censura (sentenza n. 303 del 1992, per un caso analogo) e avrebbe potuto essere evocata, tutt'al più, quale tertium comparationis su cui misurare l'asserita lesione del principio di uguaglianza.
20.2. Parte appellante muove dalle decisioni appena richiamate e sottolineando alcuni dei passaggi dell'ordinanza n. 264 (in precedenza evidenziati) ritiene che le gravi lacune dell'ordinanza di rimessione hanno minato l'iter logico argomentativo posto a fondamento della valutazione di non manifesta infondatezza dell'odierna questione di legittimità costituzionale e hanno determinato, pertanto, la sua inammissibilità e conseguentemente chiede la rimessione della questione alla Corte Costituzionale, alla luce delle considerazioni indicate e sottolineate dalla Stessa Consulta.
20.3. Nella fattispecie qui in esame si sostiene la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità dell'art. 1, 2° comma del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, (codice dell'ordinamento militare) visto il decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, in riferimento agli artt. 3, 36, 97 Costituzione e tertium comparationis l'art. 4 della legge 23 marzo 1983, n. 78 laddove il legislatore nel libro primo “Organizzazione e Funzioni”, art. 1, 1° comma del codice dell'ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66) disciplina l'organizzazione, le funzioni e l'attività di difesa, richiamando al secondo comma le disposizioni vigenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e nel sostituire le disposizioni del d.P.R. n. 300 del 2005, ha precisato all'art. 244, quali siano i requisiti che deve possedere un'imbarcazione affinché possa essere considerata in servizio governativo. Tali requisiti ricorrono precisamente anche per le imbarcazioni a disposizione del Corpo dei vigili del fuoco; ha attribuito i parametri militari al naviglio, ma non li ha estesi alle indennità, percepite dagli specialisti nautici, i quali si avvalgono dell'imbarcazione per l'espletamento della loro mansione teleologica, in possesso di analogo brevetto e svolgente identiche mansioni di soccorso e salvataggio.
Secondo gli appellanti si evidenzia in diritto
- la violazione e falsa applicazione dell'art. 1, secondo comma Decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66 (codice dell'ordinamento militare) in riferimento all'art. 244 dello stesso d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66;
- la violazione e falsa applicazione dell'art.141 CE in riferimento all'art. 45, comma 2, del d.lgs. 165/2001.
20.4. Il dubbio di legittimità avanzato dalla difesa degli appellanti è sintetizzato nei passaggi della memoria del 17 maggio 2019 nei quali si afferma che
- a fronte di un quadro normativo che disciplina unitariamente sotto il profilo oggettivo l'attività svolta “sulle navi” dal personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia sia ad ordinamento civile che militare, irragionevolmente l'indennità di cui all'art. 4 della legge n. 78 del 1983 non è stata attribuita dal legislatore al personale “imbarcato” appartenente al Corpo dei vigili del fuoco, che risulta essere il solo ad essere escluso dal beneficio (pag. 12);
- le differenze ontologiche esistenti tra le menzionate categorie non valgono a differenziare nello specifico la posizione del personale specialista nautico dei vigili del fuoco, che svolge compiti, quale attività di imbarco sui natanti nella stessa misura delle altre categorie delle Forze Armate e dei Corpi anche civili dello Stato (pag.17).
20.5. Per quel che attiene al parametro di costituzionalità parte appellante deduce (pag. 22) la violazione:
- dei principi di buon andamento e imparzialità della P.A. ed il connesso canone di razionalità normativa (art. 97 Cost.);
- del principio di uguaglianza sia formale che sostanziale di cui all'art. 3 Cost. anche con riferimento all'art. 36 Cost. e quindi al relativo trattamento retributivo.
21. Il Collegio ritiene che non sussistono i presupposti di cui all'art. 23 della l. 11 marzo 1953 n. 87 per rimettere la questione di legittimità alla Corte costituzionale.
21.1. In punto di rilevanza il Collegio osserva che l'ordinanza della Corte costituzionale n. 264 del 2015 -seppur riferita all'art. 9 della l. n. 78 del 1983 – nega la rilevanza della questione in ragione di due profili:
a) disposizione allora in questione è del tutto estranea alla categoria interessata dal giudizio principale ed esplicitamente riferita al solo personale delle Forze armate;
b) l'inidoneità della norma censurata a costituire pertinente riferimento per la questione sollevata è confermata dalla considerazione che una sua eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale produrrebbe, paradossalmente, una inammissibile duplicazione di benefici dello stesso genere a favore del personale interessato, l'uno derivante dal trattamento proprio dei vigili del fuoco, l'altro dall'estensione ad essi dell'indennità riconosciuta ai militari.
Le disposizioni che secondo parte appellante violano la Costituzione – e per come in precedenza individuate supra al § 18.2.- non sono applicabili ai ricorrenti ciò emerge con chiarezza dal tenore letterale dell'art. 1 c. 2 del d.lgs. 66/2010 (nulla è innovato dal presente codice per quanto concerne le disposizioni vigenti proprie […] del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), nonché da quanto disposto dall'art. 244 c. 2 (nel registro è iscritto il naviglio delle amministrazioni dello Stato adibito a servizio governativo non commerciale, il cui personale non è a ordinamento militare).
In ragione di quanto in precedenza esposto deve essere ribadita la natura strettamente vincolata del trattamento retributivo del personale dipendente dalla pubblica amministrazione che, segnatamente per quello non contrattualizzato, ha il proprio fondamento in atti normativi non disapplicabili da parte del datore di lavoro pubblico né suscettivi di estensione al di fuori dei casi tassativamente stabiliti ed individuati (così Consiglio di Stato, sez. III; 10 agosto 2016 n. 3597).
Come chiarito dal Consiglio di Stato, deve concludersi che tale impostazione costituisce ius receptum nella giurisprudenza assurgendo al rango di autentico diritto vivente (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 2019 n. 141; Id, sez. IV, 24 dicembre 2018 n. 7224).
Deve poi essere evidenziato che ove solo per un momento si ammettesse la rilevanza della questione ipotizzando un accoglimento della questione di costituzionalità, si produrrebbe il paradossale effetto di riconoscere agli odierni appellanti due diverse indennità: una frutto delle parificazione con gli altri Corpi dello Stato, l'altra in applicazione della disciplina sulla negoziazione che con la legge di bilancio del 2019 ha visto riconoscere risorse idonee per sostenere le pretese qui in esame e ciò in ossequio al richiamo della Corte costituzionale che ha sollecitato il Legislatore a dare “nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato” (sentenza 178/2015 e ordinanza 264/2015).
21.2. La questione di legittimità per come avanzata dagli appellanti non è non manifestamente infondata.
La ricostruzione del quadro normativo riferibile agli odierni appellanti esclude che possa concretizzarsi una violazione dei principi costituzionali (di cui agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Il Collegio ritiene che non sussiste la paventata illogicità e disparità di trattamento attese le differenziazioni che caratterizzano i Corpi dello Stato dal momento che non sussiste la piena identità di funzione tra le discipline qui prese in considerazione (Corte cost. ord. 202/2011).
In aggiunta a ciò il Collegio osserva che parte appellante mira ad ottenere dalla Corte costituzionale una sentenza additiva di prestazione che accerti l'illegittimità costituzionale delle disposizioni per le quali si ritiene che stiano violando la Costituzione “per la parte in cui non prevede o non contempla” ciò che per dettato costituzionale sarebbe obbligatorio prevedere o contemplare.
Con le sentenze additive la Corte supplisce a una illegittima omissione del legislatore. Si parla di “sentenze a rime obbligate”, perché “una decisione additiva è consentita soltanto quando la soluzione adeguatrice non debba essere il frutto dì una valutazione discrezionale, ma consegua necessariamente al giudizio di legittimità, sì che la Corte in realtà procede a un'estensione logicamente necessaria e spesso implicita nella potenzialità interpretativa del contesto normativo in cui è inserita la disposizione impugnata” (Corte. cost. 109/1986; 125-328/1988).
Nel caso che ci occupa è di tutta evidenza che il Legislatore ha dato vita ad una disciplina applicabile al Corpo dei vigili del fuoco che è finalizzata a realizzare un allineamento con gli altri Corpi dello Stato (per quel che attiene alle invocate indennità) con una disciplina (art. 19 l. 183 del 2010) la cui attuazione esclude profili di irragionevolezza, ove si consideri che solo dal 2005 il Corpo dei vigili del fuoco è stato attratto alla disciplina del pubblico impiego non privatizzato e solo dal 2010 sono state previste funzioni di polizia giudiziaria; da quel momento il legislatore ha avviato una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici con le altre forze di Polizia, con un vincolo tuttavia di copertura finanziaria che non può non incidere sulla tempistica di tale progressiva armonizzazione.
21.3. Il Collegio ritiene che ove si ritenesse la questione di legittimità non manifestamente infondata si andrebbe incontro ad una pronunzia di inammissibilità da parte della Corte Costituzionale.
Depone nel senso della manifesta infondatezza della questione il fatto che parte appellante mira ad una decisione “creativa” che finirebbe per incidere sull'avvenuto esercizio della discrezionalità del Legislatore con effetti paradossali (rispetto alla possibile duplicazione delle indennità) e produttivi di rilevanti conseguenze di ordine finanziario sul bilancio dello Stato in quanto il lavoro pubblico rappresenta un aggregato rilevante della spesa di parte corrente, che, proprio per questo, incide sul generale equilibrio tra entrate e spese del bilancio statale (art. 81 Cost.) (così Corte cost. 159/2019).
Per completezza si osserva che non può fungere da tertium comparationis, ai fini del giudizio sulla costituzionalità di una legge, la peculiare disciplina prevista per i militari e gli appartenenti alle Forze di polizia (cfr. Corte cost. n. 215 del 2017 e n. 276 del 2013, relative al personale civile; n. 27 del 2015 e n. 342 del 2000, relative al personale dei VV. FF.).
21.4. L'evoluzione complessiva della disciplina qui presa in considerazione in quanto applicabile al trattamento economico degli appartenenti al Corpo dei vigili del fuoco dimostra l'infondatezza della doglianza con la quale si è prospettata una disparità di trattamento tra i vari Corpi dello Stato in asserita violazione dell'art. 141 CE in ragione di quanto previsto dall'art. 45 c. 2 d.lgs. 165/2001(le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi). Il legislatore attraverso il percorso delineato dall'art. 19 della l. 183/2010 ha previsto un tendenziale allineamento tra i Corpi che ne rispetta le specificità e che, in ragione anche delle risorse stanziate nella legge di bilancio del 2019 (n. 160 del 2019) si sottrae alle critiche di irragionevolezza e illogicità avanzate dagli appellanti.
22. Conclusivamente l'appello è infondato e deve essere respinto. Conseguentemente la sentenza gravata merita di essere confermata.
Le spese di lite possono essere compensate ai sensi degli artt. 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale, 19 aprile 2018, n. 77 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi nella peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020 con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Nicola Gaviano, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Giuseppe Verde, Consigliere, Estensore
Maria Immordino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Verde Rosanna De Nictolis
IL SEGRETARIO
03-03-2020 21:15
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