L'assistenza di un legale in sede di interlocuzione con l'Amministrazione di appartenenza costituisce esercizio di una facoltà legittima, espressione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione e non può considerarsi tale da integrare la violazione dei doveri del militare.
Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 26/04/2022) 27-04-2022, n. 3361
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Orefice, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Francesco Mangazzo in Roma, via Valadier n. 44;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Regione Carabinieri di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e udito per la parte ricorrente l'avvocato Andrea Orefice;
Svolgimento del processo
Parte appellante impugna la sentenza n. -OMISSIS- della VI Sezione del T.A.R. -OMISSIS- -OMISSIS-, pubblicata in data 5/7/2017, con cui è stato rigettato il ricorso iscritto al numero di R.G. -OMISSIS-.
In particolare, con nota del 29/01/2013, l'appellante, Maresciallo Capo dei Carabinieri, veniva convocato presso gli Uffici del Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- per il giorno 01/02/2013 alle ore 08.15 per conferire con il superiore gerarchico.
Il medesimo appellante faceva pervenire una nota, a firma di un avvocato (asserita amica di famiglia), che comunicava la sua impossibilità di presentarsi alla convocazione fissata per il giorno 1 febbraio 2013.
In seguito a ciò veniva esperito un procedimento disciplinare, conclusosi con il provvedimento disciplinare prot. n. (...) del 24/06/2013, che ha inflitto all'appellante la sanzione della consegna di 2 giorni con la seguente motivazione "Rivolgendosi ad un superiore, nell'ambito del rapporto gerarchico, faceva intervenire, al di fuori dei casi nei quali tali intervento è consentito, un terzo soggetto non appartenente all'Amministrazione militare, concretando una indebita interferenza nel rapporto gerarchico nell'impiego del personale e nell'azione di comando. (Violazione del 2 comma dell'art. 715 del D.P.R. n. 90 del 2010, mancanza commessa nel grado di M.O.)".
Parte appellante ha impugnato il provvedimento disciplinare e l'adito T.A.R. -OMISSIS- -OMISSIS- ha rigettato il ricorso con la sentenza gravata in questa sede.
Avverso tale sentenza l'appellante ha proposto i seguenti rubricati motivi di appello:
A) Error in judicando - illogicità manifesta - travisamento - eccesso di potere - sviamento - illogicita' manifesta - violazione art. 715 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90.
B) Error in judicando - illogicità manifesta - travisamento - eccesso di potere - sviamento - illogicita' manifesta - violazione art. 6 D.M. n. 690 del 1996.
Si è costituita in giudizio l'Amministrazione gravata, con atto di costituzione formale.
L'appello è stato trattenuto in decisione all'udienza pubblica del 26.4.2022.
Motivi della decisione
1) L'appello si palesa fondato
2) Nel primo motivo di ricorso l'appellante ha dedotto l'erroneità della sentenza gravata in quanto, in primo luogo, non avrebbe considerato che l'intervento dell'avvocato non avrebbe comunque comportato la violazione del principio di cui all'art. 715, comma 2, del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, ai sensi del quale "Nelle relazioni di servizio e disciplinari il militare è tenuto a osservare la via gerarchica".
L'intervento della legale si sarebbe, infatti, limitato alla comunicazione dell'impossibilità del militare di presentarsi alla convocazione fissata per il giorno 1 febbraio 2013, non integrando alcuna "indebita interferenza nel rapporto gerarchico nell'impiego del personale e nell'azione di comando".
L'effettuazione di tale comunicazione a mezzo del predetto avvocato sarebbe inoltre stata necessitata della contingente impossibilità di effettuare la comunicazione con mezzi propri da parte del medesimo carabiniere.
Sempre nel primo motivo di ricorso parte appellante ha indicato che, in ogni caso, il ravvisare una interferenza punibile nella circostanza che il militare si sia avvalso di un legale per la comunicazione con il corpo, nell'ambito di una vicenda oggetto di possibili controversie si paleserebbe violativo di fondamentali costituzionali, quali quelli dettati dagli artt. 24 e 113 della Costituzione, a presidio del diritto di ogni cittadino di ottenere la dovuta tutela anche extragiudiziale nei confronti di atti adottati dalla P.A.
3) Il Collegio rileva al riguardo che, indipendentemente della questione della possibilità o meno del carabiniere interessato di comunicare in altro modo il suo impedimento, la "semplice" comunicazione del legale dell'impossibilità di rispondere a una convocazione dinanzi a un organo militare non costituisce una interferenza da parte di un estraneo nel rapporto gerarchico in violazione del comma 2 del citato art. 715 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90.
Deve, infatti, aversi riguardo al tenore della comunicazione che si è limitata alla partecipazione di tale impossibilità all'Amministrazione e a nulla vale la circostanza, evidenziata anche nella sentenza gravata, che l'avvocato abbia indicato l'appellante come il "proprio assistito" e abbia indicato di scrivere nella qualità di "patrocinatore degli interessi" del medesimo appellato; così come non assume rilievo decisivo la circostanza che la comunicazione si concluda con l'indicazione di essere "nell'attesa di ulteriori riscontri".
4) Inoltre, il Collegio rileva come, in ogni caso, in via generale l'assistenza di un legale in sede di interlocuzione con l'Amministrazione di appartenenza costituisca esercizio di una facoltà legittima, espressione del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione e non può considerarsi tale da integrare la violazione dei doveri del militare.
Il diritto di difesa, inteso in senso lato, deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell'azione in sede di giudizio - e anzi può essere volto ad evitare che si arrivi a esiti conflittuali in sede giudiziale - e, quindi, può esplicarsi anche nella fase di interlocuzione con l'amministrazione, dovendo essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari (sul punto si richiama la sentenza di questa Sezione , sentenza 7 marzo 2022, n. 1652).
Ciò sempre che tale facoltà non esorbiti dai limiti consentiti dall'ordinamento per il suo esercizio, per assumere caratteri offensivi o disfunzionali e, in tal senso, la circostanza dell'intervento di un legale, soggetto professionalmente qualificato, è anzi tendenzialmente una garanzia che il rapporto si mantenga nei limiti di un corretta salvaguardia dei diritti dell'interessato secondo le modalità consentite dall'ordinamento.
Seppure, pertanto, anche in conformità al principio generale secondo cui i rapporti tra il dipendente e l'amministrazione devono essere improntati ai criteri di buona fede e leale collaborazione, è certamente anomalo che si ricorra a un legale per comunicare l'impossibilità di rispondere a una convocazione di un superiore, tale circostanza non legittima l'adozione di una sanzione disciplinare.
5) Per le suesposte ragioni l'appello va accolto.
La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), e le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l'applicazione dell'art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l'appello e, in riforma della sentenza gravata, annulla il provvedimento disciplinare impugnato.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente FF
Francesco Frigida, Consigliere
Giancarlo Carmelo Pezzuto, Consigliere
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore
14-06-2022 16:44
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