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Sentenza

Militari: la sindacabilità delle sanzioni disciplinari da parte dei Giudici è li...
Militari: la sindacabilità delle sanzioni disciplinari da parte dei Giudici è limitata all'eccesso di potere che denotano una manifesta illogicità o irragionevolezza dell'atto punitivo, o un travisamento dei fatti sui quali esso è fondato .
T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., (ud. 16-12-2021) 21-01-2022, n. 125
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1846 del 2020, proposto dal Sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Bonaccorsi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio 'fisico' legale in Milano, Via Freguglia, 1, presso la sede dell'Avvocatura;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, emesso a seguito di procedimento disciplinare dal Ministero della Giustizia, Dipartimento della Polizia Penitenziaria, Provveditorato Regionale per la Lombardia in data 19 giugno 2020, e notificato all'interessato a mani il 29 giugno 2020, con cui è stata irrogata nei confronti del ricorrente, ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 5/30 di una mensilità di stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo, per l'infrazione di cui agli artt. 3, lett. q) ("comportamento sconveniente con i detenuti") e 4, lett. c) ("il frequentare luoghi, persone o compagnie sconvenienti con evidente offesa alla dignità delle funzioni") del D.Lgs. n. 449 del 1992.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria - Provveditorato Regionale Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 la relazione della dott.ssa Katiuscia Papi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo

1. Il Sig. -OMISSIS- è un agente di Polizia Penitenziaria in servizio presso la-OMISSIS-.

Con Provv. n. 745 del 27 marzo 2019 il Direttore reggente della-OMISSIS-, Dr.ssa -OMISSIS-, comunicava al Provveditorato regionale dell'Amministrazione Penitenziaria che il Sig.-OMISSIS-aveva: "tenuto in servizio un comportamento scorretto e non consono ai doveri della divisa, in alcune occasioni si recava nella camera di pernottamento n. 16 per consumare un caffè, e in altre occasioni si sedeva e leggeva il giornale. Valutato il comportamento dello stesso come gravemente negligente, si reputa la sussistenza di una infrazione disciplinare …". L'attivazione del procedimento era dovuta al rapporto disciplinare elevato dal Comandante in missione -OMISSIS-in data 25 marzo 2019, basato sulla relazione dell'Assistente Capo Coordinatore-OMISSIS-, ove si affermava che i fatti contestati erano stati riconosciuti anche dallo stesso dipendente.

Il Provveditorato regionale nominava quale Funzionario Istruttore il Commissario Capo -OMISSIS-la quale, con atto notificato il 24 aprile 2019, contestava gli addebiti nei seguenti termini: "comportamento sconveniente coi detenuti" ex art. 3 lettera 'q' D.Lgs. n. 449 del 1992; "frequentare luoghi, persone o compagnie sconvenienti con evidente offesa alla dignità delle funzioni" ai sensi dell'art. 4 lettera 'c' del medesimo decreto.

Il ricorrente presentava memorie difensive, contestando la veridicità dei fatti e affermando che gli stessi mai erano stati ammessi dal -OMISSIS-, le cui dichiarazioni rilasciate in sede di audizione da parte del Comandante -OMISSIS- erano state fraintese. Quanto alla presenza nella camera n. 16, l'agente affermava che la stessa era necessaria per indagare sullo scambio di farmaci tra i detenuti.

Il Funzionario Istruttore, nella propria relazione finale trasmessa al Provveditorato il 29 maggio 2021, concludeva che: "pur riconoscendo nella maggior parte delle accuse mosse nei confronti dell'Agente-OMISSIS-la buona fede dello stesso, valutata l'importanza di alcuni fatti della violazione disciplinare, conclude per la prosecuzione dinnanzi al competente Consiglio di Disciplina, con la possibilità di valutare una più lieve sanzione, in quanto: - sarebbe stato doveroso da parte dell'Agente-OMISSIS--OMISSIS- informare il Comandante sulle attività d'indagine che a suo dire stava svolgendo al fine di evitare fraintendimenti e ricevere le dovute disposizioni; - come relazionato dal Comandante, lo stesso avrebbe ammesso il consumo di caffè e la lettura del giornale nella stanza detentiva n. 16 alla presenza dei detenuti qui allocati, limitatamente a due singoli episodi". Veniva contestualmente segnalata una precedente sanzione pecuniaria.

Il 18 settembre 2019, in sede di audizione orale presso il Consiglio di Disciplina, il ricorrente depositava una memoria difensiva nella quale affermava, tra l'altro, che il Sig.-OMISSIS- non era a conoscenza dei fatti contestati, e che la relazione di servizio era stata dallo stesso redatta in quanto "imposta" dal Comandante -OMISSIS--OMISSIS-, allegando conforme dichiarazione sottoscritta dal medesimo Sig.-OMISSIS-. Con ulteriore dichiarazione scritta, anch'essa allegata, l'Assistente Capo-OMISSIS- aveva altresì precisato che il Sig.-OMISSIS-non aveva riconosciuto, in sede di colloquio con la Comandante -OMISSIS-, la veridicità dei fatti contestati, ma aveva unicamente risposto "sì" a domande relative ad altri aspetti.

2. Vista la suddetta documentazione, il Consiglio di disciplina proponeva la sospensione del procedimento, onde dar corso a un approfondimento istruttorio su quanto dichiarato dal ricorrente anche ai fini della valutazione circa la rilevanza penale dei fatti ivi emersi.

Gli atti venivano trasmessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario -OMISSIS-, che il 13 novembre 2019 comunicava di non aver ravvisato ipotesi di reato.

Il Funzionario -OMISSIS- -OMISSIS-, nell'espletare ulteriore attività istruttoria, acquisiva la relazione in data 3 giugno 2020 della Comandante -OMISSIS--OMISSIS-, la quale confermava in toto sia l'avvenuta relazione dell'Assistente-OMISSIS- (al quale la stessa -OMISSIS- avrebbe unicamente chiesto di formalizzare per iscritto le dichiarazioni rese verbalmente, peraltro alla presenza dell'Agente -OMISSIS-, all'epoca autista della -OMISSIS-). Il Funzionario -OMISSIS- acquisiva inoltre gli atti d'ufficio dai quali risultava che effettivamente il Sig.-OMISSIS-aveva fatto rapporto al Comandante in carica prima dell'arrivo della Comandante -OMISSIS-, comunicandogli che aveva rinvenuto sostanze farmaceutiche/stupefacenti nella stanza n. 16. Ciò a conferma della versione dei fatti esposta dall'agente -OMISSIS-, secondo cui la presenza del ricorrente nella camera detentiva era da imputare ad attività di indagine sull'indicata circostanza. Venivano altresì acquisite le dichiarazioni rese in data 30 gennaio 2020 dall'Assistente Capo-OMISSIS-, dalle quali emergeva che la condotta sanzionata in capo al-OMISSIS-era stata riferita da un detenuto in via confidenziale al-OMISSIS- stesso, il quale l'aveva poi riferita oralmente alla Comandante, che aveva chiesto di verbalizzarla.

Nella relazione finale depositata il Funzionario Istruttore -OMISSIS-, rilevata la contraddittorietà sulla fonte ultima delle notizie, concludeva che: "A prescindere da come siano andati i fatti ciò che rileva è che il-OMISSIS- dichiara che l'Agente-OMISSIS-si sarebbe assunto le sue responsabilità confermando la versione fornita dal detenuto, anche al fine di evitare un procedimento disciplinare a suo carico. … - l'Agente-OMISSIS-doveva informare in modo chiaro e preciso il Comandante circa le presunte attività d'indagine che stava svolgendo e non supporre che il Comandante potesse ricavare tale informazione da un singolo episodio …; - al fine dell'accertamento dei fatti si ritiene irrilevante la fonte da cui è pervenuta l'informazione in quanto ciò che conta è la probabile certezza dei fatti. Sia il Comandante, con sue relazioni, che lo stesso Ass.te Capo Coord.-OMISSIS-, con dichiarazioni risultanti da verbale del 30.1.2020, confermano che l'Agente-OMISSIS-avrebbe ammesso alla presenza di entrambi i fatti che hanno originato il procedimento a suo carico; - in riferimento alla relazione del-OMISSIS- del 18.6.2019 con cui lo stesso riferisce che nell'incontro del 22.3.2019 il-OMISSIS-non confessa nulla ma avrebbe detto 'sì' solo per delle attività svolte nel 2018 e per delle sigarette, potrebbe essere vero, ma ciò che conta è che successivamente il-OMISSIS- nelle dichiarazioni risultanti da verbale del 30.1.2020 afferma che il-OMISSIS-ha ammesso quanto contestatogli. Di conseguenza risulta altamente probabile che il-OMISSIS-all'inizio abbia negato e successivamente confessato, ciò trova conferma nella relazione del Comandante del 25.3.2019 dove si evince che in data 22.3.2019 il-OMISSIS-negava, ma convocato nuovamente in data 23.3.2019 ammetteva le sue responsabilità; - è chiaro che nessuna imposizione è stata fatta dal Comm. Coord. -OMISSIS- nei confronti dell'Assist. Capo Coord.-OMISSIS- se non di pretendere da lui, per dovere d'ufficio, una relazione su notizie di cui ne era a conoscenza. Ciò a prescindere dalle modalità di acquisizione di tali notizie, se personalmente o tramite detenuto confidente".

Il Consiglio di Disciplina proponeva la pena pecuniaria nella misura di 5/30 della riduzione di una mensilità di stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo.

A conclusione del procedimento il Provveditore Regionale decideva in conformità alla proposta del Consiglio, e irrogava al-OMISSIS-detta sanzione pecuniaria con proprio decreto in data 19 giugno 2020.

3. Con l'atto introduttivo del presente giudizio il Sig.-OMISSIS-impugnava il decreto e tutti gli atti presupposti, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

I) "Violazione di legge, e in particolare dell'art. 1 commi 1 e 3 della L. n. 241 del 1990", per violazione del principio di economicità;

II) "Violazione di legge e, in particolare, degli artt. 10 comma 3 e 12 comma 1 D.Lgs. n. 449 del 1992" in quanto la relazione del Funzionario -OMISSIS- sarebbe generica e basata su fatti travisati;

III) "Violazione dell'art. 25 comma 2 della Costituzione, 6 CEDU, 117 c. 1 Cost. per difetto di tassatività della fattispecie", essendo state contestate condotte descritte in termini vaghi;

IV) "Violazione di legge ed erronea applicazione di legge dell'art. 3 lett. o) e q) nonché dell'art. 4 comma 1 lett. c) del D.Lgs. n. 449 del 1992", ove si affermava la legittimità della presenza del ricorrente presso la stanza n. 16 sotto vari profili;

V) "Violazione dell'art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 (insufficienza della motivazione)" in relazione all'omessa considerazione delle memorie del ricorrente;

VI) "Eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti, erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà dell'azione amministrativa, ingiustizia manifesta e sviamento di potere" relativamente alla dedotta pretermissione delle affermazioni del ricorrente;

VII) "Violazione di legge in particolar modo dell'art. 13 commi 4 lett. a), b) e c) e 5 D.Lgs. n. 449 del 1992" in quanto il Consiglio di Disciplina avrebbe dovuto essere composto da 5 funzionari, mentre nella fattispecie risultavano solo 3 componenti;

VIII) "Violazione dell'art. 9 D.Lgs. n. 449 del 1992" per l'immotivata sospensione del procedimento disciplinare;

IX) "Eccessiva durata del procedimento: Violazione dell'art. 110 TU 3/1957 e 507 D.Lgs. n. 297 del 1994".

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, resistendo al ricorso.

La domanda cautelare, trattata alla camera di consiglio del 22 dicembre 2020, era respinta con compensazione delle spese mediante l'ordinanza n. 1588/2020.

All'udienza pubblica del 16 dicembre 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. I primi sei motivi di ricorso vengono esaminati congiuntamente, in quanto reciprocamente ed intimamente connessi.

Gli stessi risultano fondati, per le ragioni ed entro i limiti che di seguito si vanno ad esporre.

1.1. La valutazione circa la gravità e la rilevanza disciplinare delle condotte per le quali la P.A. (nella fattispecie la Polizia Penitenziaria e il Ministero della Giustizia) esercita nei confronti di un dipendente il potere sanzionatorio è caratterizzata da un elevato grado di discrezionalità. Detta valutazione può dunque essere sindacata dal G.A. in sede di legittimità con esclusivo riferimento alle figure sintomatiche dell'eccesso di potere che denotano una manifesta illogicità o irragionevolezza dell'atto punitivo, o un travisamento dei fatti sui quali esso è fondato. In tal senso è costante la posizione della giurisprudenza: "La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento" (ex plurimis: Consiglio di Stato, II, 31 maggio 2021, n. 4143).

Orbene, i suddetti presupposti di manifesta illogicità e irragionevolezza valutativa, oltre che di travisamento fattuale, sono ravvisabili nella fattispecie oggetto di causa.

1.2. Sotto un primo profilo, si rileva carenza di ragionevolezza e travisamento dei fatti nell'omessa valutazione, da parte della P.A., di comprovate circostanze giustificative della condotta del ricorrente.

Dagli atti del procedimento avviato nei confronti del Sig.-OMISSIS-emerge che gli addebiti contestati all'agente, come specificamente indicato in punto di fatto, consistevano in: "comportamento scorretto coi detenuti" e "frequentare luoghi, persone o compagnie sconvenienti con evidente offesa alla dignità delle funzioni". Tali fattispecie venivano rilevate con riferimento alla permanenza del-OMISSIS-presso una specifica stanza di detenzione (n. 16) della struttura carceraria -OMISSIS-, ove l'agente si era intrattenuto con i detenuti, prendendo caffè e leggendo il giornale.

Dalle memorie difensive prodotte dal ricorrente, emergeva che la presenza nella stanza n. 16 era motivata dalla necessità di raccogliere informazioni su uno scambio di sostanze farmaceutiche e stupefacenti tra detenuti, del quale il-OMISSIS-era venuto a conoscenza. Il ricorrente affermava di aver fatto rapporto al precedente Comandante sulla circostanza, e che quest'ultimo era consapevole dell'attività d'indagine che l'agente svolgeva al riguardo.

In seguito all'approfondimento istruttorio posto in essere su indicazione del Consiglio di Disciplina, il Funzionario -OMISSIS-rinveniva univoci riscontri documentali alle affermazioni difensive del ricorrente, la cui accertata veridicità avrebbe ragionevolmente potuto escludere tanto la scorrettezza, che la natura offensiva o sconveniente della condotta dell'agente, con possibile conseguente irrilevanza della stessa sul piano disciplinare.

Cionondimeno, del tutto irragionevolmente, il Funzionario (e con essa gli organi disciplinari che in seguito irrogavano la sanzione oggi impugnata), pur dando atto della ritenuta buona fede dell'agente sanzionato, ometteva in toto di vagliare le implicazioni (invero potenzialmente esiziali) che la circostanza giustificativa accertata avrebbe potuto comportare per l'iniziale incolpazione del -OMISSIS-.

1.3. Né può avere alcuna rilevanza l'annotazione del Funzionario secondo la quale la vicenda relativa al traffico di sostanze tra i detenuti (già oggetto di specifico rapporto di servizio da parte dell'agente -OMISSIS-, come accertato dal Funzionario -OMISSIS-) avrebbe dovuto essere segnalata anche alla Comandante -OMISSIS-.

Il procedimento disciplinare oggetto del presente giudizio riguardava infatti, in via esclusiva, la presenza dell'agente-OMISSIS-nella camera di detenzione n. 16 e il comportamento qui tenuto dal ricorrente.

Ove l'Amministrazione avesse inteso sanzionare -OMISSIS- per l'omessa comunicazione alla nuova Comandante, è evidente che l'oggetto della contestazione degli addebiti avrebbe dovuto essere ben diverso, e basarsi su altre disposizioni normative rispetto a quelle menzionate negli atti procedimentali.

1.4. Si osserva infine come notevoli incertezze e passaggi contraddittori emergano anche con riferimento all'accertamento della veridicità dei fatti sanzionati.

L'unica prova posta a fondamento degli stessi è infatti costituita dalla confessione del Sig. -OMISSIS-, in quanto l'Assistente Capo-OMISSIS- dichiarava espressamente che le circostanze sulle quali aveva relazionato alla Comandante -OMISSIS- non erano oggetto di sua diretta conoscenza, ma gli erano state confidenzialmente riferite da un detenuto, relativamente al quale nulla emerge dagli atti del procedimento (il Funzionario istruttore, in proposito, concludeva infatti che: "si ritiene irrilevante la fonte da cui è pervenuta l'informazione in quanto ciò che conta è la probabile certezza dei fatti").

Orbene, anche dell'avvenuta ammissione dei fatti da parte del ricorrente non sussiste una prova diretta. In presenza di varie versioni circa le dichiarazioni rilasciate dal Sig.-OMISSIS-dinanzi alla Comandante -OMISSIS-, e all'impossibilità di conciliarne il contenuto, il Funzionario Istruttore concludeva nei seguenti termini: "risulta altamente probabile che il-OMISSIS-all'inizio abbia negato e successivamente confessato".

Orbene, la circostanza che l'Amministrazione abbia ritenuto sufficiente raggiungere conclusioni declinate in termini di mera probabilità sui fatti che decideva di punire in capo al ricorrente, depone ulteriromente per l'irragionevolezza e la non logicità dell'attività sanzionatoria oggetto della presente causa. Mediante tale modus operandi, infatti, l'Amministrazione riconduceva all'ambito della valutazione discrezionale non solo il giudizio di rilevanza disciplinare delle condotte contestate (punto 1.1), ma anche l'accertamento della veridicità dei comportamenti sanzionati, che devono invece essere ricostruiti in termini obiettivi e verificabili dalla P.A. procedente.

1.5. Da tutto quanto sopra esposto, appare evidente l'illegittimità del provvedimento sanzionatorio emesso nei confronti del Sig. -OMISSIS-, in quanto viziato da eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e illogicità, oltre che per il travisamento dei fatti posti a fondamento dell'azione disciplinare.

Vengono assorbite le censure non specificamente esaminate.

2. Sono invece infondati gli ultimi tre motivi di gravame.

2.1. Il settimo motivo di ricorso, afferente al numero dei membri del Consiglio di Disciplina, non ha fondamento in quanto la composizione dell'organo era stata modificata con il D.Lgs. 27 dicembre 2019, n. 172, applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di causa, con riferimento alle attività svolte dal Consiglio dopo la relativa entrata in vigore. A seguito della suddetta modifica, invero, il Consiglio Regionale di Disciplina della Polizia Penitenziaria, ai sensi dell'art. 13 comma 3 D.Lgs. n. 449 del 1992, è composto da un dirigente penitenziario con funzione di Presidente, e due funzionari del Corpo di Polizia penitenziaria, oltre a un ispettore con funzioni di segretario. Dalla documentazione in atti, emerge (verbale della riunione del Consiglio in data 8 giugno 2020) che la composizione dell'organo collegiale pronunciatosi sulla vicenda del Sig.-OMISSIS-era in linea con la previsione normativa.

2.2. Anche l'ottavo motivo è destituito di fondamento, in quanto la sospensione del procedimento disciplinare era stata legittimamente disposta dal Consiglio di Disciplina ex art. 16 comma 6 D.Lgs. n. 449 del 1992, a norma del quale: "6. Il consiglio, se ritiene di non poter esprimere il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all'organo proponente indicando i punti sui quali giudica necessari ulteriori accertamenti".

2.3. Né può rilevarsi un illegittimo superamento del termine massimo di durata del procedimento, in quanto lo stesso era stato legittimamente sospeso in virtù del citato art. 16 comma 6 D.Lgs. n. 449 del 1992, oltre che per effetto della normativa emergenziale adottata dal 2020 in relazione alla pandemia da Covid-19 in atto.

3. In virtù di tutto quanto sopra esposto, ritiene il Collegio che il ricorso vada accolto, stante il fondamento, nei termini sopra indicati, dei primi sei motivi di gravame, con conseguente annullamento di tutti gli atti impugnati.

4. Le spese del giudizio vengono compensate tra le parti, considerata la fattispecie nel suo complesso.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie per le ragioni indicate in motivazione e annulla, per l'effetto, i provvedimenti impugnati.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente stesso e degli altri soggetti menzionati nel provvedimento.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Gabriele Nunziata, Presidente

Giovanni Zucchini, Consigliere

Katiuscia Papi, Referendario, Estensore
Avv. Antonino Sugamele

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