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Sentenza

Militare si appropria di oltre 11.000 euro. Reati contro l'amministrazione m...
Militare si appropria di oltre 11.000 euro. Reati contro l'amministrazione militare - Malversazione a danno di militari - Natura - Reato istantaneo - Momento consumativo - Distrazione delle somme dalla finalità per cui sono state consegnate - Elemento soggettivo - Dolo generico - Consapevole volontà dell'agente di conferire alle somme una diversa destinazione
Cass. pen. Sez. I Sent., 02/12/2020, n. 454 (rv. 280317-02)
 Fatto Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IASILLO Adriano - Presidente -

Dott. SANDRINI Enrico G. - Consigliere -

Dott. SARACENO Rosanna - Consigliere -

Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -

Dott. CENTONZE Alessandro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

1) M.G., nato a (OMISSIS);

Avverso la sentenza emessa il 20/02/2019 dalla Corte militare di appello di Roma;

Sentita la relazione del Consigliere Dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott. Flamini Luigi Maria, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa il 06/02/2018 il Tribunale militare di Verona giudicava l'imputato M.G. colpevole dei reati di cui ai capi A (art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 215 c.p.m.p.) e B (art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 216 c.p.m.p.), condannandolo - concesse le attenuanti generiche ritenuti equivalenti alle contestate aggravanti e ritenuto più grave il reato di cui al capo A della rubrica alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione militare, oltre alle pene accessorie di legge.

2. Con sentenza emessa il 20/02/2019 la Corte militare di appello di Roma, decidendo sull'impugnazione proposta dall'imputato, confermava la decisione appellata, condannando l'appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.

3. Da entrambe le sentenze di merito, che risultano pienamente convergenti, emergeva che M.G. che, all'epoca dei fatti, prestava servizio, quale caporale maggiore scelto dell'Esercito Italiano, presso il Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS) essendo stato nominato gestore fiduciario del Comprensorio demaniale militare, ubicato a (OMISSIS), in (OMISSIS), commetteva i reati di peculato militare aggravato e malversazione aggravata a danno di militari, così come ascrittigli ai capi A e B della rubrica.

Più precisamente, l'imputato, secondo quanto contestatogli al capo A, ai sensi dell'art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 215 c.p.m.p., si appropriava indebitamente della somma di 11.554,46 Euro, che gli era stata consegnata a titolo di rimborso spese per gli alloggi "non in concessione" del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS).

Il ricorrente, in particolare, si appropriava indebitamente della somma di 1.657,03 Euro, dopo avere scambiato un assegno circolare postale dell'importo di 9.657,03 Euro; nonchè della somma di 9.897,43 Euro, dopo avere scambiato due assegni circolari postali dell'importo di 1.237,13 Euro e di 8.660,30 Euro, che venivano versati su un suo conto corrente personale.

Nella stessa veste professionale, M.G., secondo quanto contestatogli al capo B, ai sensi dell'art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 216 c.p.m.p., si appropriava indebitamente della somma di 18.551,92 Euro, che gli era stata consegnata a titolo di quote condominiali per la fruizione dei servizi del comprensorio demaniale di cui l'imputato era il gestore fiduciario.

L'imputato, in particolare, si appropriava indebitamente della somma di 15.075,16 Euro, che versava in un suo conto corrente personale, che gli era stata consegnata dai militari L.A., M.G., C.A., P.G., M.F., R.C. e R.C., a titolo di quote condominiali per la fruizione dei servizi abitativi del comprensorio demaniale di cui l'imputato era il gestore fiduciario; nonchè della somma di 3.476,76 Euro, anch'essa versata in un suo conto corrente personale, che gli era stata consegnata dai militari L.A., D.M.R., C.A., P.G., M.F., R.F., R.C., D.P.C., C.M., P.G. e N.G., a titolo di quote condominiali per la fruizione dei servizi dello stesso comprensorio demaniale (OMISSIS).

La responsabilità penale di M. per i reati di cui ai capi A e B veniva accertata attraverso la ricostruzione della documentazione contabile relativa alle operazioni economiche da cui avevano avuto origine le condotte illecite in esame, effettuata dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, nominata dal Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS), del quale faceva parte l'imputato, presieduta dalla dottoressa C.E.. Gli esiti di tali verifiche contabili, al contempo, venivano correlati alle dichiarazioni rese dai testi P., C., M., P., L.R., C., B., N., D.P., M., P., C., D.M., R., V., C., M., M. e M., grazie alle quali si riusciva a ricostruire il modus operanti del ricorrente e le modalità con cui si appropriava delle somme controverse.

Tale ricostruzione degli accadimenti criminosi si era resa necessaria in conseguenza del fatto che M., durante la sua attività gestionale, aveva omesso di tenere la contabilità prescritta dai regolamenti militari del suo reggimento di appartenenza, rendendo indispensabile procedere alla verifica dei movimenti finanziari effettuati dal ricorrente, per effetto dell'incarico di gestore fiduciario del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS), ricoperto negli anni (OMISSIS).

Sulla scorta di tale ricostruzione dei fatti di reato ascrittigli ai capi A e B della rubrica, l'imputato M.G. veniva condannato alle pene di cui in premessa.

4. Avverso la sentenza di appello l'imputato M.G., a mezzo dell'avv. Giovanni Paolo Picari, ricorreva per cassazione, deducendo tre motivi di ricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 215 c.p.m.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi costitutivi del reato di peculato miliare aggravato ascritto a M. al capo A, la cui sussistenza appariva smentita dalle emergenze processuali, atteso che l'imputato non si era appropriato indebitamente delle somme di denaro di cui era entrato in possesso, essendosi limitato a farle transitare in un suo conto corrente personale, che veniva utilizzato per effettuare i pagamenti necessari allo svolgimento del suo incarico gestionale.

Con il secondo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 216 c.p.m.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori acquisiti nei giudizi di merito, che si ritenevano inidonei alla formulazione di un giudizio di responsabilità nei confronti di M. per il reato di malversazione aggravata a danno di militari ascrittogli al capo B, atteso che, nel procedere alla quantificazione delle somme controverse, non si erano considerati gli importi di cui l'amministrazione del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS) era creditrice nei confronti dei fruitori dei suoi servizi.

Con il terzo motivo di ricorso si deduceva il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 62-bis c.p., conseguente all'incongruità del giudizio dosimetrico formulato dalla Corte militare di appello di Roma nei confronti di M.G., che veniva censurato per il riconoscimento delle attenuanti generiche in regime di equivalenza anzichè di prevalenza, che si imponeva tenuto conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali erano maturati gli accadimenti criminosi e del loro effettivo disvalore penale.

Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da M.G. è infondato.

2. Deve ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 215 c.p.m.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi costitutivi del reato di peculato miliare aggravato ascritto a M. al capo A della rubrica, la cui sussistenza appariva smentita dalle emergenze processuali, atteso che l'imputato non si era appropriato indebitamente delle somme di denaro di cui era entrato in possesso, essendosi limitato a farle transitare in un suo conto corrente personale, che veniva utilizzato per effettuare i pagamenti necessari allo svolgimento del suo incarico fiduciario.

Occorre premettere che all'incarico di gestore fiduciario del Comprensorio demaniale militare, ubicato a (OMISSIS), in (OMISSIS), M.G. - che all'epoca dei fatti prestava servizio, quale caporale maggiore scelto dell'Esercito Italiano, presso il Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS) -, veniva preposto sulla base della Delib. approvata il 29/11/2012, alla quale faceva seguito il provvedimento formale di nomina, adottato il 13/12/2012; da tali mansioni gestionali, infine, l'imputato veniva rimosso con Delib. approvata il 07/07/2014, con cui, preso atto della mancata presentazione dei bilanci consuntivi relativi agli anni (OMISSIS), si disponeva la revoca dall'incarico del ricorrente e la nomina di un altro gestore fiduciario.

Tanto premesso, deve osservarsi che la quantificazione delle somme di cui M. si appropriava indebitamente, per effetto del suo incarico di gestore fiduciario del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS), conseguiva alle verifiche contabili effettuate dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, nominata dal Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS), alle quali la Corte militare di appello di Roma si richiamava diffusamente.

Grazie a tali verifiche contabili, si accertava che l'imputato si era appropriato indebitamente della somma di 11.554,46 Euro, che gli era stata consegnata a titolo di rimborso spese per gli alloggi "non in concessione" del comprensorio demaniale militare.

Più precisamente, il ricorrente si appropriava indebitamente della somma di 1.657,03 Euro, dopo avere scambiato un assegno circolare postale dell'importo di 9.657,03 Euro. L'imputato, inoltre, si appropriava indebitamente della somma di 9.897,43 Euro, di cui era entrato in possesso, dopo avere scambiato due assegni circolari postali dell'importo di 1.237,13 Euro e di 8.660,30 Euro, che venivano versati su un suo conto corrente personale, cointestato alla convivente C.N., recante numero (OMISSIS), acceso presso l'agenzia Poste Italiane s.p.a. di (OMISSIS).

La responsabilità di M. per il peculato militare aggravato di cui al capo A, ascrittogli ex art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 215 c.p.m.p., dunque, veniva accertata attraverso la ricostruzione della documentazione contabile relativa alle operazioni finanziarie da cui avevano avuto origine le condotte illecite dell'imputato, effettuata dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, nominata dal Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS). Si accertava, in questo modo, che il ricorrente - operando in modo difforme dal precedente fiduciario, il sergente maggiore R.C. - gestiva uti dominus le somme che gli erano state consegnate, a titolo di rimborso per gli alloggi "non in concessione" del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS), trattenendo una parte significativa di tali importi; condotte, queste, la cui illiceità non è controversa, attesa la natura di reato istantaneo del peculato militare, che si perfeziona nel momento in cui l'imputato attribuisce, anche solo momentaneamente, una destinazione diversa da quella istituzionale al denaro di cui ha la disponibilità in ragione delle sue mansioni professionali.

A conferma di quanto si sta affermando, si consideri che, come riferito dalla dottoressa C.E., che presiedeva la Commissione amministrativa d'inchiesta, che veniva esaminata nel giudizio di primo grado, celebrato davanti al Tribunale militare di Verona, non risultava alcuna giacenza di cassa alla fine della gestione biennale dell'imputato - che comprendeva gli anni finanziari (OMISSIS) -, nonostante le consistenti risorse economiche di cui il Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS) tradizionalmente disponeva. La dottoressa C., inoltre, precisava che le verifiche contabili eseguite dalla commissione amministrativa che presiedeva avevano consentito di accertare un significativo depauperamento della situazione patrimoniale complessiva della struttura (OMISSIS).

Le conclusioni della Corte di appello militare di Roma, per altro verso, appaiono corroborate dalle comunicazioni intercorse tra il caporale maggiore scelto M.G. e il comando del Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS), relative alla mancata esibizione dei rendiconti e delle fatture relative agli esercizi finanziari degli anni (OMISSIS) da parte dell'imputato, che facevano seguito all'emersione delle sue inadempienze gestionali. Di fronte alle insistenti richieste formulate dal suo comando militare, il ricorrente si limitava a riferire di avere smarrito tutta la documentazione contabile originale e di non essere in grado di redigere i rendiconti che gli venivano richiesti, declinando al contempo l'invito di presenziare allo svolgimento da parte di un altro sottufficiale di tali verifiche, sulla scorta della, risibile, giustificazione, richiamata a pagina 11 della sentenza di primo grado, secondo cui: "Non necessita la mia presenza in quanto inutile, non avendo attualmente documentazione da confrontare con quella in vostro possesso".

In questa, univoca, cornice probatoria, appaiono condivisibili le conclusioni alle quali giungeva la Corte militare di appello di Roma, che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 24 della sentenza impugnata, evidenziava che la Commissione d'inchiesta amministrativa presieduta dalla dottoressa C. aveva "verificato l'ammontare reale e complessivo delle attività e delle passività riferite al momento in cui avveniva la successione dell'incarico fra il precedente gestore ed il M. ed ha effettuato una analoga verifica al termine del primo anno di gestione ed al termine del secondo".

Pertanto, la Corte militare di appello di Roma, sulla base di un percorso argomentativo ineccepibile, riteneva provato che M. si era appropriato di una parte del denaro di cui disponeva nel contesto delle sue mansioni fiduciarie, gestendo tali somme uti dominus e concretizzando le condotte illecite contestategli al capo A nel momento in cui attribuiva una destinazione funzionale diversa da quella istituzionale a tali somme. Sul punto, a conferma della correttezza di tali conclusioni, non si può che richiamare la giurisprudenza di questa Corte, che, ancorchè risalente, afferma che il peculato militare "è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui l'agente si appropria della cosa mobile (o del denaro) della P.A. di cui ha il possesso per ragione del suo ufficio, o dà ad essi una diversa destinazione" (Sez. 1, n. 19759 dell'01/04/2008, Simeone, Rv. 240344-01).

Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondato il primo motivo di ricorso.

3. Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, con cui si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 216 c.p.m.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori acquisiti nei giudizi di merito, che si ritenevano inidonei alla formulazione di un giudizio di responsabilità nei confronti di M.G., per il reato di malversazione aggravata a danno di militari aggravata ascrittogli al capo B della rubrica, atteso che, nel procedere alla quantificazione delle somme di denaro controverse, non si erano considerati gli importi di cui l'amministrazione del Comprensorio demaniale militare di (OMISSIS) era creditrice nei confronti dei fruitori dei suoi servizi.

Non può, in proposito, non ribadirsi che le conclusioni alle quali perveniva la Corte militare di appello di Roma traevano origine dalle verifiche contabili eseguite dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, nominata dal Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS), che consentivano di accertare che M. si era appropriato indebitamente della somma di 18.551,92 Euro, che gli era stata consegnata a titolo di quote condominiali per la fruizione dei servizi del comprensorio demaniale di cui era il gestore fiduciario.

Più precisamente, l'imputato si appropriava indebitamente della somma di 15.075,16 Euro - che versava su un suo conto corrente personale, cointestato alla convivente C.N., recante numero (OMISSIS), acceso presso l'agenzia Poste Italiane s.p.a. di (OMISSIS) - che gli era stata consegnata dai militari L.A., M.G., C.A., P.G., M.F., R.C. e R.C., a titolo di quote condominiali per la fruizione dei servizi abitativi del Comprensorio demaniale militare di cui il ricorrente era il gestore fiduciario. L'imputato, inoltre, si appropriava indebitamente della somma di 3.476,76 Euro - che veniva versata sul suo conto corrente personale, sopra indicato -, che gli era stata consegnata dai militari L.A., D.M.R., C.A., P.G., M.F., R.F., R.C., D.P.C., C.M., P.G. e N.G., a titolo di quote condominiali per la fruizione dei medesimi servizi del comprensorio demaniale in esame.

Si aggiunga che le conclusioni raggiunte dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, di per sè sufficienti a consentire la formulazione di un giudizio di responsabilità nei confronti del ricorrente, per il reato ascrittogli al capo B, ai sensi dell'art. 81 c.p., comma 2, art. 47 c.p.m.p., comma 1, n. 2, art. 216 c.p.m.p., risultavano ulteriormente corroborate dalle dichiarazioni rese dai soggetti che avevano effettuato i pagamenti condominiali controversi, sopra citati. Senza considerare che il recepimento dell'assunto difensivo postulerebbe la falsificazione delle ricevute rilasciate da M. ai militari che, di volta in volta, provvedevano al saldo degli arretrati condominiali; falsificazione che non è corroborata dagli elementi probatori acquisiti nei giudizi di merito, che, relativamente alla malversazione aggravata che si sta considerando, si orientano univocamente in senso sfavorevole all'imputato.

Non può, invero, non rilevarsi che il comando del Reggimento Supporto Tattico e Logistico (HQ) NRDC-ITA di (OMISSIS), dopo avere svolto opportune verifiche, accertava la mancata esibizione dei rendiconti e delle fatture relative agli esercizi finanziari degli anni (OMISSIS) da parte di M.G.. Si invitavano, pertanto, i condomini del Comprensorio militare demaniale a depositare le quietanze di pagamento, relative alle quote condominiali che avevano provveduto a saldare per il triennio compreso tra il (OMISSIS).

Da tale documentazione contabile emergevano i pagamenti delle quote effettuati dai condomini del Comprensorio militare demaniale di (OMISSIS) durante gli esercizi finanziari controversi, che consentivano di ricostruire l'ammontare delle somme di denaro consegnate all'imputato e la cadenza periodica con cui tali versamenti venivano eseguiti. Tale ricostruzione si riteneva dimostrata dal fatto che sulle quietanze di pagamento risultavano apposte le firme di " M.G.", " M.", "Mill. G.", " M. G.", "M. G.." e "Mill. Ga."; sottoscrizioni, queste, inequivocabilmente riconducibili a M.G..

Prive di rilievo, infine, appaiono le censure difensive, secondo cui la Corte militare di appello di Roma non aveva tenuto conto della condizione di morosità in cui versava una parte dei condomini del Comprensorio militare demaniale di (OMISSIS), atteso che a tali importi la Commissione d'inchiesta amministrativa non faceva riferimento ai fini della quantificazione delle somme di cui M. di appropriava ex art. 216 c.p.m.p. Sul punto, non si può che richiamare il passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 28 e 29 della sentenza impugnata, in cui si affermava che degli "importi non pagati dai condomini morosi non si è tenuto (...) alcun conto nella ricostruzione della contabilità (...)".

Ricostruito in questi termini il percorso argomentativo seguito dalla Corte militare di appello di Roma, non è possibile dubitare della ricorrenza degli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 216 c.p.m.p., essendo pacifico che M. si appropriava di una parte delle somme che gli venivano versate dai condomini del Comprensorio militare demaniale di (OMISSIS), nella sua qualità di gestore fiduciario di tale struttura. Nè è possibile dubitare, alla luce del modus operandi accertato dalla Commissione d'inchiesta amministrativa, presieduta dalla dottoressa C.E., cui ci si è riferiti nel paragrafo precedente, che delle somme ricevute M. entrava in possesso per effetto della sua posizione gestionale fiduciaria, grazie alla quale faceva confluire tali importi su un suo conto corrente personale, cointestato alla convivente C.N..

In questa, univoca, cornice probatoria, deve rilevarsi conclusivamente che il delitto di malversazione a danno di militari di cui all'art. 216 c.p.m.p. si perfeziona nel momento in cui le somme ricevute vengono distratte dall'agente rispetto alla destinazione per cui gli importi sono consegnati dai militari, rappresentati in questo caso dal saldo delle quote condominiali del Comprensorio militare demaniale di (OMISSIS), gestito fiduciariamente dal caporale maggiore scelto M.G..

Tutto questo comporta che, per la configurazione della fattispecie di cui all'art. 216 c.p.m.p., occorre che gli importi consegnati al soggetto attivo del reato siano destinati a una finalità differente da quella per la quale la dazione è avvenuta.

Deve, pertanto, ritenersi illecito ogni utilizzo del denaro ricevuto dal militare per una finalità diversa, sia che le somme erogate formano oggetto di condotte di appropriazione e di occultamento da parte dell'agente, sia che le stesse vengono utilizzate per la realizzazione di un'attività diversa da quella prevista o per qualsivoglia, ulteriore, finalità.

In tale contesto, infine, il dolo generico che supporta la fattispecie di cui all'art. 216 c.p.m.p. si risolve nella consapevole volontà dell'agente di conferire alla somma ricevuta dai militari una destinazione diversa, analogamente a quanto riscontrabile nel caso di specie.

Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondato il secondo motivo di ricorso.

4. Deve, infine, ritenersi inammissibile il terzo motivo di ricorso, con cui si deduceva il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 62-bis c.p., conseguente all'incongruità del giudizio dosimetrico formulato dalla Corte militare di appello di Roma nei confronti di M.G., che veniva censurato per il riconoscimento delle attenuanti generiche in regime di equivalenza anzichè di prevalenza, che si imponeva tenuto conto delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali erano maturati gli accadimenti criminosi e del loro effettivo disvalore penale.

Osserva il Collegio che il trattamento sanzionatorio applicato a M.G., quantificato in tre anni e sei mesi di reclusione militare, risulta suffragato dalla ricostruzione compiuta dal Giudice militare di appello, che si soffermava correttamente sulle connotazioni, oggettive e soggettive, dei reati contestati al ricorrente ai capi A e B della rubrica, escludendo, sulla base di un giudizio dosimetrico ineccepibile, che fosse possibile attenuare sotto i profili invocati dalla difesa dell'imputato - tenuto conto della gravità del contesto militare in cui si inserivano le condotte illecite in contestazione - la pena irrogata.

Queste conclusioni discendevano da una verifica giurisdizionale, immune da censure motivazionali, che teneva conto della gravità delle vicende delittuose sottoposte alla cognizione della Corte militane di appello di Roma e della persistenza di tali comportamenti illeciti, collocati in un ampio arco temporale, compreso tra il (OMISSIS), nel valutare i quali occorreva considerare il ruolo gestionale fiduciario ricoperto da M. in seno al Comprensorio militare demaniale di (OMISSIS).

Ne discende che, tenuto conto della posizione processuale di M. e dell'elevato disvalore dei fatti delittuosi che gli venivano contestati ai capi A e B, nella sentenza impugnata, veniva formulato un giudizio dosimetrico conforme ai parametri previsti dall'art. 133 c.p., nel valutare il quale non si può non ribadire che - al contrario di quanto dedotto dalla difesa del ricorrente - il trattamento sanzionatorio risulta congruo rispetto alla gravità dei reati militari oggetto di vaglio.

Si consideri, infine, con specifico riferimento all'imputato M.G., che le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62-bis c.p. rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto nella globalità degli elementi, oggettivi e soggettivi, che la connotano, sul presupposto del riconoscimento di situazioni fattuali, eventualmente riscontrate con riferimento alla posizione del ricorrente. La necessità di un giudizio che coinvolga tale posizione nel suo complesso - e che impediva la concessione a M. delle attenuanti generiche in regime di prevalenza - è sintetizzata dal principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui: "Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale "concessione" del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133 c.p., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena" (Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999, Catone, Rv. 212804-01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Vernucci, Rv. 260054-01).

Questo orientamento ermeneutico, del resto, si inserisce nel solco di un filone giurisprudenziale consolidato e risalente nel tempo, che è possibile esplicitare richiamando il seguente, insuperato, principio di diritto: "Le attenuanti generiche non possono essere intese come una benevola e discrezionale "concessione" del giudice ma come il riconoscimento di situazioni, non contemplate specificamente (art. 62 c.p.), che non sono comprese tra le circostanze da valutare ai sensi dell'art. 133 cit. codice ovvero che presentano connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione; situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento della quantità del reato e della capacità a delinquere dell'imputato, sicchè il loro riconoscimento consenta di pervenire ad una più valida e perspicace valutazione degli elementi che segnano i parametri per la determinazione della pena da irrogare in concreto" (Sez. F, n. 12280 del 28/08/1990, Poliseri, Rv. 185267-01).

Le considerazioni esposte impongono di ritenere inammissibile il terzo motivo di ricorso.

5. Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondato il ricorso proposto da M.G., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021
Avv. Antonino Sugamele

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