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Sentenza

Un generale, all'epoca dei fatti Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica militar...
Un generale, all'epoca dei fatti Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica militare, avrebbe rivolto a due brigadieri generali dell'istituto di medicina aerospaziale, sia direttamente, sia mediante due suoi collaboratori ( un primo generale di divisione e il capo dell'ufficio generale del Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica) al fine di costringerli ad esprimere un giudizio di non piena idoneità al pilotaggio nei riguardi di altro generale, consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri e destinato ad assumere incarichi ancor più rilevanti, tra i quali quello di successore del soggetto asseritamente minacciante, già sottoposto nell'anno 1997 ad intervento chirurgico di valvuloplastica mitralica.
Cass. pen., Sez. I, Sent., (data ud. 03/12/2019) 03/03/2020, n. 8549

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella - Presidente -

Dott. SIANI Vincenzo - Consigliere -

Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -

Dott. ALIFFI Francesco - Consigliere -

Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI ROMA;

nel procedimento a carico di:

P.P., nato a (OMISSIS);

D.L.A., nato a (OMISSIS);

inoltre:

avverso la sentenza del 09/01/2019 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere BONI MONICA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MANCUSO LUIGI FABRIZIO che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio e trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Roma.

udito il difensore:

L'Avvocato INGROIA ANTONIO del Foro di Roma difensore di D.L.A. conclude chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

L'Avvocato DE VITA ROBERTO del Foro di Roma difensore di P.P. conclude chiedendo l'inammissibilità o il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 15 giugno 2016 il G.u.p. del Tribunale militare di Roma, all'esito dell'udienza preliminare, pronunciava sentenza di non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste nei confronti degli imputati M.G. ed D.L.A. in ordine al delitto di concorso in minaccia continuata ad inferiore per costringerlo a commettere un atto contrario ai propri doveri.

L'addebito riguarda le minacce che il generale P.P., all'epoca dei fatti Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica militare, in seguito collocato in congedo per raggiunti limiti di età e sottoposto a separato giudizio a seguito di emissione del decreto di citazione, nel periodo tra il 2014 ed il 2015 aveva rivolto al brigadiere generale A.D., responsabile dell'istituto di medicina aerospaziale ed al brigadiere generale dello stesso istituto Mo.Cl., sia direttamente, sia mediante i suoi collaboratori, M. e D.L., - il primo generale di divisione e capo dell'ufficio generale del Capo di Stato Maggiore dell'aeronautica, il secondo colonnello e capo dell'ufficio generale consulenza ed affari giuridici del predetto Capo di Stato Maggiore-, al fine di costringerli ad esprimere un giudizio di non piena idoneità al pilotaggio nei riguardi del generale Ma.Ca., consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri e destinato ad assumere incarichi ancor più rilevanti, tra i quali quello di successore del P., già sottoposto nell'anno 1997 ad intervento chirurgico di valvuloplastica mitralica.

1.1 Proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del G.u.p., la Corte Suprema con sentenza n. 18607 del 16 marzo 2017 ne disponeva l'annullamento con rinvio per nuovo giudizio.

1.2 Veniva quindi disposto il rinvio a giudizio dei predetti imputati ed il Tribunale militare di Roma, dopo avere disposto la riunione dei due procedimenti separati, quello a carico del M. e del D.L. e quello a carico del P., con sentenza in data 26 marzo 2018 assolveva tutti gli imputati perchè il fatto non sussiste.

1.3 Proposto appello da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare di Roma nei confronti dei soli imputati P. e D.L., la Corte militare di appello con sentenza in data 9 gennaio 2019 dichiarava inammissibile l'impugnazione per la generica formulazione dei motivi a ragione dell'omessa individuazione dei punti della decisione investiti dall'impugnazione e della prospettazione di una doglianza minata da intrinseca contraddittorietà. In particolare, secondo i giudici di appello, l'appellante, pur avendo riconosciuto la corretta ed esaustiva ricostruzione fattuale della vicenda, addebitava alla sentenza del Tribunale di non avervi assegnato adeguata valenza probatoria senza specificare se la contestazione riguardasse l'apprezzamento delle prove, oppure le considerazioni in punto di diritto.

1.4 Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte militare di appello che deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità.

Secondo il ricorrente, la declaratoria d'inammissibilità dell'appello non considera che l'atto proposto aveva assolto a tutte le prescrizioni dettate dall'art. 581 c.p.p., per avere delimitato l'oggetto del giudizio e esposto le critiche rivolte alla sentenza impugnata, che, nella affermata condivisione della ricostruzione in punto di fatto degli accadimenti, si risolvono in un'unica osservazione riguardante la sussistenza della condotta minatoria e la sua riconducibilità agli imputati. Pertanto, l'appello avrebbe dovuto essere ritenuto ammissibile ed esaminato nella sua fondatezza.

1.5 Con memoria pervenuta in data 14 novembre 2019 la difesa di D.L.A. ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, dal momento che non indica in modo chiaro i punti ed i capi della sentenza dei quali chiede l'annullamento e non possiede i requisiti indicati dalla legge, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità. Inoltre, la sentenza ha già provveduto ad una parziale ricognizione del merito della vicenda ai fini della ricostruzione del fatto e dell'andamento del processo: la parte di disamina nel merito non è stata censurata dal Procuratore Generale ricorrente, sicchè il ricorso risulta incompleto ed anche per tale ragione è inammissibile.

1.6 Anche la difesa di P.P. ha depositato memoria per chiedere la declaratoria d'inammissibilità del ricorso proposto dal Procuratore Generale.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

1. Va esaminata in via prioritaria l'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso, sollevata in base all'art. 608 c.p.p., comma 1-bis, nel corso della discussione.

1.1 Deduce la difesa dell'imputato D.L. che l'impugnazione del Procuratore generale violerebbe la norma citata perchè rivolta contro sentenza di conferma del proscioglimento degli imputati e perchè proposta per motivi diversi da quelli consentiti. L'assunto è privo di fondamento sotto un duplice profilo.

1.2 La regola dettata dall'art. 608 c.p.p., comma 1-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, limita la facoltà del pubblico ministero di proporre ricorso contro la sentenza di appello che conferma quella di proscioglimento pronunciata nel giudizio di primo grado, consentendo la deducibilità dei soli motivi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), b) e c).

1.2.1,11 caso presente non si presta ad essere risolto in base a tale parametro perchè la sentenza, contro la quale è stata rivolta l'iniziativa impugnatoria del Procuratore Generale all'odierno esame, non ha definito il procedimento penale nel secondo grado con una disamina nel merito dei motivi di appello proposti dall'ufficio di Procura, riscontrandone l'infondatezza e confermando l'assoluzione degli imputati, ma ne ha dichiarato l'inammissibilità perchè non conforme alle prescrizioni dettate dall'art. 581 c.p.p.. Si tratta quindi di una pronuncia in rito, che afferma la contrarietà tra l'atto di gravame nei suoi profili contenutistici e la norma processuale che detta i requisiti di ammissibilità dell'impugnazione,e che non rientra nella categoria delle sentenze di proscioglimento. A nulla rileva che l'effetto indiretto prodotto dalla pronuncia sia il consolidamento dell'assoluzione già disposta dal primo giudice, poichè la stessa non si sovrappone ad essa per statuizioni conclusive e ragioni giustificatrici, realizzando nei due gradi di merito una duplice statuizione conforme sulla fondatezza o meno della notitia criminis, ma si limita a riscontrare la carenza delle condizioni di ammissibilità dell'impugnazione.

1.2.2. Sotto diverso profilo, il ricorso proposto dal Procuratore Generale non si limita a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la Corte di appello, ma deduce altresì la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità in riferimento alla ritenuta inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c). Il motivo rientra, dunque, nell'ambito delle doglianze proponibili anche per censurare le sentenze di assoluzione.

2. Sono altrettanto destituite di fondamento le ulteriori eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalle difese per la pretesa genericità dei motivi. Ad avviso del Collegio, non è dato ravvisare la dedotta generica formulazione, poichè il ricorso ha indicato con sufficiente chiarezza e precisione l'ambito oggettivo della contestazione che riguarda la declaratoria d'inammissibilità dell'appello e quindi investe la sentenza nella sua totalità. Inoltre, sono altrettanto dettagliate le censure che ripercorrono criticamente le argomentazioni esposte nella sua motivazione per dimostrare che i motivi di appello, che avevano investito il giudizio di insussistenza della condotta minatoria, erano specifici, puntuali e pienamente ammissibili nel sollecitare la riforma della pronuncia assolutoria mediante la illustrazione delle prove raccolte e della loro valenza dimostrativa.

3. Quanto al merito, il ricorso critica fondatamente la declaratoria d'inammissibilità dell'appello, che è frutto di una ricognizione giuridicamente non corretta dei requisiti e delle condizioni di proponibilità dell'atto di gravame.

3.1. La sentenza in verifica, dopo una minuziosa esposizione dei contenuti decisori della sentenza di primo grado, da pag. 45 ha riassunto quanto dedotto dal Procuratore militare appellante, quindi da pag. 49 ha articolato il ragionamento valutativo dell'impugnazione, addebitando all'atto di appello di atteggiarsi a "generica e complessiva rilettura dell'istruttoria dibattimentale o della valutazione di quest'ultima operata dal Tribunale" e di avere utilizzato la sede dell'impugnazione "per reiterare le proprie tesi accusatorie non ritenute validi in dibattimento".

Richiamando i principi interpretativi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 22/02/2017, Galtelli, rv. 268822, ha sostenuto che l'appello non specificava i punti della sentenza che erano oggetto di critica ed era inficiato da una contraddizione di fondo per avere, da un lato ammesso che la prima sentenza esponeva una corretta ed esaustiva ricostruzione dei fatti; dall'altro censurato la considerazione delle risultanze istruttorie come non opportuna ed erronea, il che avrebbe reso non chiaro se oggetto di censura fosse la valutazione delle prove o le scelte operate in punto di diritto quanto all'applicazione della norma incriminatrice. Il risultato stigmatizzato è l'impossibile individuazione per il giudice di appello dei confini della devoluzione.

3.2. Osserva la Corte che con la citata pronuncia G. delle Sezioni Unite di questa Corte è stato definito l'ambito di operatività della sanzione dell'inammissibilità per difetto di specificità dei motivi in riferimento al mezzo d'impugnazione dell'appello e si è affermato che lo stesso è inammissibile quando non risultino esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata e che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla precisione e puntualità con le quali le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. L'esame da condursi deve riguardare una prima fase necessaria di delibazione di ammissibilità, che ha per oggetto le verifiche imposte ai sensi dell'art. 591 c.p.p., ivi compresa quella sulla specificità estrinseca dei motivi, ed una seconda fase, successiva ed eventuale, di valutazione del merito. Alla stregua di tale impostazione assume corretto significato anche l'art. 597 c.p.p., comma 1, per cui la piena cognitio che caratterizza i poteri del giudice di appello viene in rilievo solo se e nei limiti in cui questo sia stato legittimamente investito di quei poteri, ossia solo se il suo intervento sia sollecitato da impugnazione rispettosa delle previsioni di cui all'art. 581 c.p.p.. La valorizzazione del requisito della "specificità estrinseca" - ossia della corrispondenza degli argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata - consente, dunque, una selezione razionale delle impugnazioni, escludendo la trattazione nel merito di quelle che non contengono sufficienti richiami ai "punti della decisione", che delimitano la cognizione del giudice di appello. Da un punto di vista sistematico, le Sezioni Unite precisano che la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella circostanza che essi non sono diretti a sollecitare un nuovo giudizio, del tutto sganciato dal precedente, bensì ad operare un controllo del provvedimento impugnato su punti ben individuati e per dettagliate ragioni. Ciò consente, sia di limitare l'ambito oggettivo in cui si devono esercitare i poteri di sindacato del giudice di appello, sia di evitare iniziative meramente dilatorie, che si porrebbero in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., comma 2.

3.3. Considerato l'atto di appello in base ai superiori principi, è agevole rilevare l'erroneo giudizio di inammissibilità formulato dalla Corte militare di appello.

3.3.1. In primo luogo, l'addebito di omessa specificazione dei punti della decisione oggetto di contestazione pare essere la conseguenza di una non corretta concezione della distinzione tra punti e capi della sentenza, cui è circoscritta la cognizione del giudice di appello in relazione all'estensione oggettiva del mezzo d'impugnazione esperito, come elaborata dalla giurisprudenza di legittimità. Per costante affermazione, si ritiene che "il concetto di "punto della decisione", cui fa espresso riferimento l'art. 597 c.p.p., comma 1, ha invece una portata più ristretta, riguardando "tutte le statuizioni - ma non le relative argomentazioni svolte a sostegno - suscettibili di autonoma considerazione necessarie per ottenere una decisione completa su un capo". I punti della decisione vengono a coincidere con le parti della sentenza relative alle "statuizioni indispensabili per il giudizio su ciascun reato" e nell'ambito di ogni capo i singoli punti della decisione segnano un "passaggio obbligato" per la completa definizione di ciascuna imputazione, sulla quale il potere giurisdizionale del giudice non può considerarsi esaurito se non quando siano stati decisi tutti i punti che costituiscono i presupposti della pronuncia finale su ogni reato (l'accertamento del fatto, l'attribuzione di esso all'imputato, la qualificazione giuridica, l'inesistenza di cause di giustificazione, la colpevolezza, e nel caso di condanna - l'accertamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e la relativa comparazione, la determinazione della pena e l'eventuale sospensione condizionale, e le altre eventuali questioni dedotte dalle parti o rilevabili di ufficio)" (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello e altro, rv. 268965; Sez. U., n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, Michaeler, rv. 235699). Ne discende che il punto della decisione sul quale opera la preclusione ex art. 597 c.p.p., comma 1, perchè non investito dell'impugnazione, riguarda le sole statuizioni sostanziali.

Ebbene, con l'atto di appello il Procuratore militare aveva dichiarato di impugnare il capo della sentenza contenente le "determinazioni assolutorie ex art. 530 c.p.m.p., comma 2, di P.P. e D.L.A.", indicando la selezione dei capi investiti di gravame con esclusione di quello riguardante l'imputato M.,- quindi aveva delimitato ulteriormente l'ambito oggettivo devoluto al giudice dell'impugnazione, facendo riferimento al punto, costituito dal giudizio conclusivo di insussistenza dei fatti di reato di minaccia ad inferiore.

Per contro, nel ritenere non indicati compiutamente i punti sottoposti a critica, la Corte di appello pare riferirsi alle singole argomentazioni, ossia agli enunciati valutativi della sentenza, senza considerare che gli stessi non devono essere tutti puntualmente censurati dall'impugnazione, che deve invece riguardare il punto della decisione e non l'apparato giustificativo.

3.3.2 Inoltre, non risponde al vero nemmeno che il Procuratore appellante si fosse limitato ad una generica ed opinabile ricostruzione dei fatti, meramente reiterativa della tesi accusatoria. Al contrario, ad illustrazione delle ragioni di fatto aveva richiamato diffusi passaggi delle trascrizioni dell'esame dibattimentale, reso dai testi m., + ALTRI OMESSI; le emergenze documentali relative alle visite ed ai giudizi espressi sull'idoneità al pilotaggio del gen. ma.; la relazione sanitaria redatta dal Capo del servizio sanitario dell'Aeronautica militare circa la medesima idoneità e la regolarità delle procedure seguite per formulare in precedenza il relativo giudizio; le relazioni del gen. M.; l'esito degli accertamenti condotti sui dispositivi informatici in uso al D.L.. La citazione dei risultati probatori dell'istruttoria condotta nel giudizio di primo grado era stata proposta nell'ambito di un'analisi diacronica e ragionata dei comportamenti tenuti dagli imputati al fine di evidenziarne i profili penalmente rilevanti, tali da integrare la fattispecie contestata di minaccia e da far emergere persino il movente delle azioni compiute. Non era mancata nemmeno la trattazione delle stesse tematiche in punto di diritto, poichè alle pagg. 4 e 5 dell'appello era stata proposta la nozione di minaccia come accreditata in giurisprudenza e declinata nelle sue varianti della minaccia implicita, larvata, indiretta, con l'esplicitazione delle ragioni fattuali per le quali tale condotta minatoria doveva essere ravvisata nei comportamenti tenuti dagli imputati allorchè costoro si erano avvalsi della posizione di superiorità gerarchica e del potere di condizionamento dei sottoposti ad essa inerente.

Seguendo lo stesso percorso espositivo presente nell'atto di appello, emerge dunque che il proponente Procuratore aveva espresso un motivato dissenso per il conclusivo verdetto assolutorio, frutto di errata applicazione della norma incriminatrice e sorretto da motivazione criticata come incongrua ed illogica.

3.3.3 Dal canto suo la Corte di appello, alla considerazione della specificità contenutistica dell'atto di gravame nella delibazione preliminare di ammissibilità ha sovrapposto in più passaggi della motivazione della sentenza impugnata, l'apprezzamento della fondatezza dei motivi, che ha escluso, confondendo i due piani valutativi e l'ordine logico delle operazioni cognitive da compiere. Così è accaduto quando:

- ha riscontrato l'omessa precisazione di quale fosse stato il "meccanismo complesso laborioso e pluriarticolato" utilizzato dal P. per minacciare e condizionare l' A. a ragione dell'omessa considerazione da parte dell'appellante della mancata sottoposizione del Ma. alla visita semestrale del 2014, rilievo che non è pertinente alla specificità dei motivi di censura, ma al merito della loro rispondenza alle risultanze probatorie (pag. 55);

- ha considerato la frase inserita nella relazione del M. sulla scorta dei suggerimenti del D.L. come non indiziante alla luce dei chiarimenti forniti dallo stesso M. (pag. 55);

- ha contestato la valenza indiziaria della frase riferita dal teste R. come pronunciata dal D.L. (pag. 56);

- ha apprezzato l'intervento del D.L. quale legittima adesione esecutiva alle direttive di un superiore (pag. 57).

Tale indebita commistione ha finito per rende perplessa e poco lineare sul piano logico la motivazione della sentenza in verifica. Del resto la stessa nozione di processo pretende che le questioni procedurali per regola generale siano trattate prima del merito secondo una sequenza di operazioni delibative scandita dall'art. 129 c.p.p..

Inoltre, alla sentenza in esame va addebitato l'omesso confronto con l'intero sviluppo dell'analisi dei dati probatori, esposti nell'atto di appello, per essersi appuntata su singoli passaggi, isolati dal contesto, ed averne riscontrato la genericità in modo apodittico, parziale e nemmeno perfettamente coerente.

Per le considerazioni svolte, la sentenza impugnata, affetta da violazione dell'art. 581 c.p.p. e da motivazione manifestamente illogica, va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte militare di appello, in diversa composizione.
P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte militare di appello.
Conclusione

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020
Avv. Antonino Sugamele

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