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Sentenza

Militare accusa di calunnia il Comandante della Portaeromobili "G. Garibald...
Militare accusa di calunnia il Comandante della Portaeromobili "G. Garibaldi" , sostenendo di essere stato falsamente accusato all'Autorità Giudiziaria del reato di "Ubriachezza in servizio aggravata" .-
Tribunale Lecce Sez. I, Sent., 04-01-2021


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce, prima sezione civile, in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Antonio Barbetta, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n.7138/2018 R.G., promossa

da

R.M.M., (C.F.: (...)), rappresentato e difeso dall'avv. Donato Ippolito

Attore

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato ed assistito dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce

Convenuto

Oggetto: risarcimento danni
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con atto di citazione, ritualmente notificato, R.M.M. conveniva in giudizio il Ministero della Difesa per accertare far dichiarare di essere stato vittima di calunnia da parte del Comandante della Portaeromobili "G. Garibaldi" A.G., per averlo falsamente accusato all'Autorità Giudiziaria del reato di "Ubriachezza in servizio aggravata" ai sensi degli artt. 47 n. 2 e 139, commi 1 e 3 c.p.m.p. e per l'effetto condannare l'amministrazione al risarcimento dei danni in favore dell'istante i tutte le sue componenti, patrimoniali e non.

A sostengo della domanda, l'attore riferiva che il quindici novembre del 2016, alle ore otto e trenta, circa, durante la navigazione in acque internazionali nel Mar Mediterraneo centrale, il commissario di bordo, tenente di vascello G.C., e il comandante in seconda, capitano di fregata B.V., gli sequestravano un coltello con lama di quattordici centimetri, privo di punta, e manico in plastica di colore nero, rinvenuto nel cassetto interno del suo armadietto.

Il sequestro era funzionale alla verifica del possibile utilizzo dello strumento per il reato ex art. 73 D.P.R. n. 390 del 1990.

Lo stesso giorno, alle ore diciotto e trenta, circa, il comandante in seconda, il commissario di bordo e il medico di bordo, sottotenente di vascello D.V., dichiaravano nel processo verbale n 412 del quindici novembre 2016, che il R. avrebbe spontaneamente ammesso, alla loro presenza, di aver fatto uso di sostanze psicotrope nei giorni precedenti e di aver utilizzato il coltello (sequestrato) per tagliare un piccolo pezzo di hashish.

Il giorno seguente, alle ore otto, circa, il deducente veniva trasportato a mezzo elicottero alla stazione elicottero della marina militare (Maristaeli) di Catania prima e con automezzo militare, accompagnato da un sottoufficiale, all'infermeria presidiaria di Augusta poi, con diagnosi di "sospetto uso occasionale di cannabinoidi" ma l'esito dell'accertamento risultava negativo tanto che il militare ritornava sull'imbarcazione della Marina poiché ritenuto idoneo alle funzioni.

Con pec delle ore 17.53.12, del sedici novembre 2016, il tenente di vascello G.C. inviava alla Procura Militare della Repubblica di Roma la nota del sedici novembre 2016 - prot. (...), con la quale il capitano di vascello A.G., comandante della unità navale, asseriva di aver acquisito alle ore 14,00 del quindici novembre 2016, notizia di reato a danno di R.M., attese le dichiarazioni dello steso militare in ordine all'uso saltuario di sostanze stupefacenti.

L'ufficio requirente, dopo avere fatto le indagini necessarie e verificata l'insussistenza di elementi tale da poter sostenere l'accusa in giudizio, disponeva l'archiviazione del procedimento penale.

Pertanto, l'istante sosteneva di essere stato accusato dal tenente di vascello G.C., commissario di bordo, e dal capitano di fregata B.V., comandante in seconda, di aver fatto uso di sostanze psicotrope e di aver utilizzato il coltello, ritrovato nel cassetto da utilizzare per ripartire in piccole dosi della sostanza psicotropa, in difetto di elementi probatori e di circostanze valutabili ai sensi dell'art. 192, comma 2, c.p.p..

1.2. Con comparsa, si costituiva il Ministero della Difesa il quale contestava la fondatezza delle tesi avversarie, precisando come i comportamenti posti in essere dal corpo di comando della nave non fossero altro che degli obblighi derivanti dalla qualifica di Ufficiale di P.G. e che non vi era alcun elemento per dedurre, asserire e tanto meno avvalorare l'ipotesi di un intento calunnioso.

2. La causa veniva istruita con produzione documentale e prova testimoniale.

2.1. All'udienza dell'8 ottobre 2020, precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta per la decisione, con termini ex art. 190 c.p.c...

3. La domanda è infondata e va perciò rigettata per quanto si dirà infra.

3.1. Dalla documentazione versata in atti dal convenuto emerge la legittimità della condotta tenuta dall'organo di comando del natante sul quale ha prestato servizio l'attore nel novembre 2016, in occasione dell'ispezione effettuata dai militari al fine di accertare eventuali condotte, rilevanti sotto il profilo penale, tenute dall'attore.

Invero, è indiscutibile che durante l'ispezione sia stato rinvenuto nel cassetto di R.M.M. un coltello con la punta arrotondata (oggetto di sequestro convalidato dall'Autorità requirente) e che si stati rinvenuti oggetti (cartine, taglierino, sigarette svuotate, pezzi di carta di forma parallelepipeidea; cfr. foto all. fascicolo convenuto) tali da far pensare ad una violazione sulla disciplina dettata dall'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990.

Pertanto, l'attività posta in essere dal comandante della "Garibaldi" trova causa nei doveri inerenti la qualifica di ufficiale di Polizia Giudiziaria, attribuitagli dall'art. 1235 cod. nav..

La circostanza che il successivo esame clinico, eseguito sull'attore dai laboratori di Augusta, per verificare l'uso in atto di sostanze stupefacenti, abbia dato esito negativo non dispensa l'Ufficiale di P.G. dal dare corso ai propri doveri, comunicando l'esito dell'attività di indagine svolta alla competente autorità.

Il comandante non ha alcun potere discrezionale in punto di stabilire se e quali fatti debbano essere portati a conoscenza del Procuratore sia Militare che Ordinario, trattandosi di ipotesi di reato perseguibili d'Ufficio.

Il fatto che l'indagine sia stata archiviata per insussistenza degli elementi utili a sostenere l'accusa in giudizio non fa conseguire l'ipotesi del reato di calunnia a carico dell'Ufficiale di P.G. in quanto l'attore avrebbe dovuto dare la prova della coscienza e volontà del Comandante di accusare il R. del reato in questione, avendo la certezza della sua innocenza. Il dolo di calunnia non è, infatti, configurabile se il denunciante ritenga per errore che l'incolpato si sia reso responsabile di un reato, in caso contrario rischiandosi di sanzionare una condotta colposa.

Infatti, la circostanza che il Comandante abbia comunicato alla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Roma la nota del sedici novembre 2016 - prot. (...) (in atti), con la quale ha dichiarato di aver acquisito alle ore 14,00 anziché alle ore 18:30 del giorno quindici novembre 2016 la notizia di reato a carico di R.M.M., rappresentano (al più) un mero errore materiale nel riportare le informazioni acquisita nel corso dell'indagine.

Allo stesso tempo, quanto detto al capoverso che precede, unitamente alla trasmissione di tutti gli atti alla Procura competente, dopo aver avuto conoscenza dell'esito negativo del test antidroga effettuata sulla persona dell'attore, non rappresentano un doloso disegno preordinato a calunniare l'attore bensì l'esercizio di un dovere d'Ufficio a carico del Comandante della "Garibaldi", privo margini di discrezionalità, al fine di consentire alla Procura di valutare la sussistenza degli elementi configuranti l'ipotesi di reato descritta nell'art. 73 citato, la quale non può essere esclusa da un test droga negativo. Alla luce di quanto detto, la domanda va rigettata.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate in ragione del valore della controversia e della sua complessità.
P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa, così provvede:

a) rigetta la domanda;

b) condanna R.M.M. al pagamento delle spese di lite in favore del convenuto che si liquidano in Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Così deciso in Lecce, il 2 gennaio 2021.

Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2021.
Avv. Antonino Sugamele

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